150 anni fa il passaggio di Garibaldi ad Eboli. Una data da non dimenticare.
Per come sono andate le cose per il Sud, accoglieremmo allo stesso modo Garibaldi e i Piemontesi?
EBOLI – Nel Centocinquantenario del passaggio di Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, si ricorda la sosta ad Eboli nella casa dell’avv. Francesco La Francesca. Un evento storico importante. Una data da non dimenticare, e come potremmo per la nostra storia cittadina.
Assume ancora più importanza questa data e questo passaggio, non per festeggiarlo, come propone Mariano Pastore, ma per puntare una lente di ingrandimento su quel periodo storico, che oggi un poco tutti fanno finta di scoprire e di interpretare in chiave revisionistica. Quegli eventi storici, hanno segnato i destini dell’Italia, ma ancor più hanno segnato quello inesorabile del Mezzogiorno, che da quel momento ha registrato un lento e sistematico regresso, non possono non essere una base di partenza per discutere e ridiscutere sull’Italia, sul Sud e sul tema più scottante che la Lega di Bossi ne ha fatto “cavallo di battaglia” con la secessione come minaccia, ma con l’accaparramento delle risorse economiche, a scapito di altre aree del Paese, come obiettivo, inventando addirittura uno Stato, la Padania e una “Questione settentrionale“.
La discussione che oggi si pone a livello nazionale tra “NORD e SUD“, è più rivolta a far emergere ad arte differenze che a risolvere i problemi, che ci sono, e che non appartengono solo al Mezzogiorno d’Italia, bensì a tutti i Sud del mondo, intendendo per sud anche quelle regioni che non sono a Sud rispetto ai punti cardinali, ma a Sud rispetto agli investimenti, alle strutture, ai servizi, alla distribuzione equa della ricchezza.
Quindi NORD-SUD per discutere ed affrontare i problemi per quelli che sono, leggendo le pagine della storia, e facendo i ragionieri, guardando i Bilanci dello Stato, per fare emergere le differenze, non in termini di lamentele, ma per cercare di aggiustare il tiro, e in questo caso per fare revisionismo non storico ma socio economico, e dare ragione alla discussione che vede un Sud poco inserito nella ordinarietà dell’agenda politica dei Partiti, dei Governi, della società economica che conta e un Nord che è impegnato a dare l’immagine di un un Sud fannullone e sprecone per indirizzare altrove flussi di danaro “ordinari” e giustificare razzie politiche sul mezzogiorno, e un Nord responsabile, operoso, parsimonioso e su cui grava tutto il peso del Paese.
Il dibattito che anche POLITICAdeMENTE ha voluto aprire rispetto al Nord e al Sud, è a conferma che esiste e come una “Questione meridionale“, e che per risolverla si deve per forza partire da questo periodo storico e si deve tenere conto passo passo di tutte le politiche e di tutti gli investimenti che lo Stato ha messo in essere. Quindi una “Questione meridionale” intesa come fatto culturale, sociale e politico, e non come un fatto politico-economico che invece vedrebbe il sud sistematicamente danneggiato dall‘intervento ordinario, e danneggiato anche da quello pseudo “straordinario“.
A 150 dell’Unità d’Italia, a 150 anni del passaggio di Giuseppe Garibaldi, potrebbe esserci una occasione di festeggiamento, ma alla luce di quella reale visione, cruda e fintamente dimenticata, di uno Stato Piemontese che occupa un Meridione stanco, nella “distrazione” degli equilibri politici delle Potenze europee dell’epoca, e questo Stato Piemontese che ha occupato il Sud e si è comportato da vincitore facendo razzie, depredando risorse, indirizzando investimenti al Nord, scegliendo la peggiore classe dirigente in cambio del mantenimento dei loro privilegi e di altro, accoglieremmo con lo stesso entusiasmo festoso Garibaldi e le sue camice rosse e i piemontesi?
Questo interrogativo deve avere una risposta. La mia, NO.
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GIUSEPPE GARIBALDI a EBOLI il 6 SETTEMBRE del 1860
di Mariano Pastore
Dalle notizie giornalistiche di quel tempo, dagli scritti di Gennaro De Crescenzo (1) abbiamo un racconto nei minimi dettagli della sosta effettuata dall’Eroe dei due mondi ad Eboli nella sua memorabile marcia da Quarto al Volturno per la liberazione d’Italia. Il 6 settembre del 1860 nelle prime ore del mattino mentre l’artiglieria che stanziava a Salerno schierata lungo la via della marina, con due fregate a vapore che bordeggiavano nel golfo, il Generale Garibaldi entrava trionfante ad Eboli, dove con grande gioia apprendeva la notizia della fuga del Re di Napoli.
Garibaldi era stato preceduto nella nostra città da uno dei suoi luogotenenti il generale Fabrizi, che fu ospite dei fratelli Genovese nella loro dimora in piazza San Francesco, il Fabrizi appena Garibaldi aveva varcato la porta principale di Eboli “Santa Caterina”, a cavallo, seguito dall’eroiche “Camice Rosse”, corse all’ufficio telegrafico, costringendo il telegrafista Angelo Maurino a spedire a Napoli un dispaccio annunziante che Garibaldi era arrivato ad Eboli con dodicimila uomini.
La popolazione ebolitana accolse l’Eroe con grande entusiasmo, un nutrito gruppo di cittadini che l’anno prima aveva congiurato contro il governo facevano bella mostra alla sua presenza. Erano tra essi: Donato Caniato, Vito Bianco, Raffaele Cavaliere, Vincenzo Caputo, Vito Druella, Enrico Maurino, Vito Melillo, Leonardo Nigro, Luigi Pindozzi, Luigi Postiglione, Francesco Principale, Cosimo Scarpa, Gerardo Scocozza, Orazio Antonio Sica, Vito Santoro, Nicola Selvaggio, Vincenzo Pisciotta, Pasquale Santimonie.
