Trasformazione delle Banche Popolari e la crisi del sistema creditizio al Sud

Assopopolari: Sebbene atteso, il cambiamento, indebolisce il sistema e mette a rischio 20mila posti di lavoro. Allarme anche nelle Banche di Credito Cooperativo.

Crisi del sistema creditizio al Sud a 20 anni dalla crisi del Banco Napoli e Banco di Sicilia. Nei fatti si è dissolta la rete del credito autonomo al Sud, e aggiungendo il bluff della Banca del Sud, il mezzoggiorno è sempre più riserva di cassa.

Banco Napoli.Banco di Sicilia-Tremonti-Berlusconi-Renzi Padoan-Banca Milano-Caselli
Banco Napoli.Banco di Sicilia-Tremonti-Berlusconi-Renzi Padoan-Banca Milano-Caselli

di Marco Naponiello
da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

NAPOLI – Che il settore bancario non stesse vivendo un momento positivo era chiaro a tutti, basti pensare all’agitazione di fine gennaio che ha coinvolto il 90% dei dipendenti per il rinnovo del contratto nazionale, si equiparano oramai, alle più famose scioperanti tute blu dei metalmeccanici nelle rivendicazioni salariali, e anche gli “Ex privilegiati” colletti bianchi, rischiano di perdere i benefits e adeguamenti al costo della vita, un amaro segno dei tempi, che rimette in discussione vecchie categorie consolidate. Ma la vera “rivoluzione copernicana” settoriale, è stata fatta dal governo Renzi, sotto l’egida del MEF, ovvero di Pier Carlo Padoan, la trasformazione in spa, il decreto impone il cambio di Statuto, viene aspramente criticato dall’ Assopopolari,nella persona del presidente Ettore Caselli (l’associazione che raggruppa le banche in questione)perché  a suo dire,danneggerebbe non solo le famiglie e le Pmi, ma anche il Paese favorendo gli stranieri che vogliono acquistare banche italiane.

Renzi-Padoan
Renzi-Padoan

La politica alza un muro altissimo contro la riforma delle banche popolari che il governo ha approntato nell’ ultimo Consiglio dei ministri. Sono bastate alcune indicazioni generali per innescare la reazione di tutti gli interessati, contrari al superamento del voto capitario (una testa, un voto) che finora ha garantito a questo tipo di banche di restare piccole e autonome (come le colleghe gemelle Banche di Credito Cooperativo) mentre il resto del mondo del credito si ristrutturava e cresceva fino a creare colossi come Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Il premier: “E’ un momento storico“. Padoan: “E’ una misura che rafforza il sistema bancario italiano che andrà sempre meglio man mano che la ripresa si consolida“. Le dieci grandi banche popolari “selezionate” dal governo hanno diciotto mesi di tempo per diventare, dunque, società per azioni. Il Parlamento ha sessanta giorni per provare a modificare, un provvedimento d’urgenza che riduce di fatto la “peculiarità” del sistema economico italiano. Di contro, l’allarme dei sindacati è che con la ristrutturazioni ed eventuali  prossimi accorpamenti ci siano oltre  20mila esuberi nelle popolari, e che diventino preda dei grandi gruppi stranieri, tedeschi e francesi in testa, o possano agevolare fusioni tra istituti solidi e altri con forti passività o peggio ancora, aventi “in pancia” titoli tossici stile Bernard Madoff, operazioni politiche fatte per salvare banche amiche o “banche di partito”, ecco in poche parole il paventato dagli analisti. Infatti, sarebbe assurdo mettere in discussione per decretazione di urgenza, una storia positiva dell’esperienza imprenditoriale italiana, quella delle banche di popolari, fondate e sostenute da una moltitudine di piccoli risparmiatori, lavoratori, operatori economici, famiglie, che trovano la garanzia della loro rappresentanza proprio nel voto capitario, e che tanto merito hanno avuto nel boom della piccola e media imprese, in specie negli anni sessanta e settanta.

Tremonti-Berlusconi
Tremonti-Berlusconi

Sono più di dieci anni che nel mondo bancario si argomenta di riformale il singolare modo di governo di questo tipo di banche. La Commissione europea , per due volte,ha tentato di intervenire contro il sistema capitario nelle banche popolari. Nel 2005 il commissario alla concorrenza UE Charlie McCreevy riprese in mano la procedura contro la procedura «una testa, un voto» aperta nel 2003 dal predecessore Fritz Bolkenstein. Il sospetto, neanche troppo nascosto, era quello di violazione dei principi europei sulla libera circolazione di capitali e sulla libertà di investimento nell’Unione. Erano i tempi tristi dei «furbetti del quartierino» (Ricucci Coppola & co) e della scalata della Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani su Antonveneta ai danni di Abn Amro. In quei mesi  convulsi il commissario McCreevy inviò anche richieste di all’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio che furono inevase. Bruxelles, allora, ritenne di non avere un valido impianto probatorio per procedere con l’infrazione e archiviò il dossier. Ora il governo sembra intenzionato  a rispettare la normativa europea, in virtù di una visione moderna e globalizzata del mercato creditizio, che secondo il vertice del MEF, tale trasformazioni renderà tutto il “Sistema Paese” più forte, con il sistema regolatorio di supervisione europeo.

