60 miliardi di euro spesi in 50 anni per rincorrere il sogno nucleare.
Fusione nucleare, il principio di base quello di ottenere energia unendo due elementi leggeri e replicare quello che succede al sole e alle stelle.
ROMA – La stramiliardaria competizione nel settore della fusione nucleare forse, un giorno, premierà il sogno dell’uomo di avere energia illimitata e a basso prezzo. Un fiume immenso di risorse, quantificabili in 60 miliardi di euro, è stato investito in questo settore della ricerca negli ultimi 50 anni.
La fusione nucleare che si tenta di realizzare, solo come meccanismo, è uguale a quella che si verifica nel sole e nelle stelle per generare calore, luce, energia. Il principio di base è ottenere energia unendo due elementi leggeri.
L’unione si realizza avvicinandoli a una distanza di un millesimo di miliardesimo di millimetro. Questa condizione limita la possibilità della fusione a elementi leggerissimi come i “cugini” dell’idrogeno, cioè il deuterio e il trizio, tramite i quali si ottiene l’elio, e particelle nucleari dette neutroni, in cui è presente la maggior parte dell’energia da fusione (80%).
Nella reazione di fusione una parte degli elementi che si fondono è convertita in energia. Un grammo di deuterio genera 100 mila Kwh, equivalenti al calore sviluppato da 70 litri di benzina, o due tonnellate e mezzo di carbone. La scelta degli “ingredienti” (deuterio e trizio) nella reazione è dipesa da parametri quali l’energia minima per far avvenire la reazione (energia di soglia), e la probabilità con la quale i due elementi possono “fondersi” su un’area prefissata (sezione d’urto).
L’innesco della reazione avviene a una temperatura minima di 80 milioni di gradi. A tale temperatura la materia assume lo stato di plasma che corrisponde a una situazione in cui i componenti elementari della materia sono separati, ed è indicato come quarto stato della materia, oltre il gassoso, il liquido e il solido.
Esistono due tecniche per realizzare la fusione: l’inerziale e la termo-controllata. Lo stato di plasma è presente sulla terra nei fulmini e nelle aurore boreali, ma è diffusissimo nell’Universo, dove rappresenta il 99% della materia conosciuta. Le altissime temperature obbligano a confinare il plasma all’interno di un contenitore senza farlo venire a contatto con altri oggetti.
Il plasma subisce l’azione di un campo magnetico, che obbliga le particelle a seguire un percorso prestabilito, evitando cosi eventuali contatti con altri oggetti. Le prime apparecchiature per la realizzazione della fusione risalgono agli anni ’50 e vennero chiamate Tokamak; furono poi introdotte nuove configurazioni come gli RFP o gli Stellator, che si differenziano dai primi per la diversa intensità dei campi magnetici.
La fusione nucleare può essere realizzata anche mediante la compressione, colpendo gli elementi da fondere con dei potenti raggi laser. In Francia, a Cardache, con un investimento di 14 miliardi di dollari nel reattore sperimentale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) a una temperatura di 116 milioni di gradi, si prevede di ottenere una potenza termica di 500 mila kW, contro i 50 necessari al suo funzionamento per 10 minuti. Nell’ipotesi di soluzione positiva dei numerosi problemi che presenta la fusione, si stima che un milione di Kw richiedono 100 kg di deuterio e 3 tonnellate di litio. Una centrale a carbone, di pari potenza, consuma in un anno 1,5 milioni di tonnellate di combustibile.
ITER è un reattore sperimentale, con l’obiettivo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnica di produzione di energia da fusione, e aprire la strada alla progettazione d’impianti commerciali. Nell’ipotesi di una soluzione positiva avremo il Kwh da fusione non prima del 2050. Va osservato che un reattore a fusione che riuscisse a funzionare, producendo energia, dovrebbe riscaldare il plasma con l’energia termica prodotta dalla fusione stessa, e fino a oggi non è mai accaduto.
L’accensione della fusione richiede che la potenza prodotta dal processo controbilanci le perdite. Tutto ciò avviene a una determinata temperatura, in base ad un definito valore che si chiama “prodotto triplo” (prodotto tra densità, confinamento e temperatura) o “prodotto di Lawson”. Dopo 50 anni questo valore è dieci volte inferiore a quello richiesto per un impianto commerciale. I reattori a fusione usano una sostanza radioattiva che è il trizio, e l’alto flusso di neutroni prodotti rende radioattive le strutture metalliche dell’impianto.
Erasmo Venosi
dal Quotidiano Terra