Veltroni: “Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei”

Rischiamo che questa monarchia livida sia sostituita da una pura difesa dell’esistente. Si va incontro a suggestioni di democrazia autoritaria del sistema russo o cinese.

Alcuni leader vorrebbero una santa alleanza contro Berlusconi. Le uniche alleanze credibili, sono quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica.

Walter Veltroni

POLITICAdeMENTE – Propone ai suoi lettori la lettera che Walter Veltroni ha scritto agli italiani attraverso il CORRIERE DELLASERA. Veltroni anche se in ritardo rispetto alla sua temporanea uscita dalla scena politica, ha sentito il bisogno di scrivere al suo paese, agli uomini, alle donne, agli operai, agli imprenditori, ai giovani, a tutti, mettendo in evidenza tutte le distorsioni che ogni italiano registra e che sono la base delle nostre angosce, rispetto alla incapacità, ma spesso la volontarietà di una classe politica che fa finta di ignorare le sofferenze della maggior parte degli italiani.

Una nuova classe dirigente, che ha “promesso” un cambiamento e che non è stata capace o non ha voluto realizzarlo, ma che sulla emotività di una grande delusione che veniva fuori verso una politica che invece aveva contribuito a sconfiggere perchè si riteneva opprimente, corrotta e superata, ci si è trovati a veder costruire una seconda Repubblica, sopprimendo la prima, ma facendo, per quel che ne è venuto fuori, un salto nel vuoto.

Veltroni fa una analisi e da’, nel mentre la sviluppa, le sue conclusioni che sono quelle che noi tutti rileviamo. Quel salto nel buio, non è ancora finito e non finirà fino a quando non si restituisce al Parlamento la sua autonomia e il suo rapporto diretto con i cittadini. Niente è cambiato nel risultato, i Governi cadono con la stessa facilità di come cadevano nel passato, anche se prima erano pochi leaders a decretarlo. I governi cadono con la stessa facilità, ma solo perché si consumano nella loro arroganza e nella rappresentazione più amorale che si possa avere.

Ma nonostante l’accorata lettera che scrive al Paese, è certo Walter Veltroni che le opposizioni di oggi, una volta caduto questo ulteriore Governo sappiano accompagnare il Paese a superare quel salto nel vuoto?

…………….  …  ……………..

“Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei”

di Valter Veltroni

Caro Direttore, scrivo al mio Paese. Scrivo agli italiani che tornano a casa, a quelli che non si sono mossi perché lavoravano o perché non possono lavorare. Scrivo agli imprenditori che fanno e rifanno i conti della loro azienda chiedendosi perché metà del loro lavoro di un anno debba andare a finanziare uno Stato che non riesce a finire da sempre la costruzione di un’autostrada come la Salerno-Reggio Calabria o che alimenta autentici colossi del malaffare come quelli emersi in questi mesi.

Scrivo ai lavoratori che sentono che si è aperto un tempo nuovo e difficile, in cui, per resistere alla pressione di una globalizzazione diseguale, dovranno rinegoziare e ritrovare un equilibrio nuovo tra diritti e lavoro. Scrivo ai nuovi poveri italiani, i ragazzi precari, che arrivano a metà della vita senza uno straccio di certezza, senza un euro per la pensione, senza un lavoro sicuro, senza una casa, senza la sicurezza di poter mettere al mondo dei figli. E senza che politica e sindacati si occupino di loro.
Mi permetto di scrivere agli italiani solo perché sento di avere un minimo di titolo per farlo. In fondo due anni fa, un secolo di questo tempo leggero e bulimico, quasi quattordici milioni di italiani fecero una croce sul simbolo che conteneva il mio nome come candidato alla presidenza del Consiglio. Se un milione e mezzo dei 38 milioni di votanti avesse scelto il centrosinistra riformista invece di Berlusconi ora saremmo noi a guidare il Paese.

Ma non è successo, per tanti motivi. Come cercherò altrove di approfondire, credo più per ragioni profonde e storiche che per limiti di quella campagna elettorale che si concluse con il risultato elettorale più importante della storia del riformismo italiano. Non è successo e dopo alcuni mesi io mi feci da parte. Forse è questo l’altro titolo per il quale sento di potermi rivolgere al mio Paese. Sono stato tra i pochi che si sono fatti da parte davvero (caricandomi responsabilità certo non solo mie). Non ho chiesto alcun incarico, non ho fatto polemiche, non ho alimentato veleni. Ho semmai taciuto e ingoiato fiele, anche di fronte a varie vigliaccherie.

