La missiva indirizzata al Presidente della CEI Cardinal Angelo Bagnasco.
Il direttore di Avvenire argomenta il suo addio
MILANO – Ecco la lettera di dimissioni con cui il Direttore di Avvenire Dino Boffo ha lasciato l’incarico a seguito dell’attacco mediatico dei giornali della Famiglia del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi:Il Giornale, Libero e il Tempo. Il capolavoro di Vittorio Feltri si è compiuto, Feltri intervistato dal SOLE 24ORE si è detto dispiaciuto, che non voleva le dimissioni di Boffo ma che in ogni caso sono state accettate . E’ un atto che segna una brutta pagina nella storia del giornalismo italiano, che mette ancora più in evidenza le anomalie del sistema informativo italiano ed in particolare la concentrazione di giornali quotidiani, riviste e TV, in mano al nostro Presidente del Consiglio. Homo homini lupus.
Aggiungere un qualsiasi altro commento è superfluo.
LA LETTERA
Da sette giorni la mia persona è al centro di una bufera di proporzioni gigantesche, che ha invaso giornali, televisioni, radio, web, e che non accenna a smorzarsi, anzi. La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni, sono state violentate con una volontà dissacratoria che non immaginavo potesse esistere. L’attacco smisurato, capzioso, irritualmente feroce che è stato sferrato contro di me dal quotidiano «Il Giornale» guidato da Feltri e Sallusti, e subito spalleggiato da «Libero» e dal «Tempo», non ha alcuna plausibile, ragionevole, civile motivazione: un opaco blocco di potere laicista si è mosso contro chi il potere, come loro lo intendono, non ce l’ha oggi e non l’avrà domani. Qualcuno, un giorno, dovrà pur spiegare perchè ad un quotidiano – Avvenire – che ha fatto dell’autonomia culturale e politica la propria divisa, che ha sempre riservato alle istituzioni civili l’atteggiamento di dialogo e di attenta verifica che è loro dovuto, che ha doverosamente cercato di onorare i diritti di tutti e sempre rispettato il responso elettorale espresso dai cittadini, non mettendo in campo mai pregiudizi negativi, neppure nei confronti dei governi presieduti dall’onorevole Berlusconi, dovrà spiegare – dicevo ? Perché a un libero cronista, è stato riservato questo inaudito trattamento. E domando se si fa così con i giornalisti indipendenti, onesti, e per quanto possibile – nella dialettica del giudizio – collaborativi, quale futuro di libertà e di responsabilità ci potrà mai essere per la nostra informazione? Quando si andranno a rileggere i due editoriali firmati da due miei colleghi, il pro e contro di altri due di essi, e le mie tre risposte ad altrettante lettere che Avvenire ha dedicato durante l’estate alle vicende personali di Silvio Berlusconi, apparirà ancora più chiaramente l’irragionevolezza e l’autolesionismo di questo attacco sconsiderato e barbarico.
Grazie a Dio, nonostante le polemiche, e per l’onestà intellettuale prima del ministro Maroni e poi dei magistrati di Terni, si è chiarito che lo scandalo sessuale inizialmente sventagliato contro di me, e propagandato come fosse verità affermata, era una colossale montatura romanzata e diabolicamente congegnata. Fin dall’inizio si era trattato d’altro. Questa risultanza è ciò che mi dà più pace, il resto verrà, io non ho alcun dubbio. E tuttavia le scelte redazionali che da giorni taluno continua accanitamente a perseguire nei vari notiziari dicono a me, uomo di media, che la bufera è lungi dall’attenuarsi e che la pervicace volontà del sopraffattore è di darsi ragione anche contro la ragione. Un dirigente politico lunedì sera osava dichiarare che qualcuno vuole intimorire Feltri; era lo stesso che nei giorni precedenti aveva incredibilmente affermato che l’aggredito era proprio il direttore del «Giornale», e tutto questo per chiamare a raccolta uomini e mezzi in una battaglia che evidentemente si vuole ad oltranza. E mentre sento sparare i colpi sopra la mia testa mi chiedo: io che c’entro con tutto questo? In una guerra tra gruppi editoriali, tra posizioni di potere cristallizzate e prepotenti ambizioni in incubazione, io – ancora – che c’entro? Perchè devo vedere disegnate geografie ecclesiastiche che si fronteggerebbero addirittura all’ombra di questa mia piccola vicenda? E perchè , per ricostruire fatti che si immaginano fatalmente miei, devo veder scomodata una girandola di nomi, di persone e di famiglie, forse anche ignare, che avrebbero invece il sacrosanto diritto di vedersi riconosciuto da tutti il rispetto fondamentale? Solo perchè sono incorso, io giornalista e direttore, in un episodio di sostanziale mancata vigilanza, ricondotto poi a semplice contravvenzione? Mi si vuole a tutti i costi far confessare qualcosa, e allora dirò che se uno sbaglio ho fatto, è stato non quello che si pretende con ogni mezzo di farmi ammettere, ma il non aver dato il giusto peso ad un reato «bagatellare», travestito oggi con prodigioso trasformismo a emblema della più disinvolta immoralità.
