A Politici, società Civile, al Mondo economico e imprenditoriale la domanda: Ma dove è lo Stato Sociale?
A questo interrogativo prova a dare delle risposte proiettando una sua analisi sulle vicende politiche, Giovanni Coscia nell’articolo che segue.
di Giovanni Coscia per POLITICAdeMENTE i blog di Massimo Del Mese
SALERNO – Riceviamo e pubblichiamo alcune riflessioni che Giovanni Coscia ci affida in merito a quello che era il famoso “Stato Sociale” che altri non era che delle misure che alleviavano le difficoltà di milioni di italiani e attraverso le quali si tentava di evitare che interi settori della società civile scivolassero verso una povertà irreversibile. Tuttavia nel corso dell’ultimo venticinquennio quelle misure sono state poco per volta sostituite con Leggi e leggine straordinarie, passate per provvedimenti risolutivi in favore delle famiglie e al contrario non solo non hanno inciso per nulla sulle povertà, ma insieme ad altre finte politiche sul lavoro e sulla famiglia, altro non hanno fatto che contribuire all’aumento delle povertà stessa, vieppiú cancellando la famosa media borghesia e borghesia, tutti precipitati nella povertà. Riscontrando un drammatico e abbissale divario che da una parte vede pochissimi ricchi ma sempre piùrricchi, dall’altra tantissimi poveri sempre più poveri e sempre più numerosi. Perché accade, e cosa comporta per noi e la nostra economia questo fenomeno e quali sono i risvolti e le responsabilità delle classi politiche e dirigenti ci prova a fornircele Giovanni Coscia qui di seguito.
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Da destra e da sinistra, in Italia ed in Europa, vengono sollevati dibattiti sul testo definitivo della costituzione che si è data l’Europa. Gli oggetti di tali dibattiti attengono a questioni di secondo piano, se raffrontate con il vero problema, nascosto nelle norme costituzionali, sul quale è calata la cappa dell’omertà. Sia i governanti, camerieri dei banchieri, sia gli operatori dell’informazione, sempre più “dopata” delle grandi testate televisive e giornalistiche, sono diventati i complici mercenari “del potere bancario”, che per il mezzo della costituzione, realizza il disegno di legalizzare un sistema assolutista soprannazionale, che annulla e rende inefficaci i poteri sovrani dei popoli europei.
E’ un potere assoluto che non appartiene ad un Re ne tanto meno ad una Casta individualmente personificata, contro cui i popoli oppressi potrebbero sollevarsi. Appartiene invece, ad una entità virtuale soprannazionale, espressione dell’azione continua e penetrante di non più tante occulte oligarchie finanziarie che, lentamente, ma progressivamente, hanno espropriato i popoli europei non solo dei loro poteri sovrani, ma soprattutto del loro diritto ad esistere, a cominciare dalla retrodatata istituzione dell’Euro.
E l’Italia? La nostra penisola, quella post-fascista, è stata definita come quel pezzo di terra, magari visto dal satellite, come un paese in ripresa, dopo le sciagure (almeno vogliono far credere) del periodo del Duce e dopo che Gramsci, Togliatti, Nenni, Longo, Craxi, tanto per citarne qualcuno, avevano affermato che l’Italia sorgeva da quelle ceneri. Affermazioni ripetute ogni qualvolta, come accade oggi, si presenta una probabile o possibile crisi di governo.
Ricordiamo che in Italia si vota almeno due volte in una legislatura, che dovrebbe durare 5 anni. I nostri governanti e chiamiamoli pure politici, quindi, altro non sono che i “maggiordomi dell’economia parassitaria”, risultato di una equazione, che trova sempre il suo solito trasformismo o rigurgito riparatore, tra rimpasti ed iscritti al gruppo misto. Mah!. Tanto per citare Totò, “E’ la somma che fa il totale”. In pratica, i padroni (sionisti) ordinano e loro eseguono. Ed allora dov’è lo STATO SOCIALE? Nel tempo del tramonto della FORMA-STATO, sia nella micro-espressione nazionale, sia in quella macro-imperialista, si rende necessario studiare modelli alternativi che consentano di poter ripartire per riaffermare forme “altre” di Stato.
L’azienda Stato, lungi dal costituire un’affermazione suggestiva, è a ben vedere una realtà consacrata. Una azienda che opera nella logica “dell’Utile” per di più in termini di sudditanza assoluta nei confronti del Mondialismo. Per questo la Globalizzazione è la morte definitiva dei popoli. Il liberismo, quindi, poggia le sue fondamenta sull’individualismo. Infrange così, in tal modo, tutti i legami sociali che vanno al di là dell’individuo. La società liberale non è altro che il luogo degli scambi utilitari ai quali partecipano individui e gruppi, mossi dall’esclusivo desiderio di “massimizzare” il proprio interesse: ogni cosa vale quello che vale il suo valore di scambio, misurato dal prezzo. Ed il Liberismo quindi, piomba e miete vittime. Bisogna quindi, indicare nella comunità di Popolo, l’idea-forza per una lotta di una sorta di liberazione dall’occupazione mondialista.
La comunità come organismo vivente naturale, come espressione di volontà organica che rinviene la sua forma “nel radicamento”. Sono i popoli, in quanto espressione delle esigenze comunitarie, i proprietari delle risorse economiche e dei mezzi di produzione. La banca e la grande Impresa sono “Funzioni di Servizio” della comunità ai cui cittadini spetta la proprietà della moneta. I popoli che vanno difesi, sono quelli che consumano merci e non sono difesi dai nostri governanti o politici che si voglia. Il popolo deve difendere la sua stessa comunità, dall’oppressore economico e dai garantisti della globalizzazione. Altro che Sardine e grillini.
Salerno, 17 gennaio 2020
Le tue analisi non fanno una grinza. Bravo.