Dall’Associazione “Sviluppo Agricoltura Progresso” di Capaccio-Paestum, un appello per un nuovo “Patto Sociale”.
Il Presidente Daniele Petrone (SAP): “Un nuovo “Patto Sociale” che coinvolga politica, imprenditori, forza lavoro e società civile mettendo al centro e facendoli convivere in un armonioso processo di crescita, tre grandi punti di impatto: Salari, produttività, crescita”.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
CAPACCIO-PAESTUM – Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento del Presidente dell’Associazione “Sviluppo Agricoltura Progresso” di Capaccio-Paestum, Daniele Petrone che valutando le risorse disponibili, le potenzialità e le inesistenti politiche Agricole e programmatiche, immagina nuovi sviluppi e nuove strade che non possono che passare attraverso un nuovo “Patto Sociale” che coinvolga politica, imprenditori, forza lavoro e società civile mettendo al centro e facendoli convivere in un armonioso processo di crescita, tre grandi punti di impatto: Salari, produttività, crescita. Tre grandi temi che Daniele Petrone nell’intervento che segue pone in discussione per aprire un confronto, serando sia proficuo e produttivo.
«Salari, produttività, crescita: questi i fattori determinanti da porre alla base di un nuovo Patto Sociale. Il crescente peso della spesa pubblica, un processo di globalizzazione in continua espansione e un ruolo pervasivo della “conoscenza” impongono una riflessione sul meccanismo di funzionamento e di governo dei moderni sistemi economici. Invertire la tendenza del passato, abbattere le posizioni di rendita queste le condizioni per vincere la sfida della globalizzazione.
Carlo Azeglio Ciampi ebbe a dire nel lontano 2006 “La concertazione è un metodo che rende purché non si pretenda di imporla, ma la si persegua insieme, costruendo un patto comune e credendoci sul serio, governo, sindacati e imprese”. In questo contesto appare del tutto evidente che l’Agricoltura non può essere considerata la cenerentola dell’economia, ma gli devono essere attribuiti il giusto peso e ruolo. Per seguire questa strada è necessario dare più spazio alle nuove reti di imprese agricole di piccola e media dimensione, che sono in grado di valorizzare le risorse endogene del territorio in modo sostenibile.
Karl Marx scrisse “proletari di tutto il mondo unitevi…”, peccato che i proletari se ne siano dimenticati, lasciando liberi i capitalisti di ampliare i loro profitti nelle grandi “multinazionali”. Tali politiche liberiste, anziché guidare i mercati verso uno sviluppo sostenibile e tutela della salute, solidarietà e sovranità territoriale, sono riuscite invece ad accrescere le distorsioni economiche tra settori agricoli forti ed economie deboli accentuando così il divario tra stati ricchi e poveri all’interno dell’Unione Europea.
Nessuno pensa ad un’agricoltura bucolica, a un ritorno al passato che non tenga conto delle innovazioni e delle profonde trasformazioni, ma allo stesso tempo nessuno pensi che l’agricoltura possa ancora sostenersi con l’elemosina della sussistenza dei “premi”: essi hanno prodotto solo abbandono del territorio, esodo dalle aree rurali, importazione di prodotti contraffatti e concorrenziali anche in violazione a norme igienico sanitarie, minando così la salute dei consumatori. Per competere e accettare le nuove sfide del terzo millennio abbiamo bisogno di una ricerca libera e pubblica, non piegata agli interessi delle multinazionali che rendono l’Agricoltura prigioniera e schiava. Una ricerca quindi capace di sviluppare e coniugare innovazione e condizioni di benessere e salute per tutti.
L’incertezza del quadro politico nazionale, con evidenti ricadute territoriali, ha reso indifferibile un momento di riflessione comune. Il Mezzogiorno vive una condizione di estremo sbandamento. Lo spirito che ci anima ambisce a rinverdire forme di protagonismo politico e culturale, in grado di uscire dalla condizione di semplici spettatori di strategie calate dall’alto, che mortificano lo sviluppo del meridione. È nostra intenzione accogliere per quanto possibile questa sfida anche per il nostro territorio, chiamando a raccolta quelle forze sane, da troppo tempo messe ai margini, perché incompatibili con scelte politiche prive della benché minima concertazione. Il settore agricolo dell’intera Provincia di Salerno vive un momento di profondo mutamento del tessuto socio-economico. In tal senso, per approfondire i processi in atto nell’intera area, ci permettiamo di suggerire la creazione di un osservatorio permanente sull’evoluzione dei nuovi processi in atto nel comparto agricolo, da allocare presso l’Azienda Sperimentale regionale Improsta di Eboli, dove è custodito il germoplasma vegetale e orticolo dell’intero Mezzogiorno d’Italia.
Un patrimonio inestimabile che va valorizzato e non disperso, attraverso una gestione trasparente capace di creare know how per le imprese agricole, uscendo da una pura e semplice gestione più dedita a clientele sulle assunzioni e sugli incarichi professionali. Inoltre sarebbe altrettanto necessario riportare nel proprio territorio di origine il cavallo salernitano, attualmente situato presso Il Centro Regionale di Incremento Ippico di Santa Maria Capua Vetere (CE) . Tale proposta tiene conto dell’esigenza avanzata da molti allevamenti presenti sul territorio salernitano.