Feltri non si illuda, c’è già dietro di lui chi, fregandosi le mani, si sta preparando ad incamerare il risultato di questa insperata operazione: bisognava leggerli attentamente i giornali, in questi giorni, non si menavano solo fendenti micidiali, l’operazione è presto diventata qualcosa di più articolato. Ma a me questo, francamente, interessa oggi abbastanza poco. Devo dire invece che non potrò mai dimenticare, nella mia vita, la coralità con cui la Chiesa è scesa in campo per difendermi: mai – devo dire – ho sentito venir meno la fiducia dei miei Superiori, della Cei come della Santa Sede. Se qualche vanesio irresponsabile ha parlato a vanvera, questo non può gettare alcun dubbio sulle intenzioni dei Superiori, che mi si sono rivelate sempre esplicite e, dunque, indubitabili. Ma anche qui non posso mancare di interrogarmi: io sono, da una vita, abituato a servire, non certo a essere coccolato o ancor meno garantito. La Chiesa ha altro da fare che difendere a oltranza una persona per quanto gratuitamente bersagliata. Per questi motivi, Eminenza carissima, sono arrivato alla serena e lucida determinazione di dimettermi irrevocabilmente dalla direzione di «Avvenire», «Tv2000» e «Radio Inblu», con effetto immediato. Non posso accettare che sul mio nome si sviluppi ancora, per giorni e giorni, una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani, quasi non ci fossero problemi più seri e più incombenti e più invasivi che le scaramucce di un giornale contro un altro. E poi ci lamentiamo che la gente si disaffeziona ai giornali: cos’altro dovrebbe fare, premiarci? So bene che qualcuno, più impudico di sempre – aggiunge -, dirà che scappo, ma io in realtà resto dove idealmente e moralmente sono sempre stato. Nessuna ironia, nessuna calunnia, nessuno sfregamento di mani che da qui in poi si registrerà potrà turbarmi o sviare il senso di questa decisione presa con distacco da me e considerando anzitutto gli interessi della mia Chiesa e del mio amato Paese. In questo gesto – in sè mitissimo – delle dimissioni è compreso un grido alto, non importa quanto squassante, di ribellione: ora basta.
In questi giorni ho sentito come mai la fraternità di tante persone, diventate ad una ad una a me care, e le ringrazio della solidarietà che mi hanno gratuitamente donato, e che mi è stata preziosa come l’ossigeno. Non so quanti possano vantare lettori che si preoccupano anche del benessere spirituale del loro direttore, che inviano preghiere, suggeriscono invocazioni, mandano spunti di lettura: io li ho avuti questi lettori, e Le assicuro che sono l’eredità più preziosa che porto con me. Ringrazio sine fine le mie redazioni, in particolare quella di Avvenire per il bene che mi ha voluto, per la sopportazione che ha esercitato verso il mio non sempre comodo carattere, per quanto di spontanea corale intensa magnifica solidarietà mi ha espresso costantemente e senza cedimenti in questi difficili giorni. Non li dimenticherò. La stessa gratitudine la devo al Presidente del CdA, al carissimo Direttore generale, ai singoli Consiglieri che si sono avvicendati, al personale tecnico amministrativo e poligrafico, alla mia segreteria, ai collaboratori, editorialisti, corrispondenti. Gli obiettivi che Avvenire ha raggiunto li si deve ad una straordinaria sinergia che puntualmente, ogni mattina, è scattata tra tutti quelli impegnati a vario titolo nel giornale. So bene che molti di questi colleghi e collaboratori non condividono oggi la mia scelta estrema, ma sono certo che quando scopriranno che essa è la condizione perchè le ostilità si plachino, capiranno che era un sacrificio per cui valeva la pena. Eminenza, a me, umile uomo di provincia, è capitato di fare il direttore del quotidiano cattolico nazionale per ben 15 degli straordinari anni di pontificato di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI: è stata l’avventura intellettuale e spirituale più esaltante che mi potesse capitare. Un dono strepitoso, ineguagliabile. A Lei, Eminenza carissima, e al cardinale Camillo Ruini, ai segretari generali monsignor Betori e monsignor Crociata, a ciascun Vescovo e Cardinale, proprio a ciascuno la mia affezione sconfinata: mi è stato consentito di essere, anzi sono stato provocato a pormi quale laico secondo l’insegnamento del Concilio, esattamente come avevo studiato e sognato negli anni della mia formazione. La Chiesa mia madre potrà sempre in futuro contare sul mio umile, nascosto servizio. Il 3 agosto scorso, in occasione del cambio di direzione al quotidiano «Il Giornale» scriveva Giampaolo Pansa: «Dalla carta stampata colerà il sangue e anche qualcosa di più immondo. E mi chiedo se tutto questo servirà a migliorare la credibilità del giornalismo italiano». La mia risposta è netta: no. Servirà soltanto a rendere più infernale la bolgia che stiamo vivendo. Alla lettura di queste righe, Eminenza, ricordo che provai un certo qual brivido, ora semplicemente sorrido: bisognerebbe che noi giornalisti ci dessimo un po’ meno arie e imparassimo ad essere un po’ più veri secondo una misura meno meschina dell’umano. L’abbraccio, con l’ossequio più affettuoso.
