SEMINARIO di STUDI
“Le cure Palliative nella Regione Campania in un percorso di umanizzazione delle Cure”
Dal To Cure ….al To Care
Convento di S. Francesco Eboli – 9 Luglio 2010 ore 9.00
“ …..Il bisogno di essere ascoltato, riconosciuto, compreso, apprezzato per quello che si è, risulta prevalente rispetto ad ogni altro bisogno.
E’ il bisogno di essere trattato come persona viva fino alla morte, nel rispetto della propria dignità.
Solo quando il morente sente di non contare più per coloro che lo circondano, si sente allora veramente solo, si lascia andare e può sprofondare nell’angoscia”.
M. Balint.PROGRAMMA dei LAVORI
Ore 9.00 – 9.30 – Apertura dei lavori
9.30 – 10.00
Saluti delle Autorità e apertura dei lavori Modera Dr.ssa Valeria Capezzuto10.00 – 10.20
Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore». L. 38/2010
Dr. Marco Spizzichino
Direzione della Programmazione Sanitaria – Ministero della SalutePresentazione del documento elaborato dal CRAMT:
“Linee di indirizzo per l’accesso alle cure palliative domiciliari e residenziali”10.20 – 10.30
La rete di cure Palliative e modalità d’accesso
Dr. Armando de Martino10.30 – 10.40
Le cure palliative per i minori Dr. Fabio Borrometi
10.40 – 10.50
Le cure palliative a tutela del paziente e sostegno alla Famiglia nella gestione di cura
Dr.ssa Caterina Musella10.50- 11.00
La cura del dolore cronico oncologico e non: procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore
Prof. Bruno Zamparelli11.00 – 11.20 – Coffe Break
11.20 –11.30
Gli Hospice quale luogo per l’accoglienza e la cura per i malati terminali
Dr.ssa Anna Iervolino
11.30 – 11.40
Processi di qualificazione e formazione continua in materia di cure palliative e di terapia del dolore
Prof. Gaetano Sicuranza
11.40- 12.10
Tavola rotonda: Dignità della Vita …Dignità dellaPersona
Prof. Pasquale Giustiniani,
dr,ssa Anna Fabrizio,
dr.ssa Barbara Morgillo12.10-12.20
L’assistenza ai malati Terminali in Campania: attualità e prospettive
Dr. Gianluigi Zeppetella
12.20 –13.30
La parola agli utenti, alle Famiglie,
Associazioni ed operatori del SettoreComponenti
Comitato Regionale Assistenza
Malati Terminali (CRAMT)
G. Zeppetella SICP CampaniaF.Borrometi, A. De Martino,
A. Fabrizio, P. Giustiniani,
A. Iervolino, B. Morgillo,
C. Musella, G. Sicuranza,
B. Zamparelli
L’intero sistema (paziente e rete affettiva significativa) è attraversato da un’esperienza di sofferenza, di grande dolore che, per le caratteristiche che presenta, lo si definisce dolore totale. Qualcosa che devasta e fa male dentro, qualcosa d’immediato, brutale, inconciliabile, irrecuperabile. La tecnica può intervenire sugli aspetti fisici – lenire i sintomi nel 95% delle situazioni – ma non sempre riesce a trattare, ammesso che la rilevi, la preponderante quota di forte disagio emozionale connessa con l’angoscia del morire.
Parlare di qualità delle cure, e di quelle palliative in particolare, significa tenere in conto il punto di vista della persona – i suoi sentimenti, le sue paure, i suoi dubbi, i livelli di tolleranza e stress ma anche le sue certezze e i suoi convincimenti – per confezionare un mantello su misura e a misura di dignità e di diritto alla qualità di vita personalmente intesa.
Nell’agire socio-sanitario ecco allora che la palliazione diviene pieno rispetto della persona. Rispetto dell’autonomia di scelta in un contesto di empatia, condivisione, informazione e riflessione. Passaggi di una Medicina Relazionale che conferisce valore alla comunicazione e all’ascolto. E’ un’operazione non facile, di fatto un’operazione culturale che investe la categoria soprattutto medica impegnandola in una revisione di se stessa, del suo agire e dei suoi stessi percorsi formativi. Posizioni sempre più avvertite fra i medici, specie quelli passati “dall’altra parte”, divenuti ad un certo punto della loro vita essi stessi malati (il cardiochirurgo Sandro Bartoccioni, l’oncologo Gianni Bonadonna, il chirurgo toracico Francesco Sartori che insieme hanno testimoniato la loro esperienza di malattia in un libro e, nel passato governo, due di loro sono divenuti parte integrante del gruppo di lavoro al Ministero della Salute) perché il bisogno di cura genera una ricerca di comunità fra simili (la cosiddetta Società dei Malati, di cui tanto argomenta Gad Lerner).