Lo ricevette con grande affabilità invitandolo a casa sua l’avvocato Francesco La Francesca. Il Generale accettò volentieri l’invito e fu ospite della famiglia La Francesca che gli offrì un sontuoso pranzo, e nell’occasione furono ammazzati un gran numero di polli, giacchè sedette a pranzo tutto lo Stato maggiore Garibaldino. Finito il pranzo, il Generale mostrò desiderio di scrivere, e si appartò in una stanza. La sedia su cui sedette fu conservata gelosamente per molti anni dalla famiglia La Francesca, finchè un giorno, per lo scoppio di un incendio che, non domato a tempo, bruciò i mobili della camera e con essi la sedia, questo è stato raccontato dalla figlia del patriota Francesco marchesa Mary Gri Falletti La Francesca che a questo volle aggiungere un particolare: che Agata La Francesca, sorella dell’avvocato, presentò al Generale dei fichi secchi, e costui sorridendo, esclamò: “Un bravo a questa bella ragazza! Questi sono i fichi che mi piacciono!”. In casa La Francesca a ricevere Garibaldi, oltre il sacerdote Vito fratello di Francesco, la famiglia Genovese, i fratelli Giudice, Francesco e Raffaele Romano. Garibaldi si affacciò al balcone per ringraziare la folla che da ore si era accalcata nei pressi e sotto il palazzo poche parole in un discorso di una decina di minuti dove assicurò che la penisola dalle Alpi al Lilibeo tra poco sarebbe stata unificata per dare inizio finalmente all’era di libertà, e perciò occorreva prepararsi ad ultimare l’opera magnifica già iniziata. Il popolo applaudì con grida entusiaste, ascoltando avidamente quel linguaggio che produsse grande entusiasmo e, ventidue anni dopo, quasi a suggellare le profetiche parole, la città volle apporre una lapide all’ingresso di quel palazzo.
L’epigrafe, scolpita sul marmo fu dettata da un Garibaldino nostro concittadino Francesco Paolo Cestaro (2) che recita:
IL FAUSTO ANNIVERSARIO
DELLA VIGILIA DEL GIORNO
MEMORABILE
VII SETTEMBRE MDCCCLX
RICORDI IN PERPETUO
IL GIUBILO DEL POPOLO
EBOLITANO
ACCLAMANTE TRA LE SUE
L’EROE LIBERATORE
MURA
GIUSEPPE GARIBALDI
E LA FORTUNA DI QUESTA
CASA
DI AVERLO OSPITATO
NELLA MARCIA GLORIOSA DA
MARSALA AL VOLTURNO
VI SETTEMBRE MDCCCLXXXII
Eboli tenne sempre un ricordo vivido per l’Eroe dei due mondi gli dedicò il corso più importante della città e per l’occasione del centenario della sua nascita il poeta ebolitano Felice Cuomo con una poesia volle consacrare il giorno della grande esultanza di Eboli per la conseguita libertà ed i nomi dell’Eroe di Caprera e del patriota nostro concittadino Francesco La Francesca:
Da queste mura memori che Tu varcasti, o Grande,
che l’orma tua qual tempio fè sacre e venerande
nel transito fatal,
che, Duce ai Mille intrepidi, tra il plauso dei redenti,
vibravi, rosso Arcangelo, sui despoti sgomenti
la spada trionfal;
da queste mura libere, l’odio al servaggio, l’ira
contro viltà, di Patria l’amor divina spira
nella novella età
degna del tuo retaggio, figlia del tuo pensiero,
a lei, divina fiaccola splenda la pace, il vero
la pura Umanità.
E salve a Te, che vigili su noi, nume presente,
o La Francesca, o nitido astro di nostra gente,
d’Eboli vanto e amor.
A Te, che del borbonico mostro sfidando il morso,
qui salutavi in giubilo, nel trionfal suo corso,
il biondo Dittator.
Salve! Nel degno ossequio oggi a’ tuoi Lari rende
la tua Città, magnifica la tua figura splende
con Lui che quì posò.
Chè del fedel manipolo fosti di quegli eletti,
che di pensier, di liberi sensi scaldando i petti,
a Lui il cammin segnò.
Tu che molcesti l’ansie d’un popolo in catene,
che fosti il genio provvido di verità, di bene,
nel lungo tuo dolor.
Veglia su noi benefico, schiudi la tua parola
a ridonarci il fremito che suscita e consola
a grandi affetti il cor.
Degli oligarchi lividi, dei foschi tigellini,
che sorte rea precipita sui nostri alti destini,
sperdi il mal seme Tu.
Rendi la schietta e vivida Idea che irraggia e tuona,
e guida in alto i popoli: nè speri altra corona
l’itala gioventù. (3)
1) Gennaro De Crescenzo – “ L’epopea Garibaldina del 1860 nelle memorie salernitane” Tpografia Saverio Jannone 31 dicembre 1959 Salerno.
2) Francesco Paolo Cestaro* – ( Storico) – Ebolitano giovanissimo si arruolò volontario nelle Camice Rosse Garibaldine, partecipando alla spedizione dei mille. Studioso e valente storico percorse una luminosa carriera dedicata all’insegnamento, divenne preside del liceo Classico di Cremona, del Liceo Torricelli di Faenza (1907), e del prestigioso Liceo Classico Galileo Galilei di Firenze ove morì e fu sepolto.
3) Felice Cuomo – (Eboli 1874 – 1957) – Poeta e compositore di pregevoli opere, scisse questa poesia nel 1907, quando Eboli ricordò il centenario della nascita dell’eroe di Caprera. La poesia è tratta dal canto “ Nel transito fatale del Liberatore”. Lo stesso don Felice –come veniva affettuosamente chiamato dai suoi concittadini raccolse e parafrasò una conversazione tra un filo borbonico (zio Antonio) e un filo liberale (compare Berniero) in dialetto ebolitano, dandole il titolo: “ Galibbarde a Jevole u sei settembre ru sissant”.
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* FRANCESCO PAOLO CESTARO
Val la pena di aggiungere a questo articolo qualche cosa in più riguardo a Francesco Paolo Cestaro, prima perché ebolitano e poi per i suoi familiari che orgogliosamente ne conservano affetto e memoria.
