L’italia insiste nella corsa ai rigassificatori. In Europa eccedono del 50% rispetto al fabbisogno.
I costi sono tutti a carico dei cittadini
di Erasmo Venosi
8 gennaio 2010 dal giornale Terra
ROMA – La politica energetica italiana è caratterizzata da un’incoerente sommatoria di decisioni, scollegate da ogni disegno strategico. Incomprensibili scelte prese oggi, graveranno sul portafoglio dei cittadini, tra non molto. Le previsioni (secondo lo scenario inerziale Eni) relative al gas metano, in assenza delle necessarie correzioni al 2020, valutano i consumi a 115 miliardi di metri cubi (mc), rispetto agli 83,4 del 2008.
Attualmente nuove capacità di gas metano provengono per 18,1 dal potenziamento dei gasdotti (Greenstream, TAG, TTPC, TRANSITGAS) e 30 mld di mc dai progetti Galsi, Igi. Nuova capacità deriva per 52 mld di mc dai rigassificatori (Rovigo, Porto Empedocle, Priolo, Gioia Tauro, Trieste, Brindisi). Andranno poi aggiunti 36 mld di mc provenienti dai 4 rigassificatori in autorizzazione (Falconara, Monfalcone, Taranto, Rosignano) e 4,5 dal potenziamento di Panigaglia. Da considerare inoltre il South-Stream, il metanodotto “benedetto” da Prodi, Putin e Berlusconi, sostenuto dalla UE e concorrente del ” Nabucco”, che porterà la capacità complessiva di importazione ad un totale di oltre 230 mld di mc, contro i 115 previsti nello scenario strutturale.
Commissione e Parlamento Europeo, attraverso le decisioni conosciute come “pacchetto tre per 20”, “intimano” al nostro Paese un consumo finale di gas metano al 2020 di 90 mld di mc. Valutando, quindi, il programma del Governo che intende sostituire col nucleare un quarto dell’elettricità prodotta con fonti fossili e considerato che per la produzione del 55% di elettricità viene impiegato gas metano, dobbiamo ritenere superflue le autorizzazioni di nuove infrastrutture per il gas.
Viene da domandarsi perchè nonostante gli investimenti nel campo dell’energia siano molto rischiosi per l’elevata intensità di capitale, i rischi geopolitici e la volatilità dei prezzi, il nostro Paese insiste nella corsa ai rigassificatori? Il Governo ha già deciso di non rispettare i vincolanti obiettivi di Bruxelles? O si è deciso, come in passato, di scaricare i costi sui cittadini? Inconsistente è il dichiarato obiettivo di essere un hub del gas.
In Europa la capacità installata di rigassificazione eccede già oggi il fabbisogno per il 50% . Il nuovo grande rigassificatore di South Hook in Gran Bretagna , secondo le dichiarazioni di chi lo gestisce resterà inutilizzato per i prossimi 10 anni.Un nuovo CIP 6 (finanziamento fonti assimilate alle rinnovabili di robaccia come scarti di raffineria) costato ai cittadini , fino ad oggi oltre 40 mld di euro, sta prendendo forma ? La risposta probabilmente è nella delibera n.178/05 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, “Criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di rigassificazione”, che, all’art.13, “Misure per incentivare la realizzazione e l’utilizzo di nuovi terminali”, assicura per 20 anni alle imprese la copertura dei costi fissi di costruzione (circa il 95% del totale), a spese degli utenti che, si troverebbero assurdamente un prezzo superiore della bolletta per compensare i costi per la realizzazione dei rigassificatori.
Il massimo della irragionevolezza poi, si raggiunge con il rigassificatore di Brindisi che, nonostante sia in un’area ad elevato rischio ambientale e assoggettato al Piano di Risanamento, posto in vicinanza di industrie classificate a rischio di incidente rilevante (direttiva Seveso II) e caratterizzato da un iter procedurale con interventi della magistratura penale (processo in atto) ed amministrativa (tentativi di evitare la VIA), ha ottenuto l’approvazione della compatibilità ambientale per la sua realizzazione.
Erasmo Venosi