Salvini stizzito: «Si candidi col Pd». La replica della Napoli: «Facciamo domande per professione».
Nell’insofferenza alle domande dei nuovi governanti e il giornalismo si riassume lo scontro tra il Ministro Salvini e la reporter Monica Napoli.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
ROMA – Il fatto che è stato ripreso da tutti i media è quello che ha coinvolto il politico leghista e Ministro dell’interno Matteo Salvini, dopo aver negato lo sbarco ai migranti e dopo che ha “esortato” la Nave Sea Watch ad attraccare in un porto della Libia ritenendolo quest’ultimo un Paese sicuro, ma ignorando vi sia in atto una guerra che sta facendo morti, feriti e sta finendo di distruggere quel Paese, circostanza smentita anche dall’Ue, dall’ONU e dalla cronista di Sky che le faceva domande ritenute, evidentemente scomode.
“Domande scomode” ecco il problema. Ma le domande della reporter di SkyTg24 Monica Napoli erano veramente scomode o erano solamente domande semplici che evidenziavano un contesto e una circostanza che altri non erano che la fotografia di quello che accadeva? Domande scomode parte di un “teatrino” che ormai da un anno stiamo vedendo e alla pari di una telenovelas che ogni giorno si ripete e con una specie di riassunto delle puntate precedenti ci si propone le stesse scene, tra un “bacione” e l’altro che il Salvini muscolare invia ai suoi oppositori-nemici. Domande che la Napoli invece ritiene siano giuste e che a risposte evasive ritiene altrettanto giusto riformulare altre a chiarimento commentando: «Porre interrogativi è il nostro mestiere, replicare alle risposte errate è un dovere»
Insomma la vicenda della Sea Watch 3 continua a tener banco e la vicenda dalla solidarietà, dall’accoglienza e dai migranti prende un’altra piega, quella del diritto di cronaca e della libertà e della autonomia dei giornalisti. Una vicenda questa che la dice lunga e, ovviamente, ci fa riflettere, tuttavia se da una parte c’è chi fa e “deve” fare le domande, dall’altra c’è chi a quelle domande deve rispondere e purtroppo la nuova classe dirigente della nostra Italia è piuttosto allergica alle domande, tranne che non si trattino di assensi ai soliloqui a cui ormai sono stati abituati.
La prima riflessione tocca proprio i giornalisti, i quali nel corso degli anni, gli ultimi invero, sono stati compiacenti e hanno acconsentito che i politici del “nuovo” facessero veri e propri monologhi, senza contraddittorio e addirittura chiedendo in anticipo gli argomenti e le domande e in buona parte delle volte con giornalisti “asserviti” o in “linea” con il pensiero “nuovo”.
La seconda che ha alimentato questi “monologhi” è stato sicuramente il Web, la cosi detta rete, ma vi è anche quella altrettanto responsabile di riprendere e successivamente si commenta i twitt dei “nuovisti”, consentendo loro non un corretto rapporto fatto-informazione, ma conducendo la notizia, qualunque essa sia, certi che verrà ripresa e commentata, sparando più delle volte cazzate. Cazzate che restano e che si fa fatica poi a ripristinarne la verità, ma che hanno “istituzionalizzato” un sistema che a sua volta è difficile contrastare se non con un processo lento e faticoso di affermazione di quelle che diventeranno “post-veritá“, verità tardive ma che non correggono le false, quelle già hanno infettato l’informazione che invece ha assorbito la prima notizia. La seconda, per l’opinione pubblica aiutata dagli Argoweb diventa solo una giustificazione non una verità.
