Per Eboli: Politici tecnici o tecnici politici?

Politici tecnici o tecnici politici? Il dilemma del socialista Lioi, calzato alle vicende ebolitane.

Il Socialista Antonio Lioi si domanda: “Meglio politici tecnici o tecnici politici”; e ci riporta alla proposta di un gruppo di persone che si richiamano al socialismo, di candidare un medico che nulla ha a che vedere con la politica, con il PD e il centrosinistra.

Calamandrei
Calamandrei

da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

EBOLI – Riceviamo e volentieri pubblichiamo un commento di Antonio Lioi ad un articolo pubblicato su Blitz Quotidiano, che affronta il tema che spesso noi tutti, semplici cittadini, ma anche quelli non tanto semplici come addetti ai lavori della politica e gli stessi leader politici locali, regionali e Nazionali costretti dagli eventi a ripiegare su scelte che si orientano su quella famosa “società civile” e semmai più specificamente su personalità dalle varie competenze, scientifiche, culturali, economiche evi a di seguito, abdigando al loro ruolo e indebolendo ancora di più quel debole prestigio che man mano, specie se si continua così, sarà sempre più debole fino a scomparire.

Ebbene l’intervento di Lioi all’articolo che si pubblica integralmente quì di seguito, è quanto mai opportuno perché calza alle circostanze che nelle ultime ore stanno attraversando la Città di Eboli, rispetto ad una contesa che è in atto per la conquista del potere da parte di gruppi politici e di poteri egoisti ed ingordi, che pur di raggiungere i propri obiettivi va ben oltre finanche a sputtanarsi da soli nell’indicare personalità, per quanto stimabili, a ricoprire ruoli politici di primo piano come quello di Sindaco di una Città come Eboli, comunicando con questa scelta la loro incapacità di rappresentare ruoli e circostanze.

E’ succede che un gruppo politico, residuale ad una esperienza derivante dal mondo socialista, quello peggiore, ha indicato il Dottor. Giuseppe Di Benedetto Candidato Sindaco di Eboli, per superare ed aggirare lo scoglio delle primarie del PD, spesso brandite a mò di minaccia e altrettanto spesso odiate e ostacolate, ritenendo possa poter racchiudere in quella personalità tutte le diversità in atto e tutte le posizioni politiche che si confrontano.

Antonio Lioi
Antonio Lioi

Sarebbe tutto normale ovviamente se Di Benedetto fosse un Politico e allo stesso tempo un amministratore, oltre ad avere le sue competenze specifiche, purtroppo, ed in un articolo che POLITICAdeMENTE pubblicherà a proposito, c’é da dire che Giuseppe Di Benedetto sta alla Politica e alla Amministrazione, come il suo mentore ex Ministro Carmelo Conte sta alla Cardiochirurgia e alla Medicina in generale, oltre al fatto che non è riconosciuto da nessuna delle parti che al momento vorrebbero partecipare alle primarie e non è riconosciuto nemmeno dagli elettori del PD, ritenuta persona, per quanto stimabile, totalmente estranea ai processi polititi cittadini e del Partito Democratico.

Ed ecco il socialista Antonio Lioi che comunque in maniera generosa tratta la questione quasi se la proposta di Di Benedetto fosse “tecnica” e non fantasiosa ed inesistente come appare che così commenta l’articolo di Blitz Quotidiano: In questi giorni girano in città notizie relative a candidature di persone note –politicamente parlando- e persone che  impegnati in questi anni nella loro professione, si ritrovano catapultati nell’agone poltico-elettorale, allora mi è sorta spontanea la domanda : meglio affidare le sorti della Città a POLITICI (spesso falsi tecnici) o TECNICI (spessissimo falsi politici)? Riporto pertanto delle considerazioni interessanti in merito”.

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(da “blitz” quotidiano)

“Chi, accingendosi a governare uno stato, una regione, una città, decida di non attingere i suoi collaboratori principali dall’esercito dei politici di professione o di quanti hanno fatto della politica il proprio mestiere, ma decida di rivolgersi al mercato dei cittadini, “esperti” o “tecnici“, deve confrontarsi con un dilemma di non facile soluzione. La scelta di ministri o assessori “politici” presenta un importante vantaggio, compensato però da un grave svantaggio. Il politico di professione, non avendone quasi mai un’altra e vedendo nel nuovo incarico un’occasione di ascesa nella carriera che si è ripromesso di seguire, in genere sarà disponibile a tempo pieno.

