Un excursus urbanistico che va dal Piano Fuccella alla bozza Capobianco, per passare dal Piano Rosania alla bozza di PUC di Melchionda.
Urbanistica e politica, il binomio infernale e “Eboli: La Città come luogo” dell’Arch. Guida è una riflessione ma anche una critica e una proposta. L’eterno dibattito che mentre attraversa e affascina gli urbanisti, tenta e corrompe la politica.
di Francesco Guida
Architetto
per (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni che qui di seguito pubblichiamo dell’Architetto Francesco Guida, funzionario tecnico presso l’Ente Provincia di Salerno, pur tuttavia aggiungiamo con rammarico che questo intervento sicuramente avrebbe avuto un maggiore risalto se si fosse collegato all’articolo con le riflessioni di Luigi Manzione, pubblicato su POLITICAdeMENTE il 21 ottobre scorso dal titolo “Eboli e il PUC: Un Piano senza qualità (1^, 2^ e ultima puntata)“, aggiungendo alle osservazioni-critiche di Manzione anche quelle di Guida e di tanti altri, che spesso fanno riferimento agli strumenti urbanistici solo per titoli, altrettanto spesso formulano accuse inopportune, mal poste, e ancora più spesso in mala fede, ma nel momento opportuno, cioé quando si offre l’opportunità di discuterne, con la serietà che si deve dedicare alla pianificazione urbanistica, che rappresenta il progetto della Città e che manifesta le intenzioni che si hanno su quel progetto, rispetto a scelete che determinano in maniera irreversibile la painificazione stessa, puntualmente scompaiono e cosa più grave insieme a loro scompaiono anche gli attori politici principali, riferendoci all’ex Assessore all’Urbanistica Cosimo Cicia e all’ex Sindaco di Eboli Martino Melchionda, anche e soprattutto perché su questi temi è stata sfiduciata l’Amministrazione e conseguentemente si è giunti allo scioglimento del Consiglio comunale e alla nomina del Commissario Prefettizio “A ORE” per la ordinaria amministrazione dott.ssa Vincenza Filippi, sperando non abbia anche lei il pallino dell’urbanistica, come il suo collega di Battipaglia Mario Rosario Ruffo, il quale tra i suoi primi atti pensò di approvare un PUC pensato e predisposto dall’ex Sindaco Giovanni Santomauro a consiglio Comunale decaduto e successivamente sciolto per infiltrazioni camorristiche.
Francesco Guida fa un excursus urbanistico che va dal Piano Fuccella alla bozza Capobianco, per poi passare dal “Piano Rosania” alla bozza di “PUC Melchionda“, un misto di contaminazioni che passano anche attraverso concezioni di pianificazioni diverse, appunto dal PIANO tradizionale come contenitore di tutti gli interventi pubblici innanzitutto e privati, al Piano contrattato nel quale si individuano aree che seguono più l’intervento privato al quale viene demandato con la contrattazione quello pubblico, lasciando nella “terra di mezzo” il costruito esistente le anomalie esistenti le inefficiense e le brutture, del che ci troveremo ad avere come ristoro di un’opera pubblica della quale non ne avvertiamo il bisogno, intervenendo in maniera casuale sulla programmazione e sulla realizzazione, e ovviamente i casi di specie potrebbero essere magari il Parcheggio interrato di via Adinolfi pensato in un modo realizzato in un altro, oppure al rifacimento per la quarta volta del Monumento a Giudice a ristoro di un altra opera pubblica, mentre non ci sono luoghi di aggregazione per i giovani, non ci sono parchi gioco, non ci sono impianti sportivi minimi di quartiere ed è inutile citare altro, perché altrimenti ci incazziamo. L’excursus che poteva essere abbinato all’articolo di Manzione, anche perché quell’articolo è stato letto da oltre 2500 visitatori unici, poteva essere inquadrato in maniera più efficace e magari sollecitare il buon Cicia e il suo ex Sindaco ad intervenire piuttosto che tacere.
