Dalla Pagina de “Il Sole 24 Ore” NORME & TRIBUTI pubblichiamo l’intervista all’ingegnere salernitano Gabriele Del Mese, vera e propria “star” mondiale della professione.
C’è anche l’artista dietro l’ingegnere
di Paola Pierotti e Mauro Salerno
MILANO – 11 agosto 2009 – Gabriele Del Mese e Cristina Marsetti sono ingegneri. Il primo, campano, classe 1939, è una sorta di star della professione. Primo e unico italiano ammesso nella sede londinese di Ove Arup & Partners, ha fondato nel 2000 Arup Italia, costola italiana di una multinazionale della progettazione da 10mila dipendenti, che vanta due sedi a Milano e Roma. Ha lavorato con il gotha dell’architettura mondiale e costruito edifici e infrastrutture ovunque.
La seconda, nata nel 1970, laurea “sudata” (ma senza sforare i tempi) al Politecnico di Milano, non è tipo da tappeti rossi in cantiere. Anzi. «Quando mi presento alle maestranze – dice – faccio subito capire che sono l’ingegnere perché, vedendo una donna, mi catalogano come architetto». Combattiva consigliere dell’Ordine degli ingegneri di Bergamo, ha sfidato le compagnie d’assicurazione sul terreno della protezione dei rischi professionali, finendo per trovare ascolto dai Lloyd’s di Londra, dove è riuscita a ottenere la quotazione di una polizza all risks ritagliata su misura per le sue esigenze. Madre di due bambini, concilia il lavoro con la famiglia, lavorando nello studio professionale aperto con una collega con il traguardo di un fatturato annuale di 50mila euro.
Quanto Gabriele Del Mese è abituato a sfide ingegneristiche ed economiche nei cantieri di tutto il mondo, tanto Marsetti è ancorata al territorio e al mercato privato. «Abbiamo partecipato a qualche gara pubblica – spiega – senza successo e con la sensazione che senza i contatti giusti sarebbe stato complicato ottenere un contratto».
In Italia sono oltre 213mila i professionisti (inclusi gli oltre 5mila laureati triennali iscritti alla sezione B dell’albo). La categoria ha vissuto i fasti del boom economico ed è uscita acciaccata da Tangentopoli. «In quegli anni l’ingegneria ha avuto un collasso totale, l’élite tecnica era diventata un ricordo – dice Del Mese – anche perché si veniva da un periodo di predominio delle imprese che avevano decapitato la figura creativa dell’ingegnere».
«Allora – prosegue – ho cominciato una campagna di evangelizzazione progettuale con lezioni nelle università italiane e ho convinto il board di Arup di tentare l’avventura italiana». L’idea era di sfruttare il gap di competenze che si era aperto in Italia «anche a causa della separazione netta tra ingegneria e architettura. Far fronte alla complessità delle nuove sfide era diventato arduo. I progettisti della vecchia generazione trovavano più comodo dividere oneri e responsabilità e l’ingegnere si era ridotto a vendere numeri e non idee, mortificando la sua capacità creativa».
Una situazione che in piccolo vive ancora oggi Marsetti, dimostrando come l’annosa polemica che divide le due principali professioni tecniche sia lontana dal trovare soluzione: la sfida della multidisciplinarietà su cui si basa il successo dei grandi studi di progettazione resta difficile da applicare quando ci si divide un mercato limitato.
«Credo nel confronto professionale e ho tentato spesso la strada della partnership con gli architetti. I risultati non sono stati brillanti. C’è una fascia grigia di sovrapposizione delle competenze che genera conflitto – spiega –. A Bergamo i due Ordini hanno la sede nello stesso palazzo, eppure non ci si parla. Basterebbe mettersi d’accordo una volta per tutte, anche a livello locale: gli architetti smettano di progettare strade e acquedotti, noi ci asterremo dal mettere le mani sul patrimonio storico-artistico».