Ma quali sono le banche toccate dalla riforma? Si tratta delle 10 più importanti banche popolari italiane. La classifica mostra ai primi posti Ubi, Banco Popolare, Bpm e Bper di seguito, la Creval e Popolare di Sondrio. Quotata anche Banca Etruria, (quella di Papà Boschi) mentre fuori dal listino restano inaspettatamente le due venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. La decima, per oltre 9 miliardi, è la piu’ grande popolare del Mezzogiorno, la Popolare di Bari.

banco-di-sicilia
banco-di-sicilia

E partendo dal Mezzogiorno del nostro Paese, vi è da riflettere sulla condizione del sistema creditizio meridionale. Mi ritorna in mente l’incredibile storia dello smantellamento delle più grandi banche meridionali, in particolare la storia del Banco di Napoli,( ma un parallelo vale anche il Banco di Sicilia) il glorioso banco partenopeo che negli anni ’90 entrò in crisi, con 2.000 mld di sofferenze, frutto di mala gestione dell’allora Ferdinando Ventriglia, AD dell’Istituto, anni difficili almeno come quelli che stiamo vivendo La crisi ci fu sicuramente anche per connessioni con la politica faccendiera, ma anche e soprattutto per fattori esterni come la mancata erogazione di fondi già promessi alle aziende meridionali con la chiusura di AgenSud, l’agenzia che aveva preso il posto della Cassa del Mezzogiorno. E il pessimo funzionamento dell’Isvemer, ovvero la Mediobanca del meridione. Il Banco Napoli cosi fini per chiudere tutte le succursali estere, e fu assorbito dal gruppo piemontese, Intesa Sanpaolo, se pensiamo come contraltare ai favori  elargiti negli ultimi anni alle banche toscane o di altre zone al di là della linea gotica, Monte paschi ed Antonveneta, la storia del “nostro” credito  assume tinte amare.

Ma il dibattito economico e politico sugli effetti di questo processo di dissolvimento è più che mai ancora vivo, certamente, e non di rado in questo dibattito intervengono forti pregiudizi, interessi e visioni di particolari,tuttavia, gli interrogativi che l’evoluzione del sistema bancario meridionale suggeriscono restano cogenti, dal punto di vista pratico e teorico, e non possono essere elusi proponendo soluzioni semplicistiche o di controparte ottimistiche, ingenue interpretazioni a senso unico. Il credito nel Mezzogiorno continua ad essere un gravoso problema,che le radicali azioni di intervento sul sistema bancario locale portate avanti nel corso degli anni hanno sicuramente trasformato, ma non per questo acclarato. Se furono le finalità improprie che le banche assumevano nel Mezzogiorno, lecite o meno, portatrici di gravi inefficienze amministrative e di una redistribuzione del credito non sempre indirizzata alla logica ottimizzazione del profitto per la banca , a rendere urgente un radicale cambiamento di mentalità gerente. Oggi, difatti, questo mondo abbisogna l’affermarsi nel Mezzogiorno di un sistema bancario indipendente ed  europeo.

Banco Napoli
Banco Napoli

Una nuova visione del credito al sud, sembrava essere stata intrapresa con la nuova creazione da parte del  ministro delle finanze di Silvio Berlusconi, il “creativo” Giulio Tremonti, della fantomatica Banca del Sud, o del Mezzogiorno, (Banca del Mezzogiorno – MedioCredito Centrale S.p.A. per il vero già operativa dal 1952 per volere di Alcide De Gasperi), il tutto nel 2009 viene varata la Legge 191 che prevede la nascita di una banca che abbia l’obiettivo di finanziare progetti di investimento nel Mezzogiorno, di erogare credito alle piccole e medie imprese, di favorire la nascita di nuove imprese e l’imprenditorialità giovanile e femminile, nonché promuovere l’aumento dimensionale e l’internazionalizzazione di tali imprese, di finanziare attività di ricerca e innovazione, il tutto come detto, nelle regioni del Sud Italia. Si prevedeva anche la possibilità che il capitale della banca sia aperto anche a banche popolari e banche cooperative, di cui sopra.

Il Mezzogiorno ha, sulla carta una banca, ma che sicuramente non serve al Mezzogiorno, probabilmente non serve a nessuno, salvo a chi incassa emolumenti vari. Non a caso, circa la metà dei fruitori dei finanziamenti della Banca del Mezzogiorno non risultano neanche residenti nel Sud. La somma di anomalie, e di sprechi, sia in termini di risorse sia dal punto di vista delle opportunità mancate, ha la sua genesi già nell’atto di nascita della Banca del Mezzogiorno.

