Il servizio pubblico di distribuzione del gas metano nell’economia del territorio e gli ambiti territoriali minim: un affare per pochi.
Tre miliardi di Euro per la gestione del Gas per servire 6400 comuni; 2080 ambiti; 321 imprese di distribuzione; 20 milioni di punti serviti; 45 miliardi di m3 distribuiti. Questo il bottino per le Lobby del gas.
di Donato Lenza
Ingegniere
BATTIPAGLIA _ La nuova riforma del settore del gas metano, con la quale sono stati istituiti i c.d. “ambiti territoriali minimi” (ATEM) e sono state dettate regole per l’espletamento delle gare per l’affidamento della gestione del servizio, per le notevoli criticità che presenta e le gravi ricadute che avrà sui Comuni e sulle piccole e medie imprese del settore (che “ope legis” scompariranno quasi tutte dal mercato), non può essere affrontata dagli Enti locali con scarsa attenzione.
Dalla lettura di queste note, rivolte in special modo ai Sindaci e ai Dirigenti Comunali (Tecnici, Amministrativi, Legali e Finanziari) si auspica che Amministratori e Vertici degli Enti Locali possano trarre utili indicazioni per poter operare le scelte che dovranno affrontare in conseguenza della riforma, disposta, com’è noto, in attuazione dell’art. 46-bis della legge n° 222/2007, ma varata con scelte che sono andate ben oltre la stessa volontà e delega del Parlamento. Sull’impianto legislativo pende infatti, come si precisa di seguito, un giudizio di costituzionalità di alcune norme avviato dal TAR Lombardia con un’ordinanza dalla cui lettura si apprendono verità sconcertanti e cioè che il testo della legge delega, nella parte che riguarda “l’intervento sui bacini ottimali sia stato deciso in extremis dal Governo, solo in procinto della emanazione e della pubblicazione”, atteso che lo schema di decreto legislativo trasmesso al Presidente del Senato, non recava alcuna previsione inerente agli ambiti territoriali minimi poi misteriosamente comparsa nel decreto legislativo pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Ovviamente lo scritto non riguarda solo i Comuni metanizzati ma anche quelli privi di questo servizio, del quale essi avrebbero interesse a dotarsi e che, come vedremo in altra occasione, la riforma rischia di far diventare definitivamente una “chimera”.
A beneficio di quanti si occupano per la prima volta di questo argomento, si chiarisce, in estrema sintesi, che:
- i circa 6500 Comuni italiani dotati del servizio canalizzato del gas metano, d’ora in poi non potranno più affidare autonomamente e singolarmente la concessione di tale servizio ma, in loro nome e per conto, lo potrà fare soltanto la Stazione appaltante di ambito (e cioè il Comune Capoluogo di Provincia o, qualora nell’ambito non ricada il Capoluogo di Provincia, il Comune appositamente incaricato allo svolgimento di tale ruolo dall’Assemblea dei Comuni appartenenti al dato ambito);
- le future gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, data la notevole dimensione di ognuno dei 177 ambiti in cui è stato suddiviso l’intero territorio nazionale, richiederanno l’impegno di ingenti risorse economiche. Per partecipare ad ogni procedura concorsuale sarà insomma necessario porre in essere piani di autentica ingegneria finanziaria (e tanto con la benedizione anche di banche e fondi di investimento) alla portata dei soli, pochi, grandi gruppi industriali il che causerà la creazione di un oligopolio di operatori, la fuoriuscita dal settore di oltre 250 gestori medio piccoli, con conseguente perdita di occupazione di molti lavoratori che, fatalmente, usciranno dal sistema produttivo perché il decreto della c.d. “clausola sociale” (D.M. 21 aprile 2011) potrà essere facilmente aggirato da parte dei mega Gestori. I Comuni infine vedranno ridotti gli investimenti sui loro impianti perdendo altresì le royalties (aggi) che invece avrebbero potuto legittimamente ricevere per l’affidamento diretto della singola concessione del servizio (aggi pari almeno al 25% del corrispettivo annuo di distribuzione spettante al concessionario del servizio).