Oggi le ambizioni di rinascita dell’ingegneria italiana devono fare i conti con il complicato rapporto con le imprese, con una committenza pubblica spesso incapace di tradurre in capitolati le proprie esigenze, e ancora con un sistema di regole per i lavori pubblici riformato sei volte in quindici anni – attraverso quattro diverse versioni della Merloni e due del nuovo Codice degli appalti – ma che alla fine ha abdicato all’aspirazione originaria di mettere al centro la cultura del progetto.
«In Italia – continua Del Mese – è prassi consolidata che le imprese che vincono le gare puntino a modificare i progetti, ma le aziende devono costruire e i tecnici progettare: i ruoli non vanno confusi. È il disastro conseguito alla liberalizzazione dell’appalto integrato (formula che affida all’impresa costruttrice anche il compito di sviluppare il progetto, ndr) che fa sì che i progettisti vengano messi da parte dopo la consegna di un primo stadio progettuale, perdendone il controllo». A pesare è anche una domanda pubblica e privata sopraffatta dalla crisi e lo scoppio di una guerra dei prezzi che spinge i professionisti a contendersi le commesse a colpi di grandi sconti sulle parcelle, dopo l’abolizione delle tariffe minime decisa nel 2006 con il decreto Bersani.
Tra i liberi professionisti sono proprio le donne a rappresentare la componente più dinamica in un’attività tradizionalmente riferita all’universo maschile. Rappresentano poco più del 10% degli iscritti ma, secondo i dati Inarcassa nel periodo 2002-2008, l’aumento delle iscrizioni dal parte delle donne è stato quasi doppio e le donne ingegnere, in particolare, hanno fatto registrare un tasso di crescita di oltre il 16%, contro l’8,6% di aumento degli architetti donna. Secondo i dati del Consiglio nazionale degli ingegneri, circa un terzo dei 62.700 progettisti che svolgono la libera professione, generando un mercato di 10 miliardi all’anno, guadagna meno di 30mila euro. A causa della crisi la contrazione del volume d’affari attesa quest’anno potrà raggiungere anche il 20-30% per gli studi più giovani e meno strutturati, a fronte di un calo medio stimato intorno al 7 per cento.
Per aggredire la congiuntura negativa l’Ordine punta a ottenere dal governo il ripristino dei tetti minimi sulle tariffe professionali. Una soluzione caldeggiata da buona parte del mondo professionale che fa capo agli ingegneri. Ma non da tutti, soprattutto tra i progettisti più giovani. «Non credo che il ripristino delle tariffe sia la soluzione giusta – incalza Marsetti –. Chi l’ha detto che garantiscono la qualità della progettazione? Bisognerebbe fare il ragionamento inverso. Il compito dell’Ordine non dovrebbe essere quello di stabilire tariffe, ma di individuare gli standard minimi di professionalità e fare controlli a campione per verificarne il rispetto. Così, il prezzo verrebbe da sé e si noterebbe il valore aggiunto garantito dalle competenze professionali di ciascuno».
Il rapporto tra professionisti e Ordine ha davvero posizioni svariate: c’è chi sostiene lo statu quo, chi parla di abolizione e chi, come Del Mese, sostiene la necessità di una riforma. «Gli Ordini dovrebbero essere associazioni culturali, uno strumento di comunicazione con interessi scientifici, non pezzi di sindacato». Marsetti, dal suo ruolo di giovane consigliere («di minoranza», sottolinea) dell’Ordine di Bergamo, invoca una stagione di profondo rinnovamento. «Gli Ordini sono percepiti solo come una tassa da pagare per poter esercitare la professione – dice – ma non rappresentano più nessuno. A Bergamo ci sono 2.400 iscritti e alle ultime elezioni hanno votato in 300. Gli Ordini potrebbero fare formazione, aggiornare e controllare la qualità delle prestazioni e aiutare i giovani. Non si può assistere inermi allo sfruttamento dei neolaureati che in alcuni studi professionali vengono pagati 6 euro all’ora».
