Uomini “invisibili” vivono il loro dramma quotidiano della povertà e dell’abbandono in baracche di fortuna nel cantiere di Via Adinolfi, in pieno centro di una Città distratta o che non vuol vedere.
Nel Cantiere abbandonato di Via adinolfi è nato un grande “Bed and Breakfast comunitario”, ambienti di fortuna adibiti a bagno, cucina e camera da letto, ma nessuno ha mai visto niente. Chi vive in quelle baracche? Nessuno se ne sia mai accorto? Il Comune e le forze dell’Ordine ne erano a conoscenza?
di Gerardo Sorgente
giornalista de “Il Mattino”
per POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Si pubblica questo articolo di Gerardo Sorgente, da poco giornalista de “Il Mattino“, che racconta un dramma umano che si consuma in pieno centro di una Città, distratta dai problemi quotidiani ma anche insensibile, come spesso accade un pò dappertutto nel nostro Paese da qualche tempo a questa parte, nel momento in cui si è più propensi a girarsi dall’altra parte che riflettere, fermarsi, e magari aiutare chi in quel momento ha bisogno di noi. E’ più comodo andare oltre e non cedere alla spinta solidale che, al contrario dovrebbe farci comportare diversamente, piuttosto che farsi coinvolgere, e caricarsi di altri problemi, aggiungendoli agli altri che ognuno ha già.
Ebbene Sorgente cosa ha scoperto? Che in alcune baracche poste nel cantiere abbandonato di Via Fratelli Adinolfi, in ambienti scomodi e angusti ed in mezzo a immondizie di ogni genere oltre che di escrementi umani, vivono alcune persone, senza che nessuno se ne sia mai accorto, o se se ne sono accorti hanno preferito tacere. Dramma della povertà, dell‘abbandono, della disperazione che tocca quel mondo di cittadini immigrati, i quali hanno lasciato il loro Paese per sfuggire alla povrtà più nera e invece di trovare la fortuna spesso trovano l’inferno, nella più totale ipocrisia del mondo che li circonda.
Sorgente prende spunto da quelle baracche in pieno centro abitato, per ricondurci ad un’altra realtà che tocca il Centro Antico, dove vivono decine e decine di altri immigrati, “invisibili” anche loro, o nella Piana del Sele in alloggi di fortuna ricavati in canali o nella pineta come accadde tempo fa, che toccano altre decine se non centinaia di immigrati, anche loro sfortunati, ma che con le loro graccia, naturalemnte quelli più fortunati, contribuiscono alla ricchezza della nostra Piana. Tutte questioni che abbiamo già affrontato ai tempi di San Nicola Varco e che continueremo a farlo fino a che ci sarà chi li sfrutterà e chi ci marcerà certo non ci fanno pensare ne a terroristi e ne a cellule dormienti o ad eventuali serbatoi dell’integralismo islamico, ma solo a poveri disgraziati e sfortunati.
Senza allontanarci dal problema e lasciando ai lettori di approfondire l’articolo di Gerardo Sorgente noi non possiamo fare altro che indignarci, ma anche di afre alcune domande: Chi sono quelle sfortunate persone che vivono in quegli alloggi di fortuna nel cantiere dei parcheggi interrati di Via Adinolfi? Possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Nessuno ha mai notato movimenti? Le Forze dell’Ordine ne erano a conoscenza? Il Comune è stato mai allertato?
Domande inquietanti, ma domande, che attendono risposte. Eppure su quell’area c’é stata una grande attenzione sia a seguito del fallimento della ditta che stava eseguendo i lavori dei parcheggi interrati, sia da parte dei tanti aquirenti, sia parte delle varie forze politiche. Ma a chi vuoi che importi che un discraziato viva in quelle condizioni, non vale mica un box.
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Uomini invisibili e Città distratte
Uomini invisibili e Città distratte: a leggerlo tutto di un fiato potrebbe andare bene come titolo per un libro, dove le pagine rappresentano lo spaccato di una realtà. Ma la distanza dal lettore sarebbe comunque troppa. In una società dove il tempo è prezioso e i livelli di attenzione rasentano il minuto c’è bisogno di altro, di qualcosa di immediato che afferra per le mani il lettore e lo tenga inchiodato per un tempo superiore al minuto e che lo spinga a confrontarsi con la realtà che lo circonda.
Solitamente lo stile diretto e senza fronzoli è quello che sortisce maggiore effetto sulla gente. Una precisazione occorre farla. Oggi nei giorni dell’evoluzione il web sembra rappresentare il canale maggiormente scelto dal lettore medio per apprendere notizie e forse lo è per davvero. Lo spazio per esporre le proprie idee e le gomitate per farsi largo non sono necessarie e questo consola.
