Il PD a Convegno ad Eboli si interroga e discute sui misteri dell’omicidio di Aldo Moro.
L’incontro, promosso dal PD locale e la sua segretaria Massarelli, con gli On. Grassi e Cuomo ed il segretario provinciale Landolfi, riaccende i riflettori sul caso Moro. Una delle tante storie ancora oggi irrisolte. Grassi: ”Il PD vuole solo la verità sull’omicidio Moro, non è stato un incidente della Storia!”
di Marco Naponiello Per www.massimo.delmese.net/ il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Gli anni di piombo sono un fantasma che a distanza di lustri, ancora si aggira nella coscienza collettiva italiana: i fatti, i mandanti, i depistaggi furono icasticamente definiti dal grande giornalista Sergio Zavoli come “La notte della Repubblica”, da cui si trasse una fortunata serie di inchieste televisive della Rai. Ma tra tutti gli episodi luttuosi legati al terrorismo di matrice ideologica, il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, stella di prima grandezza del panorama politico italiano (ex presidente del consiglio e segretario della DC, più volte ministro) giurista prestato alla politica, che al momento dei fatti di via Fani il 16 marzo del 78, decretarono scientificamente (stesso giorno dell’uccisione di Peppino Impastato dalla mafia) la morte della sua scorta composta da cinque uomini per mano delle Brigate Rosse, rimane il più sentito episodio eversivo ancora a tutt’oggi. Egli infatti quel fatidico giorno di marzo in qualità di presidente del suo partito, si stava recando a votare la fiducia del 4°governo Andreotti e la scelta del commando non fu casuale, un messaggio palese al mondo della politica del tempo.
Sono trascorsi orbene 38 anni dalla data del rapimento di Aldo Moro e dell’omicidio avvenuto il 9 maggio 1978, quando, a Roma, in via Caetani, fu rinvenuta la Renault rossa con il corpo senza vita in posizione fetale del Presidente della Democrazia Cristiana. Il rapimento e l’omicidio per la drammaticità belluina degli accadimenti, tennero col fiato sospeso una nazione intera per tutto l’arco dei 55 giorni, con un enorme risalto sui mezzi di stampa anche internazionali, i circa 1000 libri pubblicati, i lungometraggi, i documentari, le polemiche fatte di complotti, logge massoniche (P2), servizi segreti interni ed esteri deviati, fan si senz’altro, che esso rimanga l’evento straordinario più drammatico della storia repubblicana del dopoguerra. In seguito la prolissa via giudiziaria è stata un travaglio per i familiari e per coloro che anelano alla giustizia dei fatti, con ben otto processi di durata biblica, le polemiche mai sopite sul significato delle lettere dalla prigionia ed il memoriale dopo gli interrogatori del brigatista Mario Moretti. Il Parlamento nel 1979 ha costituito la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, e l’assassinio di Aldo Moro, e successivamente la Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo.
Dall’impegno delle Commissioni si son prodotte all’incirca 30 relazioni ed oltre 150 tomi. Ma l’arcano, rimane e sembra ancora non essere chiarificatore di quegli eventi luttuosi, ed è per tale motivo che l’onorevole pugliese piddino Gero Grassi, vice presidente gruppo parlamentare e componente della commissione parlamentare per far luce sui tanti misteri, è impegnato in tutto il Paese da qualche anno in molteplici incontri riguardanti il caso Moro, egli stesso infatti è autore di due saggi sull’argomento, ed invitato dal circolo cittadino ha tenuto volentieri a relazionare sullo stato dell’arte, anche nella nostra città.
Quindi in una gremita sala Maurizio Mangrella, si celebra tale incontro- dibattito, alla presenza della segretaria cittadina Paola Massarelli, al capogruppo consiliare dei Democratici per Eboli, Pasquale Infante, quello dei PD, Antonio Conte, del segretario provinciale Nicola Landolfi,e di due parlamentari, l’ebolitano Antonio Cuomo ed appunto Gero Grassi, ospite d’onore della serata.
