Il PD e l’ art 18: Totem intoccabile o ostacolo alla crescita? L’art 18 dello Statuto dei Lavoratori, ha sempre calcato la scena del dibattito politico italiano.
Una decina di anni addietro berlusconi lo voleva abolire, lo ha modificato la Fornero, oggi torna protagonista nel Jobs Act di Renzi, scatenando passioni opposte e diversificazioni su come regolare il mondo del lavoro, l’incognita delle “tutele crescenti”, nuova parola d’ordine del mercato lavorativo del Bel Paese.
di Marco Naponiello
per (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mes
ROMA – Gino Giugni, eccelso giuslavorista e “padre” dello Statuto dei lavoratori, ovvero della Legge 300/70,mai forse si sarebbe aspettato che un aspetto della sua creatura,il reintegro giudiziale del lavoratore senza giusta causa licenziato,possa essere a distanza di oltre quattro decadi oggetto di aspre battaglie ideologiche,tali mettere a repentaglio la tenuta di partiti di maggioranza e addirittura di Governi.
Roma-La “Resa dei Conti”si è consumata all’Assemblea Nazionale del Partito Democratico l’ultimo giorno di Settembre,la mediazione è fallita ma la linea del Segretario è passata con 130 favorevoli 11 astenuti e 20 contrari,il Jobs Act,tanto caro anche la partito dell’ex cavaliere è passato,grazie anche alla sinistra dem che si è sfaldata,sfumata anche l’ipotesi di scissione dei Dalemiani-Civatiani,ma le tensioni restano.Con i Sindacati di rimando un incontro nella sala verde di Palazzo Chgi,e sfida aperta ad essi del Premier su tre punti: una legge sulla rappresentanza sindacale, il collegamento con la contrattazione di secondo livello e il salario minimo,ma pure delle frasi infelici di Renzi non aiutano a svelenire il clima,come quando in tv aveva affermato pochi giorni fa:” Il Sindacato è l’unica azienda sopra i 15 dipendenti ( il limite numerico per il reintegro sub iudice) che non applica l’art 18” oppure “ si deve dare la possibilità agli imprenditori di licenziare”,affermazioni che contribuiscono a far sentire come corpo estraneo al buona parte del centro sinistra,l’ex Sindaco della città gigliata. Va anche detto a corroborare alcune prese di posizione del nostro Primo ministro,che troppe volte la politica sindacale si è appiattita su chi un lavoro lo aveva già o su coloro che usufruiscono di pensioni,e poco si era spesa per i precari o gli inoccupati-disoccupati,creando malumori verso la triple (CGIL CISL UIL) considerata anch’essa come una Casta,o meglio l’”altra Casta” come descritta in un celebre saggio da Stefano Liviadotti, ,nel pieno di una profonda crisi di legittimità,che rischia di cancellare anche i loro meriti storici.
Ma di cosa parla questa norma tanto dibattuta,considerata da alcuni quasi come salvifica dello stato di diritto,da altri come un feticcio dannoso per gli stessi lavoratori? In prima battuta,ricordiamo che tale articolo dello Statuto,ha come contraltare una sfilza di norme costituzionali, tutelanti il diritto fondamentale al lavoro, artt. 4, 35, 36, 37, 38, 39 e 40. della Carta Fondamentale, considerato un valore che consente l’affermazione della personalità umana, in contrapposizione all’idea di lavoro tipica di uno Stato Liberale, laddove si valorizza solo la ricchezza individuale. Per sindacalisti e lavoratori è un dogma intoccabile, mentre diversi politici, alcuni economisti e la maggioranza degli imprenditori vorrebbero se non eliminarlo almeno modificarlo. L’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori prevede che in caso di licenziamento “senza giusta causa ( es. falso infortunio o malattia,insubordinazione con minacce,furto)giustificato motivo soggettivo” (es., cause meno gravi del precedente,come abbandono ingiustificato del posto di lavoro,o violazione del codice disciplinare aziendale all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) o giustificato motivo oggettivo (es crisi aziendale,o ristrutturazione della stessa) in tali casi,
il datore di lavoro che impiega nella sua azienda più di 15dipendenti – 5 se si tratta di impresa agricola – ha l’obbligo di “reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro“. Se il giudice, “accertata l’inefficacia o l’invalidità” del licenziamento, “dichiara la nullità a norma della legge stessa” di tale atto, il datore di lavoro è altresì obbligato a versare al lavoratore “un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto“. Ma non solo: fermo restando l’obbligo per il datore di lavoro di versare detto risarcimento, il lavoratore al posto della reintegrazione può richiedere “un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto“.
