Cariello:” Marcello Torre con il suo sacrificio, è l’esempio limpido di come dovrebbe comportarsi un amministratore pubblico di una città del sud.”
Presentato al MOA di Eboli, il libro di Marcello Ravveduto, “Il Sindaco gentile”: La storia di Marcello Torre.
La parabola umana e politica di Marcello Torre, il Sindaco di Pagani ucciso nel 1980, perchè si oppose alla Camorra di Raffaele Cutolo che mirava al controllo degli appalti post-sisma, raccontata dalla figlia Annamaria, dall’autore.
di Marco Naponiello
da POLITICAdeMENTE il Blog di Massimo Del Mese
“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Paolo Borsellino
EBOLI – Un tema di alto valore morale e sociale che insiste ancora tra cronaca e storia, quello trattato venerdì u.s. al MOA di Eboli, presso il complesso monumentale di Sant’Antonio, ovvero la narrazione della vicenda umana e politica di Marcello Torre, sindaco di Pagani, personalità di alto profilo etico, trucidato dalla NCO di Raffaele Cutolo pochi mesi dopo la sua elezione perché si oppose alle infiltrazioni della criminalità organizzata all’indomani del sisma del 1980, che aveva individuato negli appalti pubblici un ghiotto affare per la sua famelica organizzazione. Marcello Torre noto avvocato penalista dell’agro nocerino, di provenienza politica cattolica (già dirigente FUCI ed Azione Cattolica) era stato eletto nelle fila della DC come primo cittadino della comunità dell’Agro-Nocerino il 7 agosto 1980 e subito si era distinto per l’umanità, la modestia verso i suoi concittadini con i quali interloquiva continuamente (cosa rara per un amministratore pubblico meridionale), unito all’alto rigore morale nell’”interpretare” il ruolo di Sindaco in un contesto storicamente difficile per la presenza sul territorio e nei comuni viciniori di una forte presenza malavitosa.
Lo spartiacque della sua breve ma intensa avventura amministrativa, fu il sisma del 23 novembre del 1980,all’indomani dell’evento luttuoso che causò tremila vittime tra Campania e Basilicata,difatti la camorra di Raffaele Cutolo, boss in auge con il pallino del “Masaniello”, che dalle carceri comandava il suo esercito di pseudo – rivoluzionari, individuò nella ricostruzione e nei finanziamenti statali legali alla stessa (intorno ai 50.000 miliardi di vecchie lire) come un opportunità imperdibile di facili guadagni. Di li a poco si scatenò in tutta la Campania una guerra di criminale con quasi vittime giornaliere (295 solo nel 1981) e il battesimo di fuoco avvenne proprio attraverso la mattanza dell’avvocato Marcello Torre, reo solo di essersi opposto ad un appalto assegnato per la rimozione delle macerie post terremoto ad un’impresa collegata alla NCO. Infatti l’11 dicembre del 1980, a pochi giorni dall’evento geologico, venne trucidato a soli 48 anni, con diversi colpi di lupara da Francesco Petrosino esecutore degli ordini di Cutolo, come confermato dalla Corte di cassazione molti anni dopo, precisamente nel 2002.
Questo omicidio oltre a destare tanto scalpore fu un campanello di allarme, mal ascoltato del resto, dalle istituzioni e dall’opinione pubblica su quanto sarebbe successo in seguito in Campania. Ma Marcello Torre è rimasto scolpito dopo quasi un quarantennio ancora nei cuori dei paganesi, a lui infatti è dedicato lo stadio comunale,un premio a chi denuncia episodi vessatori di criminalità e da undici anni un concorso scolastico per studenti delle scuole primarie e secondarie. La figlia Annamaria, tiene alta la memoria paterna: essa è infatti è vicepresidente del coordinamento campano Familiari vittime innocenti di criminalità, ed è dirigente di LIBERA, la rete contro le mafie creata a tal proposito da Don Luigi Ciotti, da sempre impegnato in prima linea contro i soprusi della criminalità organizzata in Italia.
