Il direttore di “Avvenire” risponde sulla vicenda: “Siamo mortificati per questa tracotante mancanza di sobrietà. Ma ciò che si voleva dire, lo si è detto”
ROMA – Il Direttore del quotidiano dei Vescovi “AVVENIRE” Dino Boffo, dopo l’intervento di Monsignor Angelo Bagnasco, ritorna sul caso del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e sulla sua vita privata da “gaudente”, rispondendo alla lettera di un sacerdote, don Matteo Panzeri da Milano.
Il sacerdote, lettore del quotidiano dei vescovi, sostiene che i pronunciamenti che si sono espressi da parte di esponenti ecclesiastici sulle “questioni morali” del Premier Berlusconi, non sono stati per niente fermi e rappresentano tutta la loro inefficacia se si paragonano alla reiterata sfacciataggine di quegli episodi, che andrebbero condannati senza mezzi termini e che invece vengono sbandierati senza nessun riguardo. Secondo Don Panzeri i Vescovi non si sarebbero espressi con la dovuta fermezza rispetto alla chiarezza dovuta dalla circostanza. In effetti il Direttore Boffo, nella sua risposta ha evidenziato che il quotidiano è intervenuto a più riprese, per ben tre volte, sulle vicende private di Berlusconi. Vicende che nessuno aveva messo mai in discussione e che invece sono state riportate alla ribalta ed offerte all’opinione pubblica da una lettera della moglie del Premier Veronica Lario.
Tutto il resto è cronaca, purtroppo non più privata, dal momento che lo stesso Premier ha confuso le acque con una serie di non verità sul caso di Noemi Letizia e i rapporti con la sua famiglia, su Patrizia D’Addario e le tanto discusse “prestazioni” a pagamento, delle festicciole a Villa Certosa con uno stuolo di fanciulle.
In effetti il Direttore Boffo dell’Avvenire, si è posto un interrogativo, suscitato dall’intervento del sacerdote-lettore: – “La gente è riuscita a individuare le riserve della Chiesa? Ebbene, la risposta che a me sembra di poter dire, ma il mio è comunque un ambito di osservazione limitato, è che la gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato. I più attenti hanno compreso anche i messaggi specifici lanciati fino ad oggi a più riprese. Non è vero che quelli degli esponenti della Chiesa italiana siano stati interventi casuali o accenni fugaci impastati dentro a testi di tutt’altro indirizzo. Ciò che si è detto, lo si voleva dire. Esattamente in quei termini” -.
L’intera vicenda è divenuta una vera e propria ossessione per gli italiani che poco per volta, sembrerebbe più che si siano rassegnati che abituati alle “capriole” che il Presidente del Consiglio si è costretto a fare per giustificare in qualche modo la vita privata dell’uomo pubblico.
Rimettiamo il testo integrale della risposta del Direttore di Avvenire al sacerdote-lettore don Matteo Panzeri sulle vicende private del Premier Berlusconi.
Senza strepiti ma senza ombre
di Dino Boffo
Caro don Matteo, ero fuori sede e riesco solo oggi a pubblicare la sua lettera. Della quale la ringrazio sia per i contenuti che per il tono. Credo che la «ponderazione» di quelle che ci appaiono le condizioni migliori affinché l’annuncio del Vangelo risuoni nitido nella coscienza dei nostri contemporanei non debba mai, proprio mai, abbandonarci. E che questo sia come un assillo che ci tormenta e giudica ogni nostra parola, ogni nostro silenzio.
Nessuno dei potenziali interlocutori dovrebbe trovarsi a pensare che parliamo o taciamo per «interesse» personale, per qualche esplicita o inconfessabile partigianeria. Certo, anche noi siamo immersi nella società delle opinioni, spesso caotica e pigra nelle sue analisi. In troppi cedono alla tentazione di reagire con un giudizio netto e definitivo al semplice frammento estrapolato da un discorso ben più complesso. Stiamo al caso nostro. Sull’atteggiamento assunto dalla Chiesa nei riguardi delle scelte «private» del premier Berlusconi sui giornali si sta dicendo un po’ di tutto: «Repubblica» può permettersi un giorno di dire che si è arrivati da parte nostra a «scomunicare» Berlusconi e il giorno successivo asserire il contrario.