Se invece il “lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti“.
E’ bene sottolineare che l’Articolo 18 parla di reintegrazione e non di riassunzione. Tra le due forme corre infatti una differenza sottile a livello linguistico, ma sostanziale a livello fattivo: nel primo caso, infatti, il lavoratore torna a occupare il proprio posto di lavoro conservando l’anzianità di servizio e i diritti acquisiti col contratto da lui firmato all’atto dell’assunzione, mentre nel secondo caso diventa a tutti gli effetti un dipendente neo-assunto.
In caso di nullità, annullabilità e inefficacia del licenziamento il lavoratore, assistito anche dall’organizzazione sindacale a cui ha aderito, può impugnare l’atto entro 60 giorni dalla sua ricezione, con un qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore. In buona sostanza tale istituto vuol tutelare la dignità del lavoratore,con tutele obbligatorie o reali in punta di codice,che non venga licenziato,come spesse volte accade, per motivi discriminatori (razza,fede,etnia,opinioni,sesso,salute,maternità),andando a limitare,tranne eccezioni, il licenziamento ad nutum senza preavviso solo orale,o ad libitum, ad arbitrio volontario di un datore di lavoro.
Questo è quanto rimane del famoso articolo dopo la riforma dell’ex Ministro del Lavoro del Governo Monti,Elsa Fornero,l legge n. 92 del 2012,la quale ad oggi si schiera per mantenerlo in vita rispetto a due anni addietro,dove come contraltare,per ironia della sorte, un rampante Renzi non lo considerava prioritario nelle varie ospitate televisive,e anzi attaccava chi voleva indebolire le tutele del lavoro,già troppo “precarizzato”,sempre secondo il vetusto Renzi pensiero,ma si sa,nella vita “Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione” citando Lowell
Anche la CEI,la Conferenza Episcopale Italiana,ha voluto dire la sua opinione,infatti il Cardinale Bagnasco: «Se non produce nuovi posti non serve a niente» «Non ci sono – ha detto il cardinale – dogmi di fede e non ci sono dogmi di nessun genere per quel che riguarda le prassi sociali. Anche questo nodo – ha aggiunto – deve essere affrontato con una sola intenzione, un solo obiettivo: bisogna valutare questa questione in chiave propositiva perché qualunque decisione, qualunque modo di affrontare l’articolo 18, deve mirare a creare posti di lavoro o altrimenti non serve a niente. Vincerà un’idea ma non vincerà il bene di tutti » chiarendo in modo netto le perplessità del mondo ecclesiastico su una riforma che piace solo ai renziani ed ai berlusconiani,con appoggio di NCD.
A seguire vi è la logica contrapposizione sull’argomento tra Sindacati Confederali e Confindustria,i duellanti in campo sono Squinzi per il Padronato,favorevolissimo all’abrogazione completa,e la Segretaria Generale della CGIL, Camusso ,spalleggiata dall’omologo FIOM Landini,i quali ritengono uno strappo inaccettabile ed indiscutibile,l’abolizione di tale normativa nel provvedimento ad hoc sul lavoro,il famigerato Jobs Act,considerandolo un “falso problema” anzi,sembra quasi una merce di scambio per il centrodestra,dopo il Nazareno alleato prescelto del Premier e Segretario ,che dal suo canto propone un nuovo modo di salvaguardare i lavoratori:le “ Tutele Crescenti”.Alieno è per noi questo Negozio Atipico,Il dilemma,un rebus nel rebus, ovvero quali tutele? E quanto crescenti?
