La mediazione civile ex conciliazione, messa duramente a rischio dalla negoziazione assistita: A rischio la sua futura esistenza.
Entrambe procedure extragiudiziali, rischieranno di creare confusione e di sovrapporsi facendo aumentare tempi e costi per le parti. Il risultato finale può essere lo stesso, diversa però lè a strada per raggiungerlo.
di Marco Naponiello
per (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese
“Corruptissima re publica plurimae leges”. “Moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto” Tacito (Annales)
ROMA – La crisi della giustizia italiana e sotto gli occhi di tutti, da anni lo ripetono i procuratori generali delle corti di appello nelle loro relazioni annuali sullo stato di salute della stessa, e la lentezza dei processi, le perenni carenze d’organico unite alla mancanza di investimenti fanno il resto, dunque centinaia di miglia di procedimenti accalcano i ruoli della giustizia ordinaria nazionale, si deve aspettare anche venti anni per avere un giudicato finale, situazioni kafkiane che continuano a peggiorare nel momento infelice della economia nazionale, con chiusure di piccoli tribunali o di sezione distaccate, sotto i due ultimi guardasigilli, Cancellieri ed Orlando la situazione invece di migliorare è peggiorata e di molto e a pagarne le spese è sempre il cittadino.
Urge allora un metodo stragiudiziale di composizione delle liti, senza andare dal giudice statuale ovviamente, ed è quello delle procedure ADR (alternative dispute resolutions)tipico dei paesi anglosassoni ove dei privati, nell’ambito dei diritti disponibili, ovvero come dice l’aggettivo stesso quei diritti che al contrario di quelli indisponibili, possono essere alienati dal titolare (trasferiti ad altri) o essere oggetto di rinuncia. Nell’ordinamento giuridico italiano sono esempi di diritti disponibili i diritti patrimoniali in genere, come il diritto di proprietà e di obbligazione. In verità nel nostro ordinamento esisteva già un istituto giudiziale privatistico ed è l’arbitrato (dal latino arbitratus, cioè giudizio) che è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie (cioè senza ricorso ad un procedimento giudiziario) per la soluzione di liti civili e commerciali, svolta mediante l’affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitri, che come dei giudici, ma privati, applicano il diritto pedissequamente, alla stregua se ci trovassimo in una corte di giustizia italiana, e nei confronti dei terzi si ha lo stesso tipo di effetto del processo ordinario: una volta iniziato il processo arbitrale può succedere che una delle parti proponga un’eccezione relativa all’interpretazione, alla validità e all’efficacia della convenzione di arbitrato etc, solo che la procedura naturalmente è più rapida essendo scelti gli arbitri ad hoc del caso, e quindi non avendo carichi pendenti pregressi.
La mediazione civile obbligatoria è cosa un leggermente diversa, essa nel nostro ordinamento giuridico ebbe origine embrionale nel d.lgs 5 del 2003, successivamente su istanze di Bruxelles, l’Italia ha recepito la direttiva con il d.lgs n. 28 del 4 marzo 2010, per la composizione dei conflitti tra soggetti privati relativi a diritti disponibili. Il legislatore, nel tentativo di disincentivare atteggiamenti ostili, ha introdotto con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (detto “decreto sviluppo”) particolari conseguenze sanzionatorie per la parte che non accetta la proposta del mediatore. Con sentenza depositata il 6 dicembre 2012, la nostra Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione per eccesso di delega sancendo di fatto, la natura volontaria del procedimento.L’istituto della mediazione civile obbligatoria, dopo questo iter accidentato è stato riproposto con decreto legge 21 giugno 2013 n. 69,detto “decreto del fare”, modificato e convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98. A differenza dell’arbitrato la mediazione non si basa sul diritto tout court, ma da luogo ad interpretazioni creative,e a differenza dell’arbitro il mediatore (che deve operare presso un organismo pubblico o privato, dopo una adeguata formazione controllato dal Ministero della Giustizia, garantendone professionalità e terzietà dell’operato) non stabilisce i torti e le ragioni, ma cerca appunto di mediare tra le parti, addivenendo casomai ad una risoluzione positiva verbalizzata che si chiamerà conciliazione,con una procedura informale ed in termini snelli, massimo 3 mesi, questa soluzione controfirmata dalle parti e dal mediatore stesso avrà valore di titolo esecutivo e di sentenza per le parti stesse (474 c.p.c.) nel caso di eventuale inadempienza di una delle due.
