Battipaglia: Addio all’ASI, ma che non sia Far West

Il Consorzio è un Carrozzone, un pachiderma che difende solo se stesso e le  sue posizioni consolidate. Ma l’uscita non sia un Far West dove tutto è possibile.

Nuove sfide impongono nuovi rapporti e l’ASI non è attrezzata a fornire risposte capaci di seguire fluidamente i flussi della produzione e i nuovi mercati.

Centro Commerciale Castelluccio

BATTIPAGLIA – La decisione del Comune di Battipaglia, di uscire fuori dal Consorzio Industriale ASI di Salerno, preannunciata fin dal primo momento dal Sindaco di Battipaglia Giovanni Santomauro, è stata presa proprio in un momento in cui la Maggioranza di Governo cittadino sta passando una fase difficile e manco a farlo apposta nel momento della sua massima debolezza.

Una decisione politica che ha trovato d’accordo tutti, anche i più irriducibili avversari di Santomauro, come Gerardo Motta, Bruno Mastrangelo, Cecilia Francese, Adolfo Rocco e le altre opposizioni compreso il PDL, di Giuseppe Provenza e Carmine Pagano, offuscati dal nuovo rapporto di opposizione “responsabile” che pare Motta e i suoi hanno intrapreso negli ultimi tempi, ivi compreso i due epurati Luigi D’Acampora e Orazio Tedesco.

Una decisione politica importante, storica, che però non ha avuto mai una motivazione  politica comprensibile se non la esplicita volontà di uscirne e basta. Una decisione che viene presa all’indomani di un’altra decisione ancora più importante, come l’approvazione del SIAD, a seguito del quale si darà corso alla “corsa” ad accaparrarsi le più grandi superfici per realizzare Centri Commerciali e grandi distribuzioni e di vendita, alcune delle quali, facendo una corsa contro il tempo, già inaugurate come il Centro Commerciale Castelluccio con l’apertura dei Magazzini Expert e l’Iper SISA DoraMare, che hanno spiazzato tutti, ma hanno anche accompagnato polemiche e innescato dubbi riportati in ampi e dettagliati articoli  ripetutamente apparsi sulla stampa locale.

Oggettivamente l’ASI è ormai è diventato un grande Carrozzone politico, un pachiderma che serve solo a difendere se stesso e le posizioni consolidate di un gruppo di gestione, che da poco ha dovuto capitolare all’assalto degli uomini del Presidente della Provincia Edmondo Cirielli, del tutto impreparati ed inadeguati al ruolo, indipendentemente dalle funzioni sempre più inappropriate che l’ASI ormai rappresenta e svolge.

Giovanni Santomauro

Va riconosciuto però che nonostante le luci e le ombre, anche grazie all’ASI, si è assicurato uno certo sviluppo in quell’area, che altrimenti non ci sarebbe stato, come tra l’altro è avvenuto per la vicina Eboli, che solo da poco è riuscita a far decollare, con tutta una serie di problemi, la sua Zona Industriale.

Del resto lo schema che negli anni 50 e 60 individuava nelle Zone industriali le Aree che per economicità generale si fornivano di servizi e che diventavano contenitori nei quali si dislocavano fabbriche grandi, medie e piccole, erano dettate solo ed esclusivamente da motivi di economicità generale, essendo la maggior parte dei territori privi di qualsiasi infrastruttura, luce, acqua, gas, strade, depuratori ecc.. Successivamente queste aree hanno avuto una evoluzione che anche attraverso la denominazione: “Parchi scientifici e Tecnologici” se ne comprendeva il nuovo corso. Oggi non esiste più un solo metro di terra che non sia urbanizzato e la maggior parte della produzione non avviene più in Italia e nei nostri stabilimenti che invece hanno altre funzioni, più specialistiche, più di supporto logistico, più di fiancheggiamento a produzioni di eccellenza o produzioni di nicchia ma di altissimo livello e quindi non necessitano più di un “confinamento” alla vecchia maniera, ma che invece tendono a seguire fluidamente i flussi della produzione e i nuovi mercati.