È ancora lunga la strada della legge delega di riforma del mercato del lavoro. Ma è bene che si discuta nel merito di ciò che ci sarà nei provvedimenti di attuazione, anche in rapporto ai provvedimenti già varati dal Governo. Iniziamo dal contratto a tutele crescenti. Il testo di legge delega fa riferimento a un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per i nuovi assunti. Occorre però essere attenti ai dettagli. Il testo non specifica di quali tutele si parli e di come le stesse tutele varieranno con l’anzianità di servizio. Alcuni esponenti della maggioranza (Ncd) sostengono che il nuovo contratto contemplerà il reintegro solo per il licenziamento discriminatorio ed escluderà il reintegro in caso di motivi economici, sostituito completamente da un indennizzo. Il Partito democratico ha giù ufficializzato la sua sofferta posizione” Sono convinto che dopo un periodo di inserimento adeguato, le imprese troverebbero poco conveniente interrompere un contratto di lavoro con un lavoratore ormai formato e capace, per di più dovendogli corrispondere un anno di stipendio. Le imprese vivono per ottimizzare profitti, non per licenziare i loro migliori dipendenti . La legge 30/2003-Biagi– tanto amata dalle destre e osteggiata dai progressisti,è stata la” Madre” di tutte le flessibilità. Cosa si intende realmente per lavoro precario? Esistono vari contratti di lavoro flessibile che sono contenuti nella normativa attuale: molti ricorderanno i co.co.pro, i contratti si solidarietà, i contratti di somministrazione, i contratti ripartiti, le (finte) partite Iva, ecc. Ci sono poi tirocini, stage,apprendistato.
In cosa differiscono tutti questi rapporti di lavoro, che hanno in comune, però, una caratteristica fondamentale,la soggezione ad una completa flessibilità da parte del lavoratore. Agli inizi degli anni ’90 anche in Italia comincia a farsi sentire il bisogno di flessibilità nei rapporti di lavoro. O meglio, si è cominciato a martellare la società sul tema della flessibilità,con lo scopo di farla percepire una necessità del nuovo mercato del lavoro globalizzato. Il lavoro precario inoltre crea delle situazioni economiche complicate per i dipendenti con in contratti “atipici” che in quanto precari, non sono in grado di poter fornire garanzie reali di un salario nel lungo periodo, lasciandoli in evidente difficoltà nel momento in cui sono costretti, anche in età avanzata, a richiedere agli istituti di credito del denaro per far fronte alle piccole spese quotidiane o per l‘acquisto di una casa nella dove andare ad abitare,o finanziamenti per ristrutturazioni,creando un evidente circolo vizioso per l’economia,in specie il settore Edile gli altri ad esso collegato,in stridente contrapposizione con la volontà di far crescere il mercato nella sua generalità.
A rendere tutto operativo ci pensa poi la legge detta Legge Biagi, che introduce ben 47 tipologie di contratti atipici flessibili, relegando il lavoratore ordinario un precario a vita, relegandolo ad un Hard-Discount dell’esistenza.
Gli uffici di collocamento chiudono e nascono le agenzie per il lavoro interinale, che di fatto fanno da tramite tra la domanda dei disoccupati,mareale come sempre,avverso l’offerta dei datori di lavoro. La tipologia di rapporto di lavoro somministrata ha sempre durata temporanea. Con l’introduzione della Legge Biagi il lavoro interinale venne abrogato e sostituito dalla nuova figura della somministrazione di lavoro e l’auspicio che la stessa fine faccia Lo Statuto e l’odiosissimo articolo diciottesimo dello stesso.
Ma siamo certi che il nostro Paese abbisogni di tale abrogazione per ammodernizzarsi? Commentatori di ogni genere e grado affermano il contrario,anzi lamentano la palese prestestuosità della disputa,indicando ben altre magagne storiche,vero ancoraggio per gli investitori nazionali ed esteri,onerosa zavorra della crescita associata allo sviluppo:parlo della evasione fiscale 200 mld l’anno,il recupero anche di un terzo sarebbe l’equivalente di una “finanziaria pesante”,la corruzione connessa alla burocrazia 70 mld annui,come tutti gli altri paesi UE messi insieme unita alla perdita del fattore tempo,monetizzabile anch’esso in malo modo,la criminalità organizzata altri 250 mld,sottratti all’economia reale,e che rimpinguano i vari clan malavitosi ed i suoi innumerevoli fiancheggiatori,la elefantiaca giustizia civile,lentissima non surrogata bene come in altri paesi,da alternative modalità per risolvere le dispute,in specie quelle economiche,difatti arbitrati e mediazioni sono al palo, osteggiati dalla lobby degli avvocati,che vede in essa la possibilità di ridurre i tempi e quindi i costi dei contenziosi,ed aggravare la già triste situazione degli oltre 250.000 legali della infausta Penisola,del resto “ causa pendente causa ridente” recita un adagio “avvocatesco”,peccato che con gli anni si sia trasformata in una “tassa spalmata” sulla collettività,come quella delle tante piccole Caste,i Paria,gli intoccabili,ma in senso per i loro componenti,molto positivo,del resto si dice che in Italia di politica direttamente e non ci vivano un milione di connazionali!
