DEMOCRAZIA PARLAMENTARE (E DIRETTA)
Populismo costituzionale
di Giovanni Sartori
ROMA – Lo spettacolo della politica italiana è caotico e disperante. In tanto caos l’unico punto fermo che ci resta è la Costituzione. Ma anche la nostra Costituzione viene sempre più «forzata» da letture che la distorcono.
Cominciamo da un dato incontestabile: le democrazie moderne non sono democrazie dirette. Tali furono la democrazia ateniese (che già Aristotele riteneva una forma cattiva del «governo dei molti »), nonché le piccole democrazie fiorite, e presto sfiorite, nel Medioevo; e tali restano le democrazie cittadine di piccole comunità. Ma la democrazia «in grande» degli Stati territoriali non sono mai state, né possono essere, democrazie dirette.
Sono invece democrazie indirette fondate sul principio della rappresentanza, e perciò democrazie rappresentative.
Il loro meccanismo è che il demos, il popolo, elegge in quanto titolare del potere assemblee di rappresentanti che a loro volta esercitano il potere tra una elezione e l’altra. E la rappresentanza in questione viene configurata, in tutte le costituzioni liberal-democratiche, così: che l’eletto rappresenta la nazione (non i suoi elettori) «senza vincolo di mandato ». Questa formula risale alla rivoluzione francese del 1789 e stabilisce la differenza tra rappresentanza di diritto privato (per esempio, il rapporto tra me e l’avvocato che mi rappresenta) e rappresentanza di diritto pubblico, e cioè la rappresentanza politica.
I vari parlamenti medievali e delle monarchie assolute erano, appunto, parlamenti di delegati che trattavano con il sovrano sulla imposizione fiscale. Il noto principio no taxation without representation, niente tasse senza rappresentanza, si fondava ancora sulla rappresentanza di diritto privato e non prefigurava in nessun modo una democrazia rappresentativa.
Eppure oggi Berlusconi, Bossi e tanti altri ancora invocano un mandato che la Costituzione espressamente vieta. Perché? A monte la colpa è del Presidente Ciampi che lasciò passare, senza fiatare e senza capire il problema, l’indicazione del nome del candidato premier sulla scheda elettorale. Il che è servito soprattutto a Berlusconi per rivendicare di essere scelto direttamente dall’elettorato. Questa rivendicazione non è comprovata dalla contabilità elettorale, visto che i voti per il suo partito ammontano, più o meno, a un terzo dell’elettorato. Ma il punto è soprattutto che la cosiddetta «scelta» del premier non è, assolutamente non è, una scelta. Una scelta presuppone che l’elettore abbia una alternativa, e quindi richiede che il nome del candidato premier stampato sulla scheda possa essere approvato oppure disapprovato (prevedendo due caselle del Sì o del No), dal votante. Il che non è.
L’idea del mandato si trasforma poi nella tesi che il governo e la maggioranza di governo sono stabiliti dagli elettori, e pertanto che il parlamento non possa creare o sostenere governi diversi da quello indicato dagli elettori. Ma allora a cosa serve il sistema parlamentare? La sua forza risiede proprio nella sua flessibilità, nella sua capacità di auto-correzione. È vero che questa flessibilità può essere abusata; ma questo abuso può essere impedito, per esempio, dal voto di sfiducia costruttivo del sistema tedesco. Altrimenti si cade in un sistema di «rivotismo continuo » che è il peggiore di tutti. E che nemmeno è consentito— sia chiaro—dai sistemi presidenziali o semipresidenziali di tipo francese. Dicevo che l’unico punto fermo che ancora ci resta è la Costituzione e un sistema costituzionale. Che oggi è insidiato da un infantile populismo costituzionale e da un «direttismo» sconfitto da duemilacinquecento anni di esperienza. Sarebbe l’ultima sciagura.
È uno scontro che segna un’epoca, perché chiude la prima fase di un quindicennio berlusconiano di poteri contrastati ma bilanciati e ne apre un’altra, che ha l’impronta risolutiva di una resa dei conti costituzionale, per arrivare a quella che Max Weber chiama l'”istituzionalizzazione del carisma” e alla rottura degli equilibri repubblicani: con la minaccia di una sorta di plebiscito popolare per forzare il sistema esistente, disegnare una Costituzione su misura del Premier, e far nascere infine un nuovo governo, come fonte e risultato di questa concezione tecnicamente bonapartista, sia pure all’italiana.Ma con il sonnolento avallo di una maggioranza indolente e sorda,il momento più alto della discussione e della partecipazione del Paese, si è ridotto a pretesto e strumento di una partita politica e di potere.