Le note che si aggiungono qui di seguito, sono state fornite dal Prof. Vincenzo Cestaro, già preside del Liceo Scientifico “Gallotta” di Eboli, professionista serio e scrupoloso, nonché amico affettuoso e sincero.
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Francesco Paolo Cestaro ( Eboli 1845- Ancona 1909)
Francesco Paolo Cestaro nacque in Eboli il 2 gennaio 1845. Compì a Salerno, dal 1854 al 1860, gli studi che ora si dicono classici e che allora eran detti di grammatica, umanità e retorica, oltreché di matematica e filosofia. Il resto fece da sé. Cominciò a venti anni la carriera di insegnante. Insegnò dapprima nelle scuole primarie, tecniche e classiche del suo Comune dal 1866 al 1883.
Nel 1883, in seguito a concorso, fu nominato reggente e, l’anno seguente, titolare di Storia e Geografia nel R. Liceo di Cesena, dal quale nel 1886 fu trasferito a quello di Brescia, ove rimase dieci anni, dal 1886 al 1896, ricevendo dall’ Ateneo Bresciano, del quale fu socio effettivo, impulsi a studi e lavori. Nel Settembre 1890 tenne a Vicenza, per incarico ricevuto dal Ministero della P. I., venti conferenze sulla storia del Risorgimento Nazionale ai maestri di quella provincia. Furono quelli – come dichiarò il Nostro nel suo stato di servizio depositato presso la Segreteria del Liceo-Ginnasio “Galileo” di Firenze – gli anni migliori; della sua vita di insegnante e di studioso, durante i quali scrisse i suoi due fondamentali volumi: Frontiere e nazioni irredente (Torino, 1891) – dedicato a Giustino Fortunato “in segno di amicizia fraterna” – e Studi storici e letterari (Roma, 1894). In quegli anni fondò, con Massimo Bonardi, il Comitato bresciano della Dante Alighieri, uno dei primi in Italia.
Nel 1894 gli fu offerto dal Ministero della P.I. l’incarico della presidenza del R. Liceo di Fermo, ma egli chiese di essere dispensato e fu esaudito. Nel settembre 1896 fu nominato Preside del R. Liceo di Cremona e l’anno seguente, con la medesima qualifica, fu trasferito al R. Liceo-Ginnasio” Galileo” di Firenze.
Nei due anni che stette a Cesena raccolse molti materiali per uno studio di storia e topografia classica e medievale sui paesi tra il Savio e la Marecchia. Di questo studio fu pubblicato un piccolo saggio negli Atti del 3° Congresso Geografico Italiano, tenuto a Firenze nel 1898, col titolo Antichi nomi di fiumi di Romagna.
La vasta opera storica e pubblicistica di F. P. Cestaro richiederebbe una più lunga nota che ci porterebbe molto lontano dal nostro iniziale intento. Ci limitiamo, qui, in attesa di farne, in opportuna sede, un più lungo discorso, a riportare un elenco delle sue opere :
- – I pellegrinaggi nel Medio-evo (Treves, 1873)
- – Le rivoluzioni napoletane nei secc. XVI e XVII, Studio delle loro cause ed indole (Firenze, 1878).
- – G. Avezzana: parole dette il 4 gennaio 1880 nella sala del Palazzo Comunale di Eboli. In “Il Miglioramento”, a. VI n. 16
- – Un viaggiatore del sec. XVIII . Il fondatore del R. Collegio Asiatico di Napoli (in” Nuova Antologia” l° Sett. 1882).
- – F. De Sanctis: discorso letto il giorno della Festa Nazionale in Cesena (Cesena 1884),
- – La Costituzione politica di un Comune medioevale (Repubblica di 8. Marino) Brescia, 1890.
- – Frontiere e nazioni irredente (Torino, 1891).
- – La storia nei ” Promessi Sposi” (in” Nuova Antologia”. 19 maggio 1892).
- – Commemorazione della decade del 1849: discorso (Brescia, 1894).
- – Studi storici e letterari (Roma, 1894).
- – Antichi nomi di fiumi di Romagna (Firenze, 1899).
- – Il R. Liceo-Ginnasio” Galileo Galilei” in Firenze (1878-1899). Relazione corredata da prospetti e specchi statistici (Firenze, 1899).
Assemblato dal Prof. Vincenzo Cestaro
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Lapide apposta sulla tomba di Francesco Paolo Cestaro
(Eboli, 1845-Ancona1909) nel cimitero di Ancona:
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Quindicenne appena
combatté volontario con Garibaldi al Volturno
Da semplice Maestro Elementare
Per forza di studi e per virtù d’ingegno
Fu insegnante e preside nei Licei del Regno
Scrisse con mirabile acume di critica storica
Meritò rappresentare la Scuola laica italiana
Alla Mostra mondiale di Parigi del 1900.
I nipoti Maria e Benedetto Romano
Con memore devoto animo
PP.
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Il presente articolo è stato aggiornato il 16 maggio 20011 alle ore 15,30
Un grazie sentito per l’intervento intelligente dal punto di vista storiografico ed anche storicistico del Dr. Pastore,che evidenzia la politica colonialista,con tratti di schiavismo razzista dei governi Sabaudi post-unitari!Se nel 1861 il Prodotto interno lordo pro-capite al Sud era pari a quello del Nord, nel tempo è andato riducendosi fino alla metà.
