Del nostro “Inferno”. Scrittori e critici tradiscono Dante

Venerdì 18 marzo  2011, ore 19 Palazzo de Liguoro (Via Arena alla Sanità, 12 – fermata metro P.za Cavour). Costo biglietti:  intero 10€ – ridotto 8€.

Del Nostro Inferno (III incontro) con Orlando Cinque. Scrittori e critici tradiscono Dante. Interferenze tra letteratura, elettronica e critica.

Orlando Cinque

NAPOLI – Dopo il successo degli altri due incontri del 5  e 11 marzo 2011, ecco che l’associazione AltArt presenta la terza serata Del Nostro Inferno. Scrittori e critici tradiscono Dante, con Orlando Cinque.
Il percorso prevedeva tre incontri (l’ultimo è quello di venerdì 18 marzo, ore 19,00), ognuno dei quali è stato strutturato nella forma dell’interferenza tra l’esecuzione vocale dei testi, le sonorizzazioni elettroniche e le introduzioni esplicative.

La struttura performativa si snoderà tra la testualità di alcuni canti della Commedia, secondo un approccio il più possibile rispettoso della “volontà di Dante a essere poeta” (Pasolini), e le scritture di autori otto-novecenteschi che hanno ricreato l’universo infernale nel loro immaginario. Nella stessa ottica, a far parte a pieno titolo di questo viaggio testuale, saranno interpellati anche alcuni scrittori e critici, interpreti militanti dell’opera dantesca, che più ne hanno influenzato il paradigma interpretativo nel corso del ‘900.

Non si tratta di attualizzare la lezione dantesca, renderla presente e affine alla nostra sensibilità, col rischio di banalizzarla, addomesticarla fino a rendere inoffensiva la terrifica bocca da fuoco di una voce che risale insieme strozzata e potente da un tempo e uno spazio già inabissatisi. Piuttosto, l’intento del percorso sarà quello di recuperare il ritardo accumulato dalla nostra opaca consapevolezza rispetto a quella lucida chiaroveggenza avendo ben fisso in mente come la voce di Dante risulti non a caso già aliena alla sua epoca, parlando ‘di’ e ‘da­’ un perturbante altrove. È per questo che il laboratorio testuale dantesco verrà avvicinato in punta di piedi, nel pieno rispetto dovuto a un maestro artigiano della parola e della forma; è per questo che ci si propone di ‘eseguire la sua scrittura’ profondendo il massimo sforzo per intuire quantomeno i contorni di un continente lontano ma non esotico, i cui confini e territori, forse, per molti aspetti, giacciono ormai irriconoscibili di fronte alla nostra moderna (e falsa) coscienza.

Non solo. Avendo la Commedia come filo rosso, ci si appresterà a riconoscere i segni di quei gironi infernali che la cultura occidentale non ha mai smesso di disseminare qui e altrove, attraverso la scrittura di poeti e prosatori capaci di rigenerare quella lezione, allargandone e approfondendone la prospettiva, per focalizzare a loro volta lo sguardo su realtà antropologicamente e storicamente differenti da quelle in cui Dante visse e operò.

Orlando Cinque – voci
Oreste D’Angelo e Andrea D’Alesio – sonorizzazioni
Paolo Trama – introduzioni

II. CANTO XIII
• testi da Levi, Montale, Spitzer, Mandel’stam,

Per info e prenotazioni: info.altart@gmail.com – 338 6845443 – 339 8910163
ufficio stampa: Lello Catello –
333.3871968 – raffaelecatello@gmail.com

Napoli, 15 marzo 2011

2 commenti su “Del nostro “Inferno”. Scrittori e critici tradiscono Dante”

  1. Grazie per l’ospitalità offertami da questo BLOG.
    LEGGO: “Giovangualberto Ceri said on Dante poeta teologo
    July 20, 2011 at 7:51 am

    In response to sottoosservazione on June 24, 2009 at 6:21 pm:

    L’umiltà dello storico secondo Cacciaguida In una nota del suo saggio Dante e Beatrice, Étienne Gilson confessava di aver sempre vagheggiato una certa “idea” della Divina Commedia: che la forma “ideale” della teologia non si sia realizzata unicamente nelle opere formalmente teologiche, come in Tommaso d’Aquino, ma anche nella poesia, corrispettivo artistico e letterario […].”

    AGGIUNGO.

