PIETRO DA EBOLI: Il poeta delle tre culture. A ottocento anni dalla sua morte.
di Vincenzo Cicalese
per (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese
EBOLI – L’archeologa e autrice tedesca Ursula Janssen dell’Università di Berna e del centro Archeologico di Berlino, in uno studio sull’Emirato in Sicilia ha affermato che una parte della popolazione ha continuato a parlare arabo fino al XIII secolo e che del trilinguismo dei palermitani (latino, greco e arabo) ne parla il poeta, chierico e medico Pietro da Eboli nel “De rebus siculis Carmen” cronaca delle vicende di Sicilia scritto intorno all’anno 1200.
Infatti, rileggendo il De rebus Carmen, liber ad honorum Augusti e l’ottimo commento del nostro Mariano Pastore, ho notato alla carta 8 (101)a il riferimento di Pietro da Eboli all’uso delle tre lingue nella stesura degli atti notarili siciliani dell’epoca.
Nell’illustrazione dei versi 140-165 contenuti nella carta 7 del codice, si notano quattro archi. Nel primo a sinistra, due uomini seduti nell’atto di scrivere come quelli degli altri tre archi, a capo scoperto e con folta barba: La legenda li chiama Notarii greci; nel secondo arco due con barba e turbante Notarii saraceni; nel terzo due sbarbati Notarii latini; e poi nell’ultimo il Bigamus nocte scribens Tancredo (il bigamo che di notte scrive a Tancredi).
L’autrice della ricerca storico-archeologica avvalora la cronaca di Pietro da Eboli studiando anche un contratto di vendita immobiliare datato 1169. Un certo Christodoulos, figlio di Abul-Sayyd e nipote di Pietro di Castronuovo, firmò in latino l’acquisto di un terreno appartenente a Simeone figlio di Andrea al-Raham (che firmò in arabo) e di Teodoro figlio di Leone al-Khanzari (Leone allevatore di maiali) che firmò in greco. Insomma, all’epoca, le tre culture latino-arabo-greca convivevano allegramente alla faccia dei puristi della razza italiota-padana incarnati attualmente dall’indossatore di felpe Matteo Salvini.
Ma, tornando al nostro grande Pietro da Eboli, probabilmente vissuto tra il 1155 e il 1216, quasi certamente, quest’anno ricorrono esattamente ottocento anni dalla sua morte. Sarebbe il caso che “le autorità competenti” nonché le associazioni culturali ebolitane promuovessero iniziative ed eventi in onore di Pietro autore di un’altra opera importante come il “De Balneis Puteolanis” in cui descrive in maniera medico-scientifica i benefici derivanti dai vari bagni esistenti presso Pozzuoli. Invece è andata completamente perduto il “Mira Federici Gesta” in lode di Federico Barbarossa.
Enrico VI, su proposta del cancelliere imperiale Corrado di Querfurt, donò il mulino Albiscenda in agro di Eboli a Pietro che, a sua volta lo lasciò in eredità alla Chiesa Arcivescovile di Salerno. Simone Augelluzzi, un altro eminente storico ebolitano, trovò in una antica cappella di proprietà dei padri del monastero di San Francesco di Assisi, un’iscrizione lapidaria a caratteri gotici incisa su marmo che recitava:
QUI RIPOSANO LE FREDDE SPOGLIE/ DEL GRANDE POETA PIETRO DA EBOLI/ CHE MAESTRO E SOSTENITORE/ DELL’IMPERATORE ENRICO/ MOLTE PAGINE SCRIVENDO IN SUO ONORE/ ALL’IMPROVVISO MORI’/ NON SENZA PIANTO I CITTADINI EBOLITANI ADDOLORATI/ CURARONO CHE L’INSIGNE UOMO FOSSE/ DENTRO QUESTA TOMBA ONORATO.
Molti studiosi di storia medioevale si sono interessati all’opera di Pietro da Eboli, tra cui i tedeschi Engel e Kolzer nonché gli italiani Rota e Siragusa. Quest’ultimo, nel 1906 pubblicò il seguente giudizio critico in FONTI DELLA STORIA D’ITALIA :
«Il poema di Pietro da Eboli deve essere considerato come opera d’arte e come fonte storica. Come opera d’arte merita di essere tenuto in maggior conto che non si sia fatto sinora. Solo chi conosce parecchi componimenti poetici del Medio Evo, e specialmente dei secoli XI e XII , potrà convenire nella sentenza che questo dell’Ebolitano sia uno dei migliori. L’immagine è viva assai spesso nella mente del poeta; facili e liberi sgorgano sovente dalla sua vena la parola, la frase, il verso… Come fonte storica dunque il Carme di Pietro da Eboli ha un interesse massimo, e questo che destò al suo primo apparire, è venuto crescendo e crescerà, io credo, in avvenire».