Ebbene, Urbanistica e politica, sono un binomio infernale e “Eboli: La Città come luogo” dell’Arch. Guida è una riflessione ma anche una critica e una proposta che si aggiunge all’eterno dibattito che si alimenta da sempre e che mentre attraversa e affascina gli urbanisti, attira e corrompe la politica immaginando i danni ed immaginando il resto. A noi al contrario di altri, interessa discutere e pensare alla Città che vorremmo, senza la presunzione e l’arroganza di voler imporre indirizzi o orientare scelte, vogliamo discuterne con gli altri e vorremmo che si compendiassero gli interessi: quelli privati e soprattutto quelli pubblici; e vorremmo che una volta deciso si passasse in maniera celere alla fase di realizzazione, anche per dare una risposta alle centinaia di lavoratori del settore dell’edilizia che si chiedono con insistenza come hanno fatto quelli del Comitato “Edilizia e Lavoro“: perché mai si deve rincorrere un intervento di Housing Sociale da realizzare tra l’altro in una zona agricola e ricadente in un area a vincolo idrogeologico e non si concede il via agli interventi edilizi contemplati nei vari PUA e soprattutto in quello della stessa area di Fontanelle bloccando la realizzazione, in due comparti diversi, nei quali complessivamente si devono realizzare, sempre secondo il PUA approvato da oltre 2 anni, circa 350 alloggi e impiegare una 80ntina di lavoratori edili, oltre all’indotto economico che si genera? Un interrogativo senza risposta come rimangono senza risposte altri più o meno importanti, ma per ora vi proponiamo l’intervento dell’Architetto Francesco Guida, poi ne parleremo.
Buona lettura.
…………………. … …………………..
“Eboli: La Città come luogo”
Nel saggio “La città del ventesimo secolo”, Bernardo Secchi affronta il problema della trasformazione urbana in un contesto di episodi ricchi di biforcazioni, di percorsi prescelti, ma anche di sentieri abbandonati e d’improvvise rotture.
Nel suo racconto Secchi mostra come la città si è trasformata e, nell’esempio di Siena, pone l’accento sul tema del rapporto con la città antica costruita sulla ricchezza di architetture, di spazi urbani e di significati che il passato ci ha tramandato attraverso un’esposizione individuale dello spazio pubblico collettivo, e quella più moderna che, viceversa, offre un’interpretazione collettiva a bisogni individuali, di pochi.
A Eboli s’avverte il medesimo scenario. Negli anni sono cambiati i riferimenti politici ma non l’idea di pensare la città. L’interpretazione collettiva è negata, mentre l’esigenza individuale no. Il Leit motiv dell’azione è sempre quello di non interrogare il territorio e con esso le esigenze dei singoli per tradurli poi in programma collettivo.
Ad Eboli come sempre ci si nasconde e si lascia che altri (accademici avulsi dal contesto sociale e politici avventurosi) introducano i temi per un intervento di riqualificazione delle aree urbane e di recupero urbano sul territorio nel limitato spazio di una aula universitaria o di un ufficio di palazzo, come è avvenuto in una discussione tra “amici” poi finita (Il diavolo ci ha messo la coda) nella baruffa, ormai nota.
Dunque, ogni volontà sul tanto atteso cambiamento (ben sette anni sono passati per redigere il preliminare e molti di più da quella che doveva essere la nuova di città) si è trasformata in bagarre politica che non origina certo dal dibattito culturale sull’evoluzione del fenomeno urbano (chi avrebbe potuto?!). E’ mancato in quella discussione tra “amici”, ancora una volta, quel quid per trasformare un’opportunità in cambiamento economico, in funzionamento sociale, in qualità della vita, in strutturazione fisica del tessuto urbano. Per dirla con le parole del maestro è mancata ancora una volta la discussione sulla ricerca dello “spazio vivibile” nel quale non ci sia sproporzionata lontananza tra l’io, il suo ambito e il mondo. E’ mancata quella capacità organizzativa, propria degli uomini di intelletto, per far innalzare il valore della discussione e far riflettere sulle interrelazioni organizzative, sul valore posizionale del luogo e favorire uno spunto per offrire e creare attrazione, e quindi una possibilità di cambiamento sociale dello spazio esistente ormai visibilmente caratterizzato dalla perdita della qualità urbana.
Sicché da oltre un ventennio assistiamo ad “operazioni urbanistiche” in cui l’unica certezza è l’assenza di partecipazione dei cittadini. E’ l’affidamento di questioni complesse (il Piano Urbanistico), che richiamano intersezioni sui saperi dell’urbanistica, dell’architetto, dello psicologo, del medico, del biologo, dell’economista del sociologo, a persone che o non sono calate nel contesto o, volutamente, lo sono per trarre vantaggio da opportunità offerte dalla pianificazione.