03 settembre 2009
Mai un “biblico ” detto è stato più appropriato: “CHI DI SPADA FERISCE DI SPADA PERISCE.
Cosa ci potevamo aspettare da Berlusconi e i suoi ascari. Anche questo è colpa della sinistra che non ha risolto il conflitto di interesse che ormai è pauroso. Un mostro che diventa sempre più grande. Ormai siamo tutti incompatibili a Berlusconi.
Il comportamento antideontologico di Feltri è degno della radiazione dall’Ordine, così come è inaudito l’attacco sferrato da Berlusconi alla stampa italiana (fra parentesi: il presidente del Consiglio non ha querelato penalmente La Repubblica perchè una domanda non contenente palesi insulti o minacce non può essere mai in nessun caso ‘diffamatoria’, e state certi che perderà in sede civile). Gravissimo che una ‘velina’ fasulla sia comparsa tra le carte giudfiziarie e che sia stata utilizzata da giornalisti per accusare Boffo di reati inesistenti e comportamenti deviati. Ordine dei giornalisti: è l’occasione per far vedere che esisti ancora!
Come al solito sono più pericolosi i servi che i padroni. Feltri poi sa ringhiare e mordere molto bene, più del suo editore.
Un episodio inqualificabile
Feltri ha voluto semplicemente “denudare” il moralista Boffo…lasciando intendere che in Italia nessun può dirsi un santo, salire in cattedra e fare la moralina agli altri
D’altronde parliamo di uno (il Boffo) che è stato condannato per molestie da un Tribunale della Repubblica.
Qualche mese fa abbiamo avuto come esempio Di Pietro…che blatera in giro di onestà, etica, trasparenza etc….e poi vedersi il figlio chiedere apertamente ad un assessore di sistemare un paio di architetti suoi amici nella Regione Campania.
Ma voi di sinistra credete o non credete nella magistratura? o ci credete solo quando attaccano il premier, e sulle intercettazioni di D’alema ,Fassino e Consorte, sul trasferimento della Forleo e De Magistris e del Generale Speciale, nessuno deve aprir bocca, altrimenti il “POPOLO” quello con il prosciutto sugli occhi, RINSAVISCE e prende coscienza. Ma tornate a tre mesi fa con la memoria(sò che per voi è difficile il passato vi fà paura) , attacchi su tutti i fronti tutti i cento e passa giornali di sinistra, contro i tre di destra parlavano ogni mattina di Berlusconi Noemi, la Daddario, e le foto scattate nella villa in sardegna, invece di parlare in 10 mesi cosa aveva prodotto il governo Berlusconi…. niente solo infamità fango sugli italiani anche dai giornali dei vostri compagni d’oltralpe. Ma finitela una volta per sempre Boffo si è dimesso ammettendo cio che FELTRI ha avuto il coraggio che neanche quella chiesa “DELLA SCOMUNICA come se fossimo tornati all’inquisizioneper la pillola abortiva, ha fatto pur sapendo della condanna. Allora leggetevi le carte e smettetela di dire stronzate con i “PARAOCCHI” toglieteveli e guardate il mondo a 360 gradi e non solo per quel che “””VOLETE VEDERE PERCHE’ RIENTRA NELL’AMBITO DEI VOSTRI INTERESSI, questo è “BECERO EGOISMO.
La differenza sostanziale tra Boffo e Berlusconi è che il primo è un semplice direttore di un quotidiano Cattolico, il secondo è il Capo Del Governo, terza carica dello Stato o quarta se la facciamo precedere dal Presidente Della Camera, ed organo Costituzionale per eccellenza.Mi fermo qui. Gentili lettori, dopo aver personalmente analizzato il fatto specifico e la cronologia degli eventi che riguardano la vita pubblica/privata del sig. B di questi ultimi mesi ma non volendo entrare su questo blog, volutamente, nel merito, spero ognuno di voi faccia le “opportune”, ripeto OPPORTUNE, riflessioni.
