L’anno nero dell’economia nazionale. La Lombardia non compare nella lista delle prime 100, si attesta al 128° posto. Calabria e Sicilia fanalino di coda, rispettivamente al 233° e 235° su 262 regioni in esame.
Il lavoro si basa su determinati indicatori: qualità delle istituzioni; stabilità macroeconomica; infrastrutture; sistema sanitario; qualità dell’istruzione; efficienza, qualità delle università, dell’apprendimento permanente; efficienza del mercato del lavoro; dimensioni di mercato all’«innovazione», livello tecnologico; innovazione.
ROMA – L’Italia resta tagliata fuori dalla mappa delle regioni più competitive d’Europa. Lo rivela l’Indice 2013, pubblicato dalla Commissione Ue.
Alla sua seconda edizione, la ricognizione triennale, dedica una parte delle conclusioni a segnalare come la cosiddetta “blue banana”, dorsale economica che collegava idealmente la grande Londra alla Lombardia (unica regione italiana a rientrarvi), via Benelux e Baviera, «abbia cambiato forma», assumendone una più policentrica con regioni forti soprattutto laddove si trovano capitali o aree metropolitane.
Così, se a capitanare la classifica dei 262 territori dell’Unione (nello studio è compresa anche la Croazia) sono Utrecht, seguita tra gli altri dall’area di Londra; e dalla regione di Stoccolma (Svezia), la Lombardia non compare nella lista delle prime 100, attestandosi al posto numero 128. La seguono una decina di regioni italiane che si concentrano nella fascia intermedia, e sette oltre quota 200, con la Calabria e la Sicilia fanalino di coda nazionale, rispettivamente 233ma e 235ma su 262. Ultime in assoluto della classifica generale sono la bulgara Severozapaden, ed alcune regioni greche e romene.
«Si tratta di una fotografia impietosa dello stato delle regioni italiane. Di come il centro-nord abbia perso competitività e si trovi in difficoltà – fanno rilevare fonti europee -. E l’indicatore, seppure non sia basato su dati freschissimi (2010-2011-2012) è uno strumento utile per preparare la nuova programmazione». Non a caso, nonostante una sostanziale riduzione del budget Ue 2014-2020 rispetto al precedente, l’Italia è riuscita comunque a strappare 29,238 miliardi, più o meno una cifra analoga al passato, proprio perché le sue regioni, anche le più sviluppate, hanno problemi.
Seppure lo stesso studio sconsigli di fare confronti con la precedente edizione del 2010, perché alcuni indicatori sono stati aggiornati e sono considerate le regioni della Croazia, appare abbastanza indicativo il fatto che la Lombardia nel vecchio indice si trovasse a quota 95 (ora a 128), l’Emilia Romagna a 121 (contro 141), il Lazio a 133 (143), il Veneto a 146 (158).
Il lavoro, si basa su tre principali gruppi di indagine, che vanno da ciò che viene considerato «basilare» per il funzionamento di un’economia (qualità delle istituzioni; stabilità macroeconomica; infrastrutture; sistema sanitario; qualità dell’istruzione) all’efficienza (qualità delle università e dell’apprendimento permanente; efficienza del mercato del lavoro; dimensioni di mercato), all’«innovazione» (livello tecnologico; innovazione).
Roma, 25 agosto 2013