Il risultato di questi anni decreta di fatto la rottura di ogni sopportabile limite. Sono stati persi benefici e vantaggi, sono state fatte mancare opportunità attrattive, occasioni per ridisegnare e riqualificare spazi da reintrodurre nel tessuto urbano e farli diventare luogo. E’ stata fermata ogni possibilità di crescita, sia generazionale sia dello spazio.
E così, dopo il Piano degli anni Sessanta – Settanta ( Fuccella) dettato da logiche diverse, dopo la proposta non realizzata di città costruita (bozza di Piano Capobianco), si è passati all’incerta quanto discutibile e fragile idea di Piano Rosania (la cui scarsa efficienza dei meccanismi -Piani Particolareggiati- cui si era affidato per controllare l’azione del privato e l’assurda estensione del Centro Storico hanno di fatto tolto ogni efficacia al Piano stesso), oggi assistiamo al preliminare Melchionda, uno strumento di cui è certa la spesa e anche il filo che lo lega, in una lotta a distanza, al precedente Piano Rosania. I disordinanti scenari che propone fanno sì che l’unica certezza sia stata ormai la sfida tra i due, che almeno per quanto riguarda la “fontana-monumento” (https://www.massimo.delmese.net/74873/rifacimento-del-monumento-a-giudice-il-valore-estetico/) più bella, sembra vinta (a suo dire) da Melchionda.
Per ripetere le parole del maestro (Bernardo Secchi) i protagonisti degli ultimi anni sono dominati dall’angoscia, dalla costruzione di un mondo nuovo, dalla ricerca della megalopoli. L’angoscia vera, invece, è per la città che perde la propria misura e ogni aspetto funzionale, tecnico, simbolico non potrà più essere attuato.
La battaglia sul Piano, dunque, è alquanto impegnativa e cela programmi e progetti ambiziosi ricoperti da miscele e pozioni magiche che trovano le loro ragioni nel caratteristico insieme dell’interesse personalistico dell’era moderna tracciato da Secchi; il tutto è vissuto a Eboli come il gioco infinito delle possibili soluzioni di sfruttamento del territorio con indicazioni d’uso svariate, fittizie e non realizzabili in quanto poco inclini alla reale vocazione del territorio che dovrebbe ospitarle.
E quindi, la possibilità di sfruttare, di utilizzare cubature, altezze, sviluppo planimetrico elasticizzato, condizioni territoriali da espandere ecc. viene impiegata per difendere e livellare, verso l’alto, indici a vantaggio di un espansione diffusa o mascherata dal fine sociale: vedasi l’housing sociale, di modo da giustificare coscienza e risultato postumo.
La sensibilità delle operazioni urbanistiche racchiuse ieri e oggi nel preliminare di Piano mostrano in tutta la loro evidenza il loro unico scopo, ovvero quello di costruire processi di funzionamento del sistema politico ed imporre la pratica urbanistica come unico sistema di controllo del carattere e della crescita. Lo scardinamento del modello urbanistico di città pensata, la necessità di ripercorrere la forma del costruito a vantaggio della esigenza collettiva, sono solo un inutile e impegnativo orpello verso chi preferisce comportamenti rapidi, immediati, di veloce effetto e di promesse mantenute.
Si attenua, se non è ancora sparita completamente, l’attenzione per la forma della città; la minuziosa, lenta ed incessante attività di processi evolutivi è ignorata. Si caratterizza, invece, un piano per progetti puntuali (…consolidamento e sviluppo sulla sp. 30, 240, funzioni produttive e residenziali, poli logistici e commerciali, si conferma la soluzione housing ecc.), mentre i temi veri, le relazioni tra ambiente, economia, società, non sono maturati, vissuti, pensati, discussi. Entrano in gioco solo perché parte della terminologia moderna e per farcire la torta preconfezionata, oltre che per reggere agende e linguaggi politici di circostanza.
