Campane a martello… per i Contribuenti di Basilicata (e d’Italia): Lettera aperta a Gianni Fabbris, del Comitato Terre Joniche.
Una lettera di denuncia per l’aggressione e la distruzione sistematica del territorio metapontino e della Basilicata in generale. La prima urgenza: Mettere in sicurezza quelle terre.
di Nicola Bonelli
Caro Gianni Fabbris,
davanti al grave disastro alluvionale che per l’ennesima volta ha colpito nel marzo scorso il Metapontino, ho appreso con piacere della tua iniziativa di dar vita al Comitato “Difendiamo le Terre Joniche”. Ho letto il Documento Costitutivo e ne condivido in pieno gli obiettivi proposti ed elencati:
* capire quanto è accaduto;
* accertare eventuali responsabilità;
* prevenire ulteriori disastri;
* creare supporti tecnici e gruppi di lavoro;
* perseguire la messa in sicurezza del territorio.
Vi ho aderito con convinzione.
Stimolato dal programma ed anche dal tuo forte appello: Ognuno faccia la sua parte, ho avvertito il dovere di dare il mio contributo di esperienza tecnica e conoscenza storica: tanto della problematica fluviale, quanto della malagestione regionale, con cui viene affrontata, in Basilicata, tale questione. Ho creduto che fosse la volta buona per mettere fine al solito ritornello. Che vede spesso il Metapontino sott’acqua, seguito puntualmente da notevole dispendio di risorse. Senza mai risolvere il problema.
Mi aspettavo che il Comitato passasse alla fase operativa:
* focalizzando l’attenzione sul fenomeno dell’esondazione, causata da quattro gocce di pioggia e da scriteriati rilasci idrici dalle dighe;
* prendendo conoscenza dello stato di abbandono dei fiumi, con sezioni di deflusso ostruite, e spesso ridotti in fitte boscaglie;
* facendo infine una ricognizione e verifica degli interventi già eseguiti.
Avrei potuto dare il mio contributo, partendo proprio dal fiume Basento, di cui conosco lo stato dei luoghi, l’idraulica e l’evoluzione morfodinamica. Conosco inoltre gli effetti dannosi scaturiti dalla “Sistemazione idraulica” del 1989, decisa sull’onda dell’emergenza, proprio a seguito di una delle tante alluvioni nel Metapontino.
Un intervento da 113 miliardi di lire realizzato dalla Regione Basilicata mediante “appalto concorso”, e con “proposta progettuale migliorativa” da parte dell’impresa esecutrice. Ne scaturì un aborto di ingegneria idraulica, che fu allora contestato da Comune di Bernalda e Provincia di Matera. Ma voluto e poi difeso dalla Regione. Un intervento allora sponsorizzato da WWF e Legambiente, ed avallato dall’ing. Giuliano Cannata (per conto del Comitato scientifico nazionale della Paperella): un madornale scivolone di un esimio professore universitario di idraulica.
Si trattò, ripeto, di un intervento cervellotico
* controproducente dal punto di vista idraulico
* che alla prova degli eventi si è rivelato la maggior causa della distruzione sistematica di quella agricoltura.
A mio avviso, per rimettere in sicurezza quel territorio, bisogna per prima cosa demolire gran parte di quelle opere.
Dunque, mi aspettavo che il Comitato “Terre Joniche” cominciasse:
* a discutere in questi termini della messa in sicurezza;
* ad approfondire i vari aspetti della questione;
* a ricercare le cause del disastro;
* a studiare i rimedi da adottare;
* a confrontarsi con gli uffici regionali preposti.
Il tutto al fine di avviare gli interventi necessari, secondo i canoni di una gestione ordinaria della Spesa pubblica.
Seguendo questa strada, sarebbe intanto emersa l’attuale scriteriata organizzazione degli uffici regionali, cui sono affidati i fiumi e il territorio. Al posto dell’unico Genio Civile di una volta vi sono ora 14 uffici (distribuiti in due Dipartimenti) che fanno a gara ad accaparrarsi scampoli di competenza: su acqua, ambiente, territorio e infrastrutture, con l’obiettivo ulteriore di evitare ogni responsabilità. Per riuscirvi meglio si spostano da un ufficio all’altro. Oppure vi trasferiscono le competenze.