A questo fine la nostra città come molte altre campane che l’hanno preceduta (Nola, Scisciano) e alle altre che sicuramente seguiranno, ha voluto dedicare un incontro, che prende a spunto dalla presentazione del libro dello storico e docente (UniSa) il prof. Marcello Ravveduto intitolato icasticamente “Il Sindaco Gentile” a sottolineare le qualità umane di Torre, sottolineate pur’anche in molti altri “scritti”, che vanno da reportage giornalistici, passando per atti della commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie, e appunto libri a lui dedicati. Presenti alle diciotto nella sala delle conferenze del MOA, l’autore, la figlia di Torre Annamaria (Libera Memoria), il giornalista del Il Mattino di Napoli, Antonio Manzo, il direttore scientifico del museo, Giuseppe Fresolone, e la figlia Annamaria ed infine l’opinionista Mariapia Mercurio in qualità di moderatrice del dibattito.
Dunque partendo da quest’ultima, ha inizio la serata, che la moderatrice introduce con un breve e compendioso ritratto dell’avv. Torre, risaltando l’aggettivo gentile che caratterizza l’intitolazione del libro (dal latino gens, famiglia) che si riferisce alle capacità empatiche del protagonista nel “Far West” paganese degli inizi ottanta e con la consueta facondia unita alla soave maestria, la quale da sempre la contraddistingue, introduce via via i relatori dell’appuntamento eburino.
Il primo degli interventori è stato il sindaco Massimo Cariello, che dapprincipio ha elogiato l’autore dello scritto, Marcello Ravveduto, ed in seguito si è soffermato sulla lunga e quasi impari battaglia di verità intrapresa dalla famiglia dello scomparso penalista, evidenziando come: ”sulla intera vicenda sia calato un silenzio preoccupante, un contesto quello paganese che abbiamo anche noi vissuto qualche decennio or sono. Il compito della società civile è semplicemente, senza allarmismi, quello di non abbassare la guardia, non favorendo l’isolamento del singolo”. – terminando con toni amari – ”L’esempio nobile di Torre è stato seguito da pochi, egli ha sacrificato la sua vita con il coraggio di dire di no! Come giunta comunale ed io in prima persona col gonfalone civico, saremo presenti la prossima settimana a Salerno alla manifestazione di LIBERA, per dare un segnale forte anche al nostro territorio!”
Terminato il primo cittadino è stata la volta del direttore scientifico del MOA, Giuseppe Fresolone, che ha lungamente discettato sulla genesi delle mafie italiche, iniziando con i “germogli” di epoca liberale, continuando per il ventennio fascista, fino alla DC e la cosiddetta Prima Repubblica, ed ultimando la sua esposizione storicistica con gli effetti nefasti e criminogeni della legge 219/’81,quella per intenderci della ricostruzione post sisma ’80: ”Anche la nostra Piana del Sele ha sofferto di tali patologie sociali, ma mi preme sottolineare che Marcello Torre debba essere meglio inquadrato come un modello, un esempio, non un mito ad uso e consumo della platea, facile preda di postume de-mitizzazioni confezionate ad arte,solo in tal modo noi potremmo tributargli il giusto valore!.”
A seguire è stato il turno di Antonio Manzo, giornalista de il Mattino, che ricordando la sua personale conoscenza dell’avvocato prima che del politico, ironicamente esordisce: “negli ultimi 25 anni, siamo passati dai professionisti dell’antimafia ai dilettanti della stessa, la lotta alla criminalità organizzata non è una battaglia elitaria ma principalmente di democrazia!” Il giornalista ha posto l’accento sulla preoccupante permeazione sociale, in specie nelle tre regioni maggiori del meridione, delle associazioni criminali che condizionano la vita pubblica ed economica, definendole senza giri di parole delle “metastasi” che guidano diversi (troppi), comuni della nostra regione. Conclude il suo intervento: ”Marcello prima e la famiglia dopo in fase processuale sono rimasti isolati, quasi a voler rimuovere l’efferato episodio, una cosa vergognosa: un tempo erano i malavitosi che si avvicinavano con reverenziale circoscrizione ai primi cittadini, ora accade il contrario,sono i candidati ed i politici a chiederne il soccorso.”
