A proposito di “Buona Scuola”

A proposito di “Buona Scuola” e il Disegno di Legge 2994 sulla Riforma della Scuola tra silenzi e attenzioni.

Rosario Coccaro
Rosario Coccaro

di Rosario Coccaro
da (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese

EBOLI – Dopo aver tentato, in precedenza, di individuare i caratteri salienti di una Buona Scuola provenienti non dalla Minerva Ministeriale ma dalla scuola militante, si entra nel testo del D.D.L. 2994 liquidato dalla Camera con una risicata maggioranza e che rappresenta la quinta Riforma della scuola italiana negli ultimi quindici anni.

Vi si rinvengono, certamente, attenzioni volte a rendere la scuola italiana più flessibile e funzionale: postuma attenzione al mondo sindacale, compimento del processo di Autonomia, valorizzazione del merito e così via.

Colpiscono, però, anche alcuni inspiegabili silenzi che non giovano certo alla causa della Buona Scuola.

La Scuola dell’Infanzia è completamente ignorata: quasi non fosse scuola anche questa! Non vi è alcun riferimento all’urgenza di un nuovo/antico patto sociale con i genitori che ponga fine alle posticce e pericolose simmetrie generazionali. Non vi è traccia nel testo dell’elitario passaggio che fa della Scuola un Organo Costituzionale, forse il primo, in quanto deve fornire a tutti e a tutte gli strumenti perché questa Costituzione scritta sui fogli, diventi realtà.

Conclamato che la scuola non può essere riformata per decreto, il D.D.L. governativo N° 2994 del Marzo 2015, opportunamente riveduto e corretto e che va sotto il nome di Buona Scuola, ha iniziato il suo percorso parlamentare superando l’esame definitivo della Camera dei Deputati Mercoledì 20 maggio 2015. Ora è passato all’esame del Senato dove qualcuno annuncia un Vietnam parlamentare.

Trecentosedici si; centotrentasette no; un astenuto: la Camera approva.

Il quorum richiesto è assicurato, le procedure sono rispettate, ma, sul piano politico, la legge di riforma della scuola parte già con il piede sbagliato: è votata dalla sola maggioranza di governo e con una parte del P.D. assente, un’altra che non la gradisce e un’altra ancora che, per protesta, abbandona l’aula.

A nostro parere, per fabbricare una Buona Scuola che sia anche capace di futuro, è necessario guadagnarsi consensi trasversali allargati che vadano oltre le temporanee e cangianti maggioranze di governo,  oltre gli angusti limiti di una legislatura, (se tutto va bene). Se non si riesce in questo, si corre il rischio, oramai ricorrente e conclamato, che ogni Governo si faccia la sua riforma con buona pace delle continuità e della coerenza in un servizio essenziale che solo negli ultimi 15 anni ha subito qualcosa come 5 riforme: Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Renzi-Giannini… e continua! Sulla pelle di uno studente che oggi ha 18 anni, 5 riforme sono passate!

Ma tali lungimiranze politiche, mai troppo di moda nel nostro Paese, ora sono sempre più in disuso, rese forestiere dal modello renziano che, esaltando decisionismo, proclami e populismi, sta trasformando la democrazia parlamentare in democrazia esecutiva con un uomo solo al comando. Pomposamente si proclama: saranno i cittadini a fare la riforma della scuola, ma non si avverte, poi,  il bisogno di sentire il mondo della scuola (studenti, insegnanti, dirigenti): l’uomo solo al comando, lanciato il proclama, ora può fare da solo!

Su questi scenari complessivi, esaminiamo alcuni punti, alcune  attenzioni -per così dire- del D.D.L. 2994, ora all’esame del Senato.

Intanto è servito lo sciopero del Cinque Maggio. Ha ricompattato il mondo sindacale che è riuscito a fare fronte comune  per arginare lo strapotere governativo a tutto vantaggio della scuola italiana. Ha indotto il Governo a sentire i sindacati e ad accogliere alcune loro richieste di modifica del testo originario. Certo la struttura complessiva del provvedimento non è stata modificata, sono stati, però, introdotti dei correttivi che lo hanno decisamente migliorato e che hanno creato i presupposti per ulteriori migliorie al Senato.  (La mobilitazione continua!)