Ritorniamo al presente.
La notizia ha il suo peso specie quando gli attori principali sono gli invisibili; persone senza fissa dimora e sconosciute la cui vita è scandita da un costante giro di lancette, in cui le emozioni per alcuni sono solo un ricordo del passato, di una adolescenza dimenticata troppo in fretta, di giocattoli e amori lasciati da un momento all’altro. Dove bisognava scegliere se vivere o morire.
Parlo di immigrati. In generale. Parlo di immigrati che ad Eboli sono costretti (o lo sono stati in passato) a vivere come bestie ammassate in casupole di fortuna, ma parlo anche di concittadini che al limite tra la follia e la ragione vagano come ombre nelle pieghe di una città troppo impegnata a piangersi addosso e a puntare il dito contro chiunque alzi la voce. In una città storica il cui potenziale dei luoghi e dei monumenti, per maledizione subita, non riesce proprio ad essere sfruttato.
Uno dei teatri di questo scempio è via Fratelli Adinolfi, un lembo di terra diviso dalla civiltà dalle porte mistificatrici del tempo e dalla incapacità politica. In via Adinolfi dovevano nascere dei parcheggi. Il progetto presentato in pompa magna fece luccicare gli occhi di tutti. Oggi di tutto ciò che doveva essere fatto è rimasto il nulla, anzi solo gli invisibili. Deboli guardiani che a turno provano a ricostruirsi una vita laddove una volta sorgeva un parco giochi e strutture simili.
Le segnalazioni nel corso degli ultimi giorni si erano fatte sempre più frequenti, addirittura dei ragazzi ne parlavano apertamente davanti ad uno spinello, di quelli che si consuma “di nascosto” sulle scale che una volta collegavano via Umberto Nobile ad una traversina di via Adinolfi. La conoscenza di un fatto è una attività intrisa di pratica che scansando la inutile contemplazione rende un servizio serio ed intelligente. Ed è in nome di quella verità tanto decantata che si è deciso, quasi per caso, di fare un reportage non sullo stato di salute del cantiere, sarcasticamente etichettato come le “piscine comunali” ma sulle case di fortuna dei senza fissa dimora.
Eboli da questo punto di vista si avvicina molto ad un grande Bed and Breakfast comunitario dove chi tardi arriva male alloggia. Gli attori per caso, questa volta, non sono ne il Sindaco di Eboli, ne nessuno dei suoi detrattori, perché la gente chiede di conoscere la verità e non di leggere le solite solfe. La richiesta generica è quella di sapere cosa accade, realmente, in quel cantiere chiuso, e in altre parti della City.
Andando per ordine, si è partiti da quelle lamiere che tra graffiti e immondizia sembrano avere una vita parallela. Entrando dal varco, che collega la piazza al resto della città, creato dietro impulso dei commercianti di via Nobile ci si addentra all’interno del cantiere che ha come protezione qualche rete che a furia di essere spinta inizia a cedere su se stessa si intravedono tre strutture, una vuota e due in cui sono visibili i segni della presenza umana.
Entrandovi è stato come varcare la porta del tempo, una specie di time line nella vita della città. La prima struttura, è piena di escrementi, cartoni e bottiglie, senza contare gli escrementi umani che abbondano in quantità, un pericolo per la salute pubblica; facendosi poi largo tra le erbacce, in quello che doveva essere il vano docce degli operai si scopre che viene ora usato come alloggio di fortuna. Su di un lavello di plastica come in una abitazione comune si trovano un rasoio, la schiuma da barba, una camicia, e per terra cartoni, buste con abiti, segno che quel posto è frequentato.
In quell’angusto spazio, con un poco di sensibilità è possibile sentire la sofferenza di chi dorme tra bottiglie di vino e un sacco di immondizia. Bene, ecco lo stato dei lavori di via Adinolfi. Un posto in cui vi abitano (o vi hanno abitato) a turno chissà quante persone. Tra i bene informati si vocifera anche di qualche ebolitano che in dissidio con la famiglia ha trovato nelle casupole alloggio di fortuna, poi subito spodestato da qualche extracomunitario.
Spostandoci dal “cantiere” di via Adinolfi, poco lontano, si arriva nel centro storico. Dopo le numerose proteste della gente e del comitato di quartiere la casa diroccata, oggetto di incendio qualche anno fa, è stata murata ma per un’abitazione chiusa altre sono pronte ad accogliere persone senza fissa dimora, e allora ecco che qualche portone sfondato diventa un indicatore che certifica la presenza di qualche extracomunitario di passaggio. Gli invisibili sembrano essere ovunque anche nei tanti palazzi costruiti e mai ultimati.