—–Messaggio originale—–
Inviato: venerdì 11 settembre 2009 13.48
Oggetto: Lettera aperta a Dino Boffo
Caro Dino Boffo,
ora che le roventi polemiche estive sembrano placate e le tue dimissioni hanno riportato un po’ di serenità nell’opinione pubblica cattolica, mi sembra doveroso fare qualche considerazione.
1. I fatti. Una condanna penale accettata. Preferisco credere alla tua versione dei fatti, quindi hai la mia solidarietà umana. Resta il dato oggettivo: esiste un atto pubblico e la notizia fu pubblicata dal sito di Mario Adinolfi già nel 2005 e circolava in silenzio (fin dal 2006) dentro le mura dei media che tu stesso dirigevi. I tuoi superiori sapevano, ma per un eccesso di prudenza forse hanno tergiversato troppo a lungo.
2. Prudenza. La vera prudenza forse ti doveva essere consigliata in tempo utile. Persino un promoveatur.. avrebbe potuto salvarci. Hai avuto invece l’onere di guidare il giornalismo cattolico e di dover esprimere pubblicamente alcune posizioni non proprio condivise neanche in alto circa “la shoah degli immigrati” e la condotta privata del premier. Avrebbero fatto meglio a non esporti in prima persona. In questo sei stato di nuovo vittima.
3. Gli avversari. Hanno lustrato il vecchio laicismo anticlericale, ma gli arroccamenti di alcuni Vescovi, ripresi come bandiera dalla sinistra politica, anche a scapito delle indicazioni di prudenza vaticana, hanno prodotto una reazione beffarda e senza rispetto per la tua persona.
4. Di più. La difesa a oltranza di un corpo sociale esibito all’esterno come se esistesse una reale unità di intenti (ma è facile intuire i tanti distinguo interni), ha colmato la misura e nuociuto all’immagine stessa di Chiesa. Infatti le voci anticlericali si sono rinvigorite nel suonare i timpani e la cetra, anzi i tromboni e gli altoparlanti, facendo di tutt’erba un fascio (omosessualità, pedofilia dei preti americani, omofobia), scandalizzando il popolo di Dio confuso e diviso tra l’adesione alle vesti liturgiche, la solidarietà umana e l’avversione istintiva a tutto ciò che suona ipocrisia e clericalismo.
5. Gli aspetti soggettivi di sofferenza. Questi sono i più delicati e degni di rispetto. Attento però a non lasciarti trascinare nel vortice dei risentimenti umanamente spiegabili, ma poco credibili e più adatti a rinfocolare le piaghe piuttosto che a curarle. L’esperto Andreotti suggeriva di non replicare mai a una calunnia a mezzo stampa,anche solo per tema di centuplicare gli echi di una notizia ripetuta.
6. Silenzio. In questa fase il silenzio è d’oro e l’offerta di una sofferenza, anche se ingiustamente patita, può fare solo bene a tutti.
7. Consigli. Consiglia i tuoi amici ecclesiastici di non esporre ulteriormente la Santa Chiesa in questa brutta vicenda con una difesa a oltranza che può portare solo altri dolori e ulteriori beffardi ghigni dell’Avversario di sempre.
8. Strumentalizzazione. Che poi Di Pietro, coinvolgendo le procure di Monza e Terni, ti abbia strumentalizzato è chiarissimo, dal momento che non contesta i fatti ma le modalità di acquisizione e diffusione dei medesimi. Quindi ti trascinerebbe di nuovo in vicende poco simpatiche da ricordare, magari come testimone informato dei fatti.
9. Dolore. Il mio dolore di cristiano impegnato si unisce al tuo e, invece di ergermi a giudice di fatti a me ignoti nella sostanza, anche se ufficiali nelle forme legali, preferisco confidare nell’oblio della misericordia del Padre, che copre le nostre personali magagne e anche quelle di chi si erge a paladino morale senza l’umiltà necessaria. “Chi è senza peccato…” vale sempre, soprattutto perché scegliamo di credere alla tua versione dei fatti.
10. Impegno. Sono certo che ora il tuo impegno non sarà orientato a vendette di sorta ma, temprato dallo stile della santità, riuscirà a vedere nella sventura di una condanna penale, la vicinanza alla sorte del giusto per eccellenza, condannato anche lui ingiustamente
Firma:
Nicolas
un cristiano militante