Come si evince infatti, l’istituto è finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario italiano rispetto al carico degli arretrati e al rischio di accumulare nuovo ritardo, con vantaggi economici e di celerità per i cittadini. Esso infatti, rappresenta uno dei pilastri fondamentali della riforma del processo civile. La mediazione civile obbligatoria secondo i dettami del decreto del fare, torna obbligatoria per 4 anni (cioè fino al 2017) in forma sperimentale in materia di:
- condominio
- diritti reali
- divisione
- successioni ereditarie
- patti di famiglia
- locazione
- comodato
- affitto di aziende
- risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
- contratti assicurativi, bancari e finanziari
Ma il nostro legislatore avveduto cosa fa? Invece di puntare su questa alternativa valida e per accontentare la lobby anche parlamentare degli avvocati, i quali vedono nella mediazione e un ostacolo alla loro professione (“causa pendente causa ridente” recita un adagio popolare) vista la possibilità concreta di evitare il giudizio, caccia del cilindro un suo omologo: la negoziazione assistita (L.162/2014) che per il momento è relegata a pochi ambiti applicativi, ma si teme che possa essere estesa per accontentare i circa 250.000 legali operanti nella penisola con una attività rapida, semplice, specialmente subito pronto cash ie dunque remunerativa. La negoziazione, per chiarire, non è il ricorso al giudice di pace diverge anche dalla mediazione, nella quale gli avvocati e le parti sono davanti a un terzo, invece nella negoziazione assistita, i due avvocati sono l’uno di fronte all’altro, (american way) preventivamente all’ esperimento dell’ azione civile in tribunale si dovranno impegnare a trovare un accordo alternativo tranne che il tentativo fallisca,e solo allora si può iniziare la causa civile. Nel momento in cui, con decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 , è stata introdotta la negoziazione assistita, buona parte della classe forense, da tempo avversa all’istituto della mediazione, ha cantato vittoria, che forse è solo rimandata per la consequenziale temuta scomparsa della mediazione obbligatoria, dove constatando che con la presa di possesso della negoziazione si elimina il soggetto terzo ovvero, il mediatore,eliminandone anche i relativi costi e riducendo il tutto ad una transazione privata tra le parti. La negoziazione assistita, infatti, risulta obbligatoria nei casi in cui si voglia esercitare in giudizio un’azione in materia di risarcimento del danno da circolazione con una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non superiori a € 50.000, al di fuori delle materie di mediazione sopra elencate, sottolineiamo che nelle materie facoltative di mediazione si può ricorrere ad entrambe con la precedenza alla negoziazione e solo in caso di fallimento di quest’ultima si passerebbe alla mediazione, orbene si avrebbero in tali materie due gradi di procedure A.D.R., per poi passare solo dopo il vano loro esperimento, che è prodromica condizione di procedibilità, ai tre (due di merito e uno di legittimità) della giustizia ordinaria, in barba alle esigenze di celerità e di risparmio per i cittadini si sta creando una enorme confusione solo per accontentare una professione che langue in un limbo senza fine.
