Pietro Ingrao, storico esponente del Pci, è morto nella sua casa di Roma. Aveva 100 anni.
Il grande eretico della sinistra con la passione della poesia lascia in eredità l’ultimo anelito del PCI. Dichiarazioni del Premier Renzi, del Presidente Mattarella, Napolitano, Grasso, Boldrini, Nichi Vendola.
da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese
ROMA – A 100 anni è morto Pietro Ingrao, leader storico della sinistra, voce critica del PCI, Presidente della Camera dei Deputati durante gli anni di piombo. Ingrao era da tempo malato e aveva da diversi anni rinunciato ad apparire in pubblico.
Con Ingrao se ne va uno degli ultimi comunisti, quelli veri, quelli storici della vecchia dirigenza del Partito Comunista italiano e padri della Repubblica Italiana. È morto nella sua casa di Roma Ingrao, è stato il primo presidente della Camera dei Deputati eletto dal Pci. Il 30 marzo scorso aveva compiuto 100 anni. Era nato nel 1915 in una famiglia di proprietari terrieri dell’agiata borghesia locale con tradizioni liberali nella cittadina di Lenola, in provincia di Latina.
Si avvicinò all’antifascismo dopo un passato di studente liceale nel corso del quale partecipa anche ai Littoriali, le manifestazioni sportive e culturali riservate agli universitari fascisti. Poi si trasferisce a Roma per laurearsi in Giurisprudenza e Lettere, partecipò ma lasciò dopo un anno al centro sperimentale di cinematografia. Nel 1936, subito dopo la guerra civile di Spagna, intensifica i rapporti con gli antifascisti, allacciando e stringendo rapporti con Lucio Lombardo Radice e sua sorella Laura, che poi sposerà nel ’44. Per anni si muove nella clandestinità, spostandosi tra la Lombardia e la Calabria.
Con la fine del fascismo, viene eletto in Parlamento ed entra a far parte della segreteria del Pci, dirigendo l’Unità dal 1947 al 1957. Nel 1968 è il presidente del gruppo del Pci alla Camera dei Deputati, e nel 1976 è il primo presidente della camera dei deputati che il PCI riesce ad eleggere. Sotto la sua presidenza vive gli anni difficili ed i tempi drammatici del sequestro di Aldo Moro e poi ’79 chiede di lasciare la presidenza. Uno dei momenti in cui entra in polemica col partito è nel 1969, Quando nel 1969 il Pci cacciò gli eretici de Il Manifesto. entrò in polemica con il Partito, e da quel momento e per lunghi anni si rimproverò, colpevolizzandosi, per non essersi saputo opporre in maniera decisiva all’espulsione di Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Luciana Castellina, Valentino Parlato, Lucio Magri e tanti altri.
Un altro momento difficile con il partito è nel nel 1989, quando si oppose ad Achille Occhetto e alla svolta della Bolognina, che trasforma il Pci in Pds, a spiegarglielo in quella circostanza, temendo il peggio fu Antonio Bassolino. Nel ’91 aderisce comunque alla Quercia, ma poi abbandona i DS nel 1993 e inizia a sostenere Rifondazione Comunista. Successivamente alle elezioni regionali nel 2010 nel Lazio e alle politiche del 2013 dichiarò di avere votato per Sinistra ecologia e Libertà di Nichi Vendola. Una vita quella dell’eretico Ingrao lunga solo 100 anni.
È morto nella sua casa di Roma, in via Ugo Balzani, nel quartiere vicino piazza Bologna. La sua scomparsa ha suscitato una forte emozione nella sinistra italiana. Il premier Matteo Renzi, tra i primi a esprimere il suo cordoglio per la morte dell’anziano leader, ha ricordato il suo ruolo di protagonista nella storia della sinistra italiana: «A tutti noi – ha detto Renzi – mancherà la sua passione, la sua sobrietà, il suo sguardo, la sua inquietudine che ne ha fatto uno dei testimoni più scomodi e lucidi del Novecento, della sinistra, del nostro Paese».
Dal Quirinale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato della passione politica di Ingrao sostenendo che essa «resterà un patrimonio del Paese», mentre «la sua libertà interiore è un esempio per le giovani generazioni».