Cosa sta succedendo a noi italiani? Abbiamo trascorso la più folle e orrenda estate politica che io ricordi. Una maggioranza deflagrata, un irriducibile odio personale e politico tra i suoi principali contraenti, toni e giudizi che si scambiano non tra alleati ma tra i peggiori nemici. E poi dossier, colpi bassi, una orrenda aria putrida di ricatti e intimidazioni che ha messo in un unico frullatore informazione, politica e forse poteri altri costruendo un mix che non può non preoccupare chi considera la democrazia come un insieme di regole, di valori, di confini. Il Paese assiste attonito allo sfarinarsi della maggioranza solida che era emersa dalle urne, a ministri che sembrano invocare freneticamente la fine della legislatura, nuovi voti, nuovi conflitti laceranti. Mentre stanno per essere messe in circolo emissioni consistenti di titoli pubblici per finanziare il nostro abnorme debito pubblico chi governa questo Paese sembra dominato dal desiderio della instabilità. E, tutto, senza una parola di autocritica. Chi ha vinto le elezioni e ne provoca altre neanche a metà delle legislatura vorrà almeno dichiarare il proprio fallimento politico?

L’alleanza di centrodestra sembra immersa nello scenario dei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Prima l’abbandono di PierFerdinando Casini, ora la irreversibile crisi con Gianfranco Fini. Le forze più moderate hanno abbandonato uno schieramento sempre più dominato dalla logica puramente personale degli interessi di Berlusconi e dallo spirito divisivo di una Lega che alimenta ogni forma di egoismo sociale con lo sguardo solo al tornaconto elettorale immediato. Con effetti che già registriamo nel sentire diffuso e nei comportamenti. Un Paese che smarrisce il suo senso di comunità, la sua anima solidale, la sua coscienza unitaria finisce con lo sfarinarsi violentemente.

Quella che stiamo vivendo è una profonda crisi del nostro sistema. Era la mia ossessione quando guidavo il Pd. Mi angoscia l’idea che la democrazia rischi sotto la pressione delle spinte populistiche e dei conservatorismi di varia natura. E la crisi di questi mesi rafforza una distanza siderale tra la vita politica e i reali bisogni dei cittadini e della nazione. Berlusconi forza costantemente e pericolosamente i confini immaginando di vivere in un regime che non esiste. Se ci fosse un semipresidenzialismo lui certo non potrebbe disporre, ciò che è già una insopportabile anomalia oggi, di giornali e tv con i quali promuovere se stesso e randellare i suoi avversari. Ma neanche quella che su questo giornale è stata giustamente definita la «repubblica acefala» può fare sentire al Paese che il sistema politico tempestivamente ascolta, comprende, decide. Indeterminatezza di tempi, modalità, sedi di decisione hanno accompagnato anche altre stagioni politiche.

Walter Veltroni

Questo è il rischio che corriamo, l’alternativa tra una monarchia livida e una pura difesa dell’esistente. E tra i cittadini rischia di rafforzarsi l’idea che di fronte alla velocità del nostro tempo, dei suoi repentini mutamenti sociali e finanziari, a essere più «utile» sia un sistema che decide, qualsiasi esso sia. Il rischio è che si faccia strada, anche in Occidente, quella suggestione di «democrazia autoritaria» che è già una realtà in sistemi, come quello russo o, in forma diversa, in quello cinese, che stanno segnando il tempo della fine dei blocchi. La possibilità che la società globale porti con sé un principio di disunità e che questo reclami poteri centrali forti e semplificati è molto di più di un rischio. Rimando per una analisi più compiuta al volume di John Kampfner Libertà in vendita o al bellissimo lavoro di Alessandro Colombo La disunità del mondo. In una società globale una democrazia che non decide è destinata a soccombere. Ma in una società globale la suggestione autoritaria si scontra con una irrefrenabile esigenza di libertà, libertà di sapere, dire, pensare.