Vi è stato, inaspettatamente, un saluto estemporaneo all’attenta platea di uno storico militante socialista ebolitano: il dott. Antonio Lioi, che ha ricordato la sua personale conoscenza dell’avv. Torre, risalente al 1974, e la sua naturale disponibilità umana a patrocinare anche i più bisognosi, come il caso dell’anarchico, Giovanni Marino, senza farsi problemi, lui democristiano, di barriere ideologiche. Breve ma commovente l’intervento, subito appresso, della figlia di Torre, Annamaria, che ha tracciato un ricordo soprattutto umano del padre, rammentando anch’ella alla platea, l’amarezza di essere stati lasciati soli per quasi quattro decenni, come famiglia della vittima nelle lungaggini processuali, supportati soltanto dalla fierezza e dalle capacità materne di ricercare a tutti i costi la verità sui mandanti ed esecutori dell’omicidio, oltretutto commendevolmente, senza farsi intimorire da pregiudizi omertosi: ”Io ho avuto il piacere – afferma la figlia – di leggere una lettera autografa di mio padre nel cosi menzionato “Castello di Cutolo” (castello Mediceo), ho avuto la soddisfazione per me ed i miei familiari, di assaporare il gusto catartico della verità, nelle nostre terre si può rimanere isolati, una vera morte civile se non si accondiscende a certi poteri, ma son certa che negli anni di mio padre si continuerà a parlare, dei suoi assassini non credo!”
La chiosa finale è toccata come di prassi, all’autore del testo “Il Sindaco gentile” ovverosia, al docente universitario, Marcello Ravveduto, il quale come storico, oltre a discettare delle differenze strutturali tra le varie organizzazioni mafiose italiche, ha voluto porre l’accento sul periodo di incubazione della sua opera: un lungo settennio figlio di consultazioni e confronti, cercando di non farsi “incantare” da sterili componimenti agiografici, ma bensì di rimanere fedeli al dettato storico, nella sua asciuttezza: ”Marcello Torre, conterraneo di Sant’ Alfonso de’ Liguori (protettore di Pagani), e come lui un legale, ha scelto la parte giusta dove militare, come cattolico praticante – Ha evidenziato lo storico – viveva la politica come la missione più alta di un vero cattolico impegnato nella vita sociale, come del resto la sua professione, Constato purtroppo che la sua città non ha metabolizzato ancora la tragica morte, egli infatti rimane una memoria storica collettiva e divisiva, lui “credente credibile” e politico onesto, con una innovazione modernista ante litteram, da vice presidente della Provincia, tracciava un consuntivo annuale del suo operato, una trasparenza da antesignano delle nuove generazioni, in cui credeva e si circondava delle stesse!” – Tirando le somme conclude – ”L’omicidio Torre è stato, per quanto maldestramente depistato, un chiaro atto politico, lo si deduce limpidamente dalle carte processuali, si è cercato di non far trapelare la verità, ma nonostante tutto e tutti questa alla fine prevale sulle menzogne dei disonesti!”
Cosa resta oggi dell’eredità di Marcello Torre e dei suoi degni epigoni come il sindaco di Pollica Angelo Vassallo? Rimane sicuramente il messaggio di speranza che anche nel meridione funestato dalle mafie ci sono sindaci ed amministratori locali disposti a rischiare persino la loro vita pur di resistere al cancro delle mafie, ma al contempo ci rammenta dolorosamente che la lotta alle stesse, è ben lungi dall’essere vinta, anzi purtroppo lo scenario è cambiato negli anni. Un tempo, nella fattispecie agli inizi degli anni ‘80, la criminalità organizzata sparava molto e creava un maggior allarme sociale, si uccideva, per droga, racket ed appalti, oggi solo per droga ed in maniera meno eclatante, gli “affari” si conducono in modalità per cosi dire sotterranea e maggiormente redditizia.