Per le nuove generazioni il futuro è incerto. L’università è un primo passaggio, ma il salto si fa solo entrando in contatto con il mondo del lavoro. La mobilità e la formazione all’estero sono requisiti essenziali per chi ha portato in Italia Arup: «La lezione di Arup – racconta Del Mese – dimostra che tra generazioni non ci devono essere barriere, divisioni, gerarchie. Per tutti io sono semplicemente Gab. Le informazioni da noi circolano liberamente attraverso intranet e non ci sono segreti tra i 10mila dipendenti. Il clima è aperto e anche un neolaureato è incoraggiato a partecipare e collaborare per grandi progetti. I giovani sono la nostra priorità, non vanno mortificati». La strategia di Arup è la formazione in house, incentivando la creatività e facendo leva su un approccio multidisciplinare alla risoluzione delle sfide tecniche. Gli stessi software sono prodotti dalla multinazionale e rispondono in maniera mirata alle esigenze che sorgono nella gestione delle varie commesse.
Qui si avverte tutto il salto che divide le due esperienze professionali. «Subito dopo l’università sono entrata in uno studio tecnico – continua Marsetti –. Ho capito che negli anni trascorsi in aula avevo imparato tutto dal punto di vista teorico, nulla da quello pratico. Sapevo più o meno tutto su come si doveva progettare una struttura, ma non ero in grado di fare un disegno comprensibile ai muratori dell’impresa. Ho imparato il mestiere, rubandolo. In nessuno studio ti insegnano la professione: hanno paura di creare concorrenti sul territorio. Quando mi sono accorta che anche conquistando un solo contratto avrei guadagnato di più che in un anno di lavoro da dipendente, ho deciso di tentare la carriera libero-professionale».
Non è un caso se a tenere alto il nome dell’ingegneria italiana nel mondo non siano più i grandi professionisti del passato che hanno legato il loro nome a un ponte, un’infrastruttura simbolo, ma le società capaci di inseguire il business sui vecchi e nuovi mercati come Net Engineering, Technical, Proger, Lotti, Rpa, Favero & Milan, Politecnica Ingegneria e Architettura, Studio Altieri tanto per citare alcune tra le prime realtà indipendenti per fatturato nel settore della progettazione pura o il gruppo torinese Ai o la società veneta Pool Invest forti di commesse record negli Emirati Arabi.
A sentire Del Mese quella della ricerca dei nuovi mercati è una strada obbligata così come quella di stare al passo con l’evoluzione tecnologica. «Tra i giovani bisogna incoraggiare la mobilità. È inutile rimanere parcheggiati nelle università magari puntando a doppia laurea e ai master. Meglio la gavetta in giro per il mondo».
Molto è cambiato con l’irruzione dirompente delle tecnologie informatiche. Una volta l’ingegnere era visto come un abile maneggiatore di numeri e poco più. «Fino a dieci anni fa tante cose non si riuscivano a disegnare e quindi non si costruivano nemmeno. Con le applicazioni tridimensionali non c’è limite alla fantasia. Il software diventa un generatore di idee e forme capaci di sedurre qualunque cliente». Ma l’appeal non basta.
La crisi energetica, le catastrofi naturali, il terremoto, le polemiche sull’inadeguatezza delle reti di mobilità a ogni esodo estivo insegnano quanto valore abbia la capacità di analizzare tutti gli aspetti di un problema. «La lezione per il futuro, almeno per il nostro settore, è che non bisogna mai perdere di vista la funzionalità delle strutture – conclude Del Mese –. La longevità delle opere, i costi di manutenzione, lo studio dei flussi di traffico, l’acustica, l’impiantistica e la statica sono i pilastri su cui deve poggiare ogni progetto».
11 agosto 2009
Sono proprio un ignorante.
Se nn leggevo questo articolo nn conoscevo questo illustre personaggio ebolitano.
Mi sono un pò documentato, è un vero luminare nel suo campo, spero un giorno di poterlo conoscere personalmente.
Credo che le sue idee siano molto innovative, mi colpisce in modo particolare il grande rispetto che ha per i giovani e il fatto di volerli incoraggiare a collaborare per i grandi progetti.