Dunque l’unica strada che i veri democratici devono percorrere è quella di una repubblica forte e decidente. Ma questa comporta profonde e coraggiose innovazioni, nei regolamenti delle Camere, nell’equilibrio dei poteri tra governo e Parlamento, nelle leggi elettorali, nella riduzione dell’abnorme peso della politica, nella soppressione di istituzioni non essenziali. Bisogna semplificare e alleggerire, bisogna considerare il tempo delle decisioni come una variante non più secondaria. E, soprattutto, l’Italia, tutta, deve ingaggiare una lotta senza quartiere alla criminalità che succhia ogni anno 130 miliardi di euro alle risorse del Paese. Non basta che si arrestino i latitanti. La mafia è politica, è finanza. La mafia compra e condiziona. La mafia invade tutto il territorio e credo che ora, guardando le cronache di Milano o di Imperia, ci si accorga finalmente che non è un problema della Kalsa di Palermo o una invenzione di Roberto Saviano, ma una spaventosa realtà che altera il mercato, distorce la concorrenza, limita la libertà delle persone.

Le culture di progresso non possono declinare solo un verbo: difendere. Agli italiani non sembra di vivere in un Paese da conservare così come è. Un Paese che non ha una università tra le prime cento del mondo (dopo averle inventate), che ha una metà, meravigliosa, di sé sotto il condizionamento di poteri criminali, che ha evasione altissima e altissima pressione fiscale, che ha una amministrazione barocca e il primato dei condoni, che scarta come un cavallo l’ostacolo ogni volta che deve sfidare sondaggi e corporazioni. Un Paese fermo, che ha bisogno di correre. Che ha bisogno di politica alta, ispirata ai bisogni della nazione. Non è retorica. Ferruccio Parri, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Carlo Azelio Ciampi, Romano Prodi e altri hanno dimostrato che si può stare a Palazzo Chigi per servire gli italiani. Bene o male, ma servire gli italiani. Non se stessi.

Spero che si concluda rapidamente l’era Berlusconi. Ma forse con una visione opposta a quella di alcuni protagonisti della vita politica italiana. Spero che finisca questo tempo non per tornare a quello passato. Non per mettere la pietra al collo al bipolarismo e riportare l’orologio ai giorni in cui pochi leader decidevano vita e morte dei governi, quasi sessanta in cinquanta anni, come l’andamento del debito pubblico testimonia in modo agghiacciante. Anche perché quei partiti avevano storie grandi che affondavano nel Risorgimento o nelle lotte bracciantili e quei leader avevano fatto, insieme, la Resistenza o la Ricostruzione. Berlusconi è stato un limite drammatico per il bipolarismo, perché la sua anomalia (una delle tante, troppe della storia italiana) ha costretto dentro recinti innaturali, pro o contro, una dialettica politica che avrebbe potuto e dovuto esprimersi nelle forme tipiche della storia del moderno pensiero politico occidentale. Senza Berlusconi in Italia potremo finalmente avere un vero bipolarismo, schieramenti fondati sulla comunanza dei valori e dei progetti, capaci di riconoscersi e legittimarsi reciprocamente in un Paese con una politica più lieve e perciò più veloce ed efficiente nella capacità di decisione del suo sistema democratico. Solo così sarà possibile affrontare, in un clima civile, l’indifferibile esigenza di ammodernamento costituzionale per dare alla democrazia la capacità di guidare davvero la nuova società italiana. Se saremo invece tanto cinici da pensare che il declino di Berlusconi possa aprire la strada a un nuovo partitismo senza partiti e alla sottrazione ai cittadini del potere di decidere il governo, finiremo con l’allungare l’agonia del berlusconismo e l’autunno italiano.

In questa estate orrenda non per caso la frase più citata dai leader politici è stata «Mi alleo anche con il diavolo pur di…». Lo ha detto Roberto Calderoli parlando del Federalismo, lo hanno detto alcuni leader del centrosinistra parlando della necessità di una santa alleanza contro Berlusconi. Io rimango dell’idea che invece le uniche alleanze credibili, prima e dopo le elezioni, siano quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica. In fondo il repentino declino del centrodestra conferma proprio questo. È giusto semmai che, in caso di crisi di governo, si cerchino soluzioni capaci di fronteggiare per un breve periodo l‘emergenza finanziaria e sociale e di riformare la legge elettorale dando forma, per esempio attraverso i collegi uninominali e le primarie per legge, a un moderno e maturo bipolarismo. Perché poi, alle elezioni prodotte dal dissolvimento della destra, si presenti uno schieramento alternativo capace di assicurare all’Italia quella stagione di vera innovazione riformista che questo nostro Paese non ha mai conosciuto. Perché questo Paese deve uscire dall’incubo dell’immobilità che perpetua rendite e povertà. Deve conoscere un tempo di radicale, profondo cambiamento. È questo, da decenni, il frutto dell’alternanza nei diversi Paesi europei.