Le prospettive non sono rosee,ad oggi l’ISTAT,ci indica come maglia nera della Comunità Europea,con una disoccupazione giovanile al 44%,ed una percentuale altissima di giovani,i cosidetti NEET,tra i 15-29 anni,una fascia di età altamente formativa che sfonda il 20%,concentrati come di prammatica nel Mezzogiorno,e quindi una risorsa sprecata e non futuribile per le energie della Nazione.Questi indicatori permettono di misurare fenomeni importantissimi,come lo stato occupazionale della popolazione attiva del Paese,e dunque la quantità di partecipazione alla ricchezza,al reddito PIL totale,anche in rapporto ad altre aree continentali,e dunque di conseguenza razionalizzare interventi forme e tempi,ma allo stesso modo di come ci sia una difficoltà di rapportarsi al mercato lavorativo,limitando scelte e realizzazioni individuali.
Roma, 4 Ottobre 2014
Mi sbaglierò, ma la chiara impressione che questa strategia sia quella di spaccare tutto. L’art. 18 (premesso che non è un totem ma non creerebbe un solo posto di lavoro in più) è una chiara provocazione che mira a spaccare la politica e lo stesso PD. Se questa provocazione va in porto, potrebbe completarsi il disegno del Presidente della Repubblica: siccome al poverino non viene consentito di governare, viste le frizioni interne al Parlamento, diventa scelta obbligata sciogliere le camere ed andare a nuove elezioni. Con il porcellum ancora in vigore (e chissà perchè mai, visto che la Consulta lo ha dichiarato da tempo anticostituzionale), ma anche con l’Italicum, che è ancora peggio, il Presidente del Consiglio, forte del suo 40,8% che è ancora tale nonostante tutto e tutti, potrebbe andare a nuove elezioni e “fare cappotto”. Ossia, scegliersi uno per uno i propri deputati, e votarsi tutti gli organi dello Stato a sua misura, immagine e somiglianza. Potrebbe finalmente far coronare a Silvio Berlusconi il suo lontano sogno di diventare Presidente della Repubblica, potrebbe scegliersi tutti i membri del CSM e della Consulta. Infine, godrebbe di una stampa totalmente in mano al Partito Unico, con il quale potrebbe finalmente governare in santa pace, liberandosi di tutte le opposizioni. E’ fantascienza? Io non credo, tutti i disegni dallo scorso anno ad oggi mostrano chiari segnali in questa direzione.
Non si abolisca l’Art.18 che è una garanzia contro i licenziamenti arbitrari,ma si abolisca la scorte di tanti fannulloni, che non hanno motivo di esistere e che paghiamo noi.
e’ stato già storpiato dalla Fornarina-Fornero piagnens,l’articolo 18 che va x gli operai!!!!! Che vergogna lo Stato italiano!!!!
tutti forti coi deboli…
Esplora il significato del termine: Facciamo una cosa. Da domani il mondo del lavoro è disciplinato dalle leggi vigenti in Germania. Si applicano le norme che disciplinano la costituzione e la risoluzione del rapporto di lavoro, ma pure quelle che sanzionano le violazioni delle aziende. Quante aziende sarebbero d’accordo?Facciamo una cosa. Da domani il mondo del lavoro è disciplinato dalle leggi vigenti in Germania. Si applicano le norme che disciplinano la costituzione e la risoluzione del rapporto di lavoro, ma pure quelle che sanzionano le violazioni delle aziende. Quante aziende sarebbero d’accordo?
Esplora il significato del termine: “l’articolo 18, deve mirare a creare posti di lavoro o altrimenti non serve a niente” : in effetti l’articolo 18 non serve affatto a creare nuovi posti di lavoro. Nell’ultimo decennio varie centinaie di aziende, di imprenditori italiani, non sono state create in Italia ma delocalizzate nei paesi dell’Est Europa e in altre parti del mondo. Imprenditori esteri si sono ben guardati da investire in Italia. Perchè? Per varie ragioni: ma una di queste è di certo l’art. 18. Inutile chiedere spiegazioni in merito alla Camusso e ai suoi luogotenenti della sinistra Pd: per loro l’articolo 18 è un dogma e un interesse. Il sindacato certo sta dalla parte di chi il posto di lavoro lo l’ha e per questo viene pagato dai suoi associati. Ma il mestiere e il dovere di chi governa il paese, avendo avuto una delega ad agire di oltre il 40%, è un altro: pensare a chi il lavoro non lo ha e non è iscritto al sindcato.