In particolare, guardando alla Sicilia, ha un Pil ai prezzi di mercato calcolato dall’Istat nel 2008 a 87,8 miliardi, a fronte dei 326 miliardi di quello della Lombardia. Pil Sicilia che è fermo da più di quarant’anni a ben quattro volte meno di quello della Lombardia. Questo perchè i tassi di sviluppo dell’economia si sono allontanati nel tempo sempre di più nelle due aree del Paese.Lo studio dei divari tra le regioni italiane in rapporto con la crescita economica è un problema di non poco conto sul quale l’inchiostro è scorso a fiumi. La definizione Questione meridionale venne usata per la prima volta nel 1873 da un deputato al Parlamento italiano, intendendo la disastrosa situazione economica che si era venuta a creare nel Mezzogiorno italiano a seguito all’unificazione del Paese. dati del Pil dal 1861 al 2004 sono quelli contenuti nel saggio “Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)” di Vittorio Daniele Università “Magna Græcia” di Catanzaro e Paolo Malanima Istituto Issm-Cnr di Napoli e nel saggio “I due fallimenti della storia economica: il periodo post-unitario” di Stefano Fenoaltea Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
Negli articoli sono ricostruite le serie annuali del prodotto delle regioni italiane a partire dal 1891 fino al 2004. Viene, inoltre, fornita una stima del prodotto del Nord e del Sud dell’Italia dal 1861 al 2004 individuando i periodi: 1861-1913, formazione di divari regionali con l’avvio dell’industrializzazione del paese; 1920-39, accentuazione dei divari regionali e delle disparità fra Nord e Sud; 1951-73, riduzione dei divari e delle differenze Nord-Sud nel prodotto pro capite; 1974-2004, aumento dei divari, con tendenza alla riduzione negli anni più recenti. Gli autori, dopo aver esaminato i valori delle diverse variabili, concludono che “Il processo della crescita moderna non interessa allo stesso tempo tutte le regioni di un paese. Esso coinvolge dapprima certe aree particolari e tende, poi, a diffondersi nello spazio aumentando i livelli di prodotto pro capite anche nelle aree più lontane dal centro d’irradiazione iniziale. Nel tempo, dunque, la geografia economica di un paese tende a modificarsi e le posizioni relative delle regioni in termini di reddito pro capite cambiano” Il Risorgimento, intanto, non fu un fatto italiano perchè esso si colloca in un contesto europeo, frutto di un moto che fu tra gli effetti di lungo periodo della grande rivoluzione del 1789. Tanto è vero che il Risorgimento italiano, collocato nell’ambito dei movimenti nazionalpatriottici del XIX secolo, mentre servì a cancellare residui di stati paternalistici, fondati su concezioni proprietarie del potere, ebbe un carattere emancipatore su vari piani, da quello economico-sociale a quello politico, non trascurando l’ambito della cultura. Una larga fetta della migliore produzione letteraria o di teoria politica italiana si colloca in quella fase ed è il prodotto di scrittori e pensatori che hanno espresso l’istanza unitaria, che era tutt’altro che un mero bisogno di essere Stato bensì rappresentava un’esigenza significativa per un Paese frammentato, sottoposto ai ghiribizzi di piccoli e mediocri sovrani locali, spesso mandatari di poteri reali lontani, che facevano il bello e il cattivo tempo nella Penisola. Da 150 anni ci raccontano la barzelletta del Sud liberato dai Savoia per portarvi libertà, giustizia e progresso. Errore: la crisi del sud è cominciata proprio con l’Unità d’Italia, imposta col sangue e governata con l’aiuto della mafia, dopo una brutale guerra di conquista: stragi e deportazioni, da cui la tragedia dell’emigrazione, prima sconosciuta. Impressionante la rapina delle risorse: il sud era più avanzato nel nord anche sul piano industriale. E più ricco: il regno borbonico era il più solvibile d’Europa, mentre quello piemontese il più indebitato. Anche per mettere le mani sul bottino, i Savoia si convinsero a unire l’Italia. secondo Pino Aprile l’Unità d’Italia «fu fatta nel modo peggiore, con il sangue e con i soldi dei meridionali». Se i “terroni” combatterono per anni, con una resistenza popolare liquidata poi come “brigantaggio”, interi reparti dell’esercito borbonico si dettero alla macchia per contrastare quello che a tutti gli effetti era un invasore, che faceva una guerra non dichiarata, testimoniando una evidente «volontà di resistenza». Persino un grande intellettuale del sud come Giustino Fortunato, favorevole all’unità nazionale, ammise: «Stavamo molto meglio con i Borboni»Verità scomoda: il sud aveva una sua cultura industriale, per alcuni aspetti superiore a quella del nord. Metallurgia, siderurgia, grandi poli tessili. Un’industria che al nord, ai tempi dell’Unità d’Italia ancora non c’era. L’esempio classico che si utilizza per negare la realtà è quello delle infrastrutture per i trasporti: poche strade e pochissimi chilometri di ferrovia come “prova” della presunta arretratezza del sud, dimenticando che la monarchia borbonica preferì sfruttare le coste e i trasporti marittimi, «tant’è che in pochi lustri la flotta commerciale del Regno delle due Sicilie divenne la seconda d’Europa – quella militare la terza».E così la cantieristica navale: i maggiori cantieri erano al sud. «Quando arrivarono i nuovi “padroni”, in realtà i locali furono messi in condizioni di minorità: tutte queste aziende furono declassate o addirittura chiuse, gli stabilimenti siderurgici di Mongiana che avevano 1.500 dipendenti si fecero consegnare la chiave, chiusero e vendettero come ferro vecchio. Ufficialmente la spiegazione fu che non era più tempo di stabilimenti siderurgici in montagna e lontano dal mare. Chiusa Mongiana, cominciarono a costruire Terni: ancora più in alto e ancora più lontano dal mare».Di seguito, l’Expo si Milano si finanzia con i fondi Fas, quelli per le aree sottosviluppate: «L’Expo di Milano, il Parmigiano, le compagnie di navigazione del Lago Maggiore e del Lago di Garda: significa che il sud è il Bancomat d’Italia, è il derubato che continua a essere chiamato ladro», protesta Pino Aprile. «Questi conti vanno fatti: da un’analisi dell’Italia unita, condotta da un ricercatore di psico-sociologia, viene fuori la descrizione di questo stato di minorità che segna un paese duale, diviso in due. Questa divisione è il motore dell’economia del nord, che crede di guadagnarci».
