Elisa Caponetti a Maria De Filippi: La violenza è un problema reale

In seguito al caso  suscitato  dalla trasmissione “C’è Posta per te” di Maria de Filippi la scrittrice e psicoterapeuta Elisa Caponetti ripropone i concetti contro la violenza. 

Elisa Caponetti

POLITICAdeMENTE

ROMA – Quello della violenza è un problema reale, che, però, solo in tempi recenti ha acquistato dignità giuridica. Ma che cos’è, esattamente, la violenza? Come si espleta? Come si contrasta? Come si può intervenire onde evitare una tragica deriva? Quali sono i comportamenti da adottare nei confronti delle vittime? E nei confronti dei carnefici?

Il testo di Elisa Caponetti, nel rispondere a queste domande e attingendo ai fondamentali contributi dell’Avv. Maria Letizia Sassi e del Questore Ricifari, offre notevoli spunti di riflessione e importanti testimonianze, intese, in particolare, a comprendere che cosa spinga tante donne e uomini a non denunciare e come si possa fare prevenzione in un ambito così complesso.

Introduzione

Il libro “Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità” nasce dal desiderio di voler condividere con i lettori, la mia esperienza quasi trentennale nella trattazione e gestione di casi aventi ad oggetto questo tema così attuale e così delicato.

Ho deciso di provare a dare voce ad alcune tra le tante storie raccolte nel corso della mia attività professionale. Sono una psicologa giuridica e psicoterapeuta che opera sia in ambito clinico che giuridico forense. Mi trovo così a ricevere nel mio studio sia chi subisce situazioni di violenza e maltrattamento, sia chi vive contesti di alta conflittualità ma a volte anche chi i soprusi li agisce. Ed è così che mi ritrovo ad ascoltare donne ma anche uomini che raccontano le loro storie con i loro drammi, i loro sogni, le loro paure, le loro fragilità, ma anche i loro traumi, che in fondo rappresentano le inquietudini dei nostri giorni. Riuscire sempre a leggere la violenza nella sua complessità, senza banalizzazioni e generalizzazioni, è il mio approccio ed al contempo la mia grande sfida. Nulla va mai dato per assodato.

Parlando di violenza, ho deciso di dedicare un approfondimento al ruolo assunto dalla dimensione culturale e sociale di cui siamo costantemente permeati, a volte nella più totale inconsapevolezza, ma ho ritenuto di dover dedicare ampio spazio anche ai diversi volti della violenza e questo per far meglio comprendere che esistono differenti manifestazioni e forme di realizzazione della stessa: contro le donne (la violenza sessuale, quella psicologica, i maltrattamenti, le minacce di aggressione, le intimidazioni, gli atti persecutori, la violenza economica, fino ad arrivare all’omicidio volontario); contro gli uomini; ai danni dei soggetti più fragili come i bambini, i ragazzi ma anche gli anziani. Ovviamente sono tutte forme di violenza condannabili e che possono creare conseguenze diverse, alcune più dannose di altre. Si pensi all’utilizzo dell’acido. È qualcosa di terribile. L’autore di violenza agisce premeditatamente e getta una sostanza corrosiva addosso alla vittima con il preciso intento di mutilarla e deturparla per sempre. Una forma di tortura di una ferocia inaudita e che può portare anche alla morte o alla cecità, lasciando per sempre i segni della violenza sia sul corpo che sulla mente, danneggiando irrimediabilmente l’esistenza futura della vittima

Non è quindi possibile tracciare un profilo psicologico univoco dell’uomo che agisce violenza. Cambiano gli agiti violenti e le persone non sono tutte uguali. È importante ricordare che la violenza ha una dimensione mondiale ed è riconosciuta dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani. Purtroppo è un fenomeno al momento ancora sottostimato (ancor di più quella agita dalle donne nei confronti degli uomini) in quanto in gran parte sommerso nonostante ad oggi appaia un tema talmente alla ribalta da poter essere considerato come facilmente riconoscibile e censurabile.