Dopo i saluti introduttivi della segretaria Paola Massarelli agli illustri ospiti ed al pubblico presente, la quale ha posto l’accento sull’intuizione del “centrosinistra al governo” avuto dallo statista democristiano e per tale motivo forse sia stato assassinato, la parola passa ai due capigruppo Dem nell’assise cittadina, ovvero Pasquale Infante ed Antonio Conte. Il primo ha stigmatizzato sulle ramificazioni sconcertanti, i tunnel di bugie tra burattini e burattinai, l’opera incessante di magistrati coraggiosi come Ferdinando Imposimato, e la volontà di ricostituire anche da parte dei parlamentari locali, una nuova commissione di inchiesta per addivenire ad un punto certo. Il secondo, sul tour de force meritorio dell’Onorevole pugliese, giunto con quello di Eboli al suo 305simo incontro pubblico, ha messo in evidenza l’antica contrapposizione, tra i favorevoli alla trattativa con le BR (PSI e Radicali) e gli intransigenti (Dc e PCI), oltre al sommo pontefice Paolo VI che si profuse direttamente in una soluzione pacifica dello spinoso problema.
Il segretario provinciale Nicola Landolfi, ha pubblicamente ringraziato Grassi per la sua presenza costante in provincia, ed omaggiato lo stesso: ”Per il coraggio con cui ci farà vedere alcuni personaggi politici sotto una luce diversa dalla abitudinaria, coinvolti nel non far incontrare come negli intendimenti di Moro le due anime maggioritarie del Paese, la Dc ed il PCI.” Di seguito, Antonio Cuomo, parlamentare PD del nostro collegio, alla domanda della segretaria Massarelli, se fosse stato per la trattativa con i brigatisti, non si è tirato indietro ed ha risposto positivamente: “Sicuramente per la mia cultura politica sarei stato favorevole, sono lieto che Gero abbia accettato il mio invito ad Eboli; infatti ne rimasi colpito del suo intervento a Salerno qualche mese addietro, certo che il suo intervento darà le delucidazioni opportune su questa oscura vicenda, che ancora angoscia la coscienza collettiva.”
Ed infine arriviamo al momento clou della serata, la lunghissima relazione dell’on. Gero Grassi, vicepresidente del Gruppo PD alla Camera dei Deputati e componente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Caso Moro. Egli con fare spedito e atti alla mano snocciola agli astanti: persone, date ed avvenimenti. Grassi ha tenuto a percorrere in ordine cronologico solo:“i fatti processuali e non le mere opinioni”, che son fuoriuscite dal lavoro di decenni delle commissioni parlamentari. Il suo operato, è senza tema di smentita, una ricostruzione minuziosa e quasi maniacale, frutto di un lavoro certosino personale delle suaccennate commissioni, per acclarare finalmente la verità sui misteri che a tutt’oggi aleggiano su quei ferali accadimenti. Il vicepresidente del gruppo parlamentare, dopo aver ringraziato il circolo cittadino per l’invito e in particolare l’On. Cuomo ed il segretario Landolfi, ha subito iniziato la sua lunghissima e tassonomica relazione durata all’incirca quasi due ore, ricordando la sua estenuante attività di sintesi fatta di 4 milioni di pagine, otto processi e due commissioni, ha cercato di sintetizzare:
“Io non vi parlo di ipotesi in questa sede, ma di atti processuali sul mio sito è disponibile un compendio scaricabile di 500 pagine, ebbene questo è da considerarsi un “delitto di abbandono” e la stessa Tina Anselmi presidente della prima commissione parlamentare sul caso Moro, considerò come vile un Paese che lascia aperti tanti interrogativi.” Si parte dalla pista USA, a Washington 1976 si opponevano ferocemente al cosiddetto “compromesso storico” ( di cui il PD ne è a tutti gli effetti figlio unigenito), ovvero alla volontà di Aldo Moro ed Enrico Berlinguer segretario del PCI, di formare un governo tra i due maggiori partiti italiani, ponendo fine alle tensioni che perduravano dal dopo guerra, con minacce neanche tanto velate spedite da Henry Kissinger segretario di Stato, allo statista scudocrociato. Poi, altro avvenimento inquietante, un piccolo salto indietro: Moro salito sul treno Roma Monaco, il tristemente noto treno Italicus che poi il 4 agosto del ‘74 salterà in aria per opera de gruppo eversivo di estrema destra Ordine Nero, fu salvato con un espediente dai funzionari del ministero degli esteri, che lo fecero scendere con la banale scusa di dover sottoscrivere atti urgenti.
E poi prosegue Grassi :”Le minacce del giornalaccio d’opinione O.P. di Mino Pecorelli, che prefigurava la morte di Moro come necessaria a sbarrare il passo ai comunisti italiani al governo, e si era reso colpevole di rapporti loschi con apparati deviati e titoli precursori degli eventi, cui nessuno diede peso aprendo fascicoli di indagine.” In verità per tutta la doviziosa relazione, Gero Grassi ci consegna una amara e raccapricciante realtà di quegli anni, fatta di burattinai e burattini che “giocavano”, salvaguardando anche interessi stranieri, con la democrazia italiana.