Non sono un conoscitore di storia ,ma sul fatto che Garibaldi sia stato ad Eboli e che abbia contribuito ad unificare l’Italia non c’è dubbio è documentato in mille scritti. Non capisco l’immediato vantaggio per il popolo italico e quello di Eboli.Nel tempo e cioè oggi avremmo dovuto possedere quei vantaggi ,ma aime è un illusione perche si continua a parlare in termini economici storici e sopratutto politici di nord e sud due cose separate ancora prima di arrivare sulla scena politica BOSSI.Quindi significa che Garibaldi abbia fallito nell’operato nobile dell’unificazione. Chi si avvantaggiò dell’unione non certamente i cittadini del sud che dai borboni passarono ai Savoia, e con loro i capitalisti ,cioè le famiglie aristocratiche che anche ad Eboli accolsero ruffianamente Garibaldi il quale dopo il suo servigio fu destituito da qualsiasi incarico e messo da parte. Ma non voglio rivisionare la storia non ne sarei capace, ma la musica non cambia è sempre la stessa,le famiglie potenti ebolitani acclamarono l’eroe dei due mondi ,passando con fascilita da una sponda all’altra per continuare a tenere il potere sulla propria citta,le stesse famiglie anche nel periodo fascista fecero la stessa cosa spalleggiarono il sistema autoritario del momento e a sorpresa prima della liberazione molti di loro di dileguarono nel nulla.Il fatto che Garibaldi abbia pernottato ad Eboli è piu un fatto di folclore per recitare una storia a turisti venuti da lontano a visitare la citta. Ma Garibaldi va o andrebbe valutato per tutte altre cose,Eboli non c’entra.La questione meridionale vi è sempre stata ed ha ragione Totò quando nei suoi film esclama la famosa frase “a Garibaldi cosa hai fatto” Oggi l’Italia a 150 anni dalla sua unificazione non ha ancora gli italiani ma Nordisti e terroni o suddisti.Quindi il problema nonè ancora risolto. Noi nuove generazioni sta il compito di superare l’ostacolo ed unificare il popolo italico ,ma altri probemi arrivano la multietnia e la caduta degli ideali,questo è il muro piu grande che gli italiani devono abbattere,altrimenti vi sara sempre un Bossi e un Berlusconi con la destra a voler dividere l’Italia.
Sono completamente d’accordo con l’introduzione di Massimo Del Mese…
con l’invasione del Regno delle Due Sicilie e la conseguente annessione al regno di sardegna iniziò il periodo più tetro nella millenaria storia del nostro popolo meridionale: cambiammo un Re che abitava queste terre, in collegamento con le altri capitali europee, un regno con il terzo PIL d’europa, con tanti primati tra cui seconda città pubblicamente illuminata dopo parigi e prima tratta ferroviaria napoli-portici….tutto ciò ci fu barattato con un re lontano, che per prima cosa aumentò le tasse agli sconfitti per rifarsi delle spese della guerra, soffocò le rivolte nel sangue, smantellò l’industria siderurgica e spostò tutte le commesse al nord, facendo iniziare la più grande emigrazione che si sia mai vista: 20.000.000milioni (VENTI MILIONI!!!) di italiani andarono via dall’italia, prima non era mai successo…
forse perchè non si stava così male???
ce ne sarebbe ancora da dire caro Massimo…..
come per te, anche la mia risposta è, NO.
dopo 150 anni e cioè circa due anni fa Filiberto di Savoia si sente autorizzato
a chiedere al governo italiano 250 mmilioni di euro0 per risarcire la famiglia Savoia dei danni bellici e a restituire parte dell’eredita e del patrimonio di famiglia requisito dallo stato italiano, questo de……te ,costui fa trasmissioni televisive viene accettato in Italia con un decreto legge che abbatte la legge precedente sui Savoia e gli eredi maschi,mi sembra che proprio Cossiga Approva questa legge per il rientro dei Savoia in Italia “Vergogna della casa Savoia e dll’Italia stessa . Io figlio di un italiano che ha partecipato all’ultimo conflitto mondiale e che ha subito la vergogna della guerra e l’umiliazione di 2 anni di campi di concentramento decisa da pochi uomini,devo sentire e subire ad oltranza l’umiliazione di costoro che appena rientrati in Italia vogliono reclamare diritti che non stanno ne in cielo ne in terra,alla faccia di tutte le vittime della 2 guerra mondiale che sono piu di 50 milioni i soli morti in piu invalidi mutilati e sopravvissuti come mio padre che non ha avuto nessun riconoscimento ne croci di guerrra ne pensioni ne invalidita ma solo la grande fortuna di ritornare vivo anche se il suo peso era appena di 43 chili per 1,70 di altezza a 22 anni la fortuna di rifarsi una vita con famiglia e figli e raccontare la sua testimonianza.Mentre Oggi il tenente Priecht ancora vive felicemente a Roma responsabile assieme al maggiore kappler responsabile della strage delle fosse ardeatine impunito e libero di circolare anella capitale alla faccia delle vittime..
Ma ritornando all’unificazione italiana,fino alla seconda guerra mondiale gli italiani hanno lottato per detenere l’unificazione pur avendo fatiricamente destini diversi anche durante la liberazione e la resistenza ,infatti anche in quella occasione fatiricamente L’italia viene divisa iin due .
Per quaranta anni durante la prima repubblica vedevo in televisione parlamentari di una certa notorieta sopratutto di destra che iniziavano i loro interventi dicendo “Noi che abbiamo fatto la resistenza per liberare l’Italia “.Ma di quale resistenza parlavono ,molti di costoro avevano ereditato quel titolo di resistenti in piu in netta contraddizione nel tenere gia allora uniti nord e sud con la loro politica.Quando nel 1980 23 nov. l’Irpinia viene colpita dal tragico terremoto ,tutti si misero in moto La legge Zamberletti sulla ricostruzione porto miliardi di lire e ancora oggi arrivano milioncini di euro,ma la Camorra e la politica corrotta di destra e sinistra ma piu di destra perche al governo giostrarono quei soldi a loro piacimento e portando verso nord il 50% del capitale finianziato. Infatti le ditte edili erano tutte del nord e quindi fecero i loro comodi a piu non posso impoverendo di nuovo questa parte del sud attraveso la ricostruzione,ma i politici del sud non fecero nulla per impedire questo contribuirono alla spaccatura tra nord e sud attraverso informazione falsa e speculativa nel ricostruire il paese mentre si arrichivano alle spalle della popolazione locale facendo male affari con camorra e imprenditori del nord.No non è fantasia ma verita storia recente ,la grande colpa delle popolazioni locali è quella che non si sono staccati dalla mentalita dell’assistenzialismo e dell’arrufianamiento,cosi facendo sono stati complici dei loro carnefici.
Ancora oggi non si ha il coraggio di far luyce su questoperche i responsabili sono vivi vegeti e ricchissimi ma nel visionare e risolvere questi argomenti che ninizia il progetto dell’unificazione italiana.
Viva L’ITALIA e la sua democrazia ,ma non questa attuale la vera democrazia.
MALEDETTI SAVOIA!!! E mi verrebbe anche da dire maledetto Garibaldi,se non fosse che tutti i paesi del sud Italia hanno una piazza o una via intestata all’eroe dei due mondi.
La tradizione nazionale ha attribuito al Risorgimento una pluralità di padri: Cavour con la sua abilità politica e diplomatica; Mazzini ,con il vigore del suo idealismo; Garibaldi, con il suo carisma di comandante militare e di capopolo. A Vittorio Emanuele II è stata attribuita la divisa di “re galantuomo”. Ma dietro la rappresentazione patriottica, c’è un complesso processo di trasformazione storico-politica,nel quale i ruoli dei singoli protagonisti rissultano assai meno complementari.
L’unificazione nazionale ,che culmina il17 marzo 1861 nella proclamazione del Regno d’Italia da parte del Parlamento riunito a Torino,non è il risultato di un movimento di popolo,ma,all’opposto,di una scelta elitaria che coinvolge le classi sociali più elevate e di una progressiva espansione dinastica,sancita anche formalmente dal titolo del re(non Vittorio Emanuele I re d’Italia,ma Vittorio Emanuele II,mantenendo la precedente numerazione sabauda).
Più esattamente ,essa nasce dal compromesso fra i ceti emergenti della borghesia agraria,finanziaria e delle professioni da un lato,e,dall’altro l’aristocrazia “imborghesita” di cui Cavour è il rappresentante più illustre.
La spedizione garibaldina ,sostenuta dai democratici e dalle forze popolari,libera la Sicilia,attraversa lo stretto e giunge a Napoli il 7 settembre e sconfigge definitivamente l’esercito borbonico al Volturno.
Di fronte ai successi della spedizione andati oltre le speranze di Cavour e di Vittorio Emanuele II,sostenuti da Napoleone III,decidono di riprendere l’iniziativa per impedire che la rivoluzione democratica si trasformi in vincitrice della lotta nazionale. L’esercito piemontese penetra nello stato pontificio,occupa le Marche e l’Umbria e muove incontro a Garibaldi.
Il 26 ottobre,a Teano,i due eserciti sono di fronte,in bilico tra l’abbraccio e la guerra civile.Entrambi sono eserciti liberatori,quello garibaldino del Mezzogiorno borbonico quello piemontese delle regioni adriatiche pontificie.Entrambi hanno un comandante consacrato, da una parte il re , dall’altra il generale del popolo. I volontari garibaldini sono la rivoluzione democratica, i reparti regi rappresentano l’ordine sabaudo liberal-moderato. I due comandanti si incontrano a Teano in località Taverna della Catena. Garibaldi dice a Vittorio Emanuele :”Saluto il primo re d’Italia” e il re risponde: “Saluto il mio migliore amico”. Così, di fronte alla prospettiva di una guerra civile drammatica e dagli esiti incerti che avrebbe potuto pregiudicare la stessa indipendenza nazionale, Garibaldi riconosce l’autorità del re e gli consegna le terre del Mezzogiorno.
Intanto, l’infiltrazione ideologica liberale e massonica era già arrivata nelle alte sfere politiche e militari meridionali, facilitando,così, la conquista del Regno delle due Sicilie da parte dei piemontesi.
NON FU UNA LIBERAZIONE MA UNA INVASIONE.
E i sud si infiammò ancora una volta. Fu una insorgenza generale che coinvolse la Basilicata,Le Calabrie,la Campania,gli Abbruzzi,le Puglie e il Molise.
Anche questa volta,come nel 1799 e in Vandea, fu il popolo a mobilitarsi e a far guerra per difendere la propri terra, il legittimo sovrano,la religione,la propria Patria. Una guerra tra due nazioni,con mentalità e concezione del mondo e della vita inconciliabili! Fu la solita guerra civile italiana: famiglia contro famiglia, contadini contro possidenti, borbonici contro liberali.
La storia del Sud è ricca di tante episodi dimenticati di briganti-contadini e della loro disperata e coraggiosa sfida. Essi non si fecero inseguire e braccare come selvaggina: organizzarono una guerriglia che mise in seria difficoltà la grossa,ricca e armata macchina da guerra piemontese e le borghesie locali fiancheggiatrici.
La spietata repressione che ne seguì ci ricorda sempre il costo umano che il Meridione ebbe a patire in nome dell’Unità d’Italia e del Progresso!
Oggi quelle ferite non sono ancora rimarginate e i sud continua a pagare
per quell’Italia del Nord che,dopo l’unità ne ha tratto solo benefici.
@ Ho vissuto x quasi 25 anni con quell’epigrafe di GARIBALDI , era quasi diventata insieme all’ingresso della dimora che ospito’GEN. GARIBALDI un luogo che mi rendeva felice e nello stesso tempo nostalgico , x semplice fatto che mi faceva pensare che seppure in modo marginale eravamo ( NOI EBOLITANI) stati partecipi di un grande evento(l’unificazione delle due italie) che avrebbe cambiato in modo positivo la storia del popolo Meridionale . Mi sbagliavo quello 6 Settembre di 150 anni fa e’ stato solo un lungo e’ lento declino del Popolo Meridionale, facendo passare tutti noi come un Popolo di parassiti e acculturati , usandoci come braccia da lavoro (vedi immigrazione dal SUD al NORD anni 60 70)e tentando di annientare in modo sistematico tutte le capacita’ intellettive che a noi non mancano. Il tempo un po di autocritica hanno fatto maturare in ME una sola considerazione COSTRUIAMO UN BEL MURO FRA NORD E SUD , ( GEN.GARIBALDI xche’ non sei sbarcato a LIVORNO)
Mi permetto alcune modeste osservazioni riguardo al continuo declino cui s’è trovato costretto a subire il Sud Italia per la devastazione militare e danneggiamenti vari subiti, tra vittime, industrie distrutte, sottrazioni di danaro e ricchezze di cui disponeva il Regno, ecc. ecc.