Allontanandoci dal centro della città si arriva nella zona mare, la enumerarli è davvero impossibile. Vi si trova di tutto, gli invisibili dormono ovunque, specie nel cuore della pineta lontani da occhi indiscreti, questa regola vale soprattutto per i clandestini che come militari impegnati in una esercitazione, vivono al minimo e sempre tra cataste di rifiuti, da incendiare un poco per volta in modo da poter ricavare qualche lingua di fuoco per scaldarsi nell’attesa di una sistemazione migliore.
Dormitori pubblici sono diventate anche le strutture dismesse che si trovano percorrendo il tratto di strada della Eboli mare, otto chilometri, lungo i quali si trova di tutto, e in tutta questa distrazione viene da pensare anche che un territorio vasto come la Piana del Sele, non abbia mai ospitato (neanche di passaggio) uomini legati al terrorismo di matrice islamica, le cosiddette cellule dormienti. Una ipotesi da non scartare. Lo ha dichiarato anche Emma Bonino ministro degli Esteri.
L’Italia è si un paese di transito, ma è soprattutto un territorio dove è facile farla franca e nascondersi nelle pieghe dell’indifferenza e del menefreghismo. Vivere per strada o vivere in discariche è da persona folli, ma la crisi degli ultimi anni non ha risparmiato nessuno nemmeno chi vedeva nell’Italia un porto sicuro, anzi forse loro sono stati i primi a cadere sotto i colpi del parassitismo delle istituzioni che proteggendosi con scudi di regole e leggi hanno spento la speranza a milioni di persone.
L’immigrato non è un problema ma una risorsa; il problema vero è la mentalità degli italiani che non potendo sfruttare i loro connazionali punta l’occhio sull’immigrato; poco conta se questo dorme per strada e mangia con le mani. Il numero dei senza tetto va aumentando e le istituzioni ben presto potrebbero trovarsi a fronteggiare altre realtà parallele come è stata San Nicola Varco. Oggi gli invisibili che vivono in città e in periferia sono diversi ognuno con un loro bagaglio.
I motivi che spingono una persona a vivere senza una fissa dimora sono riconducibili ad una molteplicità di situazioni: uno sfratto, una tensione all’interno del gruppo di immigrati o all’interno del proprio ambito familiare, oppure la perdita del lavoro improvvisa, questi sono solo alcuni degli elementi che possono trasformare, il normale in anormale, catapultando per strada chi prima viveva in una casa. Per gli stranieri il discorso è ancora peggio perché o per mancanza di strutture o per mancanza di fondi si finisce per dormire sotto un ponte e a scaldarsi con i cartoni del supermercato.
Eboli, 16 febbraio 2014
E’ veramente difficile vivere in questa città…ieri sono stata ad un convegno e a due relatori è scappato un lapsus freudiano…entrambi hanno usato emergenza per eccellenza…un territorio troppo ricco di contrasti,se da una parte ci sono esempi di eccellenza(e ce ne sono,anche se spesso qui è considerata eccellenza ciò che altrove è ritenuto normalità)è pure vero che siamo in uno stato di infinite emergenze…è dura…molto dura…cosa si può fare?La cosa disarmante è che alcune delle situazioni messe in evidenza nell’articolo avvengono in piazza cosa avverrà in periferia?Io penso che almeno il decoro del centro città,se di città si tratta,è un nostro diritto.Ma forse siamo pochi a vivere i nostri doveri per cui pochi a rivendicare in nostri diritti…non lo so…
Mi complimento con Sorgente, questo è un lavoro ben fatto. Come lui dovrebbero prendere spunto anche altri giornalisti. Spero tu possa continuare a denunciare fatti simili. Ricorda però che sei una mosca bianca, ovvero uno che le dice e non le manda a dire. Bravo anche Massimo Del Mese che da spazio a voci libere.
E c’è pure chi osa parlare di dieci anni di buona amministrazione del paese, che vanta risultati inesistenti o mediocri, che parla di crescita economica solo perché ha aperto due mostri in periferia affossabndo l’economia nel centro dela città, che OSA candidarsi alle regionale (a 12.000 euro al mese) non avendo fatto un CA… per il proprio paese. A questa perso0na, e ai cagnolini che gli scodinzolano attorno (inutili idioti)dico: VERGOGNA!! Senon per noi perfetti sconosciuti, per i figli che costringete a far vivere in questo cimitero. Siete ancora in tempo a prendere le distanze da questo Satrapo. Fatelo ora … e avrete salva la vita (metaforicamente parlando)
Ottimo pezzo di denuncia sociale. Complimenti.