Il suo impegno – se ben speso – gli potrà infatti conquistare consensi e costruire alleanze che si riveleranno indispensabili nel percorso successivo. Non è detto che quell’impegno sia sempre determinato dall’interesse pubblico, ma è ragionevole attendersi dal prescelto assiduità e presenza continuativa, incompatibili con lo svolgimento professionale di altre attività. La stessa retribuzione, pur non particolarmente elevata, può costituire un obiettivo appetibile per chi non svolga altri lavori redditizi. Lo svantaggio – dal punto di vista di chi sceglie il collaboratore “politico” – è rappresentato dalla minore indipendenza di quella scelta, condizionata quasi sempre dagli schieramenti, dalle alleanze, dalle “quote”, dalle dinamiche interne ai partiti che hanno il monopolio della politica.

Chi, sindaco, governatore o capo del governo, accetta di circondarsi di una “squadra” composta da politici, deve quasi sempre accettare anche questo condizionamento, che gli piaccia oppure no.

Non solo: egli dovrà aspettarsi che l’intensità della collaborazione e la fedeltà alla “squadra” siano continuamente condizionate dall’appartenenza a una forza politica. La scelta di ministri o assessori non politici, ma – per semplificare – “tecnici” , comporta un vantaggio e un corrispondente svantaggio, speculari a quelli della scelta “politica”. Il vantaggio è costituito dalla maggiore libertà e autonomia ( libertà e autonomia sempre relative, perché anche per individuare il tecnico “giusto” ci si dovrà muovere in base a valutazioni esterne che sfuggono a colui che deve decidere la nomina: si tratti di amici, cacciatori di teste, promotori non sempre disinteressati). Il vero vantaggio – oltre a quello della competenza specifica – consiste nell’interruzione del circuito politico e nella maggiore autonomia rispetto al sistema dei partiti.

Ma, inconveniente non da poco , questa maggiore autonomia e questa maggiore competenza si scontrano in molti casi con la circostanza che il prescelto, essendo un professionista o un “tecnico”, ha già una posizione professionale che si è costruito faticosamente, alla quale si presume tornerà una volta conclusa l’esperienza di governo, nazionale o locale; una posizione che gli procura – trattandosi, si presume ,di una figura di particolare capacità e autorevolezza – guadagni certamente superiori a quelli assicuratigli dalla pur prestigiosa nomina a un incarico pubblico.

Non solo: questo incarico ha sempre una scadenza, al cui verificarsi l’interessato dovrò misurarsi con la necessità e il rischio del reinserimento nel precedente ambito di lavoro. Questo comporta e giustifica la tendenza a continuare a riservare una parte non irrilevante della propria disponibilità e anche della propria passione all’attività che sino ad allora lo aveva occupato interamente. Non si tratterà di una incontenibile pulsione per l’accumulo degli incarichi, ma – piuttosto – del più che ragionevole desiderio di non venir meno alla propria vocazione professionale e di non perdere del tutto la posizione che si è raggiunta. Se è vero che il politico non può improvvisarsi tecnico, è altrettanto vero che questo non può improvvisarsi politico, specie in un contesto in cui anche quella del politico è diventata una vera e propria professione, in senso ideale, economico, sociale .

E’ allora comprensibile il disagio in cui si viene trovare chi – chiamato a funzioni di governo – decida di scegliere i suoi collaboratori in modo da coniugare autonomia della scelta, competenza tecnica, dedizione totale ed esclusiva agli obiettivi e ai valori di un “programma”. Il disagio, a ben vedere, nasce oggi dalla condizione in cui, nel nostro Paese in particolare, si è venuta a trovare la classe politica , e dall’immagine gravemente screditata e compromessa che essa trasmette di sé ai cittadini e alla pubblica opinione. E’ evidente infatti che i due piani, quello “politico” e quello “tecnico” non possono essere vicari e sostituirsi l’uno all’altro o sovrapporsi. “Governo tecnico” o “di tecnici” è un assurdo e un paradosso. La professione del tecnico non può confondersi con quella di chi deve governare.

Le due responsabilità, come spiegò Max Weber nelle sue famose conferenze tenute al crepuscolo della Repubblica di Weimar, sono tra loro incompatibili, sul piano etico ma anche su quello pratico. Il politico deve servirsi della tecnica, ma non farsene un alibi o una controfigura. Il tecnico deve perseguire i suoi obiettivi pratici con probità intellettuale, mantenendosi sul percorso assegnato dalla scienza, senza farsi dominare o travolgere dalla passione politica”.

Eboli, 9 febbraio 2015

5 commenti su “Per Eboli: Politici tecnici o tecnici politici?”

  1. Il Dottore Lioi, con la prefazione di Admin, hanno messo il dito nella piaga ad un dibattito molto in voga negli ultimi anni, partendo dalla candidatura in pectore del Prof. Di Benedetto, vagliano l’eterno ( per le democrazie maggiormante compiute rispetto la nostra ) dilemma, tra il politico sempre + reietto ed il tecnico, che sa di nuovo ma con sospetto!