Ovviamente le controindicazioni della riforma non sono solo quelle sopra elencate ma tanto basti!
Ad ogni modo per quanto concerne la norma che dispone il divieto di espletamento di gare singole da parte di ogni Comune e quindi l’obbligo delle gare di ambito, recato dall’art. 24 comma 4 del D.Lgs. 1 giugno 2011 n° 93, come già anticipato, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 76 della Costituzione (leggasi al riguardo l’Ordinanza TAR Lombardia Sezione Prima Milano n° 00539/2012 REG. PROV. COLL del 15/02/2012) e francamente si auspica che il Giudice delle leggi espunga dall’ordinamento siffatta norma riportando nel settore quella sana e libera concorrenza che è uno dei principi fondamentali del diritto comunitario.
Tanto premesso è opportuna qualche considerazione per poter chiarire quali siano le reali motivazioni che hanno indotto il legislatore a dettare una simile riforma secondo i contenuti che derivano dai quattro decreti di attuazione.
E’ di tutta evidenza che, in quanto servizio di “rilevanza economica”, il servizio pubblico di distribuzione del gas è oggetto della cupidigia delle lobby dell’energia, da sempre in grado di gestire e condizionare le scelte politiche, sino ad imporre le riforme che desiderano, riforme spesso dissennate ed utili solo al loro tornaconto, in dispregio degli interessi dei Comuni e della collettività.
Che la nuova riforma e la conseguente istituzione dei c.d. “ambiti territoriali minimi” sia stata imposta dalle lobby dell’energia (con il beneplacito dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, propensa addirittura ad interventi ben più forti e cioè fautrice della creazione di un numero di ambiti anche notevolmente inferiore ai 177 effettivamente stabiliti dal DM 19 gennaio 2011) è una elementare considerazione, frutto peraltro non solo di chi scrive ma avvalorata da Organi di stampa ed Autorevoli Istituzioni.
A riprova di ciò e quanto al ruolo e alle pressioni esercitate dalle lobby sul legislatore basti leggere quanto riportato da:
- “La Repubblica – 25 febbraio 2012” pagina 11 “Le Lobby” “ I lobbisti braccano i parlamentari, li prendono sottobraccio, insistono, spiegano le loro ragioni. E’ un assedio permanente per stoppare le liberalizzazioni, per intervenire in tempo reale sul provvedimento ……… Entrano con il pass giornaliero. Lavorano invece al telefono ed hanno l’accredito permanente i rappresentanti delle grandi aziende, Eni, Enel …. o delle grandi associazioni di categoria (come Confindustria)” (e quindi, riteniamo, ANIGAS?);
- “Quotidiano Energia – 21 febbraio 2012 “La riforma della distribuzione gas appena completata ha portato a un “restringimento concorsuale a 177 ambiti con appalti che saranno talmente esosi che vi potranno partecipare solo le solite 3, 4, 5 multinazionali del gas. E la chiamano liberalizzazione!” (QE 1/2).
Non usa giri di parole il consigliere nazionale Anci, Francesco Chiucchiurlotto, per commentare le nuove regole per l’assegnazione delle concessioni di distribuzione. Ed è per questo che al termine del convegno organizzato oggi a Roma dall’Anci Lazio sulla riforma parla degli emendamenti presentati al D.L. liberalizzazioni per la creazione, in determinate condizioni, di sub-ambiti come uno “spiraglio, una risposta percorribile da non mancare” (QE 15/2). In particolare, spiega a QE, perché prevedono “libere ed autonome aggregazioni comunali”. Gli ambiti disegnati dal Governo, dice infatti Chiucchiurlotto, “non funzionano in linea teorica perché pesanti e macchinosi e soprattutto perché colpiscono l’autonomia comunale; in linea pratica basta verificare l’esperienza disastrosa degli ambiti dell’acqua, che ha portato alla loro soppressione”.
