Il falso Camilleri a Merlo. Il vero Camilleri a Salvini: Un “falso-vero” che brucia

Da una lettera vera ma falsamente attribuita a Camilleri per Merlo a un’intervista vera di Camilleri sul facile consenso.

Un falso-vero che brucia. E Camilleri intervistato da Giannini a Radio Capital si rivolge a Salvini: Sono vissuto tanto da sentire le acclamazioni al teatro milanese a Benito Mussolini da quelle stesse persone che lo appesero sulla tettoia di un benzinaio. Attenzione ai grandi consensi. I grandi consensi irrazionali sono come le passioni irrazionali. Facile passare dalla grande passione amorosa all’odio“.

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

ROMA – La lettera aperta al giornalista di La Repubblica Francesco Merlo, autore del video “Da Genova a Messina, le differenze di un’Italia flagellata”, è diventata “virale” sul web, ma è una “fake”, una di quelle notizie che anche se falsa, rappresenta una verità, e se proprio non si può parlare di “chiodo scaccia chiodo” come si fa per gli amori, si tratta di un falso d’autore che manipolando ad usum delphini una notizia vera di chicchessia, la attribuisce a un altro, nel nostro caso a Camilleri che cert non é uno che le manda a dire, serve comunque a sottolineare una orgogliosa appartenenza ad un Sud a più riprese e nella storia più recente della nostra Nazione, che è stato martoriato, abbandonato, sfruttato, mortificato e rapinato. In questo caso una notizia falsa mette in evidenza e un fatto vero.

francesco-merlo
francesco-merlo

Siamo li, bastava che qualche giornalista invece di spararla avesse fatto qualche indagine, qualche approfondimento, e sicuro non sarebbe diventata “virale”, e questo la dice lunga sulla stampa e sul mondo del giornalismo: “ruffiano” e “puntiglioso” alla bisogna. Bastava un minimo di attenzione e magari dire le stesse cose e sarebbe stato diverso.

Fatto sta che la lettera a Ciccio, laddove quel Ciccio sarebbe Francesco Merlo, editorialista de “La Repubblica”, uno degli obiettivi preferiti di Marco Travaglio, non è stata scritta da Andrea Camilleri. Fatto sta che un’ora si e l’altra pure si passa il tempo a “spararle” e poi a “rispararle” sommando cazzate a cazzate e riempendo il web e poi i giornali di “fake”, immondizia pura, demolendo quello che resta di una civiltà purtroppo all’angolo. Eppure, immediatamente il testo é stato replicato su Facebook, in catene di Sant’Antonio di Whatsapp con  successo e giù di li lo scemenzario e il “saccentario” che ne é seguito.

Camilleri
Camilleri

Quella lettera, si é scoperto che é del lontano 2011 ed è, niente popodimeno che, del movimento “Sicilia Libera per l’Indipendenza della Sicilia“, praticamente una sorta di “Lega del Sud” che rivendica come a chiacchiere faceva la Lega nei suoi raduni ma di fatto “frenava” nelle stanze dei bottoni prima con Berlusconi poi con il M5S, una sua autonomia rispetto allo Stato sovrano. Val la pena ricordare che la Sicilia come il Trentino e la Valle d’Aosta sono Regioni a Statuto speciale, e val la pena ricordare anche che quella autonomia non é servita molto alla Sicilia per “ri”affermare quelle orgogliose rivendicazioni di cui alla “finta”, ma “vera” lettera che qui di seguito si pubblica integralmente. Il testo, di fatto anonimo.

Camilleri-Giannini-Radio Capital
Camilleri-Giannini-Radio Capital

Ma tanto tuonò che piovve e la “pioggia” ha dato l’opportunitá ad Andrea Camilleri  invitato a Circo Massimola trasmissione radiofonica di Radio Capital di fare una riflessione sul consenso crescente del leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini. Intervistato da Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini: “Sono vissuto tanto – ha detto Camilleri dai microfoni di Radio Capital – da sentire le acclamazioni al teatro milanese a Benito Mussolini da quelle stesse persone che lo appesero sulla tettoia di un benzinaio. Attenzione ai grandi consensi. I grandi consensi irrazionali sono come le passioni irrazionali. Facile passare dalla grande passione amorosa all’odio“.

E se quella lettera é un falso che brucia, sottolineando come ogni meridionale ogni volta che viene discriminato ricorre ad elencare tutte le “rapine” che ha subito in nome di quella unitá d’Italia, l’intervista a Radio Capital di Camilleri brucia ancora di piú, avidenziando con quel suo anatema, quanto sia breve il passo da una “destrata”, una “salviniata” al fascismo, ovviamente pur non condividendo le modalitá che Salvini mette in atto non vogliamo che pensoli nessuno.