Cosa che si dovrebbe fare nn solo nelle aziende ma anche nella vita politica, cosa che però sistematicamente nn avviene.
L’esperienza conta, ma conta ancora di più se accomunata alle nuove leve.
Spero che questo articolo sia da insegnamento un pò a tutti.
Ciao e grazie per l’articolo Admin.
Gabriele sei grande. I tuoi successi sono i successi di tutti gli ebolitani.
E’ una vergogna che in questo paese, uno come Gabriele Del Mese che è tra i massimi strutturisti del mondo, riceva tutte le attenzioni di riviste specializzate, di quotidiani economici e semplici quotidiani Nazionali, riceva una Laurea ad Honorem dal Politecnico di Milano (tra i più Prestigiosi d’Europa), tiene conferenze in tutte le Università, e l’Amministrazione Comunale, non trova nemmeno il tempo di congratularsi con lui e tributargli un giusto riconoscimento? E’ veramente vergognoso. VERGOGNA.
Da un amico di Gabriele, che si è sempre onorato di esserlo.
Concordo con te ( l’amico di sempre).
Gli amministratori pensano ad altro, di rimando anche i cittadini fanno lo stesso, infatti quasi nessuno commenta questo articolo, cosa che avviene sistematicamente anche con Antonio Manzo.
Con Manzo può esserci la scusante della delinquenza che mette un pò paura, però con Del Mese quale è la motivazione?Sono convinto che il motivo sia un altro.
La maggior parte dei meridionali culturalmente nn è abituato a pensare a grandi cose, noi siamo soltanto per le cose terra terra, vogliamo discutere delle varianti, di come si deve o nn deve amministrare, sulle colpe che hanno avuto gli amministratori di 20 anni fa.
Cosa che sicuramente è giustissima, però si potrebbe anche commentare altro, ogni tanto. Oppure mi sbaglio?
Culturalmente noi nn vogliamo ammetterlo, ma siamo poverissimi. Noi nn ammiriamo le persone che sono più intelligenti di noi, ma addirittura le odiamo. Vorremmo essere noi al loro posto, con l’unica differenza che nn vogliamo lavorare, come invece hanno fatto loro.
Personalmente mi sono vergognato questa mattina quando ho letto l’articolo; mi sono detto come è possibile che un ragazzo di 33 anni nn conosce un suo così illustre concittadino.
Questo avviene anche negli altri?
Io sono onorato quando ho la fortuna di parlare con Antonio Manzo, poichè un giornalista che ha tanto da fare, e trova il tempo per me che sono un semplice operaio, mi fa sentire orgoglioso.
(Ho rimarcato che sono un semplice operaio nn per denigrare la categoria, ma per far capire che il SIG. Manzo nn lo fa per interessi, poichè da me può ricevere soltanto la mia stima e il mio affetto).
Dobbiamo far capire ai giovani che personaggi così illustri devono essere ammirati e presi come esempio, così da poter fare in modo, che un domani possano anche loro incominciare a pensare a grandi cose.
E riuscire quindi a diminuire un pò il distacco che noi del sud abbiamo nei confronti del nord.
Questo almeno in parte, secondo il mio modo di vedere le cose, potrebbe servire.
L’ingegnere Del Mese è tra i più grandi strutturisti del mondo, è il paladino della multidisciplinarità e la va predicando in tutti i convegni e in tutti gli atenei italiani e del mondo, non credo che ha bisogno di un riconoscimento “strapaesano”, prova ne è il conferimento della Laure ad Honorem conferitagli dal Politecnico di Milano.
BRAVO GABRIELE. tu già brillavi al liceo.eri un nostro riferimento,io frequentavo le medie. la tua compagnia di allora i fratelli olivieri ,guido italo e renato ughetto iorio e tanti altri.sei un figlio della nostra cara ed amata eboli e noi ne siamo orgogliosi.
Caro Gabriele, sono un fortunato ed orgoglioso esserti amico.
Ti voglio bene e ti ammiro.
Sei il fiore all’occhiello di Eboli
Ciao….