Altre autorevoli prese di posizioni sull’argomento si registrano ancora da parte:
- Carlo Stagnaro – Istituto Bruno Leoni : Il Decreto Ambiti così come è stato concepito, prospetta una “razionalizzazione anticompetitiva” che limiterà fortemente la concorrenza al momento delle gare. La contendibilità degli ambiti, per effetto dell’alto grado di concentrazione di alcuni operatori del settore a livello territoriale (90 ambiti su 177 non saranno contendibili), unitamente alle significative barriere finanziarie all’ingresso, per la rilevante dimensione di ciascun ambito, farà sì che la selezione degli operatori avvenga “a tavolino”prima della stessa gara, in quanto sarà la capacità finanziaria, richiesta appunto dalla dimensione degli ambiti, a condizionare la possibilità di partecipazione di alcuni soggetti, limitando il dispiegarsi di una sufficiente concorrenza, scopo di ogni gara
- Stefano Bolla – Presidente ASSOGAS – Intervento al Convegno Intesa San Paolo – REFe “DISTRIBUZIONE GAS: LA RIVOLUZIONE CHE VERRÀ” Milano 7 febbraio 2012
La concorrenza in un momento congiunturale come quello che stiamo vivendo, deve aumentare e liberare le sue energie sul territorio, perché, se non si concretizza nelle dinamiche delle prossime gare, non si potrà realizzare in futuro.
Rimaniamo sconcertati nel dover constatare che il mercato viene definito per decreto. Tutte le imprese dovrebbero essere messe nelle condizioni di operare in un mercato trasparente e libere di organizzarsi nel modo più efficiente; la loro crescita,il loro successo o l’uscita dal mercato deve essere un effetto della concorrenza e di una competizione senza barriere all’ingresso.
Auspichiamo, quindi, che la politica possa intervenire nuovamente per rimuovere questo evidente ostacolo allo sviluppo delle aziende e del territorio in cui esse operano quotidianamente.
Sin qui le osservazioni sui nuovi provvedimenti, ma per ben comprendere quali siano i reali interessi in gioco e, in parole semplici, quale sia il business progettato dalle lobby a danno sia dei Comuni che degli utenti del servizio (definiti dagli addetti ai lavori “clienti finali”) occorre porre l’attenzione sulle cifre della riforma.
I dati che riportiamo di seguito non sono numeri in libertà ma rappresentano valori assolutamente incontrovertibili di cui, in ogni sede, se ne potrà sostenere l’attendibilità e dimostrarne la veridicità.
Essi sono stati elaborati traendoli da una recente ricerca realizzata da Confservizi e Nomisma in collaborazione con Unicredit riguardante “Il ruolo dei servizi pubblici locali nelle economie territoriali” nonchè dal Documento di consultazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas DCO 15/08 – Ipotesi per la formulazione di proposte in materia di individuazione di bacini ottimali di utenza.
La ricerca Confservizi – Nomisma – Unicredit riconosce che i servizi pubblici locali (tra i quali riveste un ruolo notevole quello del gas metano) rappresentano un reale fattore di sviluppo delle economie territoriali, tant’è che:
- il valore della produzione dei gestori dei servizi pubblici locali rappresenta in media il 2,3% del PIL;
- nel biennio 2008-2009, con la crisi economica già in atto, si è riscontrato che mentre le imprese industriali hanno fatto segnare una contrazione media annua dei ricavi del 7%, quelle dei servizi pubblici locali, al contrario, si sono mantenute su un sentiero di crescita, pari quasi all’8% nel 2008 e all’1,7% nel 2009.
In conclusione i risultati della ricerca rilevano insomma che gli investimenti su scala locale (quali sono quelli connessi ai servizi pubblici locali) producono maggiori effetti anticiclici e di stimolo allo sviluppo, sia perchè incidono direttamente sulle situazioni di congestionamento e di squilibrio, sia perché garantiscono una maggiore prossimità e aderenza ai bisogni presenti sul territorio, sia perché le loro minori dimensioni e complessità comportano procedure e tempi di attuazione degli interventi più spediti, innalzando la loro efficacia anticongiunturale.