Mattarella ha voluto mettere in risalto il ruolo di Ingrao nelle istituzioni repubblicane, in particolare la sua presidenza della Camera durante gli anni del terrorismo e del rapimento di Aldo Moro. «Le istituzioni, segnate dai valori della Carta costituzionale – ha detto – hanno rappresentato per lui un limite entro cui svolgere una corretta competizione di idee ma al tempo stesso un orizzonte democratico, che andava invece sempre più allargato ai nuovi soggetti sociali e agli esclusi».
Laura Boldrini ha ricordato Ingrao come «un leader politico che ha speso tutta la sua vita per dare forza alla nostra democrazia». Piero Grasso ha citato una frase di Ingrao che bene lo raffigura: «Il dubbio è l’unica cosa che rivendico in pieno della mia vita».
Tra i tanti ricordi spicca quello di Giorgio Napolitano, che di Ingrao fu avversario politico nel Pci: se il «compagno Pietro» rappresentava l’ala sinistra, aperta ai movimenti e alle inquietudini dei giovani, il futuro capo dello Stato capeggiava invece la corrente di destra, comunista ma in viaggio verso la socialdemocrazia. Nonostante, o forse propria a causa di questa rivalità, è nato tra i due un rapporto profondo che Napolitano ha voluto richiamare nei termini di una «amicizia indistruttibile» formatasi nella «comune partecipazione alle prove più belle, e alle più drammatiche, vissute insieme per decenni».
Ma le manifestazioni di commozione per la morte del padre della sinistra critica sono state numerosissime. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha twittato un «addio compagno Ingrao», Romano Prodi ne ha ricordato «l’abnegazione e il rigore», Nichi Vendola ha messo in rilevo il suo «amore per la libertà», la Cgil ha salutato «l’amico del movimento dei lavoratori» e anche Magistratura Democratica, la corrente dei magistrati di sinistra, lo ha ringraziato per il suo impegno.
Da domani e fino a martedì, la camera ardente, allestita a Montecitorio per l’ultimo saluto al comunista eretico.
Matteo Renzi, presidente del Consiglio. «Con Pietro Ingrao scompare uno dei protagonisti della storia della sinistra italiana. A tutti noi mancherà la sua passione, la sua sobrietà, il suo sguardo, la sua inquietudine che ne hanno fatto uno dei testimoni più scomodi e lucidi del Novecento, della sinistra, del nostro Paese».
Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato. «Ricordo con commozione il grande predecessore Pietro Ingrao, uno dei punti di riferimento più significativi della sinistra italiana del dopoguerra. Per tanti è stato icona di un grande movimento ideale e politico, ma per me è stato soprattutto un Presidente della Camera imparziale e corretto: a dimostrazione del fatto che appartenenza partitica e servizio nelle istituzioni non sono inconciliabili».
Nicola Zingaretti, presidente Regione Lazio. «Con la scomparsa di Pietro Ingrao perdiamo uno straordinario uomo delle istituzioni che ha lasciato il segno nella storia politica del nostro Paese. Per la sinistra italiana ha rappresentato un punto di riferimento costante ed uno stimolo a concentrare gli sforzi verso i più deboli e la parte meno tutelata della società. Rivolgo ai suoi familiari le mie condoglianze e quelle della Regione Lazio».
Goffredo Bettini, eurodeputato PD. «Sono vicino con tutto il cuore alla famiglia Ingrao. Pietro è stato uno dei dirigenti comunisti in Italia più amati e autorevoli nel corso del Novecento. Per me certamente il più importante, originale, fecondo e umano. Con lui va via un maestro insuperabile e un amico fraterno. Si chiude, purtroppo, una vita di lotte, di passioni, di vittorie e di sconfitte. Si chiude con una lunga vecchiaia intensa e dolcissima. Rimane l’impegno di farlo conoscere, per i suoi pensieri e scritti, alle nuove generazioni».
Ettore Rosato, presidente dei deputati del Pd, su Twitter. «È scomparso un protagonista del ‘900. Pietro Ingrao lascia patrimonio culturale e politico prezioso non solo per la sinistra italiana».
Piero Grasso, presidente del Senato. «Con la scomparsa di Pietro Ingrao il nostro Paese perde oggi un grande protagonista della vita democratica. Voglio ricordarlo citando una sua frase: ‘Il dubbio è l’unica cosa che rivendico in pieno della mia vità».
Roma, 27 settembre 2015