La crisi economica tocca livelli altissimi.
Pellegrino (Adiconsum): Gli acquisti solo nei primi 10 giorni del mese.
L’indagine Adiconsum mette a nudo una spietata realtà
dal CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
di Carlo Gravina
SALERNO — Resta una chimera la ripresa economica nel Salernitano. La crisi, purtroppo, non è alle spalle e rappresenta un problema serio per almeno il 50% delle famiglie della provincia. A denunciare la triste realtà il presidente dell’Adiconsum Gaetano Pellegrino. “Nel nostro territorio c’è un notevole calo dei consumi, specialmente in alcuni settori come l’abbigliamento e gli alimentari” – dice Pellegrino – “questo trend è in atto da alcuni mesi e non sembra fermarsi, anzi. Famiglie che fino a qualche settimana fa non avevano problemi ora hanno difficoltà. Tutte le esigenze, dalle essenziali alle secondarie, in alcuni casi sono diventate un vero e proprio lusso” -.
L’Adiconsum ha nei giorni scorsi realizzato dei sondaggi in tutta la provincia. Oltre a quelli del capoluogo, sono stati intervistati circa un centinaio di negozianti di Nocera Inferiore, Battipaglia e Cava Dei Tirreni. Il panorama emerso dalla ricerca è preoccupante. I settori principalmente colpiti dal calo delle vendite sono: abbigliamento, elettrodomestici ed alimentari.
“Se fino a qualche mese fa i beni primari rappresentavano un punto fermo, adesso la situazione sta cambiando. In molte salumerie, ad esempio, si registrano delle vendite solo nei primi dieci giorni del mese, a ridosso del pagamento degli stipendi. Poi si registra ciclicamente un calo: le famiglie devono centellinare i propri risparmi. Arrivare alla fine del mese anche con due stipendi è diventato in alcuni casi proibitivo. Oggi i nuovi poveri hanno la faccia degli anziani con una pensione medio-alta, degli impiegati bancari, dei semplici docenti e dei lavoratori impegnati nei settori marginali dell’apparato produttivo” -.
Dall’Adiconsum fanno sapere che la crisi ha cambiato anche il modo di fare la spesa di tante famiglie. Anche nel caso dei beni essenziali, l’obiettivo è risparmiare. “Una famiglia con un reddito esiguo acquista prodotti di importazione che costano molto poco ma la cui qualità lascia a desiderare” – spiega Pellegrino – “la filiera si è allargata e tutto questo penalizza le realtà locali che ogni giorno sono costrette a tagliare la produzione e a licenziare il personale. Si parla tanto di valorizzare le tipicità del Salernitano ma, in questo momento di crisi, si sta facendo davvero poco” -. L’Adiconsum, inoltre, ha ritenuto insoddisfacente per il territorio salernitano l’introduzione della social card, la carta che prevede degli sconti per le famiglie più disagiate. “È stato un vantaggio momentaneo e non tutti hanno potuto accedere alla carta acquisti” – dice Pellegrino – “ho l’impressione che il sistema abbia aiutato solo la grande distribuzione perché i piccoli negozi sono stati esclusi dal circuito” -.
20 ottobre 2009
Carlo Gravina
Troppe tasse sui redditi da lavoro dipendente e pensioni. Chi ha i soldi non li investe in attività produttive ma in rendite finanziarie. Molte famiglie, che una volta rappresentavano il ceto medio, scivolano verso la povertà. Alcune di loro ricorrono al pacco quindicinale di generi alimentari fornito dai religiosi. I giovani restano a carico delle famiglie ormai fino alla soglia dei 40 anni.La preoccupazione maggiore riguarda i nati tra gli anni 70/80 per i quali il futuro è buio. Troppi sono costretti ad emigrare, ma anche al nord la situazione è sempre più difficile. Il precariato a vita è la sorte più comune. E c’ è chi dice che l’ Italia regge la crisi. Ma i genitori non vivono in eterno. Certi politici, invece, ci stanno provando.
Le bugie hanno le gambe corte,recita una filastrocca popolare,ad oggi è’ a “rischio poverta’” a causa di redditi troppo bassi “quasi un meridionale su tre, contro uno su dieci al centro-nord. In valori assoluti si tratta di 6 milioni 838 mila persone, fra cui 889 mila lavoratori dipendenti e 760 mila pensionati”. Inoltre “una famiglia meridionale su 4 non ha soldi per andare dal medico”. E’ quanto si legge nel rapporto Svimez 2010, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno. dati, relativi al biennio 2007-2008, segnalano anche che il 44% delle famiglie meridionali, quasi una famiglia su due, non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro.Nel rapporto emerge anche che il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese e che nel 47% delle famiglie meridionali c’e’ un unico stipendio.Nel 2008, infine, e’ arrivata con a fatica a fine mese oltre una famiglia su 4 (25,9%), contro il 13,2% del centro-nord.Famiglie con un solo stipendio, in molte addirittura con solo mille euro al mese. Famiglie che, se devono affrontare una spesa imprevista di 750 euro, vanno in tilt. La Svimez, che stamane ha presentato a Roma il suo rapporto sull’economia del Mezzogiorno, delinea una situazione crudele per molte famiglie del sud. In base agli ultimi dati disponibili (2007), si osserva ad esempio nel rapporto, il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore rispetto al resto del paese (5,5%). il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della presentazione del «Rapporto Svimez 2010» in un messaggio inviato al Presidente dell’Associazione, Adriano Giannola. «L’obiettivo di ridurre gli effetti della crisi finanziaria nel breve periodo – prosegue Napolitano – è divenuto prioritario; in presenza di un ineludibile vincolo di contenimento del disavanzo pubblico si è operato uno spostamento di risorse di cui hanno sofferto le politiche di sviluppo come è dimostrato dalle ricadute sul quadro strategico nazionale 2007-2013 al quale sono state sottratte ingenti dotazioni e che registra, a metà del periodo di programmazione, gravi ritardi. I risultati complessivamente insufficienti delle politiche seguite in passato e la presenza di significative inefficienze rendono necessario un ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo».
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