Aglio è il Re della cucina? Questa è la scommessa di Alfonso Esposito e della sua Azienda agricola ”Il Dono dell’Erba”.
Da Battipaglia a Ottati, dalla puzza e dalla mennezza alla natura incontaminata e selvaggia degli Alburni, il battipagliese Esposito con la sua compagna di vita e di lavoro Rosa, ha scommesso su un’Azienda Agricola di 13.5 ettari, lambita dal fiume Fasanella producendo aglio seguendo un progetto che punta su Biodiversità e ecosistemi produttivi e rimedi rigorosamente naturali.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
OTTATI – L’azienda agricola ”Il Dono dell’Erba” ILDONODELLERBA.COM, e la scommessa che hanno fatto Alfonso Esposito e Rosa Ferro, come a loro piace dire, soci nel lavoro e coppia nella vita, i quali hanno scelto di fare agricoltura in uno dei luoghi più incontaminati d’Italia, la valle del fiume Calore salernitano, ricadente nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, un fondo agricolo di 13,5 ettari, confinante con il fiume Fasanella le cui acque purissime scivolano dai maestosi monti Alburni fino al fiume Calore.
La scommessa che hanno fatto Rosa e Alfonso, quest’ultimo di Battipaglia, il quale tra l’altro ha fatto giusto in tempo ad andarsene da Battipaglia evitando si così, immondizia, puzza e inquinamento, non è tanto di mettere su un’Azienda Agricola, ma un’Azienda, così detta “dedicata” cioè che produce solo Aglio. Si il nobilissimo aglio, protettore delle case, quello che nell’immaginario collettivo terrorizza e tiene lontani i vampiri, quindi il male, il diavolo. Ma l’aglio è laico o cattolico? L’aglio è aglio e basta. E Esposito parla dell’aglio del cilento, sebbene Ottati con il Cilento non centra nulla, perché per lui è una scommessa e come agricoltore continua la sua ricerca di un aglio che possa un giorno essere riconosciuto come un eco-tipo dell’area parco ed attribuirsi così la denominazione di “Aglio cilentano“, ma solo perché dice che è “l’ingrediente immancabile della cilentanissima dieta mediterranea, sempre pronto ad affondare il capo nel buon olio extra vergine di oliva del Cilento, a creare la base perfetta per l’alimentazione della salute”.
Tornando all’argomento “aglio cilentano”, che cilentano non è, Alfonso Esposito non nega di riporre tante aspettative in poco più di 120 grammi di una bella “capa” di aglio nostrano. «Non abbiamo scoperto l’America – dice – e nulla di scientifico c’è in quello che vi stiamo per raccontare, ma a volte un tesoro si scopre con il solo ausilio delle sensazioni, dell’istinto, dell’esperienza gustativa e visiva, chiavi per aprire gli scrigni nascosti, di cui il parco nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni è disseminato.
Sconfitta e sepolta dagli anni, dalle guerre e dal boom economico, quella generazione impavida, dei nati alla fine del mille e ottocento e nei primi del novecento, oggi ricordata solo quando si parla di resistenza o di emigrazione. Non tutti loro sono stati partigiani o emigranti, ma tutti loro sono stati resilienti, agricoltori eroici e ultimi custodi di conoscenze antichissime. Abili selezionatori di sementi e animali, erano i veri custodi di una biodiversità non globalizzata, capace di sfamarli, di mantenerli in salute, senza l’utilizzo di forti e ignoranti mostri meccanici e subdole diavolerie della chimica moderna. Con queste donne e uomini del passato, gli scrigni sono stati sepolti, e prima che, come dice un vecchio libro ‘’ruggine e tignole corromperanno’’ definitivamente, è dovere di chiunque viva con etica e coscienza l’agricoltura, scovare gli antichi tesori e renderli disponibili a chi ha desiderio e sensibilità per apprezzarli.»
Nel nostro cammino alla ricerca di una cultivar di aglio considerabile del Cilento, non poteva mancare una tappa alla seconda edizione della festa dell’aglio detto canino, di Cannalonga. Il piccolo borgo si trova in pieno Cilento, a pochi chilometri da Vallo della Lucania, incantevole ma purtroppo spopolato, come tutti i paesini del parco. La manifestazione è sicuramente acerba ma mossa dal nobile desiderio di far rinascere una ruralità tipica e di qualità. L’aglio forse solo come pretesto, a nostro parere ottimo pretesto, per catalizzare l’attenzione. Non che a Cannalonga non si coltivi aglio da sempre, solo per dire che noi non abbiamo trovato quello che forse era nelle nostre aspettative.