Recentemente il PG di Salerno Leonida Primicerio aveva lanciato l’allarme sul capoluogo e la nostra provincia, divenuta da tempo terreno di conquista dei clan napo-casertani, e la Piana Del Sele ne è a nostra sciagura, un ghiotto potenziale bottino, riflessioni inserite nella relazione della Direzione Nazionale Antimafia sulla criminalità organizzata nel salernitano prodotta ad inizio mese in Parlamento, con chirurgici ricambi generazionali a tutti i livelli, e che hanno allargato di molto la gamma dei loro interessi illegali dei vario clan, una relazione preoccupante quella del Procuratore Generale, che pone l’evidenza sull’avanzata del fenomeno del riciclaggio di denari provenienti da attività illecite anche nel Cilento, considerata a torto fin’ora (ma l’omicidio Vassallo fu un doloroso prologo) un’ isola felice immune da tali contaminazioni.
Non fa mistero oramai da anni, che l’”onorata società” sia la maggiore “impresa” del Paese, e opera sopratutto tramite i cosiddetti “Colletti Bianchi”, ovvero una rete di insospettabili professionisti ed imprenditori che fungono da emissari delle istanze e collocatori delle risorse, servendosi del riciclaggio, tramite aziende od attività fittizie denominate “lavanderie”, cui regolarizzano agli occhi del Fisco i proventi illeciti che sono stellari, una mafia imprenditrice a tutti i livelli. Dunque qui si apre un altro capitolo interessante ma allo stesso tempo capzioso per la sua fuggevolezza: certamente ad oggi, tentare di calcolare i ricavi della criminalità mafiosa è attività ostica e si scontra con mancanza di parametri certi che nascono dalla penuria di dati statali. Ma alcune analisi private son state fatte, come il caso di Sos Impresa nel suo 23° rapporto, stima alla criminalità organizzata un giro di affari di 138 miliardi e un utile di 105 miliardi all’anno, stima per difetto secondo alcuni, invero si pensa realisticamente, che i ricavi superino i 200mld annui. Alcuni funzionari della Banca d’Italia hanno invece operato con metodi econometrici precisi e statuendo che si dovrebbe attribuire come minimo un valore pari al 10,9 per cento del Pil, (la ricchezza lorda nazionale) alle varie organizzazioni malavitose tricolori.
L’attività di contrasto alle associazioni mafiose non può basarsi solo sulla repressione, è un lato della battaglia che non risolve il problema nella sostanza: da tempo sono istituiti, premi, giornate della memoria, incontri di sensibilizzazione dell’opinione pubblica al riguardo, ma specialmente prevenire i fenomeni di sopraffazione significa partire dal basso, dalla scuola, maestra formatrice della società e del futuro ovvero degli italiani che verranno, quindi non piegarsi mai alle prepotenze, avere il coraggio di manifestare e dichiarare le proprie idee e combattere per esse, anche (soprattutto) quando gli altri la pensano diversamente, non lasciarsi influenzare da malevoli coazioni psicologiche esterne (media, tv, internet), convincersi a fare un qualcosa solo perché sembra la via più facile e redditizia, la più comoda insomma, rispetto all’impegno che bisogna porre nel raggiungere degli obbiettivi.