Esplora il significato del termine: Renzi è partito con l’abolizione totaledell’art. 18, poi ripiegato su solo ai neoassunti, creando ancor di più lavoratori di serie A e B, ma se legge la proposta del Job Act è previsto pure la possibilità del datore di lavoro di istallare una telecamera sulla testa di ogni dipendente e controllare a distanza il suo operato, in barba alla dignità del lavoratore e alla sua privacy (che vale solo per gli evasori fiscali, vedi pubblicazione in rete delle dichiarazioni dei redditi, subito censurata e stigmatizzata dai politici) il prossimo passo di Renzi sarà di fornire la possibilità al padrone di mettere un elettrodo ai testicoli del lavoratore in modo da poter inviare con un pulsante dal suo ufficio una scarica elettrica se il lavoratore sgarra, Ma viva Renzi il nuovo, l’innovatore, si con metodi vecchi anzi vecchissimi, da quanto è stata abolita la schiavitù nel ns. paese? Ma renzi lo hanno informato di questa innovazione non sua?Renzi è partito con l’abolizione totaledell’art. 18, poi ripiegato su solo ai neoassunti, creando ancor di più lavoratori di serie A e B, ma se legge la proposta del Job Act è previsto pure la possibilità del datore di lavoro di istallare una telecamera sulla testa di ogni dipendente e controllare a distanza il suo operato, in barba alla dignità del lavoratore e alla sua privacy (che vale solo per gli evasori fiscali, vedi pubblicazione in rete delle dichiarazioni dei redditi, subito censurata e stigmatizzata dai politici) il prossimo passo di Renzi sarà di fornire la possibilità al padrone di mettere un elettrodo ai testicoli del lavoratore in modo da poter inviare con un pulsante dal suo ufficio una scarica elettrica se il lavoratore sgarra, Ma viva Renzi il nuovo, l’innovatore, si con metodi vecchi anzi vecchissimi, da quanto è stata abolita la schiavitù nel ns. paese? Ma renzi lo hanno informato di questa innovazione non sua?
Dovrebbero sollevare il capino dai libri e guardare il modo reale: per annullare questo splendido marchingegno basterà che un datore di lavoro apra due aziende e faccia rimbalzare il lavoratore ogni tre anni dall’una all’altra per togliere qualsiasi tutela.
Nel complesso, mi sembra che l’orientamento volto a riconoscere un risarcimento monetario crescente successivamente sostituito dalla tutela reale costituisca una mediazione ragionevole. Mi è poco chiaro l’ultimo periodo, che fa riferimento ai rapporti parasubordinati e a quelli a tempo determinato. Mi era parso di capire che, nel modello proposto, non vi fosse spazio per tipologie diverse dal contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e quello a tempo determinato “motivato”, cioè connesso a situazioni o attività economiche particolari, comunque esplicitate nel contratto. Continuare a consentire i rapporti parasubordinati, che nella stragrande maggioranza dei casi sono semplici rapporti subordinati mascherati, svuoterebbe di significato buona parte della riforma. La stessa ipotesi di far gravare sui contratti a tempo determinato oneri previdenziali maggiori ha senso, a mio avviso, soltanto nel caso di contratto “acausale” che, tuttavia, dovrebbe essere eliminato nella riforma proposta.
Camusso e Landini saranno forse un po’ fermi agli anni ’70, come dice l’esilarante imitazione di Crozza.
D’altra parte anche i neomiglioristi del PD raccolti attorno a Renzi vorrebbero riportarci agli anni ’70. Quelli dell’800 descritto da Zola, Hugo e Dickens.
Una piccola storia di vita vissuta.
Ho lavorato per 15 anni come co.co co a queste condizioni:
La retribuzione oraria è rimasta invariata per tutto il periodo.
Senza scatti di anzianità.
Senza straordinari pagati
Senza ferie pagate.
La malattia non pagata.
Senza tredicesima, quattordicesima.
Infine, senza liquidazione.
La pensione, gestione separata, relativa al periodo è pari a circa 100 euro mensili netti.
Questo corrisponde esattamente a come sarà ridotta la classe lavoratrice, secondo i loro progetti!
Parlano del “contratto a tutele crescenti”, ma non menzionano affatto e chiaramente che saranno eliminate tutte le restanti forme di contratti flessibili. Quindi, a queste condizioni, le aziende assumeranno sempre co.co.co. e chi si è visto si è visto. Non sono chiari, ed il motivo si capisce. Non sanno cosa fare e non lo sapranno mai, visto che sono delle belve sanguisughe.