Opinionisti famosi si alternano e allegramente si contraddicono, senza avvertire minimamente l’esigenza di argomentare la tesi sostenuta. E questa non è una variante indifferente. Ovvio che non si debba parlare soltanto per avere il plauso dei giornali, lo diceva non a caso l’altro giorno il cardinale Bagnasco. Ma nel ponderare le condizioni di innesto del Vangelo non si può trascurare il «contesto». Io ad esempio, per il mestiere che faccio, non posso non tenere conto degli sfottò che mi arrivano nell’arco delle ventiquattr’ore da personaggi del calibro di Francesco Cossiga o di Giuliano Ferrara. Per questi non è certo vero che «Avvenire» abbia parlato flebilmente, e dietro «Avvenire» è chiaro che costoro vedono altri.
Voglio dire, don Matteo, che la domanda che conta in queste circostanze è, a mio avviso, la seguente: la gente è riuscita a individuare le riserve della Chiesa? Ebbene, la risposta che a me sembra di poter dare – ma il mio è comunque un ambito di osservazione limitato – è che la gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato.
I più attenti hanno compreso anche i messaggi specifici lanciati fino ad oggi a più riprese. Non è vero che quelli degli esponenti della Chiesa italiana siano stati interventi casuali o accenni fugaci impastati dentro a testi di tutt’altro indirizzo. Ciò che si è detto, lo si voleva dire. Esattamente in quei termini. Ripeto l’analogia fatta dialogando con il suo confratello don Gornati. Immagini che una situazione simile a quella vissuta in ambito nazionale si verifichi nell’ambiente in cui lei opera. Come parroco, sono certo che intensificherà le occasioni in cui essere ancor più prete, ancor meglio annunciatore delle esigenze del Vangelo. Dubito molto che si metterebbe a sbraitare fino a organizzare la dissidenza, fino a far nascere il dubbio che l’esito politico della faccenda le stia a cuore più della chiarezza del Vangelo.
Ecco, questo mi pare il criterio con cui i vertici del nostro episcopato si sono mossi, in una logica magisteriale che è in continuo divenire. Per franchezza, vorrei non lasciar cadere il suo accenno allo «squallore» di certo interventismo degli organi della Chiesa: davvero non so immaginare a chi in concreto si riferisca ed eventualmente a quale circostanza.
Devo dirmi sicuro tuttavia che nello scrivere quelle parole lei non pensasse certamente ad «Avvenire», altrimenti “parresia” avrebbe voluto che anche il suo parlare non fosse troppo cifrato. La saluto con simpatia.
Cara signora Eleonora, mi dispiace molto che lei abbia frainteso… non ho detto che i trentenni di oggi sono vergognosi, ma che hanno dei difetti da imputare in parte a chi li ha educati, cioè i cinquqntenni e i sessantenni di oggi…era un attacco alla generazione prima della mia, insomma, che, per farmi capire subito e senza giri di parole, ha lasciato nella cacca la mia generazione e, forse, quelle future (io sono del 1982). Non ho parlato di magistrati e di politica, perchè quelli c’entrano poco con la religione, che era il punctum del mio intervento… e in ultima analisi, ho attaccato proprio quelli che oggi si dichiarano cristiani (io sono un anticlericale convinto, ma leggo la Bibbia molto spesso perchè è piena di insegnamenti di buon senso) o almeno una parte di essi, e più precisamente quella parte che, dimentica di un bel passo del Vangelo di Matteo (“quello che avete fatto a loro, lo avete fatto a me”, che lei da buona cristiana sicuramente conoscerà a menadito), si lascia trasportare dalle voghe politiche e sociali del momento invocando crociate, alzate di scudi e quant’altro…cose che proprio in questo post ho avuto modo di leggere. I piccoli di cui parla Matteo sono anche i musulmani, sono quelli che ci fanno paura perchè più affamati e quindi socialmente pericolosi… e se il Cristo che voi invocate perchè innocuo scolpito in un pezzo di legno potesse scendere dalla croce, stia certa che andrebbe a stare con loro, non certo con chi non è capace di condividerne le sofferenze.
Le ripeto, lei non ha compreso quello che volevo dire, probabilmente perchè sono stato prolisso e non chiaro in alcuni punti…spero che ora abbia afferrato il senso di quanto scritto in precedenza.
Cordiali saluti, viva in pace e non abbia paura del futuro, tra 200 anni nè io nè lei saremo su questa Terra, e forse chi ci sarà sarà felice di poter pregare Allah in italiano, Jaweh in tedesco e Dio in algerino…