Basta quindi col guardare con ammirazione quelli che si credono i più “fighi”, gli eroi negativi di un contesto magari altamente degradato, specchio deformato dei controvalori della società odierna e da questa stoltamente idolatrati (prepotenze, soprusi, sopraffazione, conformismo alla legge del più forte) invece largo al rispetto delle regole civili e del prossimo, avendo al contempo un coscienza civica collettiva di denuncia ove questi si manifestassero nella vita odierna di una comunità: l’omertà è infatti da sempre, il lasciapassare preferito delle organizzazioni mafiose. Iniziamo dunque a lavorare seriamente sulle collusioni fra mafia e poteri forti, solo in tal guisa potremo levargli il “terreno sotto i piedi” (appalti, droga e riciclaggio) e sopratutto mostriamo all’opinione pubblica quanto essa sia poi altamente vulnerabile, questa invero senza il supporto più che altro omissivo della popolazione non potrebbe continuare a proliferare e di conseguenza come ogni fenomeno umano (parafrasando un detto di Giovanni Falcone) inizierebbe una sua logica parabola discendente. Le cose forse adesso stanno cambiando, ma purtroppo non è ancora abbastanza, la sfida che abbiamo davanti è ancora molto lunga,congediamoci dunque con un messaggio di speranza chirografo dello steso Marcello Torre, risalente alla campagna elettorale del 1980 che lo porterà poi allo scranno più alto cittadino, egli speranzoso affermava : “Il mondo, in fondo, non è tutto da buttare via e si può avere una fede e trovare uno scopo nella vita!”
Il Commento
di Massimo Del Mese
“Ci vuole fortuna anche a morire”
EBOLI – “Ci vuole fortuna anche a morire“, questa è l’amara considerazione che questo sito ha espresso anche in altre circostanze, e più precisamente, in perfetta controtendenza con l'”opinione pubblica” dell’epoca e le “Cronache di stampa” dell’epoca, nella circostanza di una mancata intitolazione di una Piazza nella Città di Pagani a Marcello Torre, quella Città che lo ha conosciuto come professionista serio, valente e affermato, e quella che lo elesse Sindaco, ma soprattutto quella Città che lo vide massacrato sotto i colpi della Camorra vincente dell’epoca, la “Nuova Camorra Organizzata“, quella del “Professore”, di Raffaele Cutolo. Era solo nel gennaio del 2011, quando la Città di Pagani, il suo Sindaco dell’epoca Salvatore Bottone e tutta una classe politica fece la sua più brutta figura, per aver fatto marcia indietro rispetto ad una volontà manifestata e poi ritirata di intitolare una Piazza a Marcello Torre Vittima della Camorra. E quale fu la motivazione? “Perché Piazza ‘Corpo di Cristo’ è un luogo storico di Pagani” e quindi non si poteva reintitolare a Marcello Torre, uomo onesto, vittima della Camorra, medaglia d’oro, simbolo nazionale di una resistenza coraggiosa, rispetto ad una guerra che purtroppo è ancora in corso e che anche per questi meschini comportamenti non è stata vinta nei confronti della Camorra o delle Camorre. In quella circostanza, la famiglia, l’Associazione Libera furono lasciate sole e la vicenda fu trattata come cronaca locale. Era solo un anno che era stato ammazzato Amgelo Vassallo.
In quella circostanza, sebbene ci si trovasse a cospetto di due persone barbaramente uccise, si notò un doppiopesismo veramente vergognoso, che portò tutti ad ingiuste considerazioni ed ingiusti comportamenti, che POLITICAdeMENTE tenne a sottolineare in un articolo dal titolo: “Torre & Vassallo: Ci vuole fortuna anche a morire ammazzati“; ricordando come il “Vicenda Torre” e il “Caso Vassallo” fossero palesemente diversi, evidenziando, come il primo fosse stato ucciso, e veramente ucciso dalla camorra, e come il secondo, sebbene ucciso, dalle indagini ancora in corso, a distanza di anni, ancora aperte, non si riesce a comprendere ne il movente e ne il mandante, figuriamoci l’esecutore, e per questo appartengono ancora alla cronaca più che alla storia come il caso dell’eroe insignito di medaglia d’Oro Marcello Torre.
