Il premio Nobel della medicina (1975) e pioniere della lotta al cancro Renato Dulbecco è morto.
Popolare, sorridente, cortese, entusiasta, pioniere della ricerca sulla genetica del cancro. La scoperta dei virus, che in seguito chiamò, “oncogeni”, nel 1975 gli fruttò il Nobel e da Nobel condusse Sanremo.
MILANO – Se oggi sappiamo che i tumori sono malattie dai mille volti e che il primo bersaglio per aggredirli è il loro Dna il merito è di Renato Dulbecco, il pioniere delle ricerche sulla genetica del cancro. In pochi decenni la lotta ai tumori ha imparato a parlare un linguaggio completamente nuovo grazie alle sue ricerche. Nonostante avesse la cittadinanza americana dal 1953, Dulbecco ha sempre mantenuto un forte legame con l’Italia, tanto da essere considerato il padre delle ricerche italiane sulla mappa del Dna, condotte presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. Solo l’età avanzata e le condizioni di salute precarie hanno interrotto la spola tra Milano e La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l’istituto Salk.
NEL 1999 CONDUSSE SANREMO CON FAZIO
In Italia Dulbecco ha lasciato tracce significative, sia nei risultati scientifici sia nella difesa del valore della ricerca. Al punto che nel 1999 non accettò l’invito di condurre il Festival di Sanremo insieme a Fabio Fazio, devolvendo il compenso a favore del rientro in Italia di cervelli fuggiti all’estero. L’iniziativa oggi prosegue nel Progetto Carriere Dulbecco promosso da Telethon.
Non è stato solo il palco di Sanremo a favorire la popolarità di Dulbecco: il suo sorriso spontaneo, la cortesia e l’entusiasmo per la ricerca hanno fatto di lui uno «scienziato gentiluomo», schierato in prima fila nelle battaglie a favore della ricerca sulle cellule staminali e per reintrodurre l’Evoluzionismo nei libri scolastici.
IL VIAGGIO NEGLI USA
Nato a Catanzaro il 22 febbraio 1914, Dulbecco si avvicina alla scienza spinto dalla passione per la fisica e arriva alla medicina dopo avere «assaporato» anche chimica e matematica. A 16 anni si iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Torino e segue i corsi dell’anatomista Giuseppe Levi insieme a Rita Levi Montalcini e Salvador Luria. Si laurea con lode nel 1934. Durante la seconda guerra mondiale è ufficiale medico sul fronte francese e poi su quello russo dove, nel 1942, rischia di morire. Rientrato in Italia, nel dopoguerra torna a Torino. Nel 1947 la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti per raggiungere Luria, che lavora lì già dal 1940. Il viaggio inizia con una sorpresa: incontra Rita Levi Montalcini: «senza saperlo, ci ritrovammo sulla stessa nave», raccontava mezzo secolo più tardi ancora divertito. «Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei alle sue idee sullo sviluppo embrionale e io alle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina».
LA SCOPERTA DEL NOBEL: TUMORI INDOTTI DA VIRUS
Sono le strade che entrambi seguono negli Usa e che portano Dulbecco nel California Institute of Technology (CalTech), dove ha una cattedra e comincia ad occuparsi di tumori. Nel 1960 fa la scoperta che nel 1975 lo porterà al Nobel: osserva che i tumori sono indotti da una famiglia di virus che in seguito chiamerà «oncogeni».
A Renato Dulbecco va il merito di avere risolto il mistero sull’origine di alcune forme di tumore. In contrasto con le idee scientifiche prevalenti del tempo, ha per primo concepito il tumore come una malattia scatenata da un difetto del Dna. All’inizio degli anni ’60, a pochi anni dalla prima descrizione della molecola a doppia elica del Dna da parte di James Watson e Francis Crick, esplora le cause che costringono una cellula sana a «impazzire». I primi sospetti di Dulbecco si concentrano sull’infezione di alcuni virus, che riescono a introdursi nel Dna umano fino a diventarne parte integrante e ne alterano il corretto funzionamento. Questi virus, chiamati virus oncogeni, riescono cioè a trasformare una cellula sana in una cellula tumorale.
IL PROGETTO ITALIANO CHE SI ARENA
Nel 1972 lascia gli Usa per Londra, come vicedirettore dell’Imperial Cancer Research Fund. Dopo il Nobel, condiviso con David Baltimore e Howard Temin, ritorna all’Istituto Salk per studiare i meccanismi genetici responsabili di alcuni tumori, in primo luogo quello del seno. Il suo rientro in Italia, nel 1987, coincide con l’avvio del Progetto internazionale Genoma Umano, del quale Dulbecco diventa coordinatore del ramo italiano. Ma l’esperienza si arena nel 1995 per mancanza di fondi per cui torna negli Stati Uniti.
Milano, 21 febbraio 2012
Sicuramente uno dei più grandi scienziati del ventesimo secolo!Anche lui però per diventare ciò che è stato, ha dovuto lasciare parecchi decenni fa l’Italia.Una bella persona oltre che uno scienziato di spessore. La Calabria è anche terra di grandi uomini,vero Borghezio? Dulbecco era di Catanzaro,grazie al cielo.Peccato che si sia “santificato” all’estero….come altri nostri “cervelloni italiani…..Spero gli facciano grandi onori e funerali di Stato.Grazie di tutto, compreso l’onore che ha portato al nostro paese
condoglianze ai famigliari di Dulbecco e alla ricercaitraliana e internazionale in genere.
Scusatemi se uso questo post per fare un osservazione su un argomento diverso:
Ma ad Eboli le istituzioni si sono proprio scimonite? Organizzare il Carnevale con la collaborazione dei circoli scolastici alle “BOLLE” è una vera stronzata istituzionale politica eculturale, il campanilismo verso Pseudo imprenditori considerati benefattori del Paese e della comunita’ significa o essere stupidi o cinici scegliete voi responsabili della flagellazione economica di EBOLI.
POI CHE ENTI PUBBLICI SI ASSOCIANO AD INIZIATIVE DI IMPRENDITORI PRIVATI SERVENDO LA MAN FORTE PER CONCESSIONI BANALI E SUPERFLUE è ANCORA PIU GRAVE.
CHE AMARO DESTINO PER EBOLI.