Don Manganiello e Manzi parlano del loro libro-cronaca e dello spaccato della realtà di Scampia: l’ultima frontiera, tra il legale e l’illegale. “Il peccato originale”.
La presentazione/intervista di Antonio Manzo de Il Mattino, ha trasformato la presentazione del libro “Gesù è più forte della camorra” in un incontro vivo, conviviale, interattivo, interessante.
EBOLI – Presso la libreria Edicolè dei fratelli Paolo e Donato Di Canto si è tenuta la presentazione del Libro “Gesù è più forte della camorra”, edito da Rizzoli, scritto a 4 mani da don Aniello Manganiello, ex parroco della Fondazione Don Guanella di Scampia/Miano, e dal giornalista salernitano Andrea Manzi.
La presentazione è stata affidata ad un altro giornalista, Antonio Manzo, inviato de Il Mattino, che di camorra pure se ne intende, il quale l’ha resa insolita, rispetto a quelle canoniche a cui spesso siamo abituati. E’ stata una presentazione/intervista che ha trasformato l’evento in un incontro vivo, conviviale, interattivo, interessante.
Il volume, tiene a precisare nella sua brevissima introduzione Antonio Manzo, non è un libro sulla “camorra“, ma è l’esperienza che racconta sedici anni di lotte della chiesa di frontiera contro il dilagare della camorra nell’area nord di Napoli, parlandone con don Aniello Manganiello, protagonista osteggiato da quella chiesa, che spesso accetta indifferente ma con comodo, le realtà scomode che la società nella sua vita quotidiana offre. Realtà scomode che Andrea Manzi, un giornalista salernitano, ha voluto accompagnarsi al racconto di don Manganiello, offrendo la sua penna, per affermare la presenza e l’impegno delle istituzioni contro la violenza e le mafie.
Insieme agli autori don Aniello Manganiello e Andrea Manzi, ne hanno parlato oltre ad Antonio Manzo, il Sindaco di Eboli Martino Melchionda, e fuori programma, don Peppino Guariglia altro prete di frontiera, parroco del Sacro Cuore in quel quartiere di Eboli che prima era era chiamato con un numero: 167, lo stesso numero che l’accomuna a Scampia.
Il tema è sempre attuale e lo è ancora di più – secondo Manzo – se si tiene in considerazione gli episodi che si sono verificati in questi giorni nella Piana di Eboli. Episodi che grazie al coraggio di una ventina di imprenditori agricoli, continuamente taglieggiati, le Forze dell’Ordine hanno potuto assicurare alla giustizia una organizzazione malavitosa che operava indisturbata e terrorizzava e manteneva sotto ricatto l’intera Piana. L’occasione è servita anche al Sindaco Melchionda per porre l’attenzione sulla massa di investimenti che interessano l’area PIP e la Città, sui quali, preoccupato, ritiene necessario puntare i riflettori per non lasciare zone in ombra, ed evitare possibili infiltrazioni malavitose.
“Gesù è più forte della camorra”, è un libro-cronaca e per questo è interessante. E’ un libro che mette in evidenza lo spaccato di quella che è diventata una frontiera: tra il bene e il male; tra il legale e l’illegale; l’impegno civile e quello religioso; il sacro e il profano; e don Manganiello è il protagonista che vive in mezzo al guado consapevole di quello che rappresenta, di quello che trova se va oltre e di quello che lascia se rompe con la sua comunità.
Di quella frontiera ne parla Antonio Manzo quando chiede all’autore: “quando hai ripristinato il confine tra la vita e la morte?”, specie se si tiene conto sempre dalla “cronaca” del libro di quello che avveniva a Scampia, caratterizzato da esperienze che registravano più morti che nascite, matrimoni, comunioni. Don Manganiello risponde come solo chi vive e ha sofferto quella realtà poteva rispondere : “Quando l’uomo avverte la consapevolezza di vivere qualcosa più importante di se stesso, allora lo capisce”, e racconta di Antonio, del camorrista Di Sarlo, personaggi del suo libro.
Libro nato per caso, come afferma il coautore Andrea Manzi, “…raccontato da Aniello, più cronista di me, nel quale emerge come si può convivere con la Camorra ma cercando di liberarsi da quel “gioco”, parlando anche di Scampia, un quartiere dove 10mila persone vivono intorno all’illegalità, riconoscendo il “padrone” del momento, rimpiangendo quello del passato, e aspettando con naturalezza e rassegnazione il prossimo padrone”.
