Trivellazioni nel Vallo di Diano: Quel Petrolio che non arricchisce il Sud

Basilicata come il Texas? Nonostante i ricchi giacimenti di petrolio in Val D’Agri, è sempre afflitta da povertà e disoccupazione: Un ventennio di illusioni.

Anche in provincia di Salerno ci sono giacimenti di “oro nero”. La Shell vuole trivellare. Nel Vallo di Diano-Cilento i Sindaci si oppongono, gli ambientalisti anche e fanno loro da sponda. Un contro senso? Quel Petrolio non arricchisce il Sud.

Vallo di Diano-Petrolio.
Vallo di Diano-Petrolio.

di Marco Naponiello
da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

SALERNO – “Ognuno oggi ha il potere che subisce, è un potere che manipola i corpi in una maniera orribile (…). Manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore istituendo dei nuovi valori che sono valori alienanti e falsi. I valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama: “un genocidio delle culture viventi.

                                                                                                     Pier Paolo Pasolini

Non ci si poteva credere quando nella prima metà del Novecento sono stati scoperti in Basilicata dei giacimenti petroliferi, il Texas dietro l’angolo, la Lucania Saudita come scherzosamente qualche buontempone la soprannominò, ma si è dovuto aspettare per la fase operativa gli anni ottanta, e ad oggi il petrolio della Val d’Agri fornisce oltre il 10% del fabbisogno nazionale, essendo il giacimento petrolifero su terraferma più grande d’Europa. Questa cifra è destinata ancora ad aumentare, visti i progetti e i lavori in corso di espansione dei pozzi, ad oggi non del tutto sfruttati, e udite udite, nell’ultimo decennio sono stati scoperti ulteriori capienti giacimenti petroliferi, tanto da supporre che nella valle ci sia il più grande giacimento d’Europa!

petrolio basilicata
petrolio basilicata

Il petrolio che viene estratto da questa terra, ricca e povera allo stesso tempo, è tanto molto più di ciò che ci si aspetta. Dicono che il giacimento valga oltre  50 miliardi di euro e che sotto le terre selvagge di questo lembo di Meridione ci siano un miliardo e mezzo di barili di petrolio. Ma si deve scavare molto profondità notevoli, oltre 3-4.000 metri, sondare la qualità e la quantità di oro nero ed estrarre, rendere a detta degli ambientalisti di Legambiente, un colabrodo la regione, che dal punto di vista politico amministrativa da sempre contesta questa visione e parla di ritorni economici delle royalties sul territorio, sarà cosi,  ma la Basilicata continua ad essere stranamente ancora,  la regione più povera d’Italia. La Val d’Agri non è che un microcosmo, un esempio di ciò che accade nel resto della Penisola dove 1.700 pozzi estrattivi  rendono ogni anno quattro milioni di tonnellate di greggio, un sorso della perenne sete energetica attanagliante il nostro Paese. Basti pensare che questa produzione rappresenta il 15% del fabbisogno nazionale, e allora le compagnie petrolifere spingono ad estrarre di più. Perciò si moltiplicano le richieste, anche in zone turistiche (però il progetto del  Basso Adriatico è stato bloccato) o dove si sperava di far nascere parchi nazionali, o dove vedremo tra poco i suddetti già ci sono. Ma, allora, se le cose stanno così, se si trivella e non si ricava tanto, cui prodest? E se si continua, chi davvero ne beneficia ne beneficia?

La Val d’Agri è da sola una piccola vallata in quell’Italia fatta di contadini, un’Italia che sa di  passato. Ora molti ex coltivatori lavorano per le imprese subappaltate dalle grandi compagnie petrolifere sperando in provvigioni  generose, ma fino ad ora si son visti solo spiccioli, inquinamento e contratti precari della maestranze. L’elenco delle conseguenze dell’inquinamento è lunghissimo. Parla di animali che non fanno più il latte nelle vicinanze degli impianti petroliferi, vigneti rinsecchiti, grappoli che si sviluppano con una patina d’olio sui chicchi, terreni diventati infruttiferi, morie di pesci, pere dal marchio Dop che a d oggi non coltiva più nessuno, molte richieste di pensionamenti per neoplasie, tutto questo ha portato la corsa all’ “oro nero”. L’Eni paga soltanto il 10% di royalties, Il 7% va a Regione ed Enti locali, Il 3% serve a finanziare un bonus benzina di 180 euro l’anno destinata a ogni automobilista della Basilicata; Peccato che qui il petrolio paradossalmente è più caro che nelle altre parti dello Stivale, forse appunto per i costi di estrazione, finendo per azzerare il finto bonus e costringere i lucani abitanti ai confini con altre regioni, di approvvigionarsi fuori della Basificata.  Del resto si parla ancora troppo poco dei disastro ambientale in Basilicata, da qualche mese, un anno all’incirca, sappiamo che sono stati trovati idrocarburi nell’acqua del rubinetto nel paese di Tito, ma non sembra  stranamente, che queste notizie siano ritenute di rilevanza nazionale. Si continua a tranquillizzare la popolazione e ad insabbiare le notizie. Bisogna giocoforza accendere i riflettori sul territorio lucano, senza la pressione dell’opinione pubblica, vigile nei territori, non cambierà nulla. I giornalisti in modo particolare possono giocare un ruolo importante nel salvare vite umane. Più che mai in Basilicata è evidente che una cattiva amministrazione del fenomeno,può fare danni altrettanto gravi di quelli della criminalità organizzata nelle terre dei fuochi, ma senza la consapevolezza della cittadinanza non c’è modo di resistere da un lato è sconvolgente constatare che viviamo realtà parallele; una è quella che ci viene propinata come un sedativo quotidiano dai mezzi di informazione, l’altra, quella reale però, che constatiamo attraverso il duro lavoro, carico di passione, da persone al servizio del cittadino e per il bene di esso, che troppe volte con meritoria operano non riescono ad essere, loro malgrado, incidenti nei problemi.

vallo di Diano
vallo di Diano

La Storia potrebbe ripetersi anche qui in casa nostra, invero Val d’Agri e il distretto Diano – Cilento, pur se divisi amministrativamente, sono uniti da una sottile lingua di territorio e morfologicamente son la stessa cosa. Nel 2012 i sindaci del Vallo di Diano si riunirono sottoscrivendo congiuntamente un impegno solenne, in un incontro pubblico con l’eloquente titolo: Petrolio: quanto siamo disposti a pagare? hanno sostenuto con fermezza il no al progetto MonteCavallo, ossia una serie di trivellazioni esplorative richieste dalla Shell, corroborati dalle conclusioni degli ambientalisti locali che duramente sottolineavano: Il Vallo di Diano non è la Libia d’Italia, ma una terra sotto molti aspetti ancora sana, dignitosa, e ricca di risorse da sfruttare, nel rispetto del territorio e della salute dei suoi figli. Posizione intransigente rinverdita nel vicino 2014, Cilento e Val Diano contro le perforazioni per il petrolio Il nostro Governo, anche con l’intento nobile, di superare la difficile congiuntura, sta cercando di incentivare  in Basilicata e altrove, la possibilità di trivellare i territori. Con lusinghe alle amministrazioni locali di maggiori introiti, si auspica di superare eventuali dinieghi di persone ed associazioni, il fine ultimo duplicare la produzione e dimezzare “fantasmagoricamente” le importazioni entro un quinquennio.

Ad affermarlo è stato il Wall Street Journal, secondo il quele l’esecutivo darebbe più royalties, con una maggiorazione di finanziamenti  per le infrastrutture regionali., capo fila di questa impresa è la Dutch Shell, una delle grandi sette sorelle della pompa, la zona della Provincia di Salerno confinante con la Val d’Agri, è fortemente contraria. Il Decreto “Sblocca Italia” applica la Strategia Energetica Nazionale, che prevede il riconoscimento del carattere strategico di ogni infrastruttura legata agli idrocarburi, che la realizzazione di queste attività con procedure di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità prevede l’apposizione di vincolo preordinato all’esproprio dei terreni, che il titolo concessorio sarà unico, che tutte le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale per le attività di ricerca, prospezione ed  estrazione in terraferma saranno sottratte alle regioni e assegnate allo Stato e che il Governo, in caso di  inerzia delle Regioni, avocherà a sé i titoli minerari pendenti alla data di entrata in  vigore del Decreto Legge.

No_Petrolio
No_Petrolio

Invece secondo il comitato di primi cittadini che strenuamente si oppone in nome della difesa del territorio e del diritto alla salute, costituitosi ad hoc nel Vallo di Diano però:

“con l’opposizione netta e intransigente al permesso “Monte Cavallo” del 2012 tutti i Comuni hanno già fatto la propria scelta ritenendo incompatibile l’attività petrolifera con la vita del Vallo di Diano. Le scelte fatte da questa terra vanno nella direzione opposta alle trivellazioni e allo sfruttamento delle risorse ambientali, pertanto riteniamo che “l’operazione trasparenza” proposta, tempestivamente, dalla FederPetroli con missiva del 13 gennaio 2014 al sindaco del Comune di Atena Lucana non possa trovare alcun terreno fertile. Questo perché la trasparenza di questa terra passa attraverso la limpidezza delle proprie sorgenti e viene declinata nei consigli comunali”.

Di qui la richiesta conseguente, di una convocazione di un consiglio straordinario della Regione Campania, nella persona del governatore Stefano Caldoro, affinché si esprima parere negativo decreto “Sblocca Italia” chiedendo la non conversione in Legge e l’impugnazione immediata per incostituzionalità, cercando in contemporanea di coinvolgere tutti i partiti e segreterie politiche, si vorrebbe una posizione netta e per tutte le opere energetiche ritenute strategiche, accoppiando al potere decisionale di Comuni e Regioni, anche quello non escludente de i cittadini e i loro rappresentanti.

Si deve registrare di contro ,che si alzano anche voci contrarie ad un atteggiamento retrivo alle trivellazioni, si propone da queste parti un referendum sul caso di specie, (nei comitati di quartiere e nei forum di discussione), invitanti a riflettere su un  potenziale ciclo benefico economico gli abitanti del comprensorio che dal Parco Nazionale non hanno ricevuto molti benefits sostanziali obiettivamente. La speranza neanche tanto recondita, consiste nel fatto che le attività estrattive produrrebbero di riflesso anche una occupazione dell’indotto, come alberghi e pensioni in over booking per anni a causa  delle presenze di tecnici ed operai addetti. Dunque si stanno scatenando all’interno della comunità valligiana forti tensioni e dissensi interni, in un momento dove le opportunità sono poche e ritorna prepotentemente l’emigrazione in specie giovanile e su larga scala, il rinunziare tout court ad una opportunità simile ha il sapore, per alcuni, della blasfemia.

Quale futuro energetico allora per l’ Italia ed il Mezzogiorno? Il futuro energetico dell’Italia è racchiuso nella Strategia Energetica Nazionale (Sen), un piano di investimenti da 180 miliardi destinato allo sviluppo delle rinnovabili, all’efficienza e all’ottimizzazione della gestione delle fonti fossili che disegna le possibili evoluzioni del contesto italiano nel medio (2020) e nel lungo periodo (2050), concentrato sull’impatto macroeconomico e sulle ricadute della Strategia energetica nazionale la quale prevede sette grandi linee di azione da implementare entro il 2020 che vanno dal rafforzamento delle infrastrutture allo sviluppo dei comparti verdi fino a una gestione efficiente dei mercati e a una governance dei processi decisionali più snella e virtuosa. Secondo le stime del Ministero Ambiente, al 2020, il livello del Pil risulterà innalzato del il 2,5% nell’ipotesi di realizzazione completa, rispetto alla congiuntura in essere. Questa  crescita del prodotto interno, sarebbe evidente frutto di due strategie interdipendenti: la prima, per metà dagli investimenti attuati e la seconda, per metà da (auspicate) minori importazioni e maggiori consumi “alternativi” energetici.

Di conseguenza si otterrebbero poi benefici per i conti pubblici, producendo secondo proiezione il miglioramento del rapporto debito/Pil che nel lesso di tempo considerato dovrebbe diminuire di oltre 5 punti.

Infine secondo lo studio del Centro Europa Ricerche la completa attuazione degli investimenti previsti faciliterebbe non solo il raggiungimento dei fini, ma al contempo, come da proiezioni, di superare ampiamente gli obbiettivi concordati in sede Ue, agevolandone il volano economico nazionale.

Salerno, 21 gennaio 2015

7 commenti su “Trivellazioni nel Vallo di Diano: Quel Petrolio che non arricchisce il Sud”

  1. Gli ambientalisti stanno boicottando una opportunità x cazzeggio e visibilità, abbiamo la ricchezza ma ci trastulliamo in sofismi autolesionisti.

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  2. si lancia un allarme ipoteca regionale,Il 50% della Basilicata rischia di passare in mano alle compagnie petrolifere – l’Agri, che da il nome alla valle il fiume fantasma: da giorni è prosciugato per molti km. Allarme degli ambientalisti.

    Il Vallo di Diano minacciato dalla ricerca petrolifera. Dopo 15 anni la storia si ripete, x un geofisico rischi sismico causa trivelllazioni!

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