Papa Bergoglio alla Messa di Natale a S. Pietro: “Nessuno si perda d’animo. Invece di piangerci addosso aiutiamo chi soffre“.
Papa Francesco: “La nascita di Gesù è una novità. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. E’ venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità”. Di seguito l’omelia di Papa Francesco.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
ROMA – “La nascita di un bambino è la gioia più grande della vita“, “così è il Natale“. Il Papa ha celebrato in mondovisione la messa della notte di Natale, in anticipo, nel rispetto del coprifuoco imposto dalla pandemia. Papa Francesco dall’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, in una atmosfera completamente diversa, a causa della pandemia da Covid parla ai fedeli, parla al Mondo, parla ai cuori, delle duecento persone ammesse, con mascherine e distanza di sicurezza, normalmente la Basilica di San Pietro ospita 7.000 persone e spiega ai presenti e al Mondo il vero significato del Natale. «In questa notte si compie la grande profezia di Isaia: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. E qualcosa di straordinario, che cambia tutto, mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché porta una felicità indescrivibile, di fronte alla quale niente più pesa. Così è il Natale: la nascita di Gesù è la novità che ci permette ogni anno di rinascere dentro, di trovare in Lui la forza per affrontare ogni prova. Sì, perché la sua nascita è per noi: per me, per te, per ciascuno.
“Un bambino è nato per noi”, ha profetato Isaia; “Oggi è nato per noi il Salvatore”, abbiamo ripetuto al Salmo; Gesù “ha dato se stesso per noi”, ha proclamato San Paolo; e l’angelo nel Vangelo ha annunciato: “Oggi è nato per voi un Salvatore”, ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa di Natale. “Sorella, fratello, non perderti d’animo. Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice:” No, sei mio figlio!”. Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: “Coraggio, sono con te”. Non te lo dice a parole, ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita: riconoscerti figlio di Dio, figlia di Dio.
Questo, ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa di Natale, è – il nucleo incandescente che sorregge l’esistenza: al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro.
Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio.
E’ venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie.
Eppure, se guardiamo all’ingratitudine dell’uomo verso Dio e all’ingiustizia verso tanti nostri fratelli, viene un dubbio: il Signore ha fatto bene a donarci così tanto, fa bene a nutrire ancora fiducia in noi? Non ci sopravvaluta? Sì, ci sopravvaluta, e lo fa perché ci ama da morire. Non riesce a non amarci. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro! Il Signore, per bocca del profeta Isaia, si lamentava che, mentre il bue e l’asino conoscono la loro mangiatoia, noi, suo popolo, non conosciamo Lui, fonte della nostra vita. E’ vero: insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme”.
Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci da’ l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà”, ha aggiunto. Il “tenero pianto” di Cristo bambino “ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci. E ne abbiamo tanti. Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre. Non solo sacre scritture: Papa Francesco nell’omelia della messa della notte di Natale ha citato anche la poetessa Emily Dickinson. Da stanotte, come scrisse una poetessa, “la residenza di Dio è accanto alla mia. L’arredo è l’amore”.
La celebrazione, a seguito delle misure anti-covid, si è svolta con un numero contingentato di fedeli, circa 200 in una basilica che normalmente ne contiene 7mila. Tutti con la mascherina è la distanza di sicurezza. La celebrazione all’Altare della Cattedra. Hanno concelebrato con il Papa solo i cardinali. Quest’anno le emittenti collegate per la messa erano 120, mentre per l’Urbi et Orbi di del 25 dicembre alle 12 sono previsti almeno 150 enti collegati a cui si aggiunge il pubblico dei fedeli che seguirà le celebrazioni attraverso internet. Oltre all’offerta plurilinguistica dei commenti, si aggiunge, come già avvenuto durante le celebrazioni del triduo pasquale, un servizio di traduzione in lingua dei segni per le persone con disabilità uditive e comunicative».
Roma, 25 dicembre 2020