Il nostro è un meraviglioso Paese. Amare l’Italia e gli italiani dovrebbe essere una precondizione per partecipare alla vita politica. Chiunque alzi gli occhi nella Cappella Palatina di Palermo o nella galleria di Diana di Venaria Reale non può non sentire tutto intero l’orgoglio di essere figlio di questo Paese e della sua straordinaria e travagliata storia. Lo stesso orgoglio che si prova pensando agli italiani che lavorano per la nazione, imprenditori od operai, insegnanti o poliziotti. Per questo il nostro Paese merita di più. Merita di più dei dossier e dei veleni. Di più della politica ridotta a interesse di un leader. Di più delle alleanze con il diavolo. Il nostro Paese deve smettere di vivere dominato solo da passioni tristi. È difficile. È possibile.

Walter Veltroni
24 agosto 2010

10 commenti su “Veltroni: “Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei””

  1. Caro Walter, purtroppo non credo che il centro sinistra sia in condizione di poter garantire governabilità, sia con i numeri che con le alleanze e i programmi.
    Il PD è un partito che si parla addosso e si distrae rispetto ai problemi della gente.
    Uomini politici, anche bravi, ma pieni di se, come D’Alema, Bassolino e altri, ivi compreso una miriade di riciclati politici,sono la vera zavorra del Partito, e per questo la fanno diventare poco credibile.
    Admin ha parlato di “Salto nel vuoto”, ha ragione, nessuno di noi che ha votato questo progetto ha capioto dove si vuole andare a parare.
    La risposta principale è innanzi tutto da dare ai noi stessi: Cosa vogliamo essere.
    I vari leader non sono in grado di darcela e continuano a farci stare nel vuoto.
    O si sta con Colaninno o si sta con gli operai, le casalinghe, i disoccupati, gli anziani.
    Purtroppo per noi e per l’Italia, Berlusconi è stato visto da questi come quello che gli parlava, mentre invece parla solo a se stesso.
    Bisogna scegliere.

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  2. “La riorma politica si inizierà con la restaurazione della libertà di associazione, di organizzazione professionale e di stampa e con la sostituzione della milizia e della polizia fascista con una guardia repubblicana. Indi, la nuova costituzione politica mirerà ad organizzare la partecipazione del popolo all’amministrazione della cosa pubblica nella forma più attiva e più varia possibile, sì che abbia a scomparire ogni traccia di psicologia fascista e sia rapida la rieducazione politica degli italiani che in tanti anni di dittatura hanno distolto dal governo del loro paese.
    A tale scopo sarà operato un vasto decentramento dei pubblici poteri in modo da lasciare al governo centrale la cura dei soli interessi che riguardano la totalità del popolo, come l’amministrazione della giustizia, la sicurezza del paese, le comunicazioni, ecc. ”
    E più avanti :”Esula dal nostro compito dare un piano particolareggiato della costituzione amministrativa del futuro stato italiano, ma importa mettere in luce la necessità di assicurare al popolola massima diretta partecipazionealla risoluzione dei suoi problemi sia generali che particolari.Perchè quanto più grande è la partecipazione dei cittadini nella formulazione delle leggi, tanto maggiore è il loro rispetto per ese e più pronta è la reazione contro l’illegalità.
    Infine il fatto di essere consultato frequentemente dà al cittadinoil senso di essere qualche cosa nello stato e lo obbliga a formarsi un’opinione introno ai pubblici problemi.E tutto questo insieme di circostanze concorre ad educare alla libertà e a formare il cittadino”.
    In questo caldissimo giorno di agosto dedico questo testo, tratto dalla pubblicazione settimanale del “Movimento Libera Italia” con redazione al Cairo datato domenica 21 marzo 1943 al coraggioso essere umano che si è risvegliato in Walter Veltroni e a mio padre, l’avvocato Francesco Paleani, che ha combattuto contro il fascismo trasmettendo comunicati da radio Libera Italia sui tetti del Cairo tra il 1942 e il 1943. Le parole vengono da un passato eroico, quello di tanti uomini e donne che come mio padre hanno creduto nella Democrazia con la D maiuscola, nella Libertà e nella Legalità. Grazie ancora a Walter Veltroni, che non è solo come qualcuno già afferma in alcune testate giornalistiche, ma che ha e avrà tante persone che lo sosterranno, perchè chi parla di democrazia e di libertà di opinione non potrà mai essere messo a tacere e sarà il nuovo, splendido e positivo futuro del nostro Paese.