DUNQUE VEDIAMO:
un’indennizzo generoso per scissione del contratto, fino a sei mesi di stipendio pieno dopo appena tre anni di impiego — indennizzo presumibilmente da aggiungere al salario minimo di disoccupazione. Insomma, il dipendente licenziato grosso modo si godrebbe uno stipendio e mezzo per 6 mesi: pero’! Certamente, il vantaggio di questa generosita’ e’ di compensare il dipendente per la perdita del lavoro, cosi’ come di disincentivare il datore di lavoro dal licenziamento “facile”. C’e’ un doppio svantaggio, tuttavia: 1) cosi’ facendo si danneggerebbe ulteriormente il datore di lavoro, specie quello costretto a licenziare per gravi e validi motivi economici; 2) si danneggerebbe anche il datore di lavoro voglioso di trattenere l’impiegato, perche’ si incentiverebbe la propensione a “farsi licenziare” (magari con comportamenti intenzionalmente lavativi o arroganti) da parte di dipendenti con abilita’ molto richieste dal mercato del lavoro, che cosi’ si prenderebbero il lauto indennizzo, se ne starebbero in vacanza (o a lavorare in nero) per sei mesi o giu’ di li’, per poi tornare al lavoro in un’altra azienda una volta consumato l’indennizzo, ricominciando il ciclo impiego-e-butta. Considerato cio’, sarebbe bene pensare a contro-misure, come ad esempio condizionare la riscossione dell’indennizzo al tempo impiegato per ritrovare lavoro, con un meccanismo di sensibile (!), progressiva diminuzione dell’indennizzo attualmente riscosso man mano che passa il tempo trascorso senza re-impiegarsi, fermo restando pero’ il diritto al pieno salario minimo di disoccupazione. Probabilmente, si potrebbero pensare alternative, piu’ efficaci o opportune contro-misure, ma l’importante e’ tenere presente che la questione dell’indennizzo non e’ semplice, e va pensata bene, magari guardando a quello che si fa altrove al riguardo.
Mi auguro che gli economisti e i politici italiani che hanno voce in capitolo raggiungano un ragionevole, non ideologizzante, punto di bilanciamento di differenti, e a volte opposti, interessi e motivazioni
Si fanno tanti contorcimenti con le tutele crescenti e altre bazzecole per comunque far credere che ci sia un’armonia di base nel rapporto capitale-lavoro.
Un rapporto in cui la stragrande maggioranza salariata col suo lavoro fisico e mentale crea la ricchezza e ne vede le briciole mentre chi acquista la forza-lavoro si prende tutto il malloppo.
E’ molto più coerente un padrone che dice che va abolito tout court l’articolo 18 che tutto questi economisti progressisti che cercano di conciliare l’inconciliabile. Queste riforme pseudo-progressiste (le fa il PD, no?) sono solo l’antipasto per le future riforme atte a eliminare le residue tutele per tutti, a conferma delle analisi ottocentesche che il lavoro salariato creatore della ricchezza materiale non deve alzare la testa ma essere riconoscente al padrone per la sua esistenza.
L’unica soluzione definitiva per i salariati è l’abolizione del lavoro salariato che evidentemente non può essere solo un fatto di libera scelta dato che l’evoluzione del sistema è proprio con la diminuzione progressiva del lavoro indipendente verso il lavoro salariato o la disoccupazione.
Nel frattempo, impegnarsi nel lavoro come fuori il lavoro, che all’atto pratico si deve pur cercare di vivere decentemente. E magari riprendere i classici, cosa utile per capire come funziona il sistema vigente, una condizione necessaria per il suo superamento.
Saluti “reds” a progetto.
Le aziende vivono per massimizzare i profitti e non per licenziare: giusto…
fuori dai confini d’italia normalmente a tutela dei profitti e dello stipendio degli altri
lavoratori un 10-15% di underperfomer viene licenziato….
e nessuno strilla o si lagna
perchè tutti sanno che se non ti impegni sul lavoro e lavori alla cacchio…giustamente ti lasciano a casa…
altrimenti alla lunga il tuo lavorare alla cacchio sarà negativo per colleghi e azienda
in italia si continua a sostenere il diritto di assenteisti, nullafacenti,lazzaroni e ladri vari di continuare a percepire lo stipendio derubando l’azienda ed i colleghi…strano paese
Mi spiega come la giusta causa sia una tutela verso assenteisti e lazzaroni?