Ha ragione Ravveduto, nel momento in cui egli rileva, come la Città di Pagani non abbia ancora metabolizzato quella tragioca morte, e purtroppo da quell’11 dicembre del 1980, si rileva che nemmeno la classe politica locale, provinciale e regionale l’abbia metabolizzato. Sembra quanto mai stridente la circostanza che a quella marcia indietro dell’intitolazione nessun Magistrato ha ritenuto mai opportuno indagare su quelle motivazioni e sul cambio repentino. Chi c’era dietro quel voltafaccia? Chi ci dice che non sia stata una volontà ben precisa quella di non intitolare quella Piazza a Marcello Torre, per evitare che quel luogo potesse diventare simbolo dello Stato e simbolo della lotta alla camorra? Chi ci dice che non ci sia stato lo zampino della Camorra?
Era passato poco più di un anno dall’uccisione di Vassallo e quell’intitolazione poteva solo rafforzare la lotta alla criminalità. E purtroppo, come fa rilevare Ravveduto evidenziando ora per allora il tentativo mal riuscito di “depistaggio” che all’epoca si fece, non volendo riconoscere come l’uccisione di Torre fosse un atto Politico, sembra che per il caso Vassallo ci si trovi a vivere un tentativo all’inverso di “depistaggio”, volendo attribuire alla barbara uccisione di Vassallo un significato, a tutti i costi politico, trascurando qualsiasi altra pista. E se oggi si riparla di Marcello Torre, è solo grazie al Libro che Marcello Ravveduto ha scritto, sperando questa sia un’occasione per soffermarsi con maggiore attenzione sulla sua figura, mentre di sicuro la cronaca ci ha consegnato un film su Vassallo, che al contrario sembrava un prodotto della storia, scrivendo e descrivendo una figura che tutti devono necessariamente rispettare perché barbaramente ucciso, ma che tutti non sanno ancora da chi, come e perché, insomma un’operazione politica che aggiunge cronaca a cronaca, sperando che per il futuro, non vi sia un ulteriore Film, tratto da un ulteriore romanzo, scritto da suo fratello, finanziato dalla RAI, che rappresenti il povero Vassallo come “Padre Pio“.
Eboli, 19 marzo 2016
MARCELLO TORRE UN SINDACO DI UNA STATURA MORALE TUTTA DI UN PEZZO. PRENDETE ESEMPIO DA QUESTO UOMO. MA PER MOLTI AMMINISTRATORI DI OGGI MI PARE UN PO’ DIFFICILE. EVITATE FRASI DI COMODO E ‘MOLTO MEGLIO.
GRAZIE MARCO N.,GRAZIE MASSIMO D.M.,questa è una pagina memorabile di storia e di legalità democratica.Ho conosciuto e vissuto la Sua AMICIZIA, PER CIRCA DUE MESI febbraio – marzo 1964 quando da Inviato Speciale de L’AVANTI! ho seguito il processo Falvella-Marini e posso tesimonisre sia la intensa umanità di Marcello TORRE nel difendere gratuitamente il MARINI(insieme all’on. Umberto TERRACINI Padre della Patria,agli Avv.ti Spazzali Pecorelli)contro un mostro come l’Avv.DE MARTINO co autore del codice ROCCO ed ex ministro Mussoliniano,l’Avv. Dino Gassani.Sono stato testimone del grande rapporto amicale e professionale fra Terracini e Torre e quando a dic 80, fu ucciso per me fu un dolore enorme.GRAZIE amici miei.Cosi’ si rende un grande servizio sociale e culturale,con sincerità antonio lioi
Ottimo ricordo un plauso a massimo sempre sensibile ad ogni iniziativa a manzo grande giornalista e a tutto il resto solo un richiamo ma stu lioi che ci azzecca uno che a do sta fa danni tenetelo lontano mandatelo a giocare a bocce