Sono molto bravi a praticare lo scaricabarile, ad occultarsi davanti ai problemi. Se li si chiama in causa, si rivelano ciechi, sordi e muti, come le tre famose scimmie.
Il primo nodo da sciogliere è proprio questo: siamo di fronte ad un vero e proprio Disastro Istituzionale (generato dalla politica che ha governato in questi ultimi venti anni) ch’è la prima causa dei “disastri naturali” che ci tocca subire.
Apprezziamo nei nuovi Assessori Wilma Mazzocco (agricoltura) Rosa Gentile (infrastrutture) ed Agatino Mancasi (ambiente), il loro impegno ad affrontare l’emergenza alluvione. Ma nel contempo li vediamo muoversi un po’ frastornati, proprio perché non supportati da un’adeguata struttura regionale.
Il Comitato avrebbe dovuto far emergere la palude istituzionale in cui Essi sono costretti a muoversi e, contestualmente, suggerire il da farsi per rimettere ordine nella “macchina” burocratica. Se si vuole mettere in sicurezza il territorio vanno innanzitutto definite e ripristinate: Competenza e Responsabilità. Che, a mio avviso, devono necessariamente far capo ad un unico Ufficio.
Vedo però, caro Fabbris, che hai abbandonato il programma del Comitato;
* che badi più alla forma che alla sostanza;
* che ti fai tanta pubblicità con convegni, assemblee, conferenze e forum;
* che discuti con le Istituzioni di Accordi… Decreti… Ordinanze… e che per ultimo, hai chiesto a gran voce la nomina di un Commissario straordinario.
Ci hai informato infatti che sono disponibili 250 milioni di euro “per le Terre Joniche”.
Ma per poterli spendere bisogna attivare la Gestione Commissariale.
Il tutto in perfetta sintonia con il disegno folle dell’attuale politica nazionale sulla Spesa Pubblica: i soldi ci sono ma il Patto di stabilità non permette di spenderli. Quindi bisogna passare alla gestione straordinaria, dove non ci sono vincoli che tengano e, soprattutto, neanche controlli che frenino. C’è solo la Somma Urgenza, che spinge a spendere… ed a spandere. Basta promuovere (o invocare?) uno “stato di calamità”.
La Cricca Nazionale degli Appalti di Somma Urgenza è già pronta a intervenire. Lo stratagemma, che ora le permette di disporre di maggiori risorse, è proprio il Patto di stabilità: una specie di vergognoso raggiro, che da una parte reprime i Comuni lucani nella gestione ordinaria di miseri bilanci, dall’altra costringe le Comunità ad assistere all’ennesimo Spreco: nella gestione straordinaria dei nostri sventurati fiumi.
Caro Fabbris, ti dico intanto che non condivido la tua attuale strategia. Non ho alcun dubbio delle tue ottime intenzioni. Forse non hai riflettuto abbastanza sul vero scopo dell’operazione che stai assecondando. Eppure, sono cose già accadute in Basilicata, e facilmente consultabili i relativi riscontri documentali. Soltanto lungo il Basento sono stati buttati, per operazioni simili, oltre 150 milioni di euro.
Dunque non ti seguo su questo terreno a dir poco fangoso. Sappi però che se nel Comitato ci sono Persone che non mirano ad ottenere solo assistenza e sussidi, ma che ci tengono soprattutto a salvare le proprie aziende – persone che a dire il vero non ne ho viste finora intorno a te – mi facciano un fischio e sarò con Loro: con o senza di te.
Ti saluto.
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Nicola Bonelli (348.2601976) – luglio 2011 – da Fontamara
P. S. – Dato l’interesse generale che riveste l’argomento, cerco di diffondere il presente messaggio e di richiamare l’attenzione di molti, tra cui quei Parlamentari che, come hai detto, sono molto impegnati a sostenere il tuo “straordinario” obiettivo.
Spero inoltre che incontri l’attenzione dei Contribuenti, cioè di coloro che sono doppiamente fregati dall’assioma: Patto di stabilità – uguale – Gestione straordinaria.
Infine, se potessi suonerei le campane a martello… per smuovere dall’indifferenza la “Maggioranza silenziosa”… e quindi COMPLICE.
Metaponto, 10 luglio 2011