Gli episodi sono tanti e li riassumiamo in alcuni compendiosi passaggi, la paura aleggiava anche nel protagonista, tanto che lo stesso statista democristiano si confidava con alcuni stretti colleghi di avere molti più nemici in casa propria, tra gli alleati anche stranieri, che nei partiti teoricamente antagonisti, del resto ex post è fuoriuscito che l’intelligence d’oltralpe aveva informato quella italiana del rapimento di Moro giusto un mese prima dell’agguato di via Fani, ma nulla si registrava dagli atti dei nostri servizi:” L’interessamento alla figura del politico democristiano ha riguardato anche il Mossad e l’OLP,e organizzazioni segrete interne come Gladio, l’omicidio sospetto di un capitano dei carabinieri, che aveva ottenuto alcuni documenti compromettenti,e una serie di accadimenti che evincono una tela di comuni interessi eversivi, interni ed esteri.” Specificando in tal modo della presenza di molti livelli di complicità consumatisi tra insospettabili e vari attori, ovvero alcuni alti ufficiali dell’Arma dei Carabinieri (la GDF unica corpo dello Stato estranea ai fatti), servizi segreti, e magistrati infedele, i quali auspicavano per la crisi italiana una soluzione alla greca o alla cilena, dunque una dittatura militare di concerto agli esecutori materiali del delitto (le Brigate Rosse) ma anche nello scacchiere internazionale dove appunto gli Usa e l’Urss , contrastavano per motivi diversi l’ascesa del PCI al governo.
Ma gli interessamenti alla politica “normalizzante” di Moro preoccuparono oltre la Cia e al KGB come facile prevedersi, anche la Banca Vaticana (IOR), che come in ogni spy story italica non manca mai in questo laido proscenio. La ricerca di Gero Grassi tra carte scomparse e silenzi assordanti, continua con la misteriosa moto blu e la controversa figura di Mario Moretti ed il suo mitra in dotazione ai servizi segreti, abbandonato frettolosamente a terra sul luogo del rapimento, dopo i 98 colpi di arma da fuoco alcuni “non classificabili”, che in tre minuti uccisero tutti tranne stranamente, il presidente DC, una performance da fare invia al miglior cecchino. E che dire delle strane presenze successive sul luogo del rapimento a “protezione” delle BR, i documenti e la borsa dello statista inaspettatamente spariti,la gioia successiva di Licio Gelli, venerabile capo della Loggia Massonica P2, che intravedeva la strada spianata al suo “Piano di Rinascita Democratica.”
Insomma un ginepraio vergognoso di connivenze che sembra uscito da un romanzo di fantapolitica, ma di fantastico purtroppo non ha nulla, neanche come hanno voluto per anni abbindolarci intorno alla celebrazione di una seduta spiritica (derisa persino dal giudice istruttore Rosario Priore), i misteri di via Gradoli e gli appartamenti posseduti dai nostri servizi segreti nonostante Moro ivi ne fu detenuto e pur bussandone alla porta gli agenti, stranamente ritornarono indietro. Ma la sfilza di anomalie si arricchisce coi finti comunicati delle BR creati ad arte da apparati deviati e la banda della Magliana tramite un certo Tony Cucchiarelli, sono sicuramente una pagina nera della nostra Storia, che dopo anni per merito di uomini indomiti come Grassi, si cerca di disvelarne la verità.
Parafrasando lo stesso Moro ci sono troppe “convergenze parallele” sul rapimento con esito già scritto al momento del fatto: i brigatisti che volevano ricattare lo Stato successivamente per rifarsi una vita, gli USA che non gradivano i comunisti al potere, gli URSS che non vedevano di buon occhio la borghesizzazione del loro partito in Italia. Intento di Moro e le sue lettere dalla prigionia ne sono testimonianza, si stagliano come un esempio di alto insegnamento giuridico sull’importanza dei valori dell’uomo e la tutela dei diritti inviolabili: “ogni uomo è un universo”, amava ripetere e : “i diritti non vanno concessi come nello Statuto Albertino ma riconosciuti” (commuovendo persino i suoi sequestratori durante gli estenuanti interrogatori del tribunale politico brigatista) e il nobile auspicio di contribuire a creare una democrazia italiana finalmente compiuta, non settaria e che inserisse nel processo decisionale anche il più grande di sinistra dell’Europa occidentale, il Partito Comunista Italiano nella fattispecie con la chiara finalità di rafforzare la stabilità, visto il lungimirante distacco voluto dai leader italiani verso il PCUS sovietico, considerato i già in quegli anni anacronistico ai tempi. Adriana Faranda e Valerio Morucci, brigatisti della prima ora, affermarono che se invece di impiegare le energie nella lotta armata, le avessero profuse nella società civile avrebbero reso un gran servigio alla collettività, invece di inondare di sangue il Paese. Lo stesso Morucci, diceva che con Moro, persino le BR sarebbero potute entrare nello Stato per debellare tutti insieme le ingiustizie sociali presenti nella società.