Non vedo nulla di così devastante per le possibilità lavorative e la dignità del dipendente in un contratto unico dove per 3 anni vige la libertà di licenziare senza prevedere per forza un “risarcimento” (risarcimento per cosa??).
I punti fondamentali sono altri.
Primo deve esistere una rete di supporto per TUTTI coloro che perdono il lavoro. E’ sicuramente preferibile e alla lunga meno costoso prevedere un sussidio mensile per il periodo di vacanza contrattuale (che magari può essere di un mese) che non regalare solo ad alcuni un anno di contratto, così… senza motivo reale e lasciare altri senza alcuna copertura.
I primi 3 anni diventano un periodo di prova senza rischi economici per l’azienda, certo. In altri paesi è così per tutto il periodo contrattuale e nessuno si sente schiavizzato.
Ovvio che deve restare sempre la tutela dal licenziamento discriminatorio, ma questa non ha mai spaventato alcuna azienda seria (visto che a differenza di quanto pensa la cialtroneria organizzata non esiste NESSUN imprenditore che gode a licenziare la gente!). Occorre però che sia ridotta ai VERI licenziamenti discriminatori, con prove certe e concrete, riducendo di molto la deleteria discrezionalità dei giudici che spesso più che giurisprudenza si sono dedicati a fare legislazione parallela in questi campi!
Per i primi 3 anni la tutela discriminatoria può essere comunque limitata al risarcimento. Non mi pare che questo produca abnormi possibilità di schiavizzazione!
Poi, con l’anzianità si può anche tollerare a mio giudizio una reintegra. Ma solo a condizione che la causa di reintegro sia risolta in brevissimo tempo (6 mesi massimo) per evitare i rischi di risarcimento abnorme che in Italia sono ben conosciuti da cause decennali.
Se il giudice è incapace di arrivare a una decisione in quel lasso di tempo la reintegra salta e resta solo il risarcimento. Anche perchè è obiettivamente ridicolo pretendere che il dipendente dopo anni sia li a aspettare di poter riprendere il proprio lavoro.
Mi risulta che molte aziende ricorrono al lavoro interinale, alle cooperative ed alle esternalizzazioni.
Se lo fanno, evidentemente gli conviene.
Se un contratto a tutele crescenti sia più conveniente è tutto da verificare, finchè non verrà fatta la legge.
Evidentemente il costo dei lavoratori non è l’unico aspetto che influenza le scelte delle aziende.
Per quanto riguarda le esternalizzazioni, ci possono essere delle problematiche di efficienza e di qualitò del lavoro, ma sicuramente un motivo ci sarà se molte grandi aziende hanno dato in gestione a terzi la logistica.
Un mio conoscente aveva creatro due aziende per stare sotto i 15 dipendenti finche si e reso conto che era una sciocchezza, ha unito le due imprese e continua ad essere sul mercato nonostante l’art 18.
W il socialismo vero,marxista e leninista
L’analisi evita accuratamente di parlare della realtà del mercato del lavoro e della sua quotidianità.
Sento sempre più spesso la tiritera “un giovane ormai non può pretendere il posto fisso deve aspettare di cambiare 4-5-6-7-8 posti di lavoro durante la sua vita”.
Già peccato che così facendo, rischia di non arrivare mai alle “tutele” visto che statisticamente cambierà lavoro a ritmo sostenuto.
Di fatto quindi la realtà imporrà al lavoratore di non godere mai dei benefici dell’anzianità ma al contrario di pagarne sempre il prezzo nei primi anni.
Si perchè se notate questa storia del contratto a tutele crescenti è propagandata come “per i giovani” ma invece varrà per TUTTI dato che non riguarda LA PRIMA ASSUNZIONE ma qualsiasi NUOVA ASSUNZIONE.
Pensate che bello il 55 enne che oltre ad essere miracolato di aver appena trovato un posto di lavoro deve passare anni e anni con l’incubo del licenziamento, ottenendo come tutela 2 calci nel sedere e 1 sui denti.
Eh, ma le aziende non pensano mica a licenziare, per loro il personale formato è oro.
Sí,sì, la riforma dei licenziamenti.
Con cordialità.
basta che ci sia un 1-2% di imprenditori che si fa spaventare dall’art.18 e non si espande per rallentare di altrettanto la nostra crescita economica.Parlo con esperienza diretta, ho lavorato in una ditta di 60 dipendenti dove un’estate sono state licenziate 8 persone dalla mattina alla sera, senza che nessuno si ponesse il problema del “oddio ma siamo in più di 15 non possiamo farlo!”.