Mi chiedo come mai non siamo riusciti a riprendere, pur consapevole delle grosse difficoltà, un percorso di recupero, di risalita e sviluppo, quanto meno per non trovarci nelle condizioni in cui ci troviamo, di area considerata, come in effetti è diventata, e costretta a rimanere debole e mal ridotta, da indurre da sempre il Nord a considerarsi razza e territorio di rango superiori, ed in particolare a offrire il fianco ad una formazione politica quale la “Lega Nord” per disprezzarci e discreditarci in blocco. Quali le responsabilità dei politici e degli imprenditori meridionali in tale opera di recupero economico? Siamo stati anche per loro colpa trascinati a marcire in una agricoltura, sempre in declino e che sfruttava alla giornata mano d’opera ovvero braccia da lavoro, oltre a un modesto artigianato abbandonato alle proprie forze, senza curare i loro diritti, la loro istruzione, la loro formazione, la diffusione di una cultura imprenditoriale, insomma di una serie di iniziative e provvedimenti che sollevassero sia pure con gradualità ma con perseveranza l’obiettivo di un Meridione autosufficiente che non ci umiliasse alle prepotenze della delinquenza, organizzata e non, nonché alle arroganze di un Nord che si considera geneticamente superiore, ecc.
Forse dobbiamo ritenerci condannati ad un destino di sudditanza e di schiavismo verso il Nord? Almeno stando all’inerzia della politica, che deve provvedere in merito attraverso le istituzioni attraverso cui opera, e stante l’assillante richiesta leghista di un federalismo verorosimile ad una secessione per non essere gravati dal nostro fardello, perché tale noi meridionali siamo considerati in ottica economica e culturale, cioè siamo gente senza storia positiva e senza valore. Per concludere, ritengo opportuno ed utile spostare l’interesse concreto e la discussione sul da farsi da parte politica e imprenditoriale per il riscatto del Sud, altrimenti ci fossilizzeremo in una diatriba che lascerebbe immutata la situazione ormai incresciosa del persistente divario tra Nord e Sud. Questo è anche un vivo desiderio di realizzare una vera unità nazionale, affrontando concretamente i disagi che stiamo vivendo, ossia diamo soluzione ai problemi anziché evidenziarli semplicemente e basta.
Leggo con piacere che anche ad Eboli stanno emergendo gruppi di persone che vogliono la verità sul risorgimento e la questione nord-sud e mi complimento vivamente con il sig. Del Mese per l’impostazione dell’articolo. Nonostante sia ormai qualche anno che cerco di approfondire le mie conoscenze sul fenomeno e sulla dualità italiana, da molti, e purtroppo anche a sud, data come realtà immutabile e con uno status pari ad una vera e propria legge naturale, riguardo a Garibaldi ammetto di non essermi fatto un’idea precisa. Personalmente non lo festeggerei, è il cavallo di troia della nostra decadenza sociale ed economica e quasi certamente lo fece per denaro, tuttavia è l’unico che ha almeno affermato la realtà dei fatti, ammettendo quello che aveva contribuito a fomentare,una frase di garibaldi è indicativa a riguardo, – Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio – e ancora più indicativo il fatto che il figlio di garibaldi andò in Calabria a combattere con i briganti contro il nuovo stato.
Cmq, volevo dire, in particolare al sig. Saverio che imprenditori e politici non possono sollevare il sud; il mondo dell’imprenditoria e la politica nazionale sono state le cause della questione meridionale, per cui che una mano arrivi da loro è una speranza vana. La povertà al sud innesca un meccanismo che fa dei politici locali dei mammasantissima, che attraverso clientelismi e favori riescono a stare a galla, al potere per decenni, per cui anch’essa marcia, e mangia, sulla povertà del sud. La classe imprenditoriale locale non può andare oltre certi limiti, dato che il mercato è influenzato da diverse variabili, in primis il sistema delle infrastrutture e del credito(tutto al nord), per cui tanto in là non può andare, cosa di cui si beneficia la grande industria che è del nord e arriviamo alla vera questione meridionale, al fatto che il sud è relegato a mercato di consumo che, con la globalizzazione, perde anche di valore, potendo contare l’industria su bacini di consumatori più ampi e dispersi nel mondo, come fiat insegna entrando di forza in altri mercati. Per questo il sud, spremuto come un limone cui restano poche, pochissime gocce, adesso vogliono pure gettarlo via. in pratica, sig. Saverio, lei aspetta aiuti dall’alto che non arriveranno mai, per cui possiamo iniziare noi una nostra battaglia toccando l’unica cosa che sta a cuore ai nordisti, i soldi; potremmo iniziare a boicottare i prodotti del nord ed iniziare ad acquistare i prodotti, se non locali, perchè non si trovano o non si producono, almeno meridionali, aumentando le vendite e la produzione delle imprese meridionali si creerebbero posti di lavoro per i giovani costretti, ormai da 150 anni, ad emigrare. Dobbiamo riscoprire la forza che c’è nell’unico ruolo assegnato a noi meridionali, quello del consumatore di prodotti creati a nord in un vero e proprio rapporto di stampo coloniale, e cercare di renderlo un punto a nostro favore, anche in vista di un federalismo che per noi altrimenti è un precipizio senza fine. in altre zone d’Italia altri meridionali “illuminati” stanno iniziando a progettare una rete di supermercati comprasud, in cui tutta la filiera produttiva è localizzata nel sud.solo una sempre più diffusa consapevolezza delle nostre forze e delle nostre debolezze può essere punto di partenza per un nuovo sviluppo del sud.
lei cita anche la criminalità organizzata come una palla al piede del sud ed ha ragione, purtroppo però ce li dobbiamo tenere perchè anche loro sono eroi della patria, avendo “i picciotti” aiutato garibaldi in sicilia e i camorristi all’arrivo a napoli; pensi che all’arrivo dell'”eroe” misero un capo camorrista a capo della polizia di napoli, scarcerarono i delinquenti e i ladri divennero tutori dell’ordine per arginare rivolte, in italia da allora tutto va sottosopra.
