Sarkozy, vuole una “Banca del combustibile nucleare” per sfruttare 28 miliardi di € di finanziamenti europei, per salvare le lobby d’Oltralpe.
Il nucleare non è competitivo, è incompatibile con una moderna economia di mercato e non ha risolto i rischi dovuti allo smaltimento delle scorie.
di Erasmo Venosi
Astrofisico
ROMA – Il Governo francese ha organizzato, lo scorso mese di marzo, una Conferenza Internazionale sul rilancio del nucleare civile nel mondo. La Relazione di apertura è stata svolta dal Presidente Sarkozy, che ha identificato in sette punti chiave l’esigenza di ritorno massiccio al nucleare:
- richiesta di intervento del sistema finanziario (banche in genere e BERS, la banca mondiale), nel finanziare gli impianti nucleari oltre al riconoscimento da parte della UE dei crediti da carbonio,
- trasparenza nei comportamenti,
- grande impegno sulla formazione di chi opera nel nucleare, con annuncio della nascita dei più grandi campus a Saclay e Cadrache,
- la sicurezza come priorità collettiva,
- rispetto delle norme che disciplinano la non proliferazione, con pubblico riconoscimento della Libia di Gheddafi, che dal 2003 aveva rinunciato a tutti gli armamenti nucleari (ma questo prima delle bombe francesi sulla Libia !),
- proposta di costituzione di una “banca del combustibile nucleare”, finanziata da risorse internazionali utilizzando l’accordo sottoscritto tra Presidenza di turno francese della UE e Barroso, che ha comportato uno stanziamento UE pari a 28 miliardi di euro,
- gestione del combustibile usato attraverso il riciclaggio e l’estrazione di uranio, plutonio e scorie.
L’impegno del Presidente francese è giustificato da esigenze di politica industriale, e, non ultima, dall’apertura di enormi buchi finanziari che si sono aperti nei conti di Areva, che costruisce il reattore EPR.
Si annovera, inoltre, l’esigenza di recuperare i massicci investimenti fatti negli impianti che ritrattano il combustibile irraggiato. Pratica costosissima, quest’ultima, che ripartisce quanto di radioattivo è confinato nell’elemento del combustibile, in varie parti di materiale liquido e solido, in uscita dopo il ritrattamento. Infine, si rammenta il poco noto Rapporto Rousselly, commissionato proprio da Sarkozy al fine di indagare sull’avvenire della filiera nucleare francese al 2030.
Il settore nucleare francese occupa 200.000 addetti, che il Rapporto definisce “punta di diamante dell’industria francese “, i cui “giganti” sono EDF (proprietaria delle 58 centrali, e di proprietà dello Stato per l’80%), Areva (gestisce le fasi di arricchimento dell’uranio e di riprocessamento e condizionamento del combustibile ), Alstom (fornisce le isole del reattore ), Bouygeus e Vinci (specializzati nelle opere civili per una centrale nucleare), infine Gdf Suez che gestisce 8 centrali in Belgio.
Il Rapporto Russelly evidenzia le “figuracce” conseguite dal Reattore EPR, sia nella lievitazioni di costi e tempi di realizzazione a Olkjluoto, sia nella sconfitta conseguita negli Emirati Arabi, dove è stata la tecnologia AP 1000 a vincere nella fornitura di 4 reattori.
La Francia ha problemi di: conseguimento della leadership nell’industria nucleare, acquisizione di enormi risorse finanziarie per la sostituzione e lo smantellamento dei reattori esistenti, e non casualmente la legge Nome prevede che la vendita di elettricità copra anche il costo completo del parco nucleare. Ma non era nelle dichiarazioni degli aedi nostrani su un costo del Kwh competitivo, a causa sopratutto degli ammortamenti dei costi di investimento? Il rapporto afferma che il conseguimento di questi obiettivi richiede un ruolo forte dello Stato, e la creazione di un superministero dell’energia, e un settore industriale specificamente dedicato all’esportazione.
Il superimpegno di Sarkozy deriva anche dal fatto che ad Areva, il consorzio finlandese, ha presentato un conto di 3 miliardi di euro (ritardo consegna reattore!), e che non è in grado di sostenere il piano di investimento da 3 miliardi di euro. Sul nucleare francese bisogna, inoltre, sapere alcune cose, per comprendere realmente la disutilità sociale di questa energia.
Forse ai tempi della Grandeur francese, la necessità di produrre plutonio militare per le bombe poteva avere un senso, anche se immondo. La prima è che, contrariamente a quanto si crede, essendo il nucleare un sistema rigido, non consente di rispondere alla richiesta di potenza (picco), e per questo la Francia è costretta a importare energia elettrica.
In particolare, poiché il riscaldamento e il raffrescamento francese sono prodotti da energia elettrica da nucleare, quando ci sono richieste, la Francia è costretta ad importare energia. Le importazioni di energia elettrica della Francia sono state pari a 28 miliardi di Kwh, di cui 15 dalla Germania . Di particolare evidenza è anche il consumo di petrolio procapite annuo, che per i francesi è pari a circa 11 barili (bep), per i tedeschi 10,6 e per gli italiani a 9,5. Obama ha concesso un finanziamento pubblico di 8,3 miliardi di dollari alla Società Southern e Co, per due reattori AP 1000 della Westhinghouse in Georgia.
Ma se il nucleare è così competitivo, perché necessita di un finanziamento pubblico così rilevante? Possibile che non si comprenda che, a prescindere dalle questioni irrisolte (sicurezza, scorie, proliferazione, smantellamento), il nucleare è incompatibile con una moderna economia di mercato, dove il prezzo viene liberamente contrattato in borsa?
L’energia elettrica da nucleare deve necessariamente fruire di garanzie sugli investimenti, con “percorsi” di entrata preferenziale in rete (vedi la priorità di dispacciamento che la legge riconosce al nucleare italiano), anche a costi smisuratamente alti, e con un costo assicurativo a carico dei cittadini. Non rimane molto tempo per fare scelte in favore dei cittadini e non delle lobby, soprattutto finanziarie e industriali di oltralpe, e dare a questo Paese un sistema energetico moderno, economico e sostenibile.
Erasmo Venosi
Roma, 27 aprile 2011