La terza è sicuramente il sistema dei “sondaggi” sulle intenzioni di voto. Sondaggi ormai giornalieri che a ripetizione vengono propinati ma che sono comunque influenzati dai fatti che accadono nella quotidianità, di qui qualche domanda: Ma chi li paga e che interessi ci sono dietro chi li commissiona? Quali sono i sistemi utilizzati? I campioni sono sempre gli stessi o di volta in volta vengono riselezionati? Le interviste come avvengono, telefonicamente, dal web o da contatti personali? Coprono tutte le aree, coprono tutti i settori della società? E le domande, quale è il loro spettro, sapendo bene che si possono fare domande che producono risposte diverse? SONO ATTENDIBILI, soprattutto se seguono singoli fatti e circostanze che si verificano di volta in volta, ma che comunque poi vengono associate le risposte a intenzioni di voto? Non sarebbe meglio intervistare i campioni di cittadini per chiedere la loro opinione sui singoli fatti più che PER chiedere chi voteranno, sapendo che i fatti possono influenzare le risposte? Fatto sta che quei sondaggi giornalieri finiscono per influenzare gli orientamenti che da “fantasiosi” si trasformano in certezze e addirittura certificano andamenti. E se si facesse un sondaggio domandando agli italiani: Sei d’accordo sulla sparizione di 49milioni investiti dalla Lega nei paradisi fiscali? Sei d’accordo che la Lega debba restituirli in quasi un centennio a spese degli italiani? Quali sarebbero le risposte se poi si chiedesse: alla luce delle due domande voteresti la Lega? Sicuramente gli intervistati risponderebbe dividendosi, ma se queste domande si facessero ogni volta che arrestano un Leghista che succederebbe? Sicuramente ci sarebbe un consolidamento di un orientamento che alla lunga istituzionerebbe un risultato di quel sondaggio, risultato che potrebbe anche influenzare gli elettori.
Ma ritornando alla vicenda della nave Sea Watch 3, a Matteo Salvini e alla brava e tenace giornalista battipagliese Monica Napoli, che da 14 anni lavora per SkyTg24, e che in mezzo ad uno stuolo di microfoni e di giornalisti ha fatto la domanda che ha fatto incazzare il vicepremier, si comprende come sia arrogante una certa rappresentanza politico-Istituzionale, ormai convinta che per poter fare delle domande non solo bisogna candidarsi ma si deve anche vincere le elezioni, gli altri nemmeno si possono permettere, figuriamoci se lo può fare un giornalista, in questo caso una donna. Questa è lesa maestà. E come si è permesso la Monica Napoli di SkyTg24 di interrompere, non una intervista con una domanda non gradita, ma un comizio come i tanti che Salvini fa in TV, nei Talk Show, e nelle “interviste”, dalle quali prima inietta veleni e poi fa finta di fare il “buonista” mandando “bacioni”.
POLITICAdeMENTE riprende questa vicenda sebbene abbia avuto una grande risonanza mediatica, per sottolineare come sia responsabile l’intera categoria dei giornalisti, ivi compreso l’ordine che tace troppo spesso, e questo scorcio di intervista, dovrebbe essere proiettato e studiato nei corsi che a centinaia si fanno in tutta Italia. Per trasmettere ai giovani che intendono intraprendere questa strada di essere liberi proprio come non lo sono quelli che oggi semmai si indignano ma che ieri e domani stanno ancora agli ordini non della propria coscienza o della linea editoriale ma del padrone, facendo precipitare il nostro Paese da anni, per libertà di stampa tra la 60^ e la 70^ posizione. POLITICAdeMENTE la riprende anche per evidenziare i veri tratti di un camaleontismo di cui il Salvini ne è il migliore interprete ed evidenziare come a metterlo a nudo è stata una donna, una giornalista, manco a farlo apposta meridionale della Piana del Sele, di Battipaglia, di quel Meridione che ha dimenticato le vere origini del Camaleonte e addirittura lo ha votato in massa. A Monica Napoli, la GIORNALISTA, va la solidarietà di POLITICAdeMENTE e di tutto il suo staff. Una solidarietà che si aggiunge a tante, vere o di facciata, ma che viene da un sito LIBERO, che di quella libertà ne ha tratto un successo al di sopra di ogni aspettativa. Successo che non è di un giornalista ma di un blogger, che non ha voluto e non vuole mai diventarlo perché è contrario al giornalismo che impera e perché è contrario all’ordine dei giornalisti, un organismo che non aiuta i suoi iscritti e che dovrebbe essere sciolto proprio per queste sue mancanze.
Roma, 19 giugno 2019