Festa della donna nel XXI secolo, una ricorrenza che sta al passo con l’evoluzione dei tempi.
Non basta più una ”mimosa” ma campagne e iniziative. L’8 marzo Musei statali gratuiti per tutte le donne e spettacoli, mostre, dibattiti e video proiezioni.
di Annamaria Forte
per (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese
ROMA – Una giornata in cui ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne, un’occasione per rafforzare la lotta contro le discriminazioni e le violenze, un momento per riflettere sui passi ancora da compiere. La Giornata Internazionale della Donna, che cade ogni anno l’8 marzo, è tutto questo e anche di più. È un modo per ricordarsi da dove veniamo, noi donne, e dove stiamo andando.
Se negli anni ’60 e ’70 si è tanto parlato di femminismo, oggi questa sembra essere diventata una brutta parola. Il femminismo rivendicava pari diritti per uomini e donne, tuttavia oggi sembra che questo termine, dal quale ci si tiene alla larga arrivando a rivendicare la propria distanza da esso (“non sono una femminista!”), venga inteso in un altro senso, come un’affermazione di superiorità della donna rispetto all’uomo. Diventa allora una dichiarazione di una guerra diversa, non più allo status quo che voleva la donna sottomessa ma proprio ai singoli uomini: e chi si prenderebbe la responsabilità di fare una cosa simile. D’altro canto, se consideriamo l’originario significato del termine qualcuno potrebbe obiettare che oggi, nel nostro mondo occidentale, le donne abbiano ben poco da rivendicare: in teoria sono ormai aperte alle donne tutte quelle carriere che originariamente erano appannaggio esclusivo degli uomini e non ci si aspetta più che solo le donne allevino i figli, restando magari a casa mentre l’uomo lavora e quando torna dà ordini.
Tuttavia, mentre i ruoli delle donne nella società si sono moltiplicati rimane una domanda: quali sono quelli degli uomini?
La donna di oggi infatti sembra debba avere il dono dell’ubiquità, in tutti i sensi: deve saper essere madre, lavoratrice, compagna, autonoma e contemporaneamente accettare che il suo corpo è ancora alla mercé di chi vuole valutarlo, toccarlo, utilizzarlo per vendere, nonostante il fatto che si parli tanto di parità dei diritti. E’ vero che anche il corpo maschile viene utilizzato per vendere, tuttavia sembra che l’ottica con il quale questo viene guardato sia diverso: il modello propone un ideale di uomo sicuro, elegante, potente. Movimenti, collettivi e gruppi femministi esistono anche oggi e le battaglie per la parità dei diritti sono ancora portate avanti (un esempio potrebbe essere quello per le “quote rosa”, in politica ma anche nei consigli d’amministrazione), tuttavia nella generale confusione dei ruoli, mentre gli esseri umani occidentali si stanno forse lentamente risvegliando da un sogno in cui ognuno e ognuna basta a se stesso/a sembra quasi che alla donna venga richiesto di coprire uno spettro sempre più ampio di compiti mentre l’uomo, più insicuro che mai perché privato dalla storia del suo antico ruolo, fatica a trovarne uno nuovo producendo reazioni confuse, instabili e in alcuni casi violente proprio nei confronti di questa donna davanti alla quale non si riconosce.
In conclusione anche i festeggiamenti non andrebbero più limitati a uno sparuto mazzolino di mimose, quando va bene e forse quello che sarebbe opportuno fare a proposito di questa giornata sarebbe aprire momenti di discussione che invece di guardare sempre al passato coinvolgano direttamente le giovani generazioni in un ragionamento più ampio sui ruoli di genere nel ventunesimo secolo.
Roma, 8 marzo 2016