E’ di tutta evidenza quindi che, alla luce dei dati e dei risultati suddetti, si debba riconoscere alla distribuzione del gas metano un fondamentale ruolo strategico nelle realtà locali e che pertanto gli Amministratori dovrebbero far fronte comune per arginare, con ogni mezzo legale disponibile, il nefasto disegno dell’esproprio del servizio messo in atto dal legislatore su pressioni delle lobby che, ben comprendendo il business connesso alla gestione di detto servizio, anelano a mettervi sopra le mani attraverso i soli pochi Gruppi che sopravviveranno alla riforma, legalizzando, di fatto, un autentico monopolio.
E’ di assoluto rilievo, e direi esemplare, al riguardo il comportamento del Comune di Roma che, a dispetto della riforma, ha bandito la gara per l’affidamento della concessione del servizio del gas, senza obbedire alla logica dell’ambito in cui esso ricade e quindi procedendo all’espletamento della procedura concorsuale limitatamente al proprio territorio. A nulla sono valsi i ricorsi contro il bando di gara presentati da Italgas e, ad adiuvandum, da Anigas. I Giudici Amministrativi di primo grado (TAR Lazio – Sentenza N. 01799/2012 REG. PROV. COLL. del 22.02.2012) e di secondo grado (Consiglio di Stato- Sentenza breve N. 01187/2012REG.PROV.COLL del 29.02.2012) hanno rigettato i ricorsi e quindi la gara rimane valida.
Il Comune di Roma ha aperto insomma una breccia, tracciando una via maestra e quindi le Amministrazioni locali potranno riflettere sul da farsi!
Tanto precisato, passiamo ora alle valutazioni economiche.
Quanto ai valori della riforma, partendo dai dati rinvenibili nel DCO 15/08 dell’Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas, si possono agevolmente desumere i numeri in gioco e quindi ben comprendere l’entità del danno che i Comuni riceveranno a seguito dell’espletamento delle gare di ambito.
La situazione nazionale del settore della distribuzione del gas naturale (metano) fotografata dall’AEEG nel citato DCO 15/08 e riferita all’anno 2006, al momento di poco diversa ma con valori peraltro sensibilmente maggiori che rendono i calcoli seguenti valutati assolutamente per difetto, presentava le seguenti caratteristiche:
- 6400 comuni serviti;
- 2080 ambiti tariffari;
- 321 imprese di distribuzione del gas naturale;
- circa 20 milioni di punti di riconsegna serviti;
- circa 45 miliardi di metri cubi di gas distribuito.
In tale quadro, operando una stima al ribasso, si desume che l’attività di distribuzione del metano comporta un fatturato annuo complessivo per le imprese ad essa addetta, almeno pari a € 3.000.000.000 (tremiliardi di Euro).
E’ questa insomma l’importo annuo su cui le lobby dell’energia, attraverso pochi Gestori, intendono mettere le proprie mani.
Senza l’iniqua riforma degli ambiti, ai 6400 Comuni italiani, qualora avessero potuto espletare le gare per l’affidamento del servizio direttamente (cioè singolarmente), sarebbe legittimamente toccato un aggio annuo corrispondente, come minimo, al 25% di tale importo e quindi pari almeno a € 750.000.000,00 (settecentocinquanta milioni di Euro).
Al riguardo si fa rilevare che l’aggio del 25% è un valore assolutamente attendibile e, si ripete, stimato molto per difetto. A dimostrazione di tanto occorre infatti rimarcare che nella materia della distribuzione del gas, l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas aveva già precisato, in un documento ben noto nel settore (si consulti al riguardo la Relazione AEEG del 1.8.2003 formulata su specifico quesito del T.A.R. Lombardia Sezione Brescia Brescia), che la corresponsione di un canone di concessione al Comune concedente è pienamente compatibile con il sistema tariffario vigente e con le esigenze di remuneratività delle gestioni, purché il canone stesso sia contenuto mediamente nel 35 – 40% del corrispettivo derivante dall’attività di distribuzione.