Un po’ d’aglio c’era e insieme all’aglio c’erano i contadini, piccoli produttori di ortive, uniti da una associazione locale, grazie alla quale sono nati dei mercatini a km 0. Il nome dell’associazione è “Vita made in Cilento” lo scopo dell’associazione “è quello di riscoprire, promuovere e diffondere la consapevolezza dell’importanza della conoscenza del patrimonio varietale del Regno Vegetale ed Animale del Comprensorio di appartenenza, in tutto il territorio di competenza dell’area Protetta del Parco Nazionele del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, attraverso il recupero e la conservazione delle cosiddette RG (risorse genetiche) autoctone…” (estratto da un opuscolo fornitoci durante la festa). Oltre alla festa dell’Aglio Canino l’associazione ha molteplici obiettivi, tra i quali uno di notevole difficoltà ma di immenso pregio, “la creazione di una scuola sul modello del turismo ispirazione, con l’obiettivo di limitare nel tempo lo spopolamento del piccolo borgo di Cannalonga e contemporaneamente ricreare la profonda identità rurale dei luoghi circostanti…” (estratto da un opuscolo fornitoci durante la festa). Azzo.. bisogna deportarle le persone per farle vivere a Cannalonga, ma non perché non si vive bene ma perché le Città moderne attirano più che Cannalonga.
Tornando alla festa dell’aglio, la maggior parte dei bulbi esposti, con molta probabilità erano poi l’incredibile aroma esalato dall’aglio in padella con l’olio caldo, quando sta per incontrare il qualsiasi cibo. Con buona probabilità uno tra gli agli con la maggiore concentrazione di allicina che si sia mai assaggiato. Per fortuna che gli spicchi sono piccoli!
“Nei giorni seguenti – ci racconta Alfonso Esposito, sempre alla ricerca attraverso l’aglio di un contatto con il Cilento, o attraverso il Cilento un contatto con l’aglio – abbiamo contattato l’associazione telefonicamente, per chiedere se era possibile acquistare dell’aglio canino da seme. Ci è stato riferito che non sanno se intendono vendere il seme, che vorrebbero fosse un prodotto di Cannalonga e che era necessario chiedere agli altri soci per poterci rispondere e ci avrebbero richiamato. E’ trascorso un mese restiamo in attesa. – prosegue Esposito più che deluso e sconfortato – Il riscontro fino ad oggi pervenuto è considerabile alquanto infelice, ci impone infinite e logore riflessioni.
Ma pensandoci bene forse la Valle del Calore e l’area del Fasanella, specie se poi ci si allunga nella Valle del Sele e se si incrocia l’altra Valle, quella del Diano, laddove inquanto a storia e tradizioni e a conservazione e sperimentazione oltre che di diffusione di prodotti locali o provenienti da altri continenti, non èssecondo a nessuno. Ci hanno pensato i Monaci della Certosa di Padula, e prima di loro i Lucani, i Greci e i Romani, un viatico di tutto rispetto. E probabilmente, quell’aglio che Alfonso Esposito racconta e che ne spiega anche la semina mediante l’interramento dei bulbilli (spicchi) prediligendo i più grandi, ovviamente si comprende come vendendo l’aglio si vende anche il seme e di qui si giunge a comprendere che non esiste un ecotipo cilentano o cannalonghese riconosciuto, ma che con il tempo, la terra, le contaminazioni dei luoghi, i microclima diversi ci consegneranno prodotti tipici consapevoli di dare un ulteriore contributo a quelle diversità che poi tutti si rendono conto di essere uniche. E così come tantissimi altri prodotti che nostra madre terra sa accogliere e sa renderli diversi, sebbene della stessa specie, anche l’aglio seguirà la stessa sorte come e alla pari degli altri prodotti, che si sono affermati nel resto del mondo.
Ed è proprio scommettendo su queste diversità che straordinariamente i nostri luoghi sanno rappresentare, aiutati dalla generosità della natura, dono di nostro Signore, queste terre, laddove insiste l’azienda Agricola ‘‘Il Dono dell’Erba”, offrono una natura genuina e selvaggia al tempo stesso, matura e incontaminata, pronta e accogliente regalando una visione unica che coincide con lo spirito altrettanto unico che Alfonso Esposito vuole offrire permettendo l’applicazione del vero futuro dell’agricoltura, attraverso l’utilizzo di tecniche che escludono la chimica a favore dell’autofertilità dei suoli e della difesa dalle fitopatologie mediante lo studio e quindi la progettazione di ecosistemi produttivi con l’uso di rimedi derivati direttamente dalle piante stesse.
È ovvio che si tratta di una scommessa e che è pure abbastanza difficile giocarsela dovendo condurre un’intera azienda con queste tecniche mantenendo una redditività dignitosa, ma val la pena di provarci se si è convinti e se si è consapevoli che la conversione totale richiederà tempo, sarà il più ambizioso degli obiettivi e queste terre lo meritano. Lo meritiamo anche noi.
E tornando all’aglio: «Caput “Cucina”» o «Alium Caput in culmina» che dir si voglia, aglio, comunque che non c’entra niente con il Cilento, è davvero il “Re” della cucina Mediterranea e quindi anche elemento essenziale della così detta “Dieta mediterranea”? Sicuramente si. Non sarà proprio Re, ma appartiene ad una famiglia reale molto numerosa come il Basilico, l’Olio extravergine di Oliva e tutti gli ortaggi che riempiono di odori le nostre narici, di sapori le nostre papille, di colori i nostri occhi e danno quell’armonia che soddisfa tutti i sensi, rinnovando nella più “semplice” delle semplicità una tradizione sopraffina che non mai sfigura ne sulle nostre tavole e ne su quella del Re.
Ottati, 13 settembre 2019
molto interessante –vorrei sapere dove è l’azienda per potermi recare ai vostri negozi di vendita