I governi quando si accollano le scelte sbagliate usano i soldi dei cittadini.
Stiamo tutti a lamentarsi che in questo paese i profitti sono privati ed i debiti pubblici, no? Ed allora non possiamo chiedere l’intervento della mano pubblica ogni qualvolta ci sia un problema.
Personalmente sono contro anche al sussidio di disoccupazione ed alle pensioni: se i lavoratori lo vogliono, possono benissimo crearsi delle casse loro, private, in modo che chi contribuisce poi avrà indietro l’assegno di disoccupazione o la pensione.
Basta che sia volontario e non ci sia la coercizione dello stato.
i padroni per umiliare e spingere allo sfinimento un dipendente che magari gli sta poco simpatico per spingerlo ad andarsene o a fare qualcosa di sbagliato, e consentirlo per legge è qualcosa di criminale….
ho guardata tutta la riforma che nel suo complesso invece che spingere tutti in serie A, spinge tutti in serie B, in questo modo, a parte che l’occupazione non aumenterà nemmeno di un posto, come già avvenuto con la modifica dell’art.18 fatta sotto il governo Monti, ma si inasprirà ancora di piu’ la schifosissima guerra tra poveri che è già in atto in questo paese, che naturalmente verrà vinta, da chi si genuflette di piu’ per un tozzo di pane sempre piu’ piccolo e un bicchiere d’acqua sempre piu’ vuoto….
un falso problema questo istituto,falso,un MEZZO DI DISTRAZIONE DI MASSA X NON COMBATTERE I VERI PROBLEMI,RENZI NON PARLA DELLE MAFIE X ESEMPIO,FA FINTA DI COMBATTERE LE CASTE,NON RIDUCE I VERI SPRECHI BUROCRATICI,E’ UN RESTAURATORE.
la prossima mossa da statisti ed economisti sarà chiederci le fedi!!!!
Fino a ieri questo Squinzi osannava,incensava Renzi per i regali ricevuti….E’ bastato accennare ad un TFR in busta paga,che in quattro e quattr’otto lo squalo della Confindustria cambiasse idea.
taci il nemico ti ascolta-
Attenzione a non criticare troppo la linea del Premier Pittibimbo: la discussione è monitorata dall’utente ” WOLE ” (chi sei? La Moretti? La Bonafé?) che puntigliosamente vi inviterà a evitare critiche non costruttive, a “dare tempo al tempo” e che “..se son rose fioriranno”. Scorrete la discussione per rendervene conto.
Prima che diventasse segretario diceva il contrario di quello che poi ha fatto e sta facendo da premier. Infatti con il “prima” è diventato premier con il “poi” cadrà.La sinistra del PD è solo un luogo geometrico situato da qualche parte a lato di Veltroni il cerimoniere.I perdenti del Pd fanno a turno, come capi della minoranza (ma la minoranza quanti capi ha?) a sparare a zero su Renzi ed il suo piano per il lavoro. Incuranti che la direzione del Pd li ha “spianati” con oltre l’80% a favore del segretario e nonostante la batosta (per loro ) nelle primarie e la schiacciante vittoria alle elezioni europee, frutto in gran parte del credito personale di Renzi, questi continuano imperterriti a dettare la linea, come se fossero ancora in sella! Ma non hanno capito che non li vogliono? Che contano quanto il due di picche? Bisognerebbe che qualcuno di loro provasse veramente ad uscire dal partito (visto che non riconoscono il metodo che la maggioranza decide e la minoranza si adegua come è sempre esistito) per verificare di persona quanto credito hanno tra gli elettori e tra gli iscritti (in notevole calo). Insomma sono loro il frutto dell’immobilismo e dei mancati successi passati e non vogliono riconoscere questa amara verit
Ieri sera gli hanno dato i compiti a casa al ragazzotto….ha il sabato e la domenica per farli. Lunedì avrà qualche argomento nuovo….parlerà del gelato al pistacchio.
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Tutte le ricette passate di confindustria hanno solo creato precarietà senza aggiungere un posto di lavoro, perché continuare ad ascoltarli?
continuate cosi,ad incartarvi tanto ci penserà la troika a risvegliare gli animi rivoluzionari italiani,noi ci accontentiamo delle bugie,che non posseggono un lungo passo,se l’inps crolla fra qualche anno avremo milioni di morti di fame per strada…