A Cernobbio lo spettro default. Tremonti non placa le ansie.
Marcegaglia: «Paese a rischio, l’esecutivo agisca o prenda atto». Per il ministro Tremonti : «Eurobond unica via».
CERNOBBIO – A rompere il tabù è Giuseppe Zadra alto dirigente dell’Abi oggi in pensione, l’unico a pronunciare la parola proibita: «Avverto l’angoscia del default e temo che il governo non percepisca questo rischio a brevissimo termine» dice lasciando Cernobbio. In sala, prima della chiusura dei lavori, una sua domanda sul rischio default, lo spettro-fallimento, cade nel vuoto. Quello stesso vuoto che tutti si portano un po’ a casa insieme all’apprensione per la riapertura dei mercati di lunedì, dopo l’ennesimo venerdì nero. Dove finirà questa volta lo spread sui Btp? Un’escamotage diplomatico impedisce agli imprenditori del workshop Ambrosetti di dare la pagella al governo. Per la prima volta, da molti anni a questa parte, viene annullato il consueto televoto finale. Una cautela da parte degli organizzatori che certo non riesce a raddrizzare i tre giorni passati a discutere di credibilità politica e governi tecnici.
L’altolà della Marcegaglia e Passera – Raccogliendo insieme a pochi altri l’invito del direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli a un sforzo collettivo di sincerità e chiarezza, Emmma Marcegaglia, ammette che «o il governo riesce a fare le riforme oppure deve prendere atto della situazione”. La politica “si renda conto della gravità della situazione, il nostro Paese rischia molto» insiste la presidente di Confindustria preannunciando richieste in cinque punti al governo sulla crescita, le pensioni, le liberalizzazioni, le privatizzazioni e il fisco. Parla chiaro anche Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo: «La diga si sta rompendo – dice – rischiamo di vedere il costo del credito schizzare alle stelle». Entrambi, e con loro tutti i presenti, hanno paura che la Bce smetta di sostenere i titoli di Stato.
Tremonti, il giorno più lungo – Il pathos in quel del lago di Como raggiunge picchi mai visti in prossimità della relazione di Giulio Tremonti. Il clima generale non beneficia delle voci su una plateale protesta di alcuni imprenditori che avrebbero meditato di lasciare la sala all’arrivo del ministro dell’Economia. Ma l’ammutinamento non viene messo in atto e per di più nessuno se la sente di infierire. E la reazione prevalente a lungo intervento per metà speso a parlare di storia dell’Europa è quella di un perplesso silenzio. A Tremonti sarebbero forse bastati due annunci per guadagnare la sufficienza, due temi sui quali le agenzie di stampa avevano addirittura già preparato i flash poi archiviati: l’impegno ad approvare la manovra entro la settimana e l’avvio di strategie per l’abbattimento del debito. Esattamente ciò che avrebbero voluto sentirsi dire gli imprenditori. Ma lui rilancia la ricetta “socialista” dell’intervento pubblico con l’emissione di Eurobond, opzione che la Merkel respinge. «Non è una trovata italiana – ribadisce Tremonti – è un’idea gloriosa e senza alternative. Il destino di questo Continente».
Solo 796 italiani dichiarano più di un milione – Tremonti riconosce qualche errore nella manovra, come l’abolizione del primo maggio e del 25 aprile, del resto il provvedimento è stato scritto «in soli quattro giorni e degli errori si possono fare» e lascia intendere di non aver potuto andare avanti con il contributo di solidarietà. Però è soddisfatto della stretta sulla lotta all’evasione convincendo «dichiarare un po’ di piu’» . Un cambio di passo verso «un’azione civile, di equità e non di repressione selvaggia». In Italia, è la stoccata rivolta agli imprenditori, «chi dichiara più di 500 mila euro sono 3.641 persone, e sono 796 quelle che dichiaran più di 1 milione». Infine la precisazione all’indirizzo di Marcegaglia: «Il presidente di Confindustria si sbaglia, i tagli sono 14 miliardi, le tasse 6. Non viceversa».
Maroni passa l’esame – Il leghista Roberto Maroni prende invece un buon voto, convincendo la platea con fatti numeri e dati del ministero dell’Interno e anche con qualche battuta in stile lumbard («Dicono che alla criminalità organizzata abbiamo strizzato l’occhiolino? Io dico che gli abbiamo strizzato qualcosaltro!») e affrontando la stampa straniera con un inglese fluente. Berlusconi di nuovo in corsa nel 2013? Gli viene chiesto. «Non so, mi occupo di cosa succederà nei prossimi sei mesi» è stata la risposta».
Dialogo Letta-Alfano – Da Enrico Letta, vicesegretario del Pd, arriva all’indirizzo del Pdl la proposta di «un governo politico di responsabilità nazionale a larga intesa parlamentare». Angelino Alfano gliela boccia ma non chiude del tutto la porta. Assicura che «non sarà posta la fiducia» sulla manovra e che anzi nel provvedimento vengono accolti due emendamenti significativi avanzati dall’opposizione, come quello sulla spending review e quello sulla riorganizzazione degli uffici giudiziari.
Cernobbio, 4 settembre 2011