Difatti la congiuntura attuale per la professione dell’avvocato comporta amari sacrifici: dall’Ordine degli avvocati è in corso una vera e propria diaspora, oltre in cinquemila pronti a lasciare gli albi professionali perché impossibilitati ad onorare la cassa forense, ovvero l’ente previdenziale italiano presso cui debbono essere obbligatoriamente assicurati tutti gli avvocati che esercitano la professione con carattere di continuità ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero del lavoro . La previsione, contenuta nella legge 247/2012, sta mettendo nel caos la professione legale come il vincolo di iscrizione alla Cassa. Sebbene ci siano agevolazioni concesse ai piccoli studi che non fatturano cifre elevate,molti giovani professionisti sono da tempo pronti a lasciare l’ordine perché impossibilitati ad andare avanti nel caso onorassero tutte le spese di cassa forense. Come si denota un altro “regalo” della riforma Fornero sulle pensioni, al popolo della partita IVA e i relativi ordini. Cosicché tutti coloro i quali non riuscissero a superare il reddito minimo per il pagamento dei contributi, dovranno scegliere se continuare o gettare definitivamente la toga. Il costo per continuare ad avere il tesserino professionale è circa 3.500 euro annui, oltre alla quota di iscrizione del proprio Albo richiesta dall’Ordine, spese che un tempo apparivano irrisorie, ma oggi son vedute come ostacoli insormontabili.
Ed ecco il perché sorge questo forte sospetto, su tale provvidenziale sponda governativa, ma il dubbio ora si sposta su cosa sarà degli istituti di mediazione, che già costituiscono un filtro alla libertà della professione di mediatore, il quale bene ricordarlo, non può aprirsi una partita iva autonoma, dunque non ha un albo pubblico provinciale ma solo dei registri locali in organismi privati oltre ad un elenco centrale al ministero di giustizia, come si denota una visione evocativa di precarietà professionale dell’ epoca moderna, poco e male regolamentata. Per non discutere sulle differenze degli stessi organismi, infatti quelli di nuova costituzione, dopo il DLgs. 210 n 28, sono costituite come società in srl, aventi un obbligo di versamento di capitale di 10.000 € inamovibili, invece gli organismi più d’antan, godono tranquillamente della forma associativa che le permette un ingiustificato dislivello di trattamento nel campo fiscale, già di per se intollerabile.
Un ultima considerazione merita la martoriata figura del mediatore, senza dubbio questi non ha goduto di chiarezza ne sul lato reclutativo dove con molta superficialità si è aperta la possibilità a qualunque laureato di potersi abilitare in una professione dal taglio prettamente giuridico con una lapalissiana forzatura inammissibile, ne del suo ruolo futuro, se come si sospetta la neonata negoziazione pro avvocatura, pian pianino si allargherà in tutti i campi della mediazione obbligatoria de facto soppiantandola, vista la sua maggiore economicità e celerità procedurale. Ed allora come sarà un giorni riconvertito tale titolo di mediatore civile? cosa faranno i mediatori dopo aver speso migliaia di € in formazione ed aggiornamento obbligatorio biennale per non far andare il titolo stesso in quiescenza? I soliti maligni affermano, ma si spera che vengano smentiti dai fatti, che dopo il 2017, alla fine del periodo sperimentale e dopo aver permesso agli organismi di formazioni di lucrarci un altro po’, magari alcuni di essi di proprietà di parenti del “Palazzo” la mediazione passerà nel dimenticatoio delle riforme in – attuate del nostro Stato.
In effetti potenzialmente si tratta di lucroso business, gli organismi privati di mediazione contenuti nell’elenco del ministero della Giustizia son centinaia ma al numero uno c’è l’Adr Center, che tra i mediatori formati conta anche la moglie del ministro Angelino Alfano, l’avvocato Tiziana Miceli; noi si spera che sia solo una involontaria coincidenza. Al momento vi è da registrare l’ennesimo pasticcio del legislatore, che spinto da una vis miope di rinnovamento, legifera fin troppo e male, finendo al fine oltre a non fare chiarezza sul decongestionamento della macchina giudiziaria pubblica, anche in aggiunta, per scontentare gli addetti ai lavori e i singoli tartassati cittadini, i quali sentono ogni giorno allontanarsi costante delle istituzioni repubblicane dalla vita reale del Paese, in virtù delle troppe mancanze di risposte effettive.
Roma, 9 luglio 2015
Una nuova furbata italiana vanificante gli sforzi di molti.
Tutti a casa.
Pezzo illuminato su come siamo messi male,molta teoria e poca pratica.