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  3. “La riforma politica si inizierà con la restaurazione della libertà di associazione, di organizzazione professionale e di stampa e con la sostituzione della milizia e della polizia fascista con una guardia repubblicana. Indi, la nuova costituzione politica mirerà ad organizzare la partecipazione del popolo all’amministrazione della cosa pubblica nella forma più attiva e più varia possibile, sì che abbia a scomparire ogni traccia di psicologia fascista e sia rapida la rieducazione politica degli italiani che in tanti anni di dittatura hanno distolto dal governo del loro paese.
    A tale scopo sarà operato un vasto decentramento dei pubblici poteri in modo da lasciare al governo centrale la cura dei soli interessi che riguardano la totalità del popolo, come l’amministrazione della giustizia, la sicurezza del paese, le comunicazioni, ecc. ”
    E più avanti :”Esula dal nostro compito dare un piano particolareggiato della costituzione amministrativa del futuro stato italiano, ma importa mettere in luce la necessità di assicurare al popolola massima diretta partecipazione alla risoluzione dei suoi problemi sia generali che particolari.Perchè quanto più grande è la partecipazione dei cittadini nella formulazione delle leggi, tanto maggiore è il loro rispetto per esse e più pronta è la reazione contro l’illegalità.
    Infine il fatto di essere consultato frequentemente dà al cittadino il senso di essere qualche cosa nello stato e lo obbliga a formarsi un’opinione intorno ai pubblici problemi.E tutto questo insieme di circostanze concorre ad educare alla libertà e a formare il cittadino”.
    In questo caldissimo giorno di agosto dedico questo testo, tratto dalla pubblicazione settimanale del “Movimento Libera Italia” con redazione al Cairo datato domenica 21 marzo 1943 al coraggioso essere umano che si è risvegliato in Walter Veltroni e a mio padre, l’avvocato Francesco Paleani, che ha combattuto contro il fascismo trasmettendo comunicati da radio Libera Italia sui tetti del Cairo tra il 1942 e il 1943. Le parole vengono da un passato eroico, quello di tanti uomini e donne che come mio padre hanno creduto nella Democrazia con la D maiuscola, nella Libertà e nella Legalità. Grazie ancora a Walter Veltroni, che non è solo come qualcuno già afferma in alcune testate giornalistiche, ma che ha e avrà tante persone che lo sosterranno, perchè chi parla di democrazia e di libertà di opinione non potrà mai essere messo a tacere e sarà il nuovo, splendido e positivo futuro del nostro Paese.
    Maria Teresa Paleani
    P.S. Invio nuovamente il testo corretto scusandomi per i refusi.

