Il diktat del Prefetto: via l’impresa dei Casalesi

3^ PUNTATA GLI AFFARI DELLA CAMORRA

Questo blog, vuole proporre alcuni articoli, che si ritiene fondamentali per la lotta contro la Camorra di Antonio Manzo de “il Mattino”, su alcune indagini della DIA di Salerno che riguardano appalti a ditte ritenute contigue al clan dei Casalesi. La riproposizione vuole essere di stimolo affinché gli Amministratori e i Sindaci non si sentano soli nell’affrontare e fronteggiare il fenomeno camorristico che spesso si cela negli appalti. Sottolineare l’impegno delle forze dell’ordine, delle istituzioni  e della stampa che spesso anticipa con le sue inchieste le indagini, non è mai troppo, e non è mai troppo stare accanto a chi rischia quotidianamente la vita per debellare tutte le camorre.

Da “Il Mattino” del 5 giugno 2009

GLI AFFARI DELLA CAMORRA

Dopo le indagini della Dia nuovo stop alla ditta che aveva vinto una gara con il ribasso del 50%.

Meoli notifica l’interdittiva antimafia ad Aliberti. “Campania Appalti”, rescisso ogni rapporto.

di ANTONIO MANZO

SCAFATI – «Campania Appalti» non rifarà via Poggiomarino a prezzi stracciati. Salta l’appalto con lo sconto da fine stagione. Scatta l’interdittiva antimafia. Come per i lavori di costruzione delle strade ma tutt’intorno al futuro termovalorizzatore di Cupa Siglia a Salerno dove alla «Campania Appalti» erano stati assegnati i lavori finiti poi nel mirino dell’Antimafia. L’impresa ritenuta dalla Dia contigua al clan dei Casalesi è stata fermata, anche a Scafati dopo Salerno, da una lettera che il prefetto Claudio Meoli ha ieri mattina consegnato nelle mani del funzionario dell’ufficio appalti del comune di Scafati, Anna Sorrentino. La lettera al Sindaco di Scafati informa delle condizioni “ostative” scattate dopo gli accertamenti antimafia.

Maggiore Cagnazzo
Maggiore Cagnazzo

L’impresa, secondo la Dia di Salerno, è nelle mani di pregiudicati incasellati nel clan di Francesco Schiavone detto Sandokan, tutta gente indagata e giudicata con condanne nel processo Spartacus. Passa la linea dura del prefetto Meoli: rispetto alle infiltrazioni criminali negli appalti pubblici gli enti locai debbono immediatamente rescindere ogni rapporto, anche se a Scafati l’appalto, proprio le anomale condizioni dell’offerta – 50% di ribasso -non era mai stato assegnato all’impresa dai lavori dagli sconti sensazionali.

Salta così l’appalto conquistato dall’impresa di Casal di Principe con l’offerta del 50 per cento di ribasso sull’importo a base d’asta. L’impresa, in pratica, avrebbe dovuto realizzare la sistemazione della strada che dal centro di Scafati conduce ai confini con la provincia di Napoli con il cinquanta per cento di ribasso, qualcosa come ottocentomila euro rispetto al milione e seicentomila euro previsti dal progetto. Ora a Scafati pensano a due strade: la prima, non assegnare l’appalto, dopo aver verificato l’anomalia dell’offerta; la seconda, non assegnare i lavori per l’interdittiva antimafia appena consegnata agli amministratori.

Scafati, l’ultima tappa dell’assalto delle imprese del clan camorristico dei Casalesi in provincia di Salerno. Ad un tiro di schioppo da Caserta, dove la pressione dello Stato è troppo forte per potersi consentire irruzioni negli appalti pubblici con la maschera imprenditoriale, i clan hanno deciso, da almeno un anno, di ripiegare su Salerno. Hanno fatto i conti, sanno della posta in gioco dei fondi europei, puntano agli appalti

Franchino a belva
Francesco Matrone/Franchino a belva

del disinquinamento del Sarno (qui trovano un generale dei carabinieri come Jucci rigorosamente attento) o ai trenta milioni di euro che dovrebbero arrivare proprio a Scafati per progetti finanziati dalla Regione.

Un bel boccone. In una terra dove, recentemente a due imprese, una impegnata nei centro storico di Scafati e l’altra per la sistemazione di via Martiri d’Ungheria, hanno imposto il pizzo. «Ci manda Franchino a belva» dissero i pregiudicati del racket poi arrestati dai carabinieri del maggiore Cagnazzo. Si accreditarono, gli uomini del pizzo, con il soprannome di Francesco Matrone, il capo clan scafatese finito nell’elenco dei trenta camorristi e mafiosi più ricercati d’Italia. Fuggì, dieci giorni prima che gli notificassero una sentenza definitiva della Cassazione. Ci fu chi gli soffiò la decisione della Cassazione, un ergastolo che lo avrebbe riportato dietro le sbarre, probabilmente destinato a un 41bis. Fece perdere le tracce, Franchino Matrone. Ora lo cercano ovunque, a partire da Scafati. Dove appena un mese fa si erano presentati imprenditori di Casal di Principe con appalti offerti a prezzi stracciati.

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