Molto spesso si parla dell’autore del reato dando risalto al crimine commesso, raramente si studia e si dà voce alla vittima. Questo libro vuole offrire quindi non soltanto spunti di riflessione su questo complesso tema in favore di chi, come me, svolge la propria attività in campo forense e criminologico, ma vuole avere anche l’ambizione di riuscire a suscitare una qualche forma di consapevolezza in tutti coloro che si trovano a vivere una situazione di violenza (e purtroppo sono tanti) e che hanno difficoltà a riconoscerla o a chiedere aiuto.

Per raggiungere questo obiettivo, ho dato spazio al racconto di alcune storie di donne che ho incontrato nel mio cammino, anche se ho trattato comunque altre forme di maltrattamento, non limitandomi a quello di genere. Ho scelto anche di inserire due storie di violenza raccontate dagli stessi protagonisti che l’hanno subita. Si tratta di due forme di soprusi completamente diversi: il primo agito principalmente psicologicamente (da un uomo su una donna), nel secondo, noto fatto di cronaca, la violenza è culminata fisicamente con una ferocia inaudita (da una donna ai danni di un uomo) ma entrambi i racconti sono altrettanto drammatici, anche se ovviamente hanno avuto risvolti ed esiti completamente diversi. Vi sono inoltre contributi importanti, a partire da Roberta Beta e Giuseppe Morgante, che hanno raccontato loro stessi la loro storia. C’è anche un’intervista a Filomena Lamberti, donna di grande forza e coraggio, colpita dall’acido. Ma ci sono anche rilevanti contributi offerti da professionisti che come me, si occupano di violenza e di agiti criminali. Un ringraziamento va quindi a loro, per gli importanti contributi offerti.

L’Avvocato Maria Letizia Sassi, penalista del Foro di Roma, oltre a richiamare il corretto approccio che il legale dovrebbe tenere dinanzi ad ogni caso di violenza sottoposto alla propria attenzione, ha dato spazio (nel rispetto dello spirito narrativo e non esclusivamente “ tecnico” cui il libro è improntato), anche alle storie raccontate da alcuni suoi assistiti che hanno vissuto due tipologie di violenza diverse tra loro ma ugualmente terribili e schiaccianti. Ha così dato testimonianza di quello che è il contesto, l’iter legale e giudiziario che hanno dovuto affrontare e che hanno superato inviata sempre di un traguardo più importante, quello di uscire da un “circolo” che ha bloccato il proprio vivere.

Il Dr. Emanuele Ricifari, Questore di Caltanissetta, ha messo in risalto l’esperienza del poliziotto che passa sia attraverso una sensibilità costruita insieme alle donne vittime, sia grazie alle poliziotte investigatrici e operatrici sociali. Ciò ha insegnato che un’investigazione di successo deve necessariamente passare dall’accoglienza della vittima e dal riscontro minuzioso del suo vissuto e del contesto in cui è maturato. L’empatia con la vittima è essenziale come lo è il misurato distacco professionale necessario per giungere alla ricostruzione dei fatti che “tenga” al vaglio processuale. La Polizia di Stato attraverso la specializzazione degli agenti che si occupano dei casi di violenza domestica e di genere ha trovato grande aiuto nella logica di rete con le agenzie sul territorio: psicologi, assistenti sociali, associazioni antiviolenza. La vittima infatti va “accompagnata” nel percorso che va dalla denuncia al post processo, in fasi e momenti in cui vive una fragilità non solo emotiva ma spesso anche materiale.

In ultimo, ma non certo per importanza, voglio esprimere il mio ringraziamento per la sua prefazione a Gian Marco Chiocci, direttore di Adnkronos, già direttore de Il Tempo, da sempre impegnato in prima linea nell’affrontare questi importantissimi temi. Se dalla lettura di questo libro si attiverà una richiesta di aiuto, anche solo da parte di una vittima di violenza, questo per me sarà già un gran successo.

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