Contro il ddl Gelmini e la manovra Finanziaria, Università in protesta

Si rafforza la protesta nelle Università contro il ddl Gelmini e la Manovra Finanziaria di Tremonti e del Governo.

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La manovra-rapina diventerà legge entro la fine di luglio e, nonostante la bagarre degli emendamenti, il saldo resterà invariato. Lo ha chiarito più volte il ministro Tremonti che ha mostrato di non voler abbandonare la linea della durezza contro i dipendenti pubblici che sono per ora le vittime sacrificate alla crisi provocata da banche, finanzieri e speculatori vari.

Non ci sono investimenti ma solo tagli che peggiorano le condizioni di sofferenza di tutte le Amministrazioni Pubbliche così come determinate dalla finanziaria triennale del 2008 (Legge 133/08).

L’Università Pubblica rappresenta un pezzo importante estremamente “ricco” nel disegno generale di smantellamento dei servizi e dei lavoratori pubblici a favore dell’interesse e profitto privato.

Mentre la cancelliera Merkel in Germania per contrastare la crisi investe 12 miliardi di euro su Università e Ricerca Pubblica, in Italia si rilanciano sacrifici, espropri salariali e previdenziali; si tagliano finanziamenti ed occupazione, addirittura si dimezza il lavoro precario. Solo chi è in malafede può sostenere la necessità dei sacrifici dei lavoratori per battere la crisi.

Il DL 78/2010 (manovra economica) e il ddl 1905 (riforma Gemini) sono al centro di una dura lotta di contrasto che RdB USB sostiene insieme a tutte le Organizzazioni e le Associazioni dell’Università. RdB USB non è disponibile, però, ad alcuna mediazione basata sulla ripartizione “equa” di sacrifici per i lavoratori dipendenti, né su “emendamenti governativi” che potrebbero accontentare piccoli interessi particolari e corporativi, ma lasciare inalterato il disegno complessivo di un processo politico che, oltre a spezzare la schiena a tutti i lavoratori dell’Università, nega il rilancio dell’Università come motore di riqualificazione e innovazione produttiva.

Se gli operai, sotto ricatto occupazionale, a Pomigliano hanno la forza e l’orgoglio di votare NO, da tutte le componenti universitarie pretendiamo di più, perché in gioco c’è il futuro del sistema dell’Alta Formazione e Ricerca Pubblica nel nostro paese. Lo dobbiamo agli studenti e alle loro famiglie, lo dobbiamo ai precari, lo dobbiamo al personale tecnico-amministrativo e ai docenti “meritevoli” non ai “baroni” faccendieri, lo dobbiamo ai giovani di talento che in ogni disciplina scientifica ed umanistica continuano a fare la fortuna degli altri paesi nel mondo, mentre in Italia continuano a “vincere” vecchi, clientele, asserviti portaborse, corrotti e corruttori …

ADI, ADU, AND, ANDU, APU, CGA, CISAL, CISL-Università, CNU, CONFSAL-CISAPUNI-SNALS,

FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RdB-USB Pubblico Impiego, RETE 29 APRILE,

SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR

sciopero università

Le Organizzazioni e le Associazioni dell’Università, nel riconfermare il giudizio negativo sul DDL 1905 sull’Università che l’Aula del Senato si appresterebbe a discutere e sulla Manovra finanziaria che colpisce pesantemente l’Università e coloro che vi operano, registrano con soddisfazione la crescita di una mobilitazione sempre più adeguata alla gravità della situazione: Organi collegiali e Assemblee hanno deciso o stanno decidendo forme di protesta che recepiscono le indicazioni delle Organizzazioni e delle Associazioni universitarie (astensione dei professori e dei i ricercatori dai compiti didattici non obbligatori per legge e partecipazione il 1 Luglio alle Assemblee di Ateneo nei Rettorati con occupazione simbolica degli stessi) e in molti casi vanno anche oltre (invito alle dimissioni dalle cariche accademiche e sospensione dell’attività didattica).

Le Organizzazioni e le Associazioni dell’Università, per intensificare la protesta, indicono dal 5 al 9 luglio una Settimana nazionale di mobilitazione di tutte le componenti (docenti, precari, tecnico-amministrativi, studenti) durante la quale, tra l’altro, convocare Assemblee permanenti di Facoltà e di Ateneo, anche al fine di coinvolgere pienamente gli studenti.

Si invitano fermamente i Rettori e gli altri Organi accademici a non intraprendere azioni che in qualsiasi modo ostacolino la protesta.

3 commenti su “Contro il ddl Gelmini e la manovra Finanziaria, Università in protesta”

  1. Il Ddl colpisce a morte l’università pubblica, riorganizzandola a partire dall’insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il prestito d’onore per gli studenti, imponendo la formula del debito individuale in sostituzione ai diritti comuni.In primo luogo viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi, dopo sei anni e un’abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti da professore associato, in concorsi locali e notoriamente “meritocratici” ma in realtà profondamente opachi, i cui criteri restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano l’università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell’università pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133 che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato della ricerca lo moltiplica all’infinito. E’ chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione dell’università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso. Un’università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede alcun incremento. Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire una piattaforma e un’agenda di lotte condivise. Un’agenda che non si limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a lungo termine, che riguardi l’università e la ricerca, ma che si leghi anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.

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