    La scienza del più alto, decimo e ultimo cielo dantesco, l’EMPIREO, che Dante chiama “Teologia”, non è affatto la Teologia razionalista di san Tommaso d’Aquino. Gli esegeti indicarono agli inizi del ‘900, compreso Gilson, la “Teologia” tomista forse anche perché faceva piacere al cattolicesimo di allora e al Vaticano. Il gentilissimo e preparatissimo professor CESARE VASOLI ha infatti recentemente indicato che, assai più verosimilmente, Dante intende invece per “Teologia” le semplici parole del VANGELO (cfr. Commento al CONVIVIO”). Ma dopo le mie scoperte scientifiche, e del tutto oggettive, o controllabili, anche se l’ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI non ne vuole prendere atto nonostante le pressioni del Vasoli a mio favore, è chiaro che Dante, per “Teologia”, intende la “sacra TEOLOGIA liturgica”. In tale modo del resto la chiama anche il recente Concilio Ecumenico Vaticano II, come anche per “Teologia” i neoplatonici dei primi secoli (p.e. Proclo) intendessero, prioritariamente, il RITO LITURGICO ancorato ad una conoscenza, non tanto affine alla divinità degli INTELLETTIVI (san Tommaso), quanto a quella più alta e ultima riguardante gli INTELLIGIBILI (l’Uno, il Bene, il Padre). Quindi la “TEOLOGIA” di Dante è più vicina a Platone e ai neoplatonici, che non ad Aristotele e i tomisti. Io ho da giovane amato e citato Gilson ma, su Dante, è ormai superato o, comunque, va integrato, anche se si tratta di un autore molto affascinante, profondo e attento. L’amore per la ricerca continua della VERITA’ è pero, almeno intimamente, cosa diversa. Del resto, dopo le mie scoperte sulla “sacra TEOLOGIA liturgica” quale decima e ultima scienza dantesca, anche il caro e compianto Mons. DANTE BALBONI del Vaticano, ormai ottantenne, poté finalmente essere autorizzato a pubblicare il suo volume dal titolo “La “Divina Commedia” poema liturgico (ed. Vaticana, 1999), indicando, appunto, ben cento passi in cui il Poeta cita brani della nostra sacra liturgia. Nessuno se ne era accorto però prima di Balboni. E dopo?
    Su Dante c’è molto da riscrivere e il presupposto inderogabile da cui partire è la conoscenza, il padroneggiamento, delle ultime e più alte quattro scienze medievali e dantesche: quelle del VII, VIII, IX, e X cielo.

    Un consiglio, se mi è permesso, dopo ventanni di studi difficili, faticosi, continuativi ed ininterrotti, senza ottenere alcun riconoscimento?
    Ebbene, Signore e Signori, pedalare, pedalare, pedalare, poiché il vero Medioevo vi è ancora molto distante.

    Firenze, 20 Luglio 2011

    F.to GIOVANGUALBERTO CERI

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  2. CELEBRAZIONI PER IL FUTURO CENTENARIO DELLA MORTE DI DANTE ALIGHIERI NEL 2021

    Per gentilezza, state bene attenti, anche a RAVENNA, nelle celebrazioni del futuro centenario dell’anno di morte di DANTE poiché DANTE stesso, ovviamente quello personaggio della Commedia e della Vita Nuova, per chi scrive e su base rigorosamente scientifico-oggettiva, è morto per la festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce del MARTEDI’ 14 settembre 1322 del nostro computo storico, e non è morto quindi nel nostro 1321. Il VII centenario dovrebbe perciò essere spostato al nostro anno 2022 (1322 + 700 anni = 2022). E’ giusto indicare la notte liturgica del 14 settembre 1321, come comunemente si dice e come fa Ravenna, però questo computo segue le indicazioni calendariali ancorate alla chiusa della QUAESTIO DE AQUA ET DE TERRA, ossia segue il calendario stile ANTICO fiorentino con Cristo nato di domenica, e perciò se riportiamo questo giorno ancorato alla QUAESTIO sul nostro computo storico l’anno diventa n ecessariamente 1322 e il giorno cade di martedì. Adottando il Calendario antico fiorentino Dante si è fatto morire nella notte liturgica del MARTEDI’ 14 settembre 1321 antico fiorentino e perciò, in base al nostro calendario odierno, nella notte liturgica del MARTEDI’ 14 settembre 1322. Poco importerebbe perché l’importante è oggi fare comunque una festa? Il Sommo Poeta non sarebbe assolutamente d’accordo poiché egli era innamoratissimo della simbologia, compresa quella dei giorni, delle ore e degli anni!!! Dante persona, e non quello personaggio, era un burlone tremendamente ironico, e ci godeva!!! Anche in lui l’ironia e il prendersi burla degli incapaci che si intromettevano nelle sue nobilissime cose era un arma per sopravvivere psichicamente. Egli è riuscito a far credere di essere morto nel 1321, o 1322 (a seconda del calendario a cui facciamo riferimento) e perciò dopo questa data si nascose, probabilmente per meglio evitare il BARGELLO di Firenze che lo inseguiva all’estero, ma anche per così far “riposare l’animo stancato e terminare lo tempo che m’è dato”: dunque come si era già augurato, o ripromesso (Convivio, I, III, 4), quindi per poter finire in pace i suoi ultimi anni, insieme agli ultimi canti del PARADISO. Lui persona è morto, con probabilità, poco prima del ritrovamento di questi ultimi canti del Paradiso da parte del figlio e forse mai sapremo, con sicurezza, il giorno e anno della sua reale morte . Non è da escludere a priori nemmeno che si sia nascosto nei dintorni di Firenze, tanto amava riposare qui da noi il suo animo stancato . Giudicatemi pure uno scemo megalomane, però prima seguite i miei studi magari a partire dall’intervista su TV CANALE 10 fattami da Umberto Cecchi. Studiando Dante è facile pescare “GRANCHI” poiché lui esige commentatori che gli assomoglino, e no dei raccomandati per i quali la verità sulle cose è la meno utile da ricercare e poi da dire. Gentilmente restando a vostra disposizione per ogni ulteriore chiarimento e intervento, Distintamente vi saluto.
    GIOVANGUALBERTO CERI
    ALLEGATI
    Cfr. DVD TV CANALE 10 Google su YOUTUBE: http://www.youtube.com/watch?v=wV4vEG15yjA.
    Cfr. FOTO: ILARIA DEL CARRETTO e Mons. ENRICO BARTOLETTI a:
    http://www.facebook.com/media/set/?set=a.228902670488564.62602.100001064993213&l=48437d71c1&type=1

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