Election day di settembre e il silenzio sul Referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari.
E tra populisti e sovranisti aggressivi, una sinistra democratica pilatesca siamo passati da Calicola a Grillo, e se il primo portó il cavallo in Senato per sbeffeggiare i Senatori, il secondo ha portato gli asini in parlamento. Quando sarà il turno delle capre? E… la democrazia parlamentare va a puttane. Ecco l’intervennto di Franco Astengo.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
BATTIPAGLIA – Ci viene segnalato, e volentieri pubblichiamo, da Sofia Masillo “Libertà e Giustizia, un intervento di Franco Astengo (La Sinistra quotidiana), pubblicato sulla pagina Facebook del Coordinamento Democrazia Costituzionale Battipaglia, (la sinistra ebolitana invece è impegnata a dividersi per le prossime elezioni amministrative), sulle prossime election day di settembre nel corso delle quali gli italiani si dovranno attraverso un Referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari. Va da se che i populisti e i sovranisti nostrani ne hanno fatto una battaglia “morale” contro quella “casta” politica che nel corso degli ultimi decenni ha brillato per: incapacità, rispetto ai ruoli ricoperti; superficialità rispetto ai temi affrontati; immoralità rispetto al loro coinvolgimento in affari e corruttele; tuttavia se da una parte c’era un coro ragliante che si auto-proclamava e si auto-celebrava come i fustigatori di quella “Casta”, dall’altra vi erano un bel pò di “Ponzio Pilato” e tra questi anche la sinistra democratica parlamentare taliana.
- Forse quei rappresentanti pilatescamente non hanno voluto fare una scelta che sembrava essere condivisa dagli italiani stanchi della corruzione?
- Forse perché in quel monento si avvertiva una scarsa autorità politica rispetto alla funzione che si assolveva?
- Forse perché ci si sentiva responsabili ed “accusati” dalla “pancia” degli italiani che in quel momento volevano il “sangue” per appagare la sete della delusione?
Fatto sta che passava nell’immaginario collettivo che quella del parlamentare fosse non un ruolo politico-istituzionale e soprattutto indipendente anche rispetto al Partito che lo ha eletto, ma un mestiere, un lavoro e non una carica onorifica, e così le indennità e gli emolumenti sono divenuti compensi, stipendi e di li “dipendenza” rispetto al gruppo che li ha eletti, fino a chiederne il vincolo di mandato rispetto al proprio gruppo parlamentare e le dimissioni se questi (deputati o senatori) lo abbandonassero.
Una concezione padronale che ovviamente confligge con la nostra carta costituzionale.
Questo principio portato avanti e usato come una ghigliottina, oltre ad impedire un confronto sereno, ha ridotto la partita alla stessa stregua di un’Azienda che per raggiungere i suoi obiettivi ricorre a tagli lineari. Tagli lineari che non tengono per niente conto della rappresentanza dei territori e che specie nel nostro Paese costituiscono una differenza notevole rispetto a qualsiasi altro Paese del Mondo, ricordando il forte radicamento territoriale a cui gli italiani sono ancora legati, un legame storico che ci riporta ai “Comuni”, e nella nuova ridotta rappresentanza che ne verrebbe fuori, se dovesse passare il Referendum, sarà difficile che un cittadino del Vallo di Diano si senta rappresentato da uno del Vallo della Lucania e viceversa, eppure sono confinanti, a dividerli è solo il Monte Carmelo, eppure quel monte ha fatto una differenza storico-geografica. Allo stesso modo vale per l’alto, medio e basso Sele, oppure per l’alto, medio e basso Cilento. Sarà altrettanto difficile per i cittadini della costiera Amalfitana e Sorrentina anche queste confinanti. Potremmo proseguire facendo altre decine di esempi solo per la provincia di Salerno, immaginiamoci per la Campania, e moltiplichiamolo per il resto d’Italia.
Di qui immaginare un risparmio trattando un istituto di rappresentanza democratica alla stregua di una multinazionale senza anima e mortificare il ruolo del parlamento ad una congrega di devoti che devono guadagnarsi lo “stipendio” ubbidendo viene l’orticaria. Eppure le ragioni di questa barbarie non sono affatto emerse ne talpoco accennate, forse per quella mancanza di autorità morale venuta meno nel corso dell’ultimo 20ntennio, per intenderci, quella che ci ha fatto prima votare per le liste bloccate, quella che ha mansuetizzato i parlamentari nominati, i quali si sono guardati bene dall’esprimere in libertà le loro idee e se poi aggiungiamo, e questo nemmeno va bene per il Sud, che il Parlamento si è nordizzato, e trasversalmente ha assunto anche caratteri politici contrari al Mezzogiorno d’Italia, si comprende come si è deboli per affrontare una battaglia di civiltà democratica che aggiunta all’ignoranza che al momento detta l’agenda politica ai nuovi sovranisti e i nuovi populisti, sia impossibile. Purtroppo siamo passati da Calicola a Grillo, e se il primo portó il cavallo in Senato per sbeffeggiare i Senatori, il secondo ha portato gli asini in parlamento. Quando sarà il turno delle capre?