Fu buon profeta il Siragusa se, dopo 110 anni da questo giudizio, una storica tedesca ha ritrovato nel De rebus siculus Carmen le tracce del trilinguismo siciliano creato dalll’Emirato saraceno con la conquista di Palermo da parte degli Arabi nell’anno 831 fino alla loro cacciata da parte dei Normanni nel 1061.
Eboli, 7 marzo 2016
Uno dei più grandi poeti e scrittori del 1200 quasi del tutto dimenticato dalla sua Eboli. Fautore di Enrico VI che sconfisse il normanno Tancredi di Lecce, lo celebrò in un notevole poema in tre libri di distici elegiaci da cui molti contemporanei dell’epoca ed autori successivi fino ai nostri giorni hanno attinto notizie di prima mano sugli usi e costumi delle popolazioni siciliane…Fu chierico ma sopratutto medico della famosa Scuola Salernitana e nel trattato “De balneis puteolanis” descrisse minuziosamente le virtù terapeutiche delle fonti di Pozzuoli.
Quest’anno quasi certamente ricorrono gli ottocento anni della morte. Ma chi lo ricorda più?
Purtroppo vale il detto NEMO PROFETA IN PATRIA
La figura di Pietro da Eboli,autoctono celebratore
di Federico II e di suo padre Enrico di Svevia,dà
la possibilità di risalire alle origini del dualismo
italiano.Lo “Stupor Mundi” usò il Mezzogiorno come
una mucca da mungere al servizio della sua politica
di potenza mediterranea e non.
Già la nascita di Federico Ruggero fù vissuta dai
contemporanei come fatto di importanza eccezionale,
tanto da condizionare l’opera letteraria ,il “Liber
ad onorem Augusti ” che nella parte dedicata alla
sua nascita ,assume la cadenza di un testo messia-
nico. E,in verità,la nascita di Federico veniva a
cadere nella fase politica di un mutamento dinastico
nel Mezzogiorno: dai Normanni agli Svevi. Essa si
configurava come l’apertura provvidenziale di una
speranza nuova per il Regno di Sicilia e per tutto
l’Impero:il concretizzarsi del mito dell’autorità
imperiale come portatrice di un’era nuova,quale
Virgilio ,nella Roma antica di Augusto,aveva vagheg-
giato nella IV Bucolica,e i cui versi Pietro da
Eboli non a caso richeggiava.
Il Liber narra le vicende che portarono alla vitto-
ria imperiale ,qualificandosi per la passione civi-
le e partecipazione drammatica che lo caratterizza-
no,come un vero e proprio manifesto politico dei
sostenitori dell’ideale imperiale opposto all’auto-
nomismo nazionale normanno.
Ha ragione Vincenzo Cicalese nell’evidenziare gli
aspetti culturali e linguistici all’interno di una
argomentazione storicamente erudita.
La Sicilia è veramente il luogo della memoria fede-
riciana;ma il quadro geografico è necessariamente
costituito dai paesi dell’intero arco del Mediter-
raneo nella prima metà del secolo XIII:uno spazio
all’interno del quale si sono incontrate e affron-
tate le tre grandi civiltà: la latina ,la greco-
binzantina e la mussulmana, capisaldi di quel Regno
di Sicilia che Federico concepì’come sintesi di
cultura. Nelle grandi svolte del secolo XIII,egli
si trovò a gestire l’ereditò di un passato in crisi’
Lo scenario della storia era pieno di novità.