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Andrea Camilleri
Andrea Camilleri

Ciccio,
ti scrivo a nome di tanti siciliani, e ti chiamo Ciccio perché anche tu sei siciliano, essendo nato a Catania. Lo so che ti da fastidio, perché -avendo lavorato per 19 anni al Corriere della Sera e scrivendo da 10 anni per La Repubblica- probabilmente non ti piace essere chiamato “Ciccio”.

Magari, dopo tanti anni al Corriere, parli pure milanese, e Ciccio in milanese non suona bene. Ma io continuerò lo stesso a chiamarti Ciccio, ok? Dunque, Ciccio, voglio dirti che qui noi siamo indignati. Lo so che, proprio in questi ultimi tempi, è un termine inflazionato ma non ne trovo uno migliore per manifestarti il nostro sdegno per quello che hai detto nel tuo servizio sull’alluvione nel messinese.

Qui l’acqua avrebbe portato via il “mattone selvaggio e l’accozzaglia di laterizi”, mentre …dalle tue parti la natura malvagia avrebbe distrutto “i centri storici, lo spazio pubblico celebrato, la bellezza di città che sono storicamente costruite per piacere, per aiutare l’uomo a vivere e non a sopravvivere”. Ciccio, ma che dici? La storia della tua terra (quella d’origine, intendo: la Sicilia) te la ricordi?

Francesco Merlo
Francesco Merlo

Ciccio, anche i nostri paesi hanno un centro storico: centri di antica tradizione, come Saponara: ti ricordi di Saponara, vero? A Saponara l’acqua ha mandato giù un costone roccioso che ha sotterrato una casa, e -con la casa- ha sotterrato anche tre persone, e fra queste tre persone c’era un angioletto biondo di appena dieci anni.

Ah, …dimenticavo: quella casa non era abusiva: era una casa come la tua, forse meno ricca della tua, ma era comunque una casa, insomma una casa normale, non un’accozzaglia di laterizi. A proposito del nostro bimbo annegato nel fango, …ecco, qui voglio ringraziarti per aver detto che “i bambini affogati sono uguali”. Almeno questo ce lo hai riconosciuto, Ciccio, …i nostri non sono figli di un dio minore, almeno quando affogano nel fango. Grazie, grazie davvero. “La forza dell’acqua distrugge sviluppo e sottosviluppo”. Naturalmente, lo sviluppo sta al Nord e il sottosviluppo è il nostro.

Ciccio, vuoi che partiamo da lontano?
E allora, mi permetto di ricordarti che nell’anno 1100, mentre dalle tue parti si brancolava nel buio del Medioevo, i Siciliani avevano il primo Parlamento della storia, il primo parlamento d’Europa. Facciamo un bel salto e arriviamo al 1861.

In quegli anni -esattamente nel 1856- in occasione dell’Esposizione Internazionale di Parigi, Il Regno delle Due Sicilie ricevette il Premio come terzo Paese più industrializzato del mondo, dopo Inghilterra e Francia.

Movimento Sicilia Libera
Movimento Sicilia Libera

Il Meridione possedeva una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano, una flotta che era la quarta del mondo. Il Sud era il primo produttore in Italia di materia prima e semi-lavorati per l’industria. Avevamo circa 100 industrie metal meccaniche che lavoravano a pieno regime (era attiva la più grande industria metalmeccanica d’Italia). Avevamoindustrie tessili, manifatturiere, estrattive. Avevamo, distillerie, cartiere. Avevamo la prima industria siderurgica d’Italia. Il primo mezzo navale a vapore del Mediterraneo (una goletta) fu costruito nelle Due Sicilie e fu anche il primo al mondo a navigare per mare. La prima nave italiana che arrivò nel 1854, dopo 26 giorni di navigazione, a New York, era meridionale, e si chiamava -guarda un po’!- “Sicilia”. La bilancia commerciale con gli Stati Uniti era fortemente in attivo e il volume degli scambi era quasi il quintuplo del Piemonte. Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il primo d’ Italia per grandezza e importanza. Ancora: il tasso di sconto praticato dalle banche era pari al 3%, il più basso della Penisola; una “fede di credito” rilasciata dal Banco di Napoli era valutata sui mercati internazionali fino a quattro volte il valore nominale. Il Regno Napoletano, fra tutti gli Stati italiani, vantava il sistema fiscale con il minor numero di tasse: ve ne erano soltanto cinque. Tu, Ciccio, