Nel 2014 ancora un’altra stangata per le famiglie. La CGIA: la qualità dei servizi è Scarsa, le tasse sempre più su. Peggio di noi solo la Spagna.
In 10 anni, i prezzi amministrati hanno superato di gran lunga l’inflazione. A fronte di un aumento del costo della vita del 20,5%: l’acqua è aumentata del 79,5, i rifiuti del 70,8%, l’energia elettrica del 48,2%, l’autostrada del 46,5%, i trasporti ferroviari del 46,3%, il gas del 42,9%, i trasporti urbani del 41,6% ecc ecc.
di Laura Della Pasqua
da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese
ROMA – L’Italia può annoverare tra i suoi primati, oltre alla maggiore pressione fiscale, all’alto debito pubblico e all’elevata corruzione, anche il record nei rincari delle tariffe pubbliche. Tra il 2010 e il 2014 c’è stata una vera e propria accelerazione spesso non giustificata da un contestuale miglioramento dei servizi. Mentre in Italia l’aumento è stato del 19% nell’area dell’euro i prezzi amministrati sono saliti dell’11,8%: oltre 7 punti percentuali in meno. Solo Madrid ha fatto di più con un aumento medio del 23,7%. Tra i grandi Paesi d’Europa, invece, la Francia ha registrato un rincaro medio del 12,9%, mentre la Germania ha segnato un ritocco dei prezzi solo del 4,2%. I calcoli sono stati effettuati dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha anche analizzato il trend registrato tra il 2004 e i primi 11 mesi del 2014 delle tariffe dei principali servizi pubblici presenti nel nostro Paese. Negli ultimi 10 anni, i prezzi amministrati hanno superato di gran lunga l’inflazione. A fronte di un aumento del costo della vita del 20,5%, l’acqua è aumentata del 79,5, i rifiuti del 70,8%, l’energia elettrica del 48,2%, i pedaggi autostradali del 46,5%, i trasporti ferroviari del 46,3%, il gas del 42,9%, i trasporti urbani del 41,6%, il servizio taxi del 31,6% e i servizi postali del 27,9%. Tra tutte le voci analizzate, solo i servizi telefonici hanno subito un calo del 15,8%.
I rincari maggiori hanno interessato le tariffe locali. Se per quanto concerne l’acqua i prezzi praticati rimangono ancora adesso tra i più contenuti d’Europa, gli aumenti registrati dai rifiuti sono del tutto ingiustificabili. A causa della crisi economica, negli ultimi 7 anni c’è stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese e di conseguenza è diminuita la quantità di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono inspiegabilmente aumentate. Si pensi che nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2% in più, contro una inflazione che è aumentata solo dello 0,3%.
Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, spiega che «gli aumenti del gas hanno sicuramente risentito del costo della materia prima e del tasso di cambio, mentre l’energia elettrica dell’andamento delle quotazioni petrolifere e dell’aumento degli oneri generali di sistema, in particolare per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti rinnovabili. I trasporti urbani, invece, sono stati condizionati dagli aumenti del costo del carburante e quello del lavoro. Non va nemmeno dimenticato che molti rincari sono riconducibili anche al peso fiscale che grava sulle tariffe che, purtroppo, da noi tocca punte non riscontrabili nel resto d’Europa».
Anche il Codacons denuncia il caro-tariffe, parlando di «una stangata da 324 euro nel 2014». I rifiuti hanno subito aumenti medi del 15% rispetto allo scorso anno, con un maggior esborso di circa 44 euro a famiglia.
Di rilievo l’incremento dell’acqua (+6%), dei servizi sanitari (5,2%), delle autostrade del 4,5% (+16 euro), del 2,9% per i trasporti (+89 euro). Anche per mense e rette scolastiche c’è stato un maggior esborso per le famiglie di 48 euro su base annua.
Roma, 28 dicembre 2014
vero è che, la pressione fiscale e le tassazioni indirette hanno raggiunto il 54%,una cifra monstre con pochi tornaconti, ma le balle legaiole su una tassazione fissa al 15% sono degne di alice in the wonderland.
Francesco Daveri insegna Scenari Economici presso l’Università di Parma. E’ anche docente nel programma MBA della SDA Bocconi..leggete:
UE FLAT TAX PER IL CENTRO-DESTRA
Il tentativo del centro-destra di recuperare consensi passa attraverso una proposta di radicale revisione dell’attuale regime fiscale di tassazione dei redditi personali e di impresa. Mutuando l’espressione inglese, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno parlato dell’opportunità di introdurre una flat tax, cioè di assoggettare i redditi a una sola aliquota (il 15 per cento per Salvini, il 20 per cento per Berlusconi), al posto dell’attuale sistema di tassazione progressiva che prevede quattro aliquote e una giungla di deduzioni e detrazioni. La proposta di Forza Italia include l’istituzione di una “no tax area” per i contribuenti con redditi fino ai 13mila euro, mentre quella della Lega prevede una deduzione di cinquemila euro per ogni residente.
Eliminando la giungla delle deduzioni e detrazioni, la flat tax avrebbe il vantaggio di produrre una drastica semplificazione del sistema tributario e una notevole diminuzione della tassazione. Aliquote più basse potrebbero anche far riemergere fondi oggi detenuti all’estero o nascosti nell’economia sommersa o illegale in Italia. In presenza di una significativa riemersione di capitali in precedenza sottratti al fisco, la riduzione dell’aliquota – nell’intenzione di chi la propone – potrebbe addirittura essere associata a un aumento delle entrate fiscali. I proponenti citano i casi di 38 paesi, il più importante dei quali è quello della Russia del 2001. In questi paesi, la flat tax è stata quasi sempre introdotta senza rilevanti crolli di entrate fiscali. La riemersione della base imponibile ha – o avrebbe – più che compensato la perdita di gettito causata dal calo delle aliquote.
CALCOLI SULLE ENTRATE FISCALI
Nell’Italia che ha smesso di crescere da troppi anni sotto il peso di un carico fiscale intollerabile la flat tax sembra l’uovo di Colombo. Ma le proposte di flat tax non sono state per ora corredate di numeri. Eccone qualcuno usando i dati del 2012.
Lo Stato italiano oggi incassa 163 miliardi dall’Irpef, a partire da cinque aliquote di imposta (23, 27, 38, 41 e 43 per cento) e da un reddito imponibile dichiarato di 800 miliardi di euro. Prima di calcolare la tassa, dal reddito imponibile si tolgono varie voci, la principale delle quali (la cosiddetta no tax area) vale fino a 8mila euro per i lavoratori dipendenti e un po’ meno per le altre categorie di contribuenti. Oltre all’imposta sui redditi personali, c’è anche quella sui redditi di impresa (Ires) che dà entrate per 40 miliardi a partire da aliquote di imposta del 27,50 per cento a partire da redditi societari dichiarati pari a 155 miliardi.
La flat tax al 20 per cento (proposta di Forza Italia) sarebbe da applicare al reddito imponibile netto, cioè calcolato sottraendo dagli 800 miliardi di reddito lordo la parte corrispondente alla no tax area fino a 13mila euro. I dati dell’Agenzia delle Entrate sulla distribuzione dei contribuenti per livello di reddito indicano che poco più del 60 per cento attesta un reddito di 13mila euro o più, mentre gli altri dichiarano meno di quella somma e quindi godrebbero solo parzialmente dello sconto di imponibile. Da un calcolo approssimativo si ricava così che l’entità complessiva delle deduzioni derivanti dalla no tax area a 13mila euro sarebbe di 417 miliardi. L’imponibile Irpef netto sarebbe di 383 miliardi (800 meno 417) che – tassati al 20 per cento – porterebbero le entrate Irpef a 76,6 miliardi, cioè 86,4 miliardi di euro in meno rispetto agli attuali 163. Per i redditi societari, l’aliquota del 20 per cento porterebbe lo Stato a incassare 31 miliardi dall’Ires (0,2 per 155 miliardi), con una perdita di gettito pari a 9 miliardi rispetto a oggi. In tutto, con la flat tax di Forza Italia le entrate da Irpef e Ires arriverebbero a 107,6 miliardi. Verrebbero quindi a mancare 95,4 miliardi di entrate rispetto agli attuali 203 miliardi.
Nel caso della proposta della Lega, i conti sono più semplici. Con 60 milioni di residenti, la deduzione di 5mila euro pro capite porta a una riduzione di reddito imponibile per 300 miliardi di euro, abbassando il reddito imponibile Irpef a 500 miliardi. Le entrate dalla flat tax sui redditi personali sarebbero di 75 miliardi di euro (0,15 per 500) contro gli attuali 163. Se a questi si aggiungono i 23,25 miliardi dell’Ires (da 155 miliardi di imponibile con aliquota al 15 per cento), si arriva a un totale di 98,25 miliardi di entrate complessive. Con la flat tax della Lega mancherebbero cioè 104,75 miliardi rispetto alle entrate attuali di Irpef e e Ires.
Per riassumere, non si sbaglia di molto se si conclude che le proposte di flat tax di Berlusconi e Salvini porterebbero un minor gettito di circa 100 miliardi a parità di base imponibile.
IL RECUPERO DELL’EVASIONE
Come cambierebbero i calcoli se, grazie alla flat tax, davvero emergesse l’evasione e l’erosione come auspicato dai proponenti? L’Italia non è la Russia (né il Paraguay o le Seychelles, gli ultimi paesi ad avere introdotto la flat tax nel 2010-11), e così si possono solo fare congetture. Al momento la stima prevalente indica una cifra variabile tra i 200 e i 230 miliardi di capitali evasi che sfuggono al fisco. Se, ottimisticamente, tutti i 230 miliardi emergessero alla dogana di Lugano e lo Stato italiano potesse dunque tassarli al 20 o al 15 per cento con una maggiorazione, potrebbe arrivare a incassare un massimo di 50 miliardi. Dunque anche nella più favorevole (ma anche irrealistica) delle ipotesi sul recupero dell’evasione, dall’introduzione della flat tax rimarrebbe comunque una perdita di entrate fiscali di almeno 45 miliardi nel caso della proposta Berlusconi e di almeno 55 miliardi nel caso della proposta Salvini. Con ipotesi più pessimistiche sull’efficacia dei piani di rientro dei capitali, la riduzione delle entrate si scosterebbe invece di poco dai 95 o 105 miliardi iniziali.
In conclusione, così come discussa fino a oggi, la flat tax darebbe dunque una frustata semplificatoria all’ingarbugliato sistema fiscale italiano. Ma solleverebbe un’esigenza tutt’altro che marginale di rimpiazzare le entrate fiscali venute meno con rilevanti tagli di spesa oppure con un drammatico aumento del deficit pubblico certamente difficile da spiegare in Europa e alle agenzie di rating.
IN CONCLUSIONE:
ATTENTI AGLI IMBONITORI UN TANTO AL KILO!