La decisione anche alla luce di come è cambiato l’approccio alla produzione, al lavoro, al mercato, ormai era nell’aria ed era inevitabile un cambiamento.  Infatti, nella Zona ASI si sono verificate delle condizione che hanno inevitabilmente coinvolte delle aziende che man mano si andava avanti, hanno dovuto adeguarsi, e per non morire,  si sono dovute trasformare da aziende di produzione ad aziende di fornitura di servizi, come del resto accadeva nel resto del Paese, e nel corso del tempo hanno subito diverse metamorfosi, sviluppando conseguentemente una capacità di adattarsi, passando attraverso i vari settori della produzione, dall’industria Primaria alla secondaria, al terziario e successivamente al terziario avanzato o quaternario.

Lo schema rigido che invece imponeva una certa staticità a cui faceva riferimento l’ASI, sicuramente ha significato un “freno” a queste trasformazioni inevitabili dettate dalla necessità e dalla evoluzione dei rapporti  produttivi, e quindi hanno costretto, quanti volevano diversificare le proprie Aziende o convertirle, rispetto alle nuove esigenze del mercato, a realizzarle spesso in spregio agli strumenti urbanistici o alle regole dell’ASI, che spesso impedivano anche solo in seguito ad atti veramente formali qualsiasi tipo di trasformazione, come del resto si è trattato per il Centro Commerciale Castelluccio.

Quello schema però, rendeva tutto complicato e non rispondeva a quella certa rapidità di cui le iniziative produttive hanno bisogno per stare veramente al passo. Del resto il Legislatore ha cambiato l’approccio anche rispetto alla programmazione urbanistica, sostituendo il PRG, con le sue rigidità e i suoi schemi, che individuava le aree, sanitarie, produttive, commerciali ecc, con il PUC, che invece diventa uno strumento più elastico e partecipativo, individuando nella finanza privata un valido supporto all’intervento pubblico, introducendo per questo la programmazione “contrattata”, la Finanza di progetto e altre forme più elastiche di partecipazione, che attraverso l’obbligo dell’evidenza pubblica all’azione di programma, rappresenta una garanzia nei suoi percorsi fino alla realizzazione definitiva di qualsiasi opera.

Ma purtroppo come al solito non tutte le ciambelle nascono con il buco ed anche se uscire dall’ASI può essere considerato un atto positivo, questi non coincide con i tempi, che invece volevano si sarebbe dovuto discutere prima dell’uscita di Battipaglia dall’ASI e poi, successivamente discutere e approvare il SIAD, proprio per le nuove prospettive che si sarebbero aperte da questo nuovo atto. Allo stesso modo non è così semplice svincolarsi senza che questi non comporti un contenzioso, che potrebbe durare anni e l’esborso di somme che fino a questo momento sono maturate, oltre alle conseguenze di progettazioni ed investimenti già programmati che rappresentano già un costo e andrebbero sicuramente riviste.

Conoscendo lo spirito che anima qualcuno e le intenzioni che accompagnano altri dediti alle furbizie, questo atto si spera non venga interpretato in tutta la sua negatività, come una forma di libertà assoluta, svincolata da ogni regola fino a stabilirne una sorta di zona franca, una specie di Far West dove tutto è possibile e dove chi “spara” prima sopravvive. Per evitare questo è indispensabile un serio approccio e una discussione più complessa che rimetta brevemente in discussione anche gli ultimi atti amministrativi che hanno interessato la Zona Industriale, per evitare si possa dire che certe operazioni sono servite solo ad alcuni e non a tutti.

Battipaglia, 21 marzo 2011

2 commenti su “Battipaglia: Addio all’ASI, ma che non sia Far West”

  1. E’ stata una buona decisione, speriamo che non costi troppo al comune di Battipaglia, e speriamo non apra, come dice admin, un Far West a chi prima arriva e spara.

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  2. Un plauso a questa amministrazione che ha avuto il coraggio e la determinazione di fare una scelta giusta.Ormai l’ASI per il nostro tempo è diventato anacronistico ed inutile (per la verità quest’ultimo lo è sempre stato).
    Solo così è possibile iniziare, a fare una seria programmazione urbanistica per queste zone.
    Speriamo solo per il futuro che non ci sia bisogno di TEX.

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