Il populismo berlusconiano è quanto più pericoloso ci possa essere. Fini lo ha capito in ritardo e ci ha svenduti. Si deve cambiare la legge elettorale per liberare il parlamento e i parlamentari dai ricatti dei padroni e dei segretari politici.
Speriamo che Berlusconi vada via presto. Forza Fini. Se questo rimane ancora, non resterà niente della nostra costituzione. Berlusconi non se ne frega niente dell’Italia, e della Costituzione.
I PARALLELISMI TRA IL CAV E MUSSOLINI SON TANTI,CI VUOLE L’8 SETTEMBRE DELL’ECONOMIA IN CRISI E DELLA DEGENERAZIONE MORALE DELLA NAZIONE X LIBERARCENE….MEGLIO TARDI CHE MAI!
Meno male che GIOVANNI SARTORI c’è. Ricordo un periodo non molto lontano,quando molti giornalisti benpensanti volevano farlo passare per un vecchio rincitrullito. Invece,oggi,in poche parole ha spiegato l’enorme rischio che noi Italiani codardi stavamo correndo con il clown Berlusconi!
Sartori ha giustamente citato Aristotele che contestò le democrazie dirette ateniesi. Infatti, Platone, ne LA REPUBLICA, dimostra come la Democrazia sia la migliore forma di governo rispetto alla monarchia,all’oligarchia e alla noocrazia(governo dei tecnici), ma non riesce mai a convincerci in che modo essa debba essere praticata.
Tant’è che, quando egli tentò di applicare le sue teorie presso il tiranno di Siracusa, dovette fuggire nottetempo,aiutato da fidati amici per non rischiare la pelle!
Tornando alla riflessione di Giovanni Sartori, non si può che prendere atto in merito alla forma di governo della DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA contemplata dalla nostra carta costituzionale.
Il Berlusca e i suoi accoliti,hanno tentato sempre di far passare il concetto che,essendo stati eletti dal popolo, solo ad esso dovevano rispondere.
Ovvero,una volta vinte le elezioni, il potere acquisito era superiore a qualsiasi altro potere di bilanciamento costituito da altri organi costituzionali(Parlamento,Magistratura,corte dei Conti,presidente della Repubblica,Consiglio Superiore della Magistratura,ecc.).
Ancora oggi,dopo la debacle governativa con la nuova presa di posizione dei finiani,invocano le elezioni anticipate subito, perchè può essere solo il popolo ad esprimere il giudizio di Dio sul governo uscente.
Ancora una volta si tenta una forzatura anticostituzionale perchè,come si è sempre fatto, spetta al capo dello Stato , avviare nuove consultazioni e verificare se ci sono i termini per dare incarico ad un nuovo presidente del consiglio(che potrebbe essere lo stesso Berlusconi) per la formazione di una nuova maggioranza. Nessuno scandalo quindi; nessun ribaltone se,il Presidente della Repubblica,in caso di sfiducia dell’attuale governo in carica , procedesse alla verifica della possibilità anche di un governo tecnico,purchè abbia la maggioranza in Parlamento.
Le democrazie plebiscitarie esistevano solo nei paesi dell’est europeo prima della caduta del muro di Berlino. Ma con Berlusconi abbiamo corso il rischio di tornare addirittura nel Medioevo delle democrazie dirette o nell’Africa degli imperatori cannibali.
La democrazia è sospesa ormai e sarà così se non peggio fino a che ci sarà questo personaggio. Berlusconi è pericoloso, bisogna fermarlo. Il nostro paese è in serio pericolo. L’europa e gli stati uniti intervengano.
@ pisicchio: la democrazia è salva grazie a berlusconi e la tua libertà è assicurata, altro che pericolo. grazie a berlusconi l’italia si è salvata dalla crisi economica. Elogio a tremonti riconosciuto anche dalla sinistra. Stai tranquillo, preoccupati di chi butta i fumogeni alla festa del pd. saluti