    Un esempio attualissimo:

    IL TRACOLLO DI SCELTA CIVICA E, PRIMA ANCORA, LA FINE DI “ITALIA FUTURA” DI MONTEZEMOLO SEGNANO LA FINE DELL’IDEA CHE LA “SOCIETÀ CIVILE” POSSA EDUCARE GLI ELETTORI E SOSTITUIRSI ALLA POLITICA (MA IN TUTTI I CASI SENZA AVERNE I VOTI) O AVERE CONSENSO ED ESSERE I BURATTINI DEL GRANDE VECCHIO DI TURNO?

    Se pensiamo al governo tecnico di Monti,e dei professori fuori realtà, il vecchio politico, magari adiuvato da un consulente ad hoc, torna di
    voga.

    Il tecnico infatti può essere, parzialmente, avulso dal mondo politico, ma potrebbe essere SISTEMICO AD UNA LOBBY ECONOMICA-FINANZIARIA,E FOSE ANCORA PEGGIO!

    Di contro, son certo che i politici, di questi tempi hanno chiaro che senza competenza non c’è riflessione morale, decisione politica o opinione personale che tenga!

    La nostra politica si dovrebbe basare sulla RAPPRESENTANZA unita alla COMPETENZA…questo è la risoluzione aurea del problema, manicheizzarlo in buoni o cattivi, politici e tecnici alla lunga sarebbe ragionamento stucchevole.

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    • Avv. Marco N., lo scopo della mia “meditazione” di cui sopra era quello di “mettere a pensare” non solo il mio carissimo e stimatissimo amico Peppino ( Di Benedetto)ma anche qualche altro “stimato?” tecnico, che possa essere tentato di avventurarsi per conto proprio ( lista civica) o per qualche “movimento” privo e contrario a qualsiasi ideologia, se non quella del “NO !” e “SCASSIAMO TUTTO”. Io non credo alla possibilità che un uomo SOLO possa essere la “salvezza” di una città ma SOLO un gruppo dirigente che generosamente si fa carico con senso civico della cosa pubblica. Una squadra anche con buoni TECNICI, che venga guidata da un politico esperto e con una buona formazione ideologica.
      Vorrei pregare la cara Provvidenza,Grazie ma smettila di mandarci i TUOI uomini? Insomma:
      “Gentile signorina Provvidenza, ma la potrebbe smettere, una buona volta, di mandare uomini suoi quaggiù?”. Perché qui, in effetti, saremmo un po’ stufi della faccenda dei falsi “tecnici” inviati in tuo nome . Questa storia po’ ardita ( l’Uomo della Provvidenza) la inventò un papa,era Pio XI e parlava di Benito Mussolini, il che apre due scenari: uno, si sbagliava di brutto (la Storia docet); due, questa signorina Provvidenza fa degli scherzi “da prete mica male”. Dopodiché, siccome non è che qui ad Eboli si brilla di fantasia incontenibile, non credo che abbiamo bisogno di uomini della Provvidenza, portatori di probabili ed ulteriori disastri. In un eccesso di sadismo, per dire caro Marco, la Provvidenza – nel 1994 ci mandò Berlusconi, uno tra l’altro che andava in giro a dire fregnacce meravigliose come unto dal Signore e cose così. Benissimo “il berlusconismo”, infarcito di uomini della Provvidenza, tutti presi dalla signorina di cui sopra nelle varie AZIENDE dell’unto dal Signore,dicevo il berlusconismo, chissà per quanti anni ancora continuerà a far danni, anche quando il suo ispiratore non ci sarà più.

  2. Giustissimo, gli uomini della provvidenza,di cui noi italiani abbiamo avuto grande esperienza o sono stati divisivi o poco incisivi:
    Abbiamo iniziato con Giuseppe Garibaldi che sembrava aver fatto tutto e niente, vista la fine incolore, poi dopo la tragica situazione del dopo guerra 15-18 è stata la volta di Benito Mussolini, dittatura guerra e miseria. Per un po’ ne abbiamo fatto a meno, perché Zio Sam ci foraggiava con il piano Marshall, dopodiché, finiti i soldi, ci siamo affidati a Bettino Craxi,grande statista ma finito nella polvere della tangenti, consegnandoci un debito pubblico raddoppiato; finito Craxi ha seguito a ruota Silvio Berlusconi,la politica fatta spettacolo, inchieste e sospetti di mafia e ogni dove del codice penale era terreno di pascolo poi Beppe Grillo, con le sue fandonie, anche essa una forma di settacolarizzazione, sempre danarosa, della politica italiana e adesso stiamo a Matteo Renzi, giovane capace segretario del mio partito, che entusiasma ma i risultati sono vacui, l’entusiasmo resta, ma la fiducia non è una cambiale che si rinnova molte volte!.

    Chi sarà il prossimo…????

    P.S.Per amor di patria evitiamolo,( il superuomo di Nieztsche, era un modello filosofico) anche in loco, preferisco i veterani della politica, sono almeno genuini!

    Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese- Kennedy John Fitzgerald

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