Scampia. Come si fa a non parlare e descrivere Scampia che don Manganiello definisce “un peccato originale, un tentativo mostruoso di dare una casa alle persone che vivevano nei bassi. Un quartiere-dormitorio, anonimo, incompleto urbanisticamente, triste, opprimente”.
Quella realtà che conosco bene, avendo insegnato proprio nella scuola della Fondazione Don Guanella nel lontano 1980-81, è la summa del degrado urbano ed umano, proiettato in una realtà urbanistica impropria, frutto di giochi politici e urbanistici, che di tutto hanno tenuto conto tranne del danno che avrebbero fatto alle migliaia di cittadini, di fatto “espulsi” dal loro miserabile e povero contesto, ma fatto di relazioni e di rapporti e semmai anche di servizi, minimi, ma servizi, che invece in quella parte per nulla si presentano.
Scampia è il confine del “Mondo” e io stesso come don Manganiello me ne resi conto, quando per la prima volta mi recai a Miano di Capodimonte, al Don Guanella, attraversando Corso Secondigliano e proseguendo verso Miano dal bivio di Arzano, quando vidi questo “fortilizio” e sullo sfondo le Vele di Scampia, quelle costruzioni mostruose, progettate dall’Architetto Franz Di Salvo, mi meravigliai e non poco per quel muro così alto, ma subito mi resi conto entrandoci che quel muro era una difesa: dentro era una cosa, fuori un’altra.
I bambini parlavano un’altra lingua. Era un napoletano incomprensibile. La lingua più comune era fatta di violenza con capi, capetti e deboli, le femminucce erano protette e consapevoli del loro ruolo marginale. I professori: alcuni distratti e rassegnati: altri rassegnati e preoccupati; altri invece conniventi rispetto a quell’aria malavitosa in miniatura; tutti più che a essere rappresentanti dello Stato, portatori di regole, del sapere e della cultura, erano intenti a tirare a campare e portare lo stipendio a casa, attenti ad evitare di infrangere quel mondo, rassegnatamente in attesa di un trasferimento salvifico.
Avevo una Spider rossa e riuscii a trovare posto internamente. Uno di quei piccoli capi mi avvicinò e come sanno parlare i camorristi, mi fece sapere che conoscevano la mia macchina e che mi avrebbero valutato in seguito, come per dire “se ti comporti bene non succede nulla”. Quando non trovavo posto nel “fortilizio” la parcheggiavo nei pressi di un chioschetto che vendeva i giornali, il quale tutte le volte insieme al Mattino e alla Repubblica mi forniva sempre delle rassicurazioni: “Prufessò, i ragazzi song barv’ e?”, quasi a dirmi non vi preoccupate a voi non fanno niente. Non mi successe mai nulla.
Don Manganiello aveva assaggiato anche lui quell’impatto, sicuramente in maniera diversa, e anche lui aveva superato la prova, atteso che quando il Cardinale Crescenzio Sepe lo trasferì a Roma i suoi parrocchiani lo difesero e si ribellarono. Difeso perché era diverso e riusciva a convivere ma senza essere prono con la camorra e con quel mondo di connivenze, che coinvolgeva migliaia di persone sfortunate già solo per vivere in condizioni disumane e semmai oppresse dalla piaga di quella camorra, che da una parte si accolla anche i minimi bisogni dei suoi fiancheggiatori e dall’altra si prende la loro anima, il loro futuro.
Ma in tutte queste storie c’è sempre una distorsione, che tende a sovrapporsi alle realtà e succede che laddove non arriva lo Stato arriva e regna la Camorra. Spesso e per fortuna alla mancanza dello stato sopperisce la Chiesa con la sua missione, ed ecco che l’impegno civile si arricchisce della missione religiosa e si hanno, come nel caso di Don Manganiello e i suoi rapporti con i suoi confratelli e con i suoi parrocchiani, risultati eccezionali entrando in quella scorza dura fatta di connivenze e di omertà e si colpisce al cuore chi non aspetta altro che essere colpito. Da qui “Gesù è più forte della camorra”.