Come ben si vede quindi la stima che valuta l’aggio per i 6400 Comuni metanizzati in un ammontare pari a 750 milioni di Euro per anno è assolutamente per difetto.
Ragionando in termini unitari risulta perciò che, senza la riforma degli ambiti, ad ogni Comune sarebbe spettato mediamente un aggio annuo pari a € 37,50 per utente (valore stimato per difetto!).
A seguito della riforma, invece, ad ogni Comune spetterà, al massimo, un aggio che non potrà superare il limite del 5% del capitale di località relativo ai servizi di distribuzione e misura tenuto conto anche della relativa quota di ammortamento annuale. Ovviamente il limite del 5% rappresenta l’aggio massimo ottenibile dal Comune ma, in sede di gara, il Gestore aggiudicatario potrebbe offrire anche meno. Trattasi, come ben si vede di un aggio irrisorio, nettamente inferiore a € 37,50 per utente.
Oltre all’aggio, in presenza di una gara singola, svolta in regime di reale concorrenza e non di oligopolio, come al contrario avverrà per gli ambiti, ogni Comune, avrebbe potuto anche ottenere investimenti di sviluppo sui propri impianti (per ampliamento delle reti, adeguamenti tecnologici e quant’altro) sulla base di progetti ben ponderati e definiti in funzione di documentate esigenze locali, direttamente redatti dal Comune e posti a base della procedura concorsuale per l’affidamento del servizio.
E’ dato rilevare poi che nelle concessioni aggiudicate prima della riforma, sui progetti posti a base di gara da parte dei Comuni, nei quali erano dettagliatamente definiti gli interventi minimi da assicurare all’Ente concedente per le estensioni delle reti, gli adeguamenti tecnologici e le innovazioni degli impianti, ogni Comune ha sempre conseguito un miglioramento degli investimenti, conseguendo maggiori tratti di rete e interventi di innovazione tecnologica degli impianti ben più consistenti di quelli minimi previsti nella procedura concorsuale.
I fautori della riforma, sul punto, sosterranno che anche nelle gare di ambito saranno assicurati gli investimenti sui singoli impianti dei Comuni.
Al riguardo ci sia però consentito essere in totale disaccordo con tale tesi e ciò perché:
a) il Piano di sviluppo degli impianti, così come previsto dal Regolamento per le gare di ambito, non potrà mai avere la stessa valenza del Piano industriale che offrivano i concorrenti alle gare espletate dai singoli Comuni. Tale Piano di sviluppo infatti non trarrà origine da “cogenti condizioni minime” quali erano quelle poste dai Comuni a base della loro gara, ma è predisposto invece sulla base del c.d. “Documento guida” varato dalla Stazione appaltante di ambito e quindi non potrà certamente tener conto dettagliatamente delle realtà ed esigenze locali dei territori dei singoli Comuni dell’ambito;
b) l’unico Mega Gestore di ambito, che dovrà innanzi tutto sostenere ingentissimi oneri finanziari per liquidare il c.d. valore industriale residuo ai vari gestori uscenti, ad essi spettante in forza dell’art. 24 del R.D. 2578/1925, non sarà sicuramente propenso a predisporre un Piano di sviluppo che preveda investimenti di particolare entità, essendo ovviamente votato a contenere la spesa ai minimi livelli possibili.
Con i dati sopra riportati ogni Sindaco e/o ogni Dirigente Comunale provi quindi a far i conti di quanto verrà sottratto annualmente al proprio Comune .
Queste, in sintesi, sono le cifre della riforma degli ambiti per il settore della distribuzione del gas metano e quanto sarà sottratto alle casse dei Comuni che, ancora una volta, hanno dovuto soggiacere ad un attentato alla propria autonomia e al saccheggio dei propri bilanci.
E non si venga a dire che lo scopo della riforma è quello di garantire efficienza, tariffe più basse e maggiore concorrenza.
Si abbia almeno il pudore di osservare il silenzio perché la riforma è tutt’altra cosa!!!!!
Battipaglia, 3 aprile 2012