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  4. Giri di Walter
    di Marco Travaglio
    Nuovi arrivi da Saturno. Dopo Passera e Mancuso,
    l’astronave che riporta in patria gli italiani reduci
    dallo spazio, praticamente una navetta, ci ha
    restituito ieri Uòlter Veltroni. Il quale, appena
    atterrato, ha scritto una lettera agli italiani: “Scrivo al mio
    Paese e vi dico che cosa farei”. E, per risparmiare
    sull’affrancatura, l’ha mandata al Corriere. Il genere
    epistolare non deve stupire: tutti i migliori comici, da
    Totò a Peppino, da Benigni a Troisi, ne han fatto largo
    uso. Totò, salendo sul wagon lit, chiamava a raccolta
    “fuochisti, macchinisti, ferrovieri, frenatori, uomini di
    fatica”. Uòlter, scendendo dall’Ufo, si rivolge “agli italiani
    che tornano a casa”, ma anche “a quelli che non si sono
    mossi”; a quelli che non si sono mossi “perché
    lavoravano”, ma anche a quelli che non si sono mossi
    “perché non possono lavorare”; “agli imprenditori”, ma
    anche “ai nuovi poveri italiani” (a quelli vecchi no). A
    tutti rammenta che “in fondo due anni fa quasi 14
    milioni di italiani fecero la croce sul simbolo che
    conteneva il mio nome come candidato premier”. Ecco,
    14 milioni di croci sul suo nome. Ma lui non sospettò
    nulla. Anzi seguita a interrogarsi su quella banale
    questione aritmetica che gli negò la vittoria: “Se un
    milione e mezzo dei 38 milioni di votanti avesse scelto il
    centrosinistra riformista invece di Berlusconi, ora
    saremmo noi a guidare il Paese. Ma non è successo, per
    tanti motivi. Come cercherò altrove di approfondire,
    credo più per ragioni profonde e storiche che per limiti
    di quella campagna elettorale che si concluse col
    risultato più importante della storia del riformismo
    italiano”. Ha perso, ma è come se avesse vinto (infatti
    ora spiega come si vince: “No a sante alleanze
    anti-premier, così si perde”, parola di esperto).
    Comunque non è stata colpa sua. Due anni su Saturno
    non gli son bastati per capire cosa accadde nel 2008, ma
    cercherà “altrove di approfondire”. Gli offriamo un
    riassuntino. Novembre 2007: dopo due anni di fallite
    “spallate” a Prodi, B. è politicamente morto, snobbato
    da Bossi e scaricato da Fini che lo chiama “comica
    finale”. Poi entra in scena Uòlter e apre un “tavolo delle
    riforme”, ma non con Fini e Bossi aiutandoli a seppellire
    il nano, bensì col nano aiutandolo a riannettersi Fini e
    Bossi. Effusioni da fidanzatini di Peynet, poi l’accordo
    per una legge elettorale bipartitica, che costringe Fini a
    rientrare a corte di B., mentre Uòlter minaccia di morte i
    partiti alleati (“se si va a votare, il Pd corre da solo”).
    Risultato: Mastella si accorda con B. per votare col
    vecchio porcellum e rovescia Prodi. B. risorge per la
    terza volta. In campagna elettorale chiama Uòlter
    “maschera di Stalin”, ma Uòlter porge l’altra guancia:
    non solo non l’attacca mai, ma nemmeno lo nomina per
    non cadere in tentazione (“il principale esponente dello
    schieramento avversario”). Già che c’è, riabilita pure
    Craxi e affida le liste Pd in Sicilia al compagno Crisafulli,
    vecchio amico del boss di Enna, dunque rieletto
    senatore. Naturalmente perde le elezioni (38% Pdl, 33
    Pd), regalando a B. la maggioranza più oceanica della
    storia. Non contento, persevera col “dialogo”: promette
    “opposizione costruttiva” al peggior governo della
    galassia e non candida nessuno contro Schifani alla
    presidenza del Senato. Così il Pd perde pure tutte le
    regioni su piazza (Friuli, Abruzzo, Sardegna). Poi Uòlter
    s’imbarca per Saturno. Ora pare guarito: riesce a
    scrivere tre volte “Berlusconi”, scopre “la logica
    personale dei suoi interessi” e “l’aria putrida dei ricatti”,
    ricorda che “la mafia è politica” (avrà parlato con
    Mirello), paventa financo “rischi di democrazia
    autoritaria”. Tutto giusto, tutto perfetto (a parte la
    sparata tutta berlusconiana delle “croci sul mio nome”).
    La lettera parrebbe persino profetica, se fosse stata
    scritta nel ‘94. Oggi invece i destinatari potrebbero
    domandare al mittente: scusa, Uòlter, anziché
    raccontarci “cosa farei” ora che non conti più nulla, ci
    spieghi perché non hai fatto qualcosa quand’eri
    vicepremier, poi segretario dei Ds e poi del Pd? Perché
    le lettere hanno questo, di seccante: che ogni tanto
    qualcuno risponde.

    Rispondi
  5. Walter, sei uno dei migliori e purtroppo troppo pochi. Tutto quello che dici è condivisibile, ma il problema è che all’interno del PD sono sempre i soliti a decidere, a fare e disfare. Ci vuole coraggio, ci vuole una ventata di novità, ci vuole la forza di mettere alla porta colonnelli, portaborse e galoppini.