Un tale sforzo vuole tentare di dare risposta alla domanda crescente e tutt’altro che Shakespeariana per chi e come produrre, tenendo in massimo conto la salute dei consumatori e del nostro territorio. Il nostro suolo agricolo, non solo va difeso evitando ogni sottrazione ad altro uso ma soprattutto non può essere terreno di conquista per speculatori del Nord, così come sta avvenendo attraverso fitti agrari esorbitanti per la realizzazione di impianti serricoli. Non solo essi producono concorrenza sleale sul mercato, vanificando lo spirito della legge sui Patti Agrari, ma soprattutto lascerà desertificazione del suolo agricolo e inquinamento. Pur non avendo una visione punitiva nei confronti della serricoltura, noi rivendichiamo un impegno per la valorizzazione complessiva del nostro patrimonio colturale. Il sostegno e la valorizzazione della biodiversità che di certo poco si coniugano con una gestione intensiva e monocolturale del terreno . La Partnership tra la Monsanto per i semi dei prodotti e la Bayer per i trattamenti in agricoltura ci sottrae ogni possibilità di difesa della nostra sovranità alimentare. Ormai ci hanno imposto cosa dobbiamo seminare, come dobbiamo coltivare, e cosa dobbiamo mangiare come si diceva in ambito Keynesiano dalla culla alla tomba. Tale disegno neoliberista mortifica i produttori sani che producono per la salute dei consumatori. Vogliamo sottolineare l’urgenza della creazione di una Borsa Merci telematica da insediare nel comune di Capaccio presso La Bufalara di Gromola o struttura di proprietà regionale, per dotare l’export agricolo di un valido strumento di orientamento sui mercati.
L’area potrebbe rappresentare anche una vetrina di eccellenza per diffondere la conoscenza della Dieta Mediterranea e del paniere dei prodotti che ad essa si richiamano. Un nuovo cammino è possibile: non a caso grazie alla riscoperta dei grani antichi nella filiera cerealicola, meno produttivi ma con capacità nutrizionali infinitamente maggiori, sono stati recuperati terreni abbandonati nelle aree interne ed è sorta una rinnovata attenzione da parte degli industriali della pasta sempre più orientati a utilizzare prodotti privi di glifosato. In soccorso a tale processo è auspicabile l’implementazione dei Comuni, primi attori della difesa del territorio attraverso le richieste alla UE per il riconoscimento delle DeCo (prodotti a denominazione comunale).
Tutto questo diventa ancora più evidente se si affronta il tema del turismo rurale, compatibile con le piccole imprese agricole impegnate verso un’agricoltura di qualità in difesa della salute del consumatore. Occorre una visione più ampia che ridia slancio e competitività al comparto agricolo e che nasca dalla necessità della tutela ambientale del territorio e del suo uso. In particolare, va detto che la Riforma Agraria degli anni cinquanta ha rappresentato, pur con tanti limiti, un baluardo a garanzia della destinazione del suolo agricolo, tramite il vincolo di indivisibilità e di alienazione. Noi auspichiamo che per tutti i terreni di proprietà pubblica e demaniale ci sia una nuova Riforma Agraria, e cioè che la loro destinazione rimanga vincolata ad un uso agricolo, in modo perpetuo. In particolare, visto l’orientamento dell’alienazione già praticata per la vendita dei terreni di proprietà dell’Istituto Orientale denominati “le filette” con molta probabilità la stessa sorte toccherà alla restante parte di proprietà. Scongiuriamo ogni possibile azione speculativa, che possa sottrarre altro suolo destinato ad uso agricolo, e che possa invece favorire l’accorpamento e la nascita di nuove aziende agricole con bandi pubblici, senza danneggiare chi possa esercitare i diritti sanciti e sottoscritti da Patti Agrari. Inoltre vogliamo evidenziare la necessità di una dimensione etica di alcune filiere produttive, che ponga fine allo sfruttamento della manodopera migrante, basata sul mercato incontrollato dei permessi di soggiorno. In questo ambito diventa indifferibile un ruolo pienamente pubblico nell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro in agricoltura, ponendo fine alle diverse forme di caporalato. Senza trascurare la necessità di una gestione oculata della risorsa idrica per l’irrigazione, a tal proposito si pone l’accento sulla necessità di dare piena attuazione alla Legge Regionale sul riordino dei Consorzi di Bonifica e sul loro scioglimento. Oggi più che mai, anche a causa dei mutamenti climatici, si rende urgente lo scioglimento di carrozzoni che drenano risorse pubbliche e conservano rendite di posizione e di potere. È nostra intenzione condividere e confrontare tali riflessioni con chi ha a cuore il futuro della nostra agricoltura, siano essi semplici cittadini, consumatori, rappresentanti di forze politiche, di associazioni, e di chiunque consideri che l’agricoltura sia vita e che pertanto vada difesa».
Capaccio-Paestum, 10 marzo 2021