Cordiali Saluti e complimenti ancora al gestore del blog
Complimenti per l’articolo su Garibaldi a Eboli. Devo però segnalare qualche imprecisione riguardate le note su Francesco Paolo Cestaro, mio pro-zio. Allego per questo motivo una biografia e la scritta che figura sulla sua tomba, nel cimitero monumentale di Ancona. Saluti. Enzo Cestaro.
Francesco Paolo Cestaro ( Eboli 1845- Ancona 1909)
Francesco Paolo Cestaro nacque in Eboli il 2 gennaio 1845. Compì a Salerno, dal 1854 al 1860, gli studi che ora si dicono classici e che allora eran detti di grammatica, umanità e retorica, oltreché di matematica e filosofia. Il resto fece da sé. Cominciò a venti anni la carriera di insegnante. Insegnò dapprima nelle scuole primarie, tecniche e classiche del suo Comune dal 1866 al 1883.
Nel 1883, in seguito a concorso, fu nominato reggente e, l’anno seguente, titolare di Storia e Geografia nel R. Liceo di Cesena, dal quale nel 1886 fu trasferito a quello di Brescia, ove rimase dieci anni, dal 1886 al 1896, ricevendo dall’ Ateneo Bresciano, del quale fu socio effettivo, impulsi a studi e lavori. Nel Settembre 1890 tenne a Vicenza, per incarico ricevuto dal Ministero della P. I., venti conferenze sulla storia del Risorgimento Nazionale ai maestri di quella provincia. Furono quelli – come dichiarò il Nostro nel suo stato di servizio depositato presso la Segreteria del Liceo-Ginnasio “Galileo” di Firenze – gli anni migliori; della sua vita di insegnante e di studioso, durante i quali scrisse i suoi due fondamentali volumi: Frontiere e nazioni irredente (Torino, 1891) – dedicato a Giustino Fortunato “in segno di amicizia fraterna” – e Studi storici e letterari (Roma, 1894). In quegli anni fondò, con Massimo Bonardi, il Comitato bresciano della Dante Alighieri, uno dei primi in Italia.
Nel 1894 gli fu offerto dal Ministero della P.I. l’incarico della presidenza del R. Liceo di Fermo, ma egli chiese di essere dispensato e fu esaudito. Nel settembre 1896 fu nominato Preside del R. Liceo di Cremona e l’anno seguente, con la medesima qualifica, fu trasferito al R. Liceo-Ginnasio” Galileo” di Firenze.
Nei due anni che stette a Cesena raccolse molti materiali per uno studio di storia e topografia classica e medievale sui paesi tra il Savio e la Marecchia. Di questo studio fu pubblicato un piccolo saggio negli Atti del 3° Congresso Geografico Italiano, tenuto a Firenze nel 1898, col titolo Antichi nomi di fiumi di Romagna.
La vasta opera storica e pubblicistica di F. P. Cestaro richiederebbe una più lunga nota che ci porterebbe molto lontano dal nostro iniziale intento. Ci limitiamo, qui, in attesa di farne, in opportuna sede, un più lungo discorso, a riportare un elenco delle sue opere :
– 1 pellegrinaggi nel Medio-evo (Treves, 1873)
– Le rivoluzioni napoletane nei secc. XVI e XVII, Studio delle loro cause ed indole (Firenze, 1878).
– G. Avezzana: parole dette il 4 gennaio 1880 nella sala del Palazzo Comunale di Eboli. In “Il Miglioramento”, a. VI n. 16
– Un viaggiatore del sec. XVIII . Il fondatore del R. Collegio Asiatico di Napoli (in” Nuova Antologia” l° Sett. 1882).
– F. De Sanctis: discorso letto il giorno della Festa Nazionale in Cesena (Cesena 1884),
– La Costituzione politica di un Comune medioevale (Repubblica di 8. Marino) Brescia, 1890.
– Frontiere e nazioni irredente (Torino, 1891).
– La storia nei ” Promessi Sposi” (in” Nuova Antologia”. 19 maggio 1892).
– Commemorazione della decade del 1849: discorso (Brescia, 1894).
– Studi storici e letterari (Roma, 1894).
– Antichi nomi di fiumi di Romagna (Firenze, 1899).
– Il R. Liceo-Ginnasio” Galileo Galilei” in Firenze (1878-1899). Relazione corredata da prospetti e specchi statistici (Firenze, 1899).
Assemblato da Vincenzo Cestaro
Lapide apposta sulla tomba di Francesco Paolo Cestaro
(Eboli, 1845-Ancona1909) nel cimitero di Ancona:
Quindicenne appena
combatté volontario con Garibaldi al Volturno
Da semplice Maestro Elementare
Per forza di studi e per virtù d’ingegno
Fu insegnante e preside nei Licei del Regno
Scrisse con mirabile acume di critica storica
Meritò rappresentare la Scuola laica italiana
Alla Mostra mondiale di Parigi del 1900.
I nipoti Maria e Benedetto Romano
Con memore devoto animo
PP.
ho scritto un romanzo
Ciccillo, soldato del sud,non brigante
che narra la storia di un sottufficiale dell’esercito del sud che ad Eboli si unisce a Garibaldi. Dopo Teano e l’inizio dell’invasione, ritorna con il suo re. Vive da vicino la strage di pontelandolfo. Combatte e muore per difendere dalla sua terra dall’invasore.
Attenzione: Garibaldi resta il nostro eroe. E’ solo stato usato da piemontesi, Inglesi e francesi per prendere al sud le risorse necessarie allo stato piemontese che era sull’orlo del baratro.
Cerco editore coraggioso.