Autonomia e Dirigenti Scolastici. La Ministra dell’istruzione scrive: è  l’ora dell’Autonomia. In parte, ha ragione: questa riforma rende più compiuta l’autonomia scolastica introdotta dalla L. 59 del ‘97 la quale modificò profondamente i connotati della scuola italiana. Non più struttura centralizzata con articolazioni territoriali a prevalente carattere burocratico-amministrativo, ma istituzione autonoma del territorio fondata sui principi della sussidiarietà, della interpretazione e della flessibilità.

A dirigerla è posto un Dirigente Scolastico che, tra l’altro, deve rispondere dei risultati in termini di apprendimenti e di comportamenti degli alunni. E’ evidente che per rispondere dei risultati deve poter affidare l’azione educativa e didattica ad insegnanti di sua fiducia, non può farlo ponendosi nelle mani di personale da altri inviato e per la sola via amministrativa.

Non più burocrate o passacarte, né sceriffo, ma semplicemente manager che si sceglie le risorse e ne risponde in prima persona a tutti i livelli.

Ovviamente i rischi di strapotere, di corruzione, di favoritismi ci sono, ma sono i rischi dell’autonomia; è necessario predisporre già nella stesura definitiva  della legge  e poi nei decreti attuativi, organismi e strumenti di controllo rigorosi nonché provvedimenti disciplinari e penali, altrettanto rigorosi, finalizzati a prevenire e/o sanzionare eventuali irregolarità/reati.

Valutazione e merito. Tutti quanti noi siamo stati studenti/studentesse; molti di noi sono genitori di alunni che hanno frequentato/frequentano la scuola pubblica; alcuni di noi sono uomini/donne di scuola. Direttamente o indirettamente sappiamo, dunque, che nella scuola vi sono in-segnanti di alto profilo, sensibili, competenti, motivati, erastès del proprio lavoro, che riescono ad emozionare emozionandosi, che sanno utilizzare i contenuti, le discipline per sedurre gli studenti e per suscitare in loro lo stupore e la meraviglia, che sanno trasformare l’insegnamento in un atto erotico e alle cui lezioni, sovrani, regnano il silenzio e l’attenzione.

Ve ne sono altri, però, non all’altezza della situazione, demotivati, che scrivono damiggiana con  la doppia g, che fanno confusione sull’uso di umanista e umanistica, che hanno scelto questo lavoro come ripiego, che si limitano ad interpretare un ruolo impiegatizio, che non riescono a controllare la classe… Che, forse, sarebbe stato meglio non aver mai incontrato!

Vogliamo continuare a far finta di niente? Vogliamo coprire il tutto con un pietoso manto mariano? Vogliamo continuare a sostenere che siamo tutti uguali quando così non è?

Forse è arrivato il momento di prendere consapevolezza che questo sarebbe un assurdo professionale e giuridico capace anche di portare al fallimento la scuola pubblica; forse è arrivato il  momento di convincerci che merito non è una parolaccia e che in Italia, come accade nella maggior parte dei paesi occidentali, è indispensabile un serio servizio di valutazione delle scuole , degli insegnanti, dei dirigenti, nonché degli alunni, che vada oltre i passi comodi dell’autoreferenzialità.

Si tratta di far venir fuori il merito per poi esaltarlo con meccanismi di premialità controllata in termini di carriera e di retribuzione.

Ovviamente, qui si potrebbe annidare il rischio di un dirigismo monocratico che può essere scongiurato con la costituzione di nuclei esterni di valutazione (collegi ispettivi), organismi istituzionali di controllo democratico all’interno dei quali lo stesso D.S. esercita i sui poteri.

Sul D.D.L. 2994 molto ancora ci sarebbe da scrivere, ma per contenerci entro spazi ragionevoli, riteniamo più opportuno evidenziare alcuni inspiegabili silenzi e formalizzare alcune proposte di integrazione ritenute indispensabili per mettere su veramente una Buona Scuola con l’auspicio che l’Assemblea di Palazzo Madama le prenda in considerazione e le introduca nel testo definitivo della legge.