Banca Popolare di Milano
Banca Popolare di Milano

Tremonti, nel momento del suo massimo potere, la presenta e la immagina in grande, con ben 7.500 sportelli operativi nelle regioni meridionali, un gigantesco network per rilanciare l’intera economia del Sud. Passano gli anni ,prima si discute sui possibili azionisti di controllo (banche popolari? Cassa depositi e prestiti?), e infine si incardina la Banca del Mezzogiorno nel Mediocredito Centrale che alla fine del 2010 viene poi assorbito da Poste Italiane. Un istituto che quando nacque fu accompagnato da una dichiarazione di Tremonti, una operazione costata centinaia di milioni di euro, 350 per l’esattezza, «Non faremo un carrozzone». Ma i fatti smentiscono le parole, a seguire nel 2012, con il prof. Mario Monti invece sparisce la voluta Banca del Sud di Giulio Tremonti e Umberto Bossi, o meglio entra in un cono d’ombra. Fino ad oggi, “congelata”ad oggi in Poste Italiane, valorizzandola come vuole Padoan, aprendola in tutti i 15.000 uffici delle poste e non solo in 250 punti con finalità di piccoli prestiti alle famiglie,diventandone una  product factory  sostituendo i partners come Agos o Deutsche Bank, e magari rivenderla a gruppi di investitori stranieri ad un ottimo prezzo di realizzo, si parla di mezzo miliardo secondo indiscrezioni, questa sembra essere l’orientamento del nuovo amministratore delegato Francesco Caio.

Tutte le iniziative settoriali che alla bisogna sembrano appropinquarsi, di certo non hanno nulla a che vedere con un potenziamento del credito al di sotto della capitale, ne con la nobile Mission iniziale: quella di distribuire e facilitare finanziamenti alle piccole imprese ed alle famiglie meridionali (cosa che allo stato drammatico dell’arte tutto il sud d’Italia patisce un disperato bisogno) agevolando come conseguenza la crescita economico-sociale ed il riscatto morale di queste terre, e dubito altresì che l’attuale esecutivo guidato da Matteo Renzi, si stia muovendo nei suoi provvedimenti di politica economica, in tal senso.

Salerno, 2 Febbraio 2015

7 commenti su “Trasformazione delle Banche Popolari e la crisi del sistema creditizio al Sud”

  1. Una renzata x aiutare le banche amiche in difficoltà… la la funzione della banche è creare sviluppo, non favorire la loro corporazione, ne vedremo delle belle.

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  2. Credo sia giusto che oltre una certa dimensione non abbia più senso parlare di “cooperative vicine al territorio”. Diventano solo pachidermi che fanno concorrenza alle vere banche cooperative vicine al territorio, cioè quelle piccole e medie!
    Questa protesta è solo una facciata, perché se veramente le popolari avessero a cuore il voto capitario e balle varie, si potrebbero dividere ciascuna in 2 o 3 banche più piccole, in modo da scendere sotto al tetto degli 8 mld e non essere più soggette a queste richieste.

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  3. LA BUFALA DELLA BANCA DEL SUD, ALTRO CARROZZONE INCOLCUDENTE, MILARDI SPRECATI X SISTEMARE FIGLI ED AMICI VERRA’ BEDNUTA CON OPERATIVITà ZERO!
    GRAZIE SILVIO & GIULIO, LA FINANZA CREATIVA DI DEBITI!

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  4. non confondiamo il credito cooperativo con le banche popolari oggetto del decreto. Si tratta di istituti del tutto diversi per dimensioni, struttura, clientela, impieghi, redditività, impatto socio-economico.
    Questa pseudo riforma è voluta solo per aggregare mps che è una banca fallita derubata dal suo partito e che vuol accollare a banche sane.perchè non pagano i sindaci fonsazione politici e tutti quelli che l’hanno portata al disastro

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  5. ULTIMISSIME:
    IL CASO BANCHE POPOLARI DIVENTA IL CASO DAVIDE SERRA. ADESSO SI SCOPRE CHE IL FINANZIERE PREFERITO DAL PREMIER NEL CORSO DEL 2014 HA FATTO INCETTA DI TITOLI DELLE BANCHE POPOLARI E HA UN PACCHETTO PESANTE DI UNA DI QUESTE (PARE CHE SIA LA BPM)
    STRANE COINCIDENZE!!!!!

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  6. al sud vi è più criminalità e per questo forse insolvenze, ma maggior rischiosità può giustificare i tassi di interesse superiori registrati nelle regioni meridionali???
    e poi progetto di Banca del Sud porta con sé il rischio di riprodurre molti errori del passato, ma anche del presente, e non risolvere i problemi che stanno alla base

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