Ma il conflitto che appare evidente nel racconto letterario-giornalistico di Don Manganiello e Manzi, non è quello tra Aniello Manganiello e il Cardinale Sepe, tra una Chiesa fatta di osservanza, di obbedienza, di regole raccolta in un fortilizio posizionata in difesa di una missione e quella interpretata dai così detti Preti di frontiera, che vanno oltre le regole abbattendo quei muri che Manganiello fece abbattere al Don Guanella, e andare oltre ma consentendo anche agli altri di andare verso.
Quindi uno scontro che vede la difesa di uno status quo e la rottura di certi argini che ci conducono, anche con qualche rischio nella aree maledette, per cercare di sconfiggerle e magari rendersi conto di non incontrare mostri, ma solo uomini e magari accorgersi che sono uomini deboli, stanchi e consapevoli delle loro sconfitte.
Alla presentazione del Libro di Manzi e don Manganiello non poteva mancare una testimonianza diretta di un’analoga realtà. Testimonianza portata da Don Peppino Guariglia parroco del Sacro Cuore, venuto a salutare Aniello, il quale parlando orgogliosamente della sua parrocchia conferma e rafforza le tesi stesse espresse da Manzi e Manganiello: “L’esperienza che vivo non è particolare, è qualcosa di semplice, ed è straordinaria solo perché è una storia semplice. Io sono il prete del Sacro Cuore e la 167 è diventata il Quartiere Pescara“.
Con il contributo di don Peppino, Antonio Manzo conclude la sua intervista-presentazione e legge un piccolo ma significativo e toccante brano di “Gesù è più forte della Camorra“, il Libro di Don Manganiello e Manzi.
Eboli, 4 giugno 2011
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Eboli, 4 luglio 2011
L’argomento è tra i piu devatanti dell’umanità e soprattutto del territorio campano cioè dove la camorra abita.
Parlarne fa bene di che se ne dica l’importante è mantenere quella attenzione accesa affinche non se ne dimentichi. Quando si diventa distratti dimenticandosene come se non esistesse allora la camorra agisce si rinforza.
La mafia ,la camorra e la drangheta cioè la fetta piu pericolosa del delinguere sta in ognuno di noi quando usiamo comportamenti che la incoraggiano come lo stare zitti, il non vedere per poi copiarne il comportamento malavitoso perche sembra la strada piu breve per il benessere per ottenere le cose soprattutto quando le istituzioni sono assenti. ma in primis le istituzioni siamo noi ,ognuno di noi contribuisce in modo repellente se sa conoscere i fenomeni delinquenziali e li combatte quotidianamente testimoniando la forza avversa al delinquere. Non credo molto nelle organizzazioni volontaristiche e soprattutto religiose. Don Aniello anche se un prete è un uomo rappresenta prima se stesso perche lui cosi è e poi la chiesa. Infatti questultima non gli impone di combattere la camorra.Don Peppino Guariglia non è obbligato a operare nella 167 zona a rischio del territorio ebolitano.è la sua coscienza il suo modo di essere che continua stenuamente ad intervenire in quel luogo.
Quindi attraverso la cultura scolastica e l’educazione famigliare si inizia a combattere il deviante il delinquere, le istituzioni il compito di vigilare e prevenire dove i punti precedenti mancano.Eboli è un comune a rischio è un comune spesso vittima di queste organizzazioni malavitose quindi non bisogna abbassare la guardia bisogna agire bisogna fare e non aspettare il martire che si avventura in quei luoghi mettendo a rischio la propria vita.non si puo aspettare che il reato si consumi per dire stiamo facendo.Cosi muore Vassallo, Torre e tanti altri perche lasciati soli. La camorra ,la mafia e la drangheta sono quei mali sociali invasivi degenerativi che non portano a niente e ormai non colpiscono solo i ceti piu poveri ma anche quelli piu benestanti basti pensare alle vittime di droga.Non esiste una soluzione radicale ma esiste un metodo di interventi costanti e perpetui che ne studiano l’evoluzione cercando di radrizzare la direzione.
Manganiello è un attore della lotta alla pseudo cultura criminale,già da molti anni.Ha fatto scalporere la decisione del cardinale Sepe di rifiutare i sacramenti ai camorristi.I malavitosi non devono avere esequie in Chiesa e, inoltre, non devono fare da padrini in occasione di imposizioni sacramentalii, né da testimoni per i matrimoni. Lo ha ribadito il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe ai sacerdoti curiali ai quali è in corso di distribuzione il prontuario redatto dalla Curia.Un manovra volta ad eliminare i sospetti, di connivenze.ma al dire il vero c’è soprattutto una “mafiosità” di comportamenti che ci coinvolge tutti, per cui il confine tra l’illegalità e la legalità è molto incerto. Come, è sempre bene ribadirlo, non bisogna trascurare il fenomeno della “camorra legalizzata” dei colletti bianchi: elemento sociale diffuso, odiosissimo, volutamente non visibile, e, perciò, molto più perinicioso.Anche solo per ricordare che Gesù non è morto in croce per andare a inginocchiarsi duemila anni dopo davanti alle porte dei camorristi.
Una goccia in un mare di illegalità, ma goccia dopo goccia si riesce a perforare anche la pietra. Don Aniello un grande esempio di uomo e di religioso.
Gesù è più forte della camorra, ma la chiesa lo indebolisce continuamente e lo rende vulnerabile, tanto vulnerabile che spesso la camorra si serve anche dei suoi.
Don Manganiello è sicuramente una persona diversa, ma che c’entra con la chiesa? Sarebbe stato lo stesso se avesse fatto qualsiasi altra cosa. La verità è che dipende tutto dagli uomini, da cosa hanno dentro e da quello che esprimono e portano fuori.
Se si è vili sei sacerdote o carabiniere sempre vile sei.
Anche Melchionda al dibattito. Poteva evitarselo o almeno se aveva intenzione di andare si sarebbe dovuto leggere il libro. Sembrava così distante, scocciato, e poi se ne è andato.
Viva il Sindaco
La chiesa non ha mai contrastato i potenti e per soldi ha fatto tutto. Se c’è qualche prete che è contro corrente, deve essere per forza messo da parte perché rompe quell’ordine precostituito che alla base della Chiesa.
@GERRY ,PURTROPPO LA TUA ANALISI NON E’ DEL TUTTO INVEROSIMILE,DELLE COPERTURE CI SON STATE, MA PENSO CHE LA “INTELAIATURA” SIA,NEL COMPLESSO SALDA..DEL RESTO : Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt (Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno dietro) – Seneca E’ MOLTO SEMPLICE ERGERSI ARBITRI DEI COSTUMI ALTRUI,COME NEL CASO DI DIVERSE “ISTITUZIONI”, ACCORGENDOSI, CON TROPPO RITARDO DELLE MAGAGNE PROPRIE…:-)
Dott. Admin faccia un appello su Monte D’oro tanto è lo scempio che ha trasformato la veduta di Eboli vista dalla pianura.
Monte D’oro è un punto di riferimento geografico paesaggistico prima a tutto un po come quella collinetta che in localita Scuorzo di Sicignano affianca il massicciato degli Alburni unico particolare in quel contesto ambientale riconoscibile da km di distanza.
Inoltre Monte D’Oro è importante per la sua valenza storica, e come è possibile che nessuno si accorge della trasformazione artificiosa per mano dell’uomo che avviene quotidianamente.l’assessore Magliano che guarda ,la giunta e soprattutto Eboli che fa che guarda non interviene su uno scenario brutale e devastante è dir poco.
Insisto inoltre nel dire che gia qualche anno fa quel luogo detto il non luogo “L’Ermice”fu disputa tra forze politiche a causa di lavori costati una cifra per un belvedere che non vi è mai stato.Adesso si agredisce il corpo superiore del Monte D’Oro per fare che e tutti non dicono niente .Tutto questo è assurdo inconcepibile, e allora parliamone denunciamo il fattaccio.
La prova che Scampia è l’inferno lo dimostra l’operazione che ha sgominato una banda dedita al commercio e allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Ormai c’è così un tale degrado che risulta difficile una “bonifica”. Bisognerebbe salvare quelle famiglie e soprattutto i bambini adottando interventi chirurgici di sistemazione, famiglia per famiglia disseminadole in altri ambiti in modo da consentire un possibile reinserimento.
Domani anche io vado a Ravello a festeggiare il matrimonio del Nano cattivo.
Cercherò in prima fila di acchiappare l’autografo di Berlusconi e tramonti in piu scattare qualchefoto.
E’ proprio una vergogna ,disprezzano il sud e poi ci vengono in vacanza per sfotterci e sfruttarci meglio.
Domani 10 luglio tutti al matrimonio di Brunetta a Ravello sulla costiera ,manifestazione pacifica popolare dei precari.
Salviamo Monte D’Oro