Ricerca: dove vanno i fondi

Le Università sono finanziate dal Governo: Le risorse pubbliche in rapporto al PIL destinate alla Università sono le più basse tra i paesi sviluppati.

Una strategia comune tra maggioranza e opposizione nel settore delle ricerca, della innovazione e nella Università è la ricetta per dare futuro ai giovani e accrescere il benessere per il Paese.

ricerca e sviluppo 1

di Erasmo Venosi

La prima legge in Italia a sostegno della ricerca e l’ innovazione risale al 1968 e istituiva il Fondo per la Ricerca Applicata. Nel 1982 fu creato il Fondo Rotativo per l’innovazione tecnologica. L’ultimo strumento per ricerca e l’ innovazione nasce nel 2006, ed è denominato “Industria 2015”. Viene dotato di un Fondo per 990 milioni di euro.

Governi diversi hanno attinto al Fondo per finalità diverse da quelle della Ricerca e Sviluppo (R&S):il Governo Prodi destinò 64 milioni di euro per il fondi TFR dei dipendenti del settore privato e altri 92 per il potenziamento degli interventi nelle aree sottoutilizzate. Il Governo Berlusconi ne ha prelevato 85 milioni per la stabilizzazione delle finanza pubblica e 85 per il salvataggio di Alitalia. Le aree d’intervento di Industria 2015 riguardano :efficienza energetica,mobilità sostenibile,tecnologie per il made in Itali, per i beni e le attività culturali.

Leggiamo nella Relazione sul Programma presentata dal Ministro dello Sviluppo al Parlamento che a causa delle decurtazioni (i 344 milioni impropriamente utilizzati!) le risorse disponibili non consentono di completare gli interventi approvati (tre progetti di innovazione industriale) e nemmeno per gli altri due progetti da adottare! La Relazione denuncia la indispensabilità di prevedere un adeguato stanziamento nella legge finanziaria 2010 che però non è avvenuto. Le necessità finanziarie occorrenti ammontano a 1690 milioni di euro di cui 1081 riguardano aree tecnologiche ad alto potenziale innovativo e 609 aree ad alto potenziale applicativo.

A prescindere dai periodici strali da varie fonti , è evidente che senza ricerca e innovazione non si può avere sviluppo,occupazione,competitività. Le Università sono finanziate dal Governo con circa 7 miliardi di euro, però con costanti e progressivi tagli alla ricerca e l’assurdo di versare alla ricerca europea 15 miliari di euro e recuperarne solamente 10! Le risorse pubbliche in rapporto al PIL destinate alla università sono le più basse tra i paesi sviluppati. Scarse risorse a Università e ricerca spiegano il numero basso di ricercatori (media OCSE 7,43 per 1000 occupati e 3,56 in Italia contro i 7,15 della Germania e i 9,72 degli Stati Uniti. Il numero di laureati è meno della metà della media OCSE).

Il massimo della miopia strategica lo si è riscontrato quattro mesi fa con la selezione da parte dell’European Institute of Innovation and Techonolhy delle aggregazioni “ricerca pubblica-industria” in settori ad alta tecnologia: le tre KICs (Knowledge and Innovation Communites) riguardavano il bando su cambiamento climatico ,energie rinnovabili e futuro internet che assorbiranno sempre più i finanziamenti europei.L’unico paese europeo assente su queste tre temi è stata l’Italia. I Paesi europei si sono tutti mossi con centri di ricerca e migliori università coordinati dai propri Governi.

L’Italia si è caratterizzata per latitanza di Governo e di iniziativa significativa delle grandi imprese nazionali. Le periodiche geremiadi sulla bassa crescita, l’alta disoccupazione e la ricaduta del Mezzogiorno d’Italia nell’anfratto oscuro e inquietante di disoccupazione e perdita progressiva di ricchezza è spiegabile soprattutto con la bassa innovazione conseguente all’assenza di una visione strategica riguardante la ricerca  Un modello di specializzazione produttiva che mantiene le posizioni nei settori tradizionali e una presenza rilevante in alcune attività di nicchi, mentre perde quota nei comparti ad alta tecnologia (elettronica, autoveicoli).

