Il “Felino alato” al Museo Archeologico di Salerno

“Il Felino alato”, l’opera in bronzo proveniente dal Getty Museum, esposto al Museo Archeologico di Salerno fino a Marzo.

“Il felino alato”, opera in bronzo databile tra il VII – inizio VI sec. a.C. proveniente dal Getty Museum of Los Angeles, e visibile da oggi al museo archeologico provinciale di Salerno fino a marzo 2016.

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di Annamaria Forte
per (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese

SABATO – Ieri, domenica 7 giugno alle ore 19,30 è stato presentato  presso il Museo Archeologico Provinciale di Salerno il “Felino Alato”.

Dopo i saluti istituzionali di: Giuseppe Canfora, Presidente della Provincia di Salerno, di Giovanni Coscia, Consigliere Provinciale delegato per i Beni Culturali, della dott.ssa Barbara Cussino, Funzionario delegato del Settore Musei e Biblioteche della Provincia di Salerno; sono intervenuti la dott.ssa Silvia Pacifico, Funzionario coordinatore del sistema museale della Provincia di Salerno dott. Carmine Pellegrino, Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale/DISPAC, dell’Universtità degli Studi di Salerno, con la moderazione del dott. Giuseppe Ariano, Presidente Associazione Fonderie Culturali.

La storia. Menzionato nel catalogo dei capolavori antichi del Getty Museum of Los Angeles, rappresenta uno dei bronzi più belli ed enigmatici dell’intera collezione del magnate americano. Una scultura avvolta in un’aura di mistero per il suo fascino e le sue forme perfette. E’ “Il felino alato“, proveniente dal museo americano e visibile da oggi al museo archeologico provinciale di Salerno.

L’opera, in bronzo con doratura, è databile tra il VII – inizio VI sec. a.C. e probabilmente costituiva la gamba anteriore di un trono ligneo. Alcune caratteristiche stilistiche, quali la forma della fronte e delle orecchie, così come il procedimento di realizzazione, la riconducono alla Spagna del regno di Tartessos. La stessa provenienza amplifica il mistero che circonda il manufatto bronzeo: il regno del re in questione, forse di stirpe fenicia, è avvolto nella leggenda: non è stato mai localizzato con precisione, si trovava nei pressi dello stretto di Gibilterra, alla foce del Guadalquivir, prima delle mitiche colonne d’Ercole. Il grande felino è in stile orientalizzante, un pezzo unico, anche di grandi dimensioni.

Con la sua altezza di oltre 70 cm, infatti, è quasi a grandezza naturale e quando lo si osserva da vicino è difficile non rimanerne affascinati. Un gatto, una belva felina, un animale divino in atteggiamento difensivo ed aggressivo al tempo stesso, uno sguardo intelligente e magnetico, gli occhi scrutano chi osserva quasi a rapirne lo sguardo e ad ipnotizzarlo. L’opera rimarrà in esposizione presso l’Archeologico di Salerno fino al marzo del prossimo anno, per catapultare i visitatori in un nuovo viaggio sensoriale tutto da esplorare. Per circa un anno occuperà, infatti, il posto della testa in bronzo di Apollo, che dallo scorso febbraio è protagonista di un tour tra Firenze, Los Angeles e Washington come ambasciatore culturale di Salerno”. Per averlo, J. Paul Getty – che diede inizio alla sua attività di collezionismo nei primi anni Trenta del Novecento – non badò a spese. Attratto in maniera irresistibile dal mondo classico e dalle antichità, Getty viaggiò nei Paesi del Mediterraneo, lesse testi di letteratura specializzata ed acquistò diverse ville in Italia. Nel 1955 compose il racconto Viaggio da Corinto sulla Villa dei Papiri di Ercolano e poi costruì la sua dimora di Los Angeles sullo stile di un’antica dimora romana. Nel 1957 Getty inviò la propria collezione di antichità al piccolo museo che aveva istituito tre anni prima nella sua casa di Malibù, dove creò una galleria di tutto rispetto, comprendente anche il felino alato di fattura spagnola. Alla sua morte, avvenuta nel 1976, J. Paul Getty lasciò al Museo un’eredità del valore di settecento milioni di dollari. Le antichità greche e romane hanno serbato un grande valore non soltanto perché ispirarono il suo fondatore a ricostruire la Villa dei Papiri a Malibù allo scopo di ospitare le collezioni, ma anche in quanto hanno rappresentato la fonte principale di idee e forme per l’arte europea dei secoli successivi.

L’opera rimarrà in esposizione presso l’Archeologico di Salerno fino a marzo 2016, per catapultare i visitatori in un nuovo viaggio sensoriale tutto da esplorare. Per circa un anno occuperà, infatti, il posto della testa in bronzo di Apollo, che dallo scorso febbraio è protagonista di un tour tra Firenze, Los Angeles e Washington come ambasciatore culturale di Salerno.

Salerno, 8 giugno 2015

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