Nome: Tobia Antonio. Nato: in California. Segni particolari: ha due papà. Chi sono: Nichi Vendola e il compagno Eddy Testa. La madre: Americana-indonesiana.
Vendola: «Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione “utero in affitto”. Questo bambino è figlio di una bellissima storia d’amore, la donna che lo ha portato in grembo è parte della nostra vita».
da (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese
ROMA – Nome: Tobia Antonio. Nato: in California. Segni particolari: ha due papà. Sarebbe una storia come un’altra, di amore e paternità, se non fosse che uno dei due genitori è un leader politico, un po’ defilato ultimamente, ma sempre di un certo peso. E’ di nuovo il privato che diventa ultra-politico la vicenda del bebè di Nichi Vendola e del compagno Eddy Testa, declinata ai tempi dei social network, con tutto quello che questo comporta.
Vendola risponde in serata dopo un giorno di insulti, mentre dall’altra parte del mondo il fuso orario gli risparmiava la diretta dello sfogatoio collettivo: «Non c’è volgarità degli squadristi della politica che possa turbare la grande felicità che la nascita di un bimbo provoca». La risposta è diretta al segretario della Lega Matteo Salvini che aveva ben sintetizzato su Twitter il suo pensiero: «Sono diventati papà affittando l’utero di una donna californiana. Questo è disgustoso egoismo, un’aberrazione. Al centro commerciale si comprano i dvd, le lavastoviglie non i bambini». Espressioni nette che non si fa mancare neppure Maurizio Gasparri: il vicepresidente del Senato, maniaco dei tweet, prima attacca «la sinistra che usa un turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri» e poi in controreplica a Vendola ribadisce: «Squadrista è chi strappa il figlio alla madre e compie mercimoniodi bambini».
Sono solo i due assaggi più forti del lungo elenco di condanne arrivate da destra e dagli ambienti più conservatori del cattolicesimo politico, reduci della battaglia sulle unioni civili approvate in Senato: per loro l’introduzione della stepchild adoption, che il Pd promette di reinserire in una legge ad hoc, non è ancora scongiurata.
Per tutto il giorno la storia di Vendola e del figlio è rimasta la notizia più cliccata, il trend topic di Twitter, un continuo vibrare di cellulari per dire la propria. Tanti insulti (ne citiamo uno: Vendola storpiato in «Comprola»), ma anche tanti auguri e tanta ironia: «Che Vendola e il compagno siano diventati papà dimostra che nulla è impossibile, tranne avere una sinistra unita». Il web diventa il palcoscenico del racconto di questa storia con il solito dividersi tra favorevoli e contrari, e con giusto quell’accento di volgarità vomitata dal bestiario della rete.
Vendola risponde con una dura nota e lo fa rivolgendosi non solo ai politici: «Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione “utero in affitto” – dice – Questo bambino è figlio di una bellissima storia d’amore, la donna che lo ha portato in grembo è parte della nostra vita». Quindi conclude: «quelli che insultano e bestemmiano nei bassifondi della politica e dei social network mi ricordano quel verso che dice “ognuno dal proprio cuor l’altro misura” (anche se capisco che citare Dante non faccia audience)».
La notizia della nascita di Tobia Antonio, primo figlio dell’utero in affitto nella politica italiana, è la conseguenza di un desiderio premeditato, nato già nel 2010. Tobia Antonio è nato nel pomeriggio di sabato 27 in una clinica californiana: la madre che ha offerto la gestazione è un’americana di origine indonesiana, il padre biologico è Eddy Testa, compagno di Vendola. Il quale, dunque, sarà padre adottivo del piccolo. Nichi Vendola adesso ha un figlio e di nuovo diventa la testimonianza di sé, e di tutto un mondo, della relazione qui evidente fra stepchild adoption e utero in affitto, di una società che prende strade nuove, legge o non legge.
Roma, 29 febbraio 2016
Trovo inappropriato che ci sia gente che parli di sentimenti, di amore e lo faccia per puro scopo elettoralistico. Considero indegno che ci sia gente che si elevi a giudice dei sentimenti altrui come giudico indegno che certi “pollitici” si scandalizzino quando si parla di adozione di in coppie gay (dove sicuramenmte l’amore non mancherebbe mai perché risultato di una scelta) mentre taccioni quando si parla di violenza sui figli nelle famiglie spesso veri “inferni sulla terra”. Eppure in quel caso le coppie sono perfettamente eterosessuali e allora. Dove sono questi paladini della giustizia quando accadono cose efferate ed inenarrabili in qyueste famiglie apparentemente perfette? La verità è che nella loro mente morbosa si scandalizzano di quel che potrebbero vedere dal buco della serratura della camera da letto: e si fermano lì, non vanno oltre. La famiglia deve essere composta da uomo e donna? Io dico che la famigolia deve essere composta da esseri umani che si amano e che possono dare amore agli altri … di qualunque sesso siano. “Chi siamo noi per giudiucare?” (papa Francesco)
La mia lunga esperienza di insegnante elementare mi spinge a scrivere e a provocare una riflessione.I figli sono doni preziosi, usati dai più prepotenti contro i più deboli, da chi incapace di amare li sventola come una bandiera per coprire il nulla che ha dentro.Questo succede a chi vive di se’ e dei suoi bisogni.Il sesso non conta.Conta l’amore e la dignità.I figli crescono, disegnano e raccontano famiglie che i genitori non conoscono.Parlano i loro occhi a chi sa ascoltare.Non conta se si è politici o no.Conta il coraggio di essere uomini e di fare scelte e soprattutto di non mettere al mondo figli senza avere incontrovertibile certezza di esserlo.
Indipendentemente dalle proprie legittime opinioni in una materia difficile e di plurime implicazioni, trovo vergognoso che politici ed intellettuali che hanno procreato al di fuori del matrimonio o che si siano varie volte divorziati facciano una ipocrita morale agli altri su delle prorie legittime aspirazioni genitoriali , segno di un provincialismo italiota,cattolico a convenienza,purtroppo duro a morire..
Italietta 2016.