Le persone, consapevoli del diritto di parola e del diritto ad avere voce nelle scelte terapeutiche che li riguardano, si pongono da interlocutori nel rapporto con i curanti per le decisioni importanti da prendere. In questo modo si realizza il dominio dell’uomo sulla tecnica e non il contrario. Questa rimane, come è giusto che sia, strumento a disposizione, al servizio dell’umanità, della scienza umana che si fa scienza etica in quanto luogo pensante, luogo dei limiti, quelli coscientemente individuati e inscritti dall’individuo nella propria biografia, per quel tanto o poco di esistenza che è il tutto di quel che resta da vivere. Il sistema relazionale, quello affettivo e quello dei curanti, deve poter aprire ai discorsi di fine vita, far parlare e ascoltare e mantenere le volontà del malato anche quando questi non può più farlo direttamente.n Italia abbiamo magnifiche esperienze ma anche troppi ritardi rispetto alla cultura della lotta al dolore e alla stessa umanizzazione delle cure che deve consentire un approccio diverso alla persona e il massimo coinvolgimento possibile dei familiari ai quali va garantito un costante supporto assistenziale per tutta la durata della malattia. Non solo negli ambiti strettamente medico-sanitari ma anche per quelli assistenziali e di vero e proprio sostegno nella gestione della persona malata in condizioni terminali o gravemente degenerative”.Le cure palliative e la terapia del dolore rappresentano il tentativo di uscire dalle contraddizioni, rifiutando l’assunto secondo cui nulla debba essere fatto perché non c’è più nulla da fare. Al contrario si sostiene che, proprio perché nulla può più essere fatto sul piano delle terapie causali, moltissimo occorre fare per recuperare qualità di vita, anche nell’ambito dell’assistenza umana e sociale.
Le cure palliative si pongono secondo quindi come: l’integrazione della terapia del dolore e degli altri sintomi con la terapia di sostegno psicologico, socio-assistenziale ed il supporto solidaristico volto ad ottimizzare la qualità della vita di persone affette da patologie inguaribili e spesso a rapida evoluzione, in fase avanzata e terminale. L’A.V.O. nasce a Milano nel 1975 come forma di volontariato da sperimentare nel settore sanitario, assume l’ospedale come campo di intervento sia perché immagine più concreta dell’attività sanitaria sia perché epicentro della sofferenza umana.
Gli obiettivi dell’A.V.O. sono:
– offrire al malato calore umano, dialogo, aiuto a lottare contro la sofferenza e l’isolamento;
– in collaborazione con le Istituzioni, umanizzare le strutture e le prestazioni ospedaliere in modo da dare al malato nella sua dimensione non solo corporea, ma anche psichica, sociale e spirituale, il posto centrale nella struttura ospedaliera.
Oggi in 200 e oltre città italiane operano 25.000 volontari; in Campania sono attivi 35 gruppi A.V.O. con più di 3000 volontari.Il processo di deospedalizzazione in Italia è una realtà oramai consolidata. La gestione di un ammalato a domicilio costa un terzo rispetto a un ricovero ordinario. L’ottima compliance di un ammalato oncologico critico o terminale, assistito a domicilio, ha convertito anche i più scettici a tale tipo di erogazione sanitaria che si avvale sempre più di tecnologia dedicata. La Telemedicina consente una comunicazione in rete che fino a qualche anno fa era inimmaginabile e apre nuove prospettive e nuove frontiere che ben si conciliano in un contesto demografico a bassa densità abitativa che è il nostro territorio.
invito marco ad essere presente al Convegno venerdi 9 luglio con tutti i volontari AVO per testimoniare quanto, con tanta chiarezza ha precisato nel suo commento
DIAMO VOCE A CHI NON HA VOCE……….
Grazie dr. De Martino,ci sara’ di sicuro mia madre,Elisio Maddalena, volontaria da tanti anni,io spero di esserci tranne imprevisti!