La Commissione Europea per verificare i progressi dei paesi membri sul piano della innovazione usa un indice sintetico denominato “European Innovation Scoreboard” e l’Italia si colloca all’ultimo posto, superata da Grecia e Portogallo. A questo dato negativo si somma la grande disparità regionale nelle nelle spese in R & S: le regioni del sud, tranne la Campania spendono in R &S risorse inferiori alla media nazionale (Puglia o,77% PIL regionale, Calabria 0,45 Basilicata 0,68, Sicilia 0,81; media nazionale 0,81% PIL).

Abbiamo comunque bravissimi ricercatori e centri di eccellenza riscontrati dai 400.000 articoli scientifici , prodotti nell’ultimo decennio che colloca l’Italia all’ottavo posto a livello mondiale. Una strategia comune tra maggioranza e opposizione nel settore delle ricerca, della innovazione e nella Università è la ricetta per dare un futuro ai giovani e stabilizzare e accrescere il benessere per il Paese.

Erasmo Venosi
dal Terra

2 commenti su “Ricerca: dove vanno i fondi”

  1. Articolo 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
    il dettato della Costituzione italiana impone al governo di fare scelte strategiche, finanziare gli studi, sostenere chi ha deciso di passare buona parte della sua vita in laboratorio o comunque laddove si sperimenta il futuro della scienza. Eppure in tutte le statistiche l’Italia arranca: gli investimenti, pubblici e privati, dedicati alla ricerca sono un misero 1,1% del Pil, contro una media europea dell’1,8%. Da tempo gli Stati membri dell’Unione si sono posti l’obbiettivo di arrivare al 3% entro il 2010 e, in piena crisi, la Svezia ha deciso di raggiungere il 4%. Le Tigri asiatiche volano per conquistare nuovi primati in brevetti&Co. E gli Usa restano un miraggio: solo in biomedicina, oltre il 60% dei fondi parte da lì. Il grido di dolore che si alza dai laboratori nostrani è univoco, forte e poco ascoltato. In un mondo sempre più competitivo, l’Italia s’è fermata. Ingessata. Lo spauracchio non è tanto la riforma Gelmini – qua e là si alza perfino un plauso al tentativo di introdurre criteri di meritocrazia, come l’Anagrafe nazionale dei professori e ricercatori universitari che registrerà le pubblicazioni scientifiche prodotte – ma i tagli preannunciati da Tremonti. Un posto da ricercatore non garantisce automaticamente la possibilità di fare ricerca. Soprattutto se si fa affidamento sui fondi pubblici, che spesso arrivano a singhiozzo o non arrivano affatto. Ma la chiave del problema non sta lì. Anche in Svizzera, come in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, i giovani sono precari. La differenza è che qui siamo retribuiti molto bene, con contratti rinnovabili a lungo termine, ed è una strada che, prima o poi, arriva a una posizione permanente se uno fa bene il suo lavoro. È una corsa ad ostacoli, perché di norma per partecipare a bandi internazionali si devono presentare dei risultati preliminari – quindi a ricerca avviata – o far parte di un network d’eccellenza, e i partner ti vogliono solo se sei forte. È la (dura) legge del mercato

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  2. credo di dare maggiore importanza alla ricerca italiana finanziandola
    maggiormente e non chiedere offerte a privati attraverso trasmissioni televisive che fanno solo gli interessi di qualcuno.
    Vedi VERONESI,si proprio lui ,non sto buttando acqua sul fuoco ne non so di che parlo,lui elegante maestoso ex ministro forse luminario mediocre che fece guerra spietata al prof. DI BELLA sotto i riflettori telervisivi chiede soldi alla gente per la ricerca e poi dove lavora lui cioe dove visitava i pazienti ,mewsi di attesa e parcelle astronomiche in nome di una ricerca del tutto infondata e personale. IL finanziamento alla vera ricerca è un’altra cosa, Il nostro Paese ha tanti giovani con menti di rispetto internazionale ,i quali costretti ad emigrare all’estero perche trattati megli su tutto cio che compete la ricerca. Lo mstaro italiano al di la del colore politico deve investire di piu nel campo delle ricerche finanziando con maggiori risorse queste energie intellettuali.

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