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  6. In merito m’è piaciuto l’editoriale di Marco Travaglio su “il Fatto Quotidiano” del 25/08/2010 che riporto:

    Nuovi arrivi da Saturno. Dopo Passera e Mancuso, l’astronave che riporta in patria gli italiani reduci dallo spazio, praticamente una navetta, ci ha restituito ieri Uòlter Veltroni. Il quale, appena atterrato, ha scritto una lettera agli italiani: “Scrivo al mio Paese e vi dico che cosa farei”. E, per risparmiare sull’affrancatura, l’ha mandata al Corr iere. Il genere
    epistolare non deve stupire: tutti i migliori comici, da Totò a Peppino, da Benigni a Troisi, ne han fatto largo uso. Totò, salendo sul wagon lit, chiamava a raccolta “fuochisti, macchinisti, ferrovieri, frenatori, uomini di
    fa t i c a ”. Uòlter, scendendo dall’Ufo, si rivolge “agli italiani che tornano a casa”, ma anche “a quelli che non si sono mossi”; a quelli che non si sono mossi “perché lavoravano ”, ma anche a quelli che non si sono mossi “perché non possono lavorare”; “agli imprenditori”, ma anche “ai nuovi poveri italiani” (a quelli vecchi no). A tutti rammenta che “in fondo due anni fa quasi 14 milioni di italiani fecero la croce sul simbolo che conteneva il mio nome come candidato premier”. Ecco, 14 milioni di croci sul suo nome. Ma lui non sospettò nulla. Anzi seguita a interrogarsi su quella banale questione aritmetica che gli negò la vittoria: “Se un milione e mezzo dei 38 milioni di votanti avesse scelto il centrosinistra riformista invece di Berlusconi, ora saremmo noi a guidare il Paese. Ma non è successo, per tanti motivi. Come cercherò altrove di approfondire, credo più per ragioni profonde e storiche che per limiti di quella campagna elettorale che si concluse col risultato più importante della storia del riformismo italiano”. Ha perso, ma è come se avesse vinto (infatti ora spiega come si vince: “No a sante alleanze anti-premier, così si perde”, parola di esperto).
    Comunque non è stata colpa sua. Due anni su Saturno non gli son bastati per capire cosa accadde nel 2008, ma cercherà “altrove di approfondire”. Gli offriamo un riassuntino. Novembre 2007: dopo due anni di fallite “spallate” a Prodi, B. è politicamente morto, snobbato da Bossi e scaricato da Fini che lo chiama “comica fi n a l e ”. Poi entra in scena Uòlter e apre un “tavolo delle rifor me”, ma non con Fini e Bossi aiutandoli a seppellire il nano, bensì col nano aiutandolo a riannettersi Fini e Bossi. Effusioni da fidanzatini di Peynet, poi l’a c c o rd o per una legge elettorale bipartitica, che costringe Fini a rientrare a corte di B., mentre Uòlter minaccia di morte i partiti alleati (“se si va a votare, il Pd corre da solo”).
    Risultato: Mastella si accorda con B. per votare col vecchio porcellum e rovescia Prodi. B. risorge per la terza volta. In campagna elettorale chiama Uòlter “maschera di Stalin”, ma Uòlter porge l’altra guancia: non solo non l’attacca mai, ma nemmeno lo nomina per non cadere in tentazione (“il principale esponente dello schieramento avversario”). Già che c’è, riabilita pure Craxi e affida le liste Pd in Sicilia al compagno Crisafulli, vecchio amico del boss di Enna, dunque rieletto senatore. Naturalmente perde le elezioni (38% Pdl, 33 Pd), regalando a B. la maggioranza più oceanica della storia. Non contento, persevera col “d i a l o go ”: promette “opposizione costruttiva” al peggior governo della galassia e non candida nessuno contro Schifani alla presidenza del Senato. Così il Pd perde pure tutte le regioni su piazza (Friuli, Abruzzo, Sardegna). Poi Uòlter s’imbarca per Saturno. Ora pare guarito: riesce a scrivere tre volte “Berlusconi”, scopre “la logica personale dei suoi interessi” e “l’aria putrida dei ricatti”, ricorda che “la mafia è politica” (avrà parlato con Mirello), paventa financo “rischi di democrazia autor itar ia”. Tutto giusto, tutto perfetto (a parte la sparata tutta berlusconiana delle “croci sul mio nome”).
    La lettera parrebbe persino profetica, se fosse stata scritta nel ‘94. Oggi invece i destinatari potrebbero domandare al mittente: scusa, Uòlter, anziché raccontarci “cosa farei” ora che non conti più nulla, ci spieghi perché non hai fatto qualcosa quand’eri vicepremier, poi segretario dei Ds e poi del Pd? Perché le lettere hanno questo, di seccante: che ogni tanto qualcuno risponde.