E’ la paura di assistere all’ennesimo Piano d’intenti che porta a far pensare, forse a giusta ragione, che le proposte dei singoli possano ancora una volta trasformare l’azione pubblica nel ricettacolo delle intenzioni mancate, in quanto a Eboli emerge il profilo di un piano urbanistico consapevolmente sbilanciato dal punto di vista dell’ascolto, sull’apprendimento, sui connotati della forma urbanistica contemporanea, sulla sua evoluzione e soprattutto sul riutilizzo di ciò che esiste, sulla possibilità di creare, nell’organizzazione dell’esistente, nuove forme per garantire uno stato di equilibrio, un inquadramento di valore, una necessità per chi ci vive.
La preoccupazione disciplinare è forte, l’assenza di un dibattito sulla città lascia il posto a una sorta di inquietudine, di dispersione insediativa proponendo di delineare una espansione urbanistica della città lungo la Eboli-mare, quasi in un modello di sviluppo lineare. L’esperienza di pianificazione deve essere interrotta prima che essa raggiunga un’efficacia operativa e getti il dubbio sulla continuità, sul valore del tessuto urbanizzato esistente, del nucleo storico e dell’abitato moderno, ormai privi di ogni forma di aggiornamento della residenza urbana che la renda desiderabile al vivere. Si prediligono situazioni di contorno (espansione che invade quella parte di pianura destinata all’uso agricolo) senza criterio, se non quello economico, che, oltre a decretare l’impoverimento sociale, fanno perdere di forma e di contenuto il territorio.
La mancanza di un ragionamento sulla continuità dello spazio pubblico e privato, attraverso processi appetibili di riconversione dell’edificato (vedasi es. del Palazzo delle poste, a Salerno), di valorizzazione della zona periferica, ormai relegata a sobborgo, di qualità di infrastrutture, ed ancora la necessità di intermodalità interna e/o verso i centri maggiori, a contorno di Eboli (Salerno – Napoli – Università), sono la vera sfida del Piano. L’assenza di una minuziosa e precisa codifica di regole insediative, di modalità edificatorie del costruito, di soluzioni progettuali che sappiano definire un livello strutturale di lungo periodo ed uno operativo di brevissimo periodo, deve essere dibattito e rappresentare l’approccio mediano alla disputa da anni in atto nella nostra città.
Questa deve essere, a mio avviso, Eboli. Uno spazio inedito che, sebbene interessato da pratiche altrettanto inedite, solleciti un cambiamento che accolga attività diverse nei suoi contenitori esistenti e che non passi attraverso un’espansione mascherata, ma sia conseguenza di un approccio metodologico nuovo e aperto alla comprensione, alla miriade di descrizioni puntigliose e raffinate che sappiano disegnare e far amare il luogo come espressione di eudaimonìa, benessere.
Come scrive Secchi, ciò che è particolare del progetto per la città, ciò che lo differenzia dalle altre politiche è lo sforzo di dare una profondità concreta alla ricerca della contentezza e della libertà.
Eboli, 14 novembre 2014
Se sono stati approvati i PUA da SEI ANNI, perché l’ex sindaco la GIUNTA ed il DIRIGENTE ALL’URBANISTICA NON HANNO APPROVATO I PROGETTI PRESENTATI?. PERCHE’ con tutti gli alloggi che sono previsti nei vari PUA (circa 380 solo di ausing sociale) l’ex sindaco la giunta ed il dirigente all’urbanistica HANNO SPINTO X la realizzazione di 300 appartamenti su un suolo AGRICOLO? A che dovranno essere tolti questi volumi edificatori? A chi vanno i vantaggi ECONOMICI?, A chi vanno tolti I DIRITTI?. SPERO CHE LA MAGISTRATURA FACCIA IL SUO DOVERE : CONDANNARE QUESTI FARISEI
vai a correre che è meglio
Dell’architetto Guida mi piacerebbe leggere un suo progetto specifico legato unicamente al recupero integrale del Centro storico di Eboli. Questa sì potrebbe essere una occasione irripetibile per un nuovo rinascimento ebolitano in grado di mobilitare le maestranze più qualificate nel campo del riassetto urbanistico di una Città (Eboli) per secoli luogo di aggregazione culturale prima che economica o abitativa.
Fressola forse e ‘ meglio che vai tu a CORRERE ………..dal tuo PADRONE EX SIN…………
…vuole parlare anche di architettura …. ma si ncoppa a provincia mette sul timbr!!