Vanno chiariti, secondo Grassi, specificamente gli ultimi 5 giorni del sequestro, che sono i più misteriosi ai fini delle indagini. Infatti in quelle convulse ore cosa è davvero accaduto? perché si vociferava della imminente liberazione ed invece Moro fu assassinato? E come si svolsero gli ultimi momenti che antecedettero l’omicidio dello statista democristiano,probabilmente ucciso fuori la maledetta Renault 4? In seguito le due anime che divisero la nazione, tra i favorevoli alla trattativa e gli sfavorevoli, l’intervento emozionante all’angelus di Paolo VI:”Vi prego di liberare Aldo Moro, egli è un uomo buono.” ma la scelta delle istituzioni fu inflessibile “lo Stato non tratta con i brigatisti!”, quello che poi paradossalmente fecero pochi anni dopo con un altro esponente minor della DC, l’assessore regionale campano Ciro Cirillo, rapito dalle Br e liberato grazie alla intercessione della NCO di Raffaele Cutolo. La rabbia comprensibile dei famigliari, con la moglie Eleonora che testualmente alla domanda del giudice.” Signora Moro cosa ha fatto il governo per salvare suo marito?- la signora Eleonora gelida rispose lapidariamente:“ Nulla, ne il governo, ne la DC, ne tantomeno Cossiga ed Andreotti!”
Commovente ed inaspettata dopo35 lunghi anni, la scelta del proprietario della Renault 4 dove fu trovato ucciso lo statista democristiano, Filippo Bartoli un contadino di Serravalle recentemente scomparso, che con un moto di pietas cristiana rifiutò ben 300.000€ offerotgli dalla casa automobilistica francese :”Non posso accettare soldi dove è stato ucciso un uomo!”, afferma riportandone le testuali parole, un commosso Grassi, che stigmatizza: “tanto di cappello al rigore morale, all’etica semplice di un contadino che insegna a tutta l’Italia, in egual modo ad una bambina torinese che scrisse una lettera toccante alla figlia di Moro, Maria Fida, consegnandole duemila lire di allora per comperare dei garofani bianchi da mettere sulla tomba del padre.”
Grassi ci regala in appendice il classico colpo di scena finale: si sospetta che la morte del generale CC, prefetto di Palermo, Carlo Alberto Dalla Chiesa siano correlate alle “carte di Moro” che egli conservava (secondo una intercettazione ambientale fatta a Totò Riina in carcere, le quali furono il vero motivo dell’attentato ai suoi danni) ed in aggiunta sul chi fosse il vero capo delle Brigate Rosse, ovvero tal Giovanni Senzani, consulente per il Ministero di Grazia e Giustizia ed occulto militante BR, ma che non fu mai condannato per l’omicidio Moro, la cui militanza è stata accertata dopo i fatti delittuosi, Mario Moretti non il vero capo dunque, ma solo un infiltrato dei servizi segreti.
Termina la sua relazione il parlamentare democratico, con una amara osservazione: “Purtroppo la ricerca di verità non servirà a riavere tra noi l’On. Moro, ma se riusciremo davvero ad individuare i veri responsabili dell’uccisione, questo contribuirà sicuramente a rendere il nostro Paese una nazione più civile e più democratica, dato che la morte di Aldo Moro non è stato un incidente della Storia, Aldo Moro è stato ucciso forse anche per paura che diventasse il Presidente della Repubblica italiana”.
Eboli, 25 giugno 2016.
Un tema di grandissima attualità per i cittadini ebolitani che ancora oggi si chiedono come sia potuto avvenire questo efferato omicidio.
Grandissimo rispetto per la figura dell’On. Moro ma ci sono problemi molto più urgenti ed immanenti da affrontare. Se lo sapesse Renzi quello che hanno la capacità di realizzare qui in zona gli esponenti del pd verrebbe lui stesso ad aiutarli. Garantito.