Il pesante silenzio  sulla Scuola dell’Infanzia. Il Disegno di Legge ignora completamente la Scuola dell’Infanzia quasi non avesse bisogno di manutenzione alcuna o, peggio ancora, non avesse la dignità di scuola e fosse, dunque, da riconfinare nell’antico territorio di asilo. Qui non vi sono  confinati, qui non vi è asilo per nessuno, questa è la prima scuola, qui si pongono le premesse di ciò che sarà degli uomini e delle donne di domani e della loro felicità possibile.

Praticare una buona manutenzione, rivedere gli ordinamenti, portare, a livello curricolare, la lingua inglese ai bambini e alle bambine di tre anni (ad esempio), significherebbe facilitarne la conoscenza veicolare: indispensabile passaporto europeo per i nostri giovani. E anche qui si potrebbe continuare.

Domanda di padre e simmetrie posticce. Nella proposta di Riforma della scuola non vi è alcun cenno all’urgenza di allontanare dalla scuola e dalla famiglia innaturali simmetrie transgenerazionali e recuperare, viceversa,  alleanze generazionali sovraordinate.

A nostro avviso, si rende necessario intraprendere un’azione sociale educativa a tappeto (interventi di esperti, radio, TV, pubblicità progresso, giornali, ecc.) rivolta ai genitori per indurli a recuperare l’alta funzione educativa genitoriale che oggi risulta completamente evaporata a seguito di orizzontalità/simmetrie posticce e pericolose.

La nostra epoca, infatti,  è caratterizzata da una grande confusione generazionale: i figli si confondono con i padri, i genitori si alleano con i figli, nessuno porta più la cravatta. Viviamo in una società senza padri, dove si è smarrita, appunto, la legge del padre.

Le nuove generazioni, viceversa, sono abitate da una forte domanda di padre, di lungimiranti capitani, di significativi adulti asimmetrici che sappiano indicare la dritta, che abbiano il coraggio del No ( Se mi vuoi bene dimmi di no – P. Crepet- ) ed, estrema ratio, della punizione. Affinché le pratiche della Buona Scuola possano essere proficue è necessario che questa trovi genitori disponibili ad alleanze simmetriche sulla non facile azione educativa ed istruttiva che è emozione che è stupore, che è erastès, ma che richiede anche impegno e sacrificio da parte degli studenti. E’ indispensabile recuperare la legge del padre, perché quando questa  non c’è, allora regna il caos, allora facilmente arriva l’ospite che può bucare anche l’anima, allora si insediano i Proci e le loro galeotte pretese.

La Scuola: Organo Costituzionale taciuto. Come giustamente ha evidenziato Tullio De Mauro (linguista, cattedratico, membro dell’Accademia della Crusca nonché Ministro emerito dell’Istruzione), nel D.D.L. 2994 vi è un colpevole silenzio sulla funzione di Organo Costituzionale della scuola e quindi sull’impegno della Repubblica a garantire a tutti e a tutte l’istruzione. E’ il concetto su cui già negli anni ’50 molto insisteva P. Calamandrei:…ai nostri giovani serve imparare a leggere, scrivere e far di conto a quei livelli sempre più alti che il processo di istruzione richiede…

L’apprendimento degli alfabeti del sapere, prima, e dei contenuti disciplinari, poi, prolunga i poteri della mente, assicura il possesso di strumenti concettuali potenti, coltiva raffinate sensibilità, fa lievitare lo spessore umano, morale e sociale delle persone.

Ecco, questo serve ai nostri giovani, questo serve loro per far si che ciò che è scritto nella Costituzione diventi patrimonio effettivo di tutti gli italiani e di tutte le italiane.

A ciò è deputata la Scuola che, pertanto, costituisce l’Organo Costituzionale ante litteram, in quanto consente agli altri Organi dello Stato, alla classe dirigente, ai lavoratori, ai cittadini di poter funzionare al meglio e di partecipare responsabilmente alla vita della Repubblica.

Eboli, 5 giugno 2015

1 commento su “A proposito di “Buona Scuola””

  1. Condivido tutto e in particolare: il recupero della legge del padre, la valorizzazione del merito, che la scuola deve essere più attenta ai contenuti e all’istruzione.

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