Il social media marketing politico e la massa. La nuova comunicazione che avanza: Tra rischi ed opportunità
Facebook, Instagram, Twitter. 3 social network, ed altrettante piattaforme, realtà, mondi, oramai imprescindibili dalla nostra vita quotidiana. Sì, perché se non sei presente è non hai “I Social” vieni definito “fuori dal mondo”, ti esortano a farlo e non ti criticano. Per ora?
di Daniela De Luca per POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
SALERNO – I politici nostrani lo sanno molto bene, e i loro social media manager ancor di più, qualora fossero dei veri professionisti e non dei nerd alle prime armi. Ecco perché ormai da anni siamo spettatori di una escalation di post, condivisioni e commenti su politica ed attualità, che spesso sono frutto di elucubrazioni di Webeti digitali, piuttosto di sani ragionamenti di Filosofia Politica.
Le pagine dei politici nostrani si gonfiano di follower e contenuti, in cui valanghe sterminate di like dei propri partigiani ne gonfiano il rating, pagine e profili in cui ci martellano con le loro proposte, idee, critiche ed attacchi, tutti dal sano gusto di prese per i fondelli, tutti progetti e proposte che sanno che non manterranno. Figuriamoci il livello di alterazione sociale, da portare i giornali ad essere ormai obsoleti; mentre il buongiorno sui social di un politico locale sorridente, no, se accompagnato da centinaia di like di propri lacchè adulanti. Siamo nel mezzo della nuova era della comunicazione fatta di tweet, foto, video con didascalie, slogan accattivanti e grafiche dirette ed immediate, tutto condito con slogan altisonanti e progetti fantasmagorici.
Con i social il politico, ove mai ne avesse le qualità, può essere ovunque e comunque, nelle aziende agricole che poi spazzerà via, nei luoghi abbandonati della costa che poi dimenticherà appena eletto, tra i monti dove le caprette gli fanno ciao per poi essere immolate al banchetto offerto ai pochi intimi dopo le elezioni. Tutto estremamente semplice, basta un click, uno scorrimento della bacheca, e ti puoi ritrovare nel salotto di Pontecagnano Faiano, di Giffoni Valle Piana, di Battipaglia, di Salerno, di tutto il mondo, oppure nella pagina di qualche anti-sistema diventato ormai un profeta nel deserto, o davanti ad un video di una persona sconosciuta, magari ignorante e incompetente, che inveisce contro qualcuno o qualcosa a prescindere dalla bontà o meno di ciò che intende dire, giusto per far cambiare aria ai polmoni, o per metterci la faccia leggendo uno script fatto da altri. E quindi che fai? Non aggiungi? E non metti un like? Non condividi? Non aderisci alla massa di pecore che viaggiano verso il burrone in perfetta fila indiana?
Dal canto loro, i politici sono sia vittime sia carnefici. Dentro ad un vortice di contenuti troppo confusionari, essi sanno che devono postare come se stessero usando una mitragliatrice, sanno che devono farsi vedere in ogni occasione e momento della giornata, sanno che devono imporsi come se la guerra fosse un massacro a cui partecipare come se fosse un addio al celibato. Più sono aggressivi con i competitors, più sono diretti e devastanti, più hanno successo e i lacchè plaudono con decine di like. Sia ben inteso, a destra come a sinistra.
Perché se da un lato chi è capopopolo, con il suo essere diretto ed aggressivo, riesce ad intercettare quello che gli elettori volevano sentirsi dire, e numeri alla mano, sembra essere il maggiore esponente della sua aria politica, l’opposta fazione dal suo attico bunker insieme alle pletore di sostenitori interessati dalla stessa parte, fanno lo stesso ma a parti inverse, come un enorme tiro alla fune, dove la fune sono i cittadini. E non importa se il contenuto andrebbe meglio sviluppato o scritto, se la verità non è proprio quella che è, oppure se dicono una fesseria grande come un grattacielo: l’importante è che devono urlare allo scandalo, spingere le persone sui binari, far rivoltare la gente per errori, creare quell’impulso che spinge il lettore social a commentare o condividere a prescindere e con gli occhi rossi di odio. Le proposte fatte in progetti dai titoloni cubitali non interessano, forse perché non facilmente identificabili e comprensibili.
Come si fa a leggere un progetto per la comunità sui social? Noooo, troppo tempo, troppa concentrazione, non piacerebbe a nessuno perdere un’ora a capire il senso di una proposta di sviluppo economico e sociale di un territorio depresso. Non c’è da meravigliarsi quindi se in Consiglio Comunale passino in sordina proposte e progetti dai nomi criptati, ma dagli obiettivi, come molti dicono, politico-affaristici ben palesi, se lo sblocco delle opere pubbliche fa acqua da tutte le parti o se qualcuno, dolosamente, smarrisce un progetto sbandierato come esistenziale e indispensabile per il futuro della città.
L’attenzione media è di pochi secondi e quindi il messaggio va semplificato ed adattato a pochi secondi, talvolta smarrendo il senso della grammatica e della perifrasi, finendo con il de localizzare aree del centro cittadino, negando se stessi e le proprie opinioni, financo dimenticandosi di intere aree di territorio. Il potere dei social cresce, ma siamo sicuri che l’informazione e la cultura vadano di pari passo? Davvero questi social sono garanzia di dialogo ed interazione tra l’uomo politico ed il cittadino? Davvero il cittadino riesce ad informarsi correttamente? E soprattutto, il cittadino vuole informarsi e che cosa vuole sapere? La risposta – dal mio punto di vista – è no. Purtroppo.
L’informazione e la preparazione degli elettori arranca, fa annoiare, si fanno abbindolare da qualche frase buttata lì, da qualche notizia distorta che fa urlare alle “fake news”. La colpa non è da indirizzare al sistema o ai politici. La colpa è di tutti, ed è da spartire in eguali parti tra tutti noi fruitori.
Non sono però esenti da colpe nemmeno i cittadini, vittime e carnefici tanto quanto i politici. Mi riferisco a quei cittadini che gridano alla perdita della democrazia ma poi non vanno a votare perché “è una bella giornata, meglio andare al mare”. Quelli per i quali il giornali è uno spreco di carta, quelli che “ma sai cosa è successo ieri sera al Grande Fratello Vip?”. Nel calderone ci mettiamo tutto, niente e nessuno escluso: da chi crede di informarsi e viene preso in giro a chi non vuole informarsi dicendo che non gli interessa, da chi si informa solo quando pare a lui a chi sputa sentenze senza conoscere le materie trattate. Ed il voto, per tutti, vale uno, ahinoi.
Una soluzione però c’è: ripartire dall’istruzione. Formare i ragazzi, farli sentire partecipi del nostro mondo: educazione civica, ora di attualità nelle scuole, giornali di diverso orientamento analizzati attentamente. Dialogo, confronto, partecipazione e condivisione. Perché un insieme di nozioni imparate a memoria non serve a formare un ragazzo e ad orientarlo al domani, non serve a farlo crescere e maturare. I giovani dovrebbero affacciarsi al mondo con curiosità e con spirito d’iniziativa, con voglia di futuro.
Dovrebbero voler essere padroni dell’avvenire e non permettere che qualcun altro decida per loro, non perdendo la spensieratezza della propria età. E poi, nel tempo libero, qualche tirata d’orecchio agli adulti. Allora sì che, forse, qualche post su Facebook si potrà leggere.
Salerno, 1 marzo 2019