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  7. Non falso poi è quest’altro commento di Claudio Fava:

    Veltroni is not Al Gore… purtroppo
    E’ istruttivo ascoltare i professionisti della politica che inveiscono contro i professionisti della politica, in un esempio imbarazzante di dissociazione della personalità. Ieri Veltroni sul Corriere se la prendeva con un ceto politico che ha umiliato il paese, gli ha sottratto diritti, speranze e verità (un esempio per tutti, spiegava Veltroni: il cantiere della Salerno-Reggio, ancora miseramente aperto). Non ci è chiaro se si tratta dello stesso Walter Veltroni che in codesti anni (mentre i cantieri sulla A3 si aprivano e chiudevano come le sliding doors di una metropolitana) è stato per due volte segretario del più grande partito d’opposizione (e di governo), vicepresidente del Consiglio, ministro, sindaco della capitale e candidato premier.

    Se quell’autostrada è ancora incompiuta e se il senso civile della nazione è tracollato, qualche responsabilità (sia pure indiretta, oggettiva, immateriale) gli potrà pur essere attribuita: o no? E che dire di Rutelli – negli ultimi vent’anni segretario di un partito, fondatore di un altro partito, ministro, vicepremier, sindaco della capitale e candidato premier – che ammonisce gli italiani spiegando dov’è il vero riformismo e distribuendo voti e veti a tutti gli altri politici? E che mi dite di Casini – segretario di partito, ministro, vicepremier, presidente della camera – che oggi ci spiega come va riformata la politica per evitare il collasso morale delle istituzioni? Ma insomma, mentre le istituzioni franavano e Berlusconi acquistava per sé i pezzi più pregiati come al mercante in fiera, mentre il paese si smarriva e smarriva il significato delle proprie parole, mentre ci si convinceva tutti che clandestini sono i sudanesi che vengono a nuoto in Italia e non i camorristi che abitano in Parlamento e al governo, mentre tutto questo accadeva, questi illuminati censori della cattiva politica dov’erano? Erano lì, al governo, all’opposizione, sempre in ruoli di assoluta responsabilità istituzionale.

    Ma perché Al Gore, il giorno dopo la sua sconfitta alle elezioni presidenziali, si ritira dalla politica attiva, per quale ragione l’ex presidente Clinton, esaurito il suo mandato, riappare solo per accompagnare la figlia al matrimonio e invece in Italia da un quarto di secolo i destini del paese vengono scritti, storpiati e riscritti sempre dallo stesso manipolo di primi della classe senza che nessuno di loro – dopo aver fatto di tutto: il candidato trombato, il segretario di partito, il ministro della repubblica – senta come urgenza dello spirito un elegante, definitivo passo indietro?

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  8. Il clintoniano finalmente si ricorda di avere un paese e di aver avuto 14 milioni di voti. Peccato che se ne accorto in ritardo, ma comunque meglio lui che D’Alema, Bassolino, e tutte le zavorre che il pd si porta indietro.

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  9. Ma non doveva andarsene in Africa ‘sto tizio? Lo promise..e non ha mantenuto. Walter, romanziere e cantore della banalità rispecchia alla grandissima il proverbio « Quann’ ‘o mare è calmo, ognuno è marenaro.» Vergognoso, banalissimo e stucchevole.

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  10. Caro Veltroni sono iscritto al PD come te. Ti dico che dovresti solo vergognarti perchè dopo aver arrecato tanti danni al centrosinistra,ancora ti permetti di pontificare e vorresti rientrare nel gioco politico.! ma non dovevi andare in Africa ad aiutare i bambini affamati? Ti rendi conto che non sei più credibile? sei obsoleto e appartieni alla serie NON SE NE VOGLIONO ANDARE insieme al tuo degno compare-nemico D’Alema. Siete voi i maggiori responsabili della crisi del PD,perciò fareste veramente un grande piacere a questo Partito se tenessi la bocca chiusa!

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