Il capo del governo presenta al Capo dello Stato le misure economiche del governo.
Galan assicura: Il premier non si dimette. Silvio Berlusconi a colloquio anche con Bossi e in serata con i vertici Pdl.
ROMA – Il premier Silvio Berlusconi ha incontrato al Quirinale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il colloquio, a cui era presente anche il sottosegretario Gianni Letta, è durato oltre un’ora. Dopo l’incontro Berlusconi non ha rilasciato dichiarazioni ma, secondo fonti parlamentari del Pdl, nel corso del colloquio il premier ha ribadito la ferma volontà di andare avanti sicuro dei numeri in Parlamento e convinto di poter varare tutte le iniziative anticrisi richieste anche dal Capo dello Stato.
Quest’ultimo avrebbe ribadito con forza la necessità di decisioni condivise per superare una crisi economica delicatissima, con una maggioranza in grado di garantire i numeri necessari alle Camere. Insomma, una vera e propria prova dei numeri per affrontare e risolvere i problemi senza la quale, si rimarca sempre in ambienti della maggioranza, non sarebbe possibile, secondo Napolitano, andare avanti. «Il presidente del Consiglio non ha mai avuto intenzione di dare le dimissioni» conferma inoltre il ministro dei Beni culturali, Giancarlo Galan, ospite della trasmissione televisiva «Otto e mezzo» su La7.
Una frase anticipata da una battuta: «Ho parlato con Berlusconi e mi ha detto che posso rassicurare gli italiani: il presidente della Repubblica non si è dimesso».
INCONTRI – Nella giornata di martedì il Capo dello Stato aveva incontrato Roberto Maroni, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri proprio per capire la capacità del governo e della maggioranza di far fronte alla crisi. Il Presidente della Repubblica ha avuto rassicurazioni da parte dei capigruppo del Pdl sulla tenuta della coalizione. Proprio Napolitano aveva sollecitato la necessità di accelerare su un pacchetto di misure per la crescita. Ma non basta. In tarda serata a Palazzo Grazioli c’è stato il vertice dello Stato maggiore del Pdl con il premier Silvio Berlusconi. Nella residenza romana del presidente del Consiglio sono giunti il segretario del partito, Angelino Alfano, il sottosegretario Gianni Letta, i capigruppo di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, i due vicecapigruppo Corsaro e Quagliariello, i tre coordinatori Sandro Bondi, Denis Verdini e Ignazio La Russa.
BOSSI – Il governo va avanti e si faranno le riforme? «Penso di sì. Non so cosa sia andato a fare Berlusconi dal presidente Napolitano». Commenta così Umberto Bossi il vertice tra il premier e il capo dello Stato. E aggiunge la sua opinione anche in relazione al monito di Napolitano sul referendum per la Padania: «Ognuno deve fare le sue cose. Andrò da lui. A me questo presidente è simpatico anche quando ci attacca. Io credo che ognuno è libero di pensarla come vuole». Nella mattinata di mercoledì, Berlusconi aveva incontrato il leader della Lega a palazzo Grazioli. Al vertice hanno partecipato anche i leghisti Roberto Calderoli, Roberto Cota e Luca Zaia e il segretario del Pdl Angelino Alfano.
SACCOMANNI – L’incontro tra Napolitano e Berlusconi è stato infine anche l’occasione per uno scambio di vedute sulla successione di Mario Draghi al vertice di Bankitalia. Una procedura avviata ma ancora lunga che dovrebbe terminare con l’arrivo di Fabrizio Saccomanni, si spiega in ambienti parlamentari, alla guida dell’Istituto di via Nazionale. Al termine della procedura – aggiungono le stesse fonti – il presidente della Repubblica eserciterà le sue prerogative.
Gli incontri di prammatica istituzionali,penso che nell’uomo della strada non sortiscano effetti di sorta,il Pres. del cons. non rinuncerà mai al suo incarico, tranne forse sotto forte pressione popolare, ha troppi interessi giudiziari e d economici,ieri infatti all’ennesima tromba di ritirata dell’esecutivo, Mediaset e Mondadori hanno perso rispettivamente + del 5% e 3%.quindi “ca va sans dire !”L’Italia ha il quarto debito pubblico mondiale. il suo ammontare è pari alla cifra fantasmagorica di 2mila miliardi di euro, qualcosa che nemmeno la migliore manovra finanziaria del miglior ministro dell’economia è in grado di scongiurare. Fallire per il nostro Paese vorrebbe dire azzerare in un solo colpo tutto il progresso che nei decenni è stato reso possibile dal lavoro di intere generazioni. E vuol dire, ovviamente, un futuro che più nero non si può per i giovani. Se riuscite a leggere tra le righe dell’informazione, parole e termini come IVA sociale, prelievi coatti della tredicesima, abrogazione dell’articolo 18, prelievi coatti di mensilità e pensioni, eliminazione dell’assistenza sanitaria diretta: sono tutti campanelli d’allarme che dovrebbero far capire che qualcosa, di certo, non va come dovrebbe andare.A guardare bene, i presupposti e gli ingredienti per il fallimento ci sono tutti:
debito pubblico esagerato;
crescita praticamente pari a zero da quasi vent’anni;
situazione politica ingessata;
deficit crescente;
sfiducia della grande finanza nei confronti della banche italiane;
immagine poco credibile del nostro Paese all’estero;
fuga di cervelli e di aziende.ALZIAMOCI E DIAMOCI DA FARE, CERCHIAMO DI ESSERE COLORO CHE FANNO E NON SUBISCONO LA STORIA!