Anticipò il futuro nonostante un medioevo che faceva
sentire il suo peso:questa fu forse la grandezza di
Federico II.
peppe leso 8 marzo 2016
Quando Carmine Carlone, noto ricercatore medievalista, mi chiese di collaborare per individuare sul terreno i toponimi che incontrava nei regesti delle pergamene che si riferivano al territorio di Eboli, il primo enigma fu proprio il “molendinum situm in terra Eboli in loco Albiscenda digitur”. Non riuscimmo ad individuare il luogo esatto, sia per la concentrazione di numerosi mulini nelle aree più probabili a ridosso del Centro Storico, sia per mancanza di qualsiasi indizio apprezzabile deducibile dai toponimi storici rilevabili da antiche cartografie. Fino ad oggi non mi risulta che si siano fatti passi avanti, anche se molte ipotesi sono state avanzate. Riguardo poi alla cosiddetta tomba di Pietro da Eboli, è noto agli studiosi del settore il fondato dubbio che si tratti di una notizia costruita ad arte per captare l’attenzione internazionale, ma che in realtà non vi siano prove concrete rilevabili, sia dai documenti, sia da ricerche sul terreno. Le questioni sono ancora aperte, perché, sia nel primo che nel secondo caso, ricerche serie non ne sono state fatte, pur in presenza numerosi indizi che ancora oggi sono riscontrabili, nonostante l’incuria e le selvagge manomissioni dei luoghi depositari delle nostre memorie storiche. Ben vengano le sollecitazioni di Mariano Pastore e quelle di chiunque altro, purchè si tenga desta l’attenzione su questi temi di ricerca e conoscenza, che sono un elemento di arricchimento culturale non solo della nostra comunità.
Il “Liber” fu scritto da Pietro da Eboli,poeta
alla corte sveva,all’indomani della conquista
del Regno di Sicilia da parte di Enrico VI di
Svevia.
Nei primi due libri del poema sono narrate tutte
le vicende del Regno,le lotte per la successione,
con i conseguenti eventi bellici,tra cui l’assedio
di Napoli,di Capua ,la conquista di Salerno,fino
alla nascita di Federico II.
Nelle miniature che accompagnano l’opera,l’avvento
della dinastia sveva si intreccia con le raffigura-
zioni dei luoghi che videro lo svolgersi degli
eventi.Salerno vi appare nel suo aspetto medioevale,
con la Tauris maior,il Duomo e il castel Terracena.
Il carme è diviso in tre libri:il primo è l’unico
ad essere pervenuto per intero.
Nella prima tavola del Liber ,Pietro raffigura
Virgilio,Lucano ed Ovidio nell’atto di offrire,
emblematicamente,un saggio della migliore creazio-
ne poetica. Virgilio garanzia della continuità
storica e modello di riferimento; Lucano ,tra
eroicità del passato e incertezza del futuro e
Ovidio,poeta della crisi ,rottura tra la solennità
dell’antico e volubilità del presente.
Pietro non è un vile adulatore :viveva l’incertezza
del presente,auspicando un’era di pace .Chi regna
deriva il suo potere da Dio- La divinizzazione
dell’imperatore precede la sua autorità.Nella
divinazione risiede la legittimità dell’imperatore.
Pietro aveva bisogno di una idea unitaria per
esprimere la sua istanza di liberazione.L’unita-
rietà è rappresentata dall’imperatore.
Pietro avrebbe certamente sottoscritto le parole
di un altro grande intelletuale:”E vedremo la gioia
attesa noi,che pernottammo nel deserto, poiché
Titano sorgerà portatore di pace e rivivrà la
giustizia” Questo intelletuale ,manco a dirlo,era
Dante Alighieri.
P.S. Presso la corte imperiale di Foggia ,anno 1244
il giudice Pietro da Eboli,assiste i suoi
figli nella controversia che li oppone all’arci-
vescovo di Salerno per la proprietà di un
mulino sito in Eboli alla località Albiscenda.
Sembra che il giurista possa essere un nipote
del poeta Pietro da Eboli,
Inutile dire che la Corte imperiale dette
ragione all’arcivescovo di Salerno.
peppe leso 10 marzo 2016
ANCHE MARIANO PASTORE HA PARTECIPATO ALLA DISCUSSIONE SU FB che riporto:
Possibilmente sostituire la foto di Matteo Ripa con questa.
foto di Mariano Pastore.
Mi piac e · Rispondi · 8 marzo alle ore 10:48
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Vincenzo Cicalese
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Vincenzo Cicalese
Vincenzo Cicalese Desidererei che questi commenti fossero anche postati direttamente sul blog di Del Mese, dove si potrebbe aprire un dibattito sulla figura del grande ebolitano. Grazie
Mi piace · Rispondi · 1 · 8 marzo alle ore 10:56
Mariano Pastore
Mariano Pastore STORIA, ARTE & CULTURA, Ebolus dulce solum, Eboli, 1984 – 2016, sempre al servizio della cultura (m. p.).
De rebus Siculis carmen ad honorem Augusti di Pietro da Eboli sec. XIII….Altro…
Mi piace · Rispondi · 8 marzo alle ore 11:30
Mariano Pastore
Mariano Pastore Miniatura della Tav VII del De rebus Siculis carmen ad honorem Augusti (Enrico VI). Carta 8 (101)a del cod. 120 della Burgerbiblothek di Berna da ringraziare sempre per il permesso e l’aiuto ricevuto per la pubblicazione del nostro libro.
foto di Mariano Pastore.
Mi piace · Rispondi · 8 marzo alle ore 11:35
Mariano Pastore
Mariano Pastore La spiegazione della VI tavola dal verso 140 al v. 165 con la traduzione a fronte di Carlo Manzione nelle note da noi introdotte diamo verso per verso la spiegazione della stessa.
foto di Mariano Pastore.
Mi piace · Rispondi · 2 · 8 marzo alle ore 11:39
Mariano Pastore
Mariano Pastore Il libro da noi editato Curatore Mariano Pastore, traduttore dei testi Carlo Manzione e le spese per editarlo dell’ELAION del presidente Cosimo De Vita.
foto di Mariano Pastore.
Per rappresentare il retroterra teorico ed ideologico
dell’opera di Pietro da Eboli bisogna rievocare
un altro grande e coevo intellettuale: Pier della
Vigna .Ideologo della supremazia imperiale,redattore
delle Constitutiones Melphitanae o Liber Augustalis
o Liber Constitutiomum Regni,ispirate al diritto
romano e non alle consuetudini giuridiche feudali;
le prerogative ,in esse contenute ,del sovrano ,il
re-imperatore, si accordano con una visione maiesta-
tic,del potere:una serena e divina maestà.
La Città di Dio,di Agostino da Tagaste ( Algeria),
preparò l’avvento dell’età di mezzo:il Medioevo-.
Essa sovrasta la Città terrena o degli uomini,
splendidamente descritta dalla Commedia :la Divina
Commedia dell’Alighieri.
La società terrena medioevale è una realtà comples-
sa,gerarchizzata,che non si lascia facilmente deci-
frare, non solo, nei suoi elementi e nei suoi segmen-
ti,ma anche nelle forme della rappresentazione e dei
valori.Una grande società di “corpi” umani da gover-
nare,stretta dal bisogno quotidiano,dalla guerra,
dalle passioni radicate nella necessità della sopraf-
fazione per sopravvivere; una società di “corpi”
sorvegliata e consigliata da papi,filosofi,giustizie-
ri nei secoli medioevali.
Nella società complessa medioevale le relazioni so-
ciali sono relazioni fiduciarie che rispettavano
l’antica “fides”,la FEDELTA’ . Quindi fedeltà a Dio
e fedeltà al re come valori assoluti- La fedeltà al
re si ritrova nella formula :”pro rege et patria”,sia
nel principio “pro patria mori”
E veniamo alla” teoria dei due corpi” elaborata dallo
storico tedesco Kantorowicz,primo grande biografo di
Federico II. Il concetto di “corpo mistico” della
Chiesa viene trasferito alle entità politiche.Il re,
dunque,poteva apparire come signore feudale e come
capo dell’intero corpo politico.
Quindi Regnum e Patria si identificavano
Il re possedeva un corpo fisico “mortale” ed un
“corpo” politico immortale :nel secondo corpo risiede
la sovranità del potere,assicurando così la sua
continuità
La formula “per il re e per la patria” durò molti
secoli ,fino alla Rivoluzione napoletana ,cosidetta
di Masaniello ,del luglio 1647. Nacque il mito di
Masaniello e la Rivoluzione produsse una propria
trasformazione della fedeltà politica: destinatario
non fù più il sovrano ,ma la Patria.
Il popolo ,ampiamente inteso,cominciò ad acquisire
una sacralità prima riservata solo al sovrano.
Il popolo diventa l’equivalente della nazione e del-
la patria .Il punto di riferimento della fedeltà
politica è la comunità degli stessi cittadini.il
Regno di Napoli,la patria napoletana.
peppe leso 14 marzo 2016