Silenzio sul Referendum
di Franco Astengo (La Sinistra quotidiana)
«Nel suo quotidiano punto politico Stefano Folli ha affrontato sulle colonne di Repubblica il tema del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Il titolo dell´articolo è apparso quanto mai significativo, quasi un riassunto della situazione che si sta vivendo “Il referendum del silenzio”.
Infatti è´ rimasto sotto silenzio l’accorpamento nel cosiddetto “election day” della data di svolgimento: un atto di perlomeno dubbia costituzionalità per diverse ragioni.
Sono rimasti inascoltati molti appelli di illustri giuristi e costituzionalisti sui rischi che il taglio lineare nel numero dei parlamentari potrebbe comportare sul piano della rappresentatività politica e territoriale nelle istituzioni della Repubblica.
Non è ancora decollato il dibattito sui rischi di ulteriore svuotamento di funzione e di ruolo del Parlamento stretto nella camicia di nesso della conversione dei decreti e obbligato ad esprimere voti di fiducia che consentono alla fine di proseguire la vita di un governo e di una legislatura condizionati dalla logica del “salvo intese”.
Uno svilimento di compiti e di funzioni che, da qualche parte, viene perseguito per arrivare a un mutamento nella forma di governo in modo da riuscire a formalizzare anche in Costituzione il ruolo del Capo messo direttamente di fronte alle masse, saltando l’intermediazione politica e puntando così a una soluzione presidenzialista di stampo chiaramente autoritario.
Nel suo articolo Folli invita il composito fronte del “NO” a darsi da fare prima che sia troppo tardi.
E´ necessario farlo anche se chi sostiene il NO sembra accusare una sorte di sindrome da minoritarismo.
Una sindrome registrata, almeno in partenza, nonostante che il “SI” sia sostenuto soltanto da una propaganda facilona portata avanti all’insegna del “taglio della casta”, un taglio semplicisticamente indiscriminato.
Intendo invitare anch’io a muoversi chi intende ragionare in profondità ed è contrario a questa operazione di riduzione della democrazia.
Lo faccio con convinzione rivolgendomi a una parte ben precisa dello schieramento favorevole a rifiutare questa operazione antidemocratica.
Mi appello, infatti, alla mobilitazione di quella che vorrei chiamare “sinistra costituzionale”: quell’idea di democrazia avanzata che ancora alberga nell’animo di militanti di diversi partiti oppure di compagne e di compagni che hanno abbandonato la militanza diretta, magari si sono perfino astenuti in qualche occasione elettorale, ma che sui temi della democrazia costituzionale sono ancora capaci di mobilitarsi e di farsi sentire.
Svolgo un esempio in questo senso: nel 2016 il referendum promosso dal PD a segretaria Renzi coltivava più o meno le stesse finalità e fu respinto con 20 milioni circa di voti contrari.
Orbene in quei 20 milioni ce n’erano sicuramente tanti
orchestrati dalla strumentalizzazione politica condotta dalla destra della Lega e dalla destra del M5S: ma dentro alle elettrici e agli elettori che si erano espressi per il “NO” altrettanto certamente ci stavano 3 o 4 milioni almeno provenienti da sinistra , mossi da un sano spirito di difesa e affermazione della democrazia così come questa è stata indicata e intesa dalla Costituzione Repubblicana.
All’epoca a quelle elettrici ed elettori non fu fornita una risposta politica.
Oggi è il caso di farlo, di provvedere ad una mobilitazione, ad una richiesta di presenza, alla costruzione di una organizzazione.
Occorre un´intesa tra forze politiche, soggetti culturali, sindacati (sia confederali, sia di base), l´ANPI (ANPI che ancora una volta, come nel 2016, può rappresentare un fondamentale soggetto di riferimento).
E´ necessario mettere il referendum al primo punto della nostra agenda, facendo in modo che anche nelle Regioni e nei Comuni dove si vota per il rinnovo delle amministrazioni il tema referendario sia messo all’ordine del giorno con grande evidenza e chiarezza e svolgendo una campagna molto forte laddove sarà consegnata una sola scheda, appunto quella referendaria.
Servono, a mio giudizio, due cose da fare quasi subito:
- Una mobilitazione a sostegno dei ricorsi preparati dal compagno Besostri e da altri costituzionalisti che, in sede giurisdizionale, affronteranno l’iniquità dell´accorpamento di data. Questa dev’essere la nostra priorità immediata;
- La convocazione di una manifestazione nazionale di apertura della campagna in modo da far emergere subito una presenza corposa e determinata a livello centrale sulla base della quale sviluppare una forte territorialità d’iniziativa.
La posta in gioco è troppo alta per definirci battuti in partenza e limitarci a giocare di rimessa: servono presenza sociale e soggettività politica.
La sinistra costituzionale è chiamata a battersi fino in fondo per assolvere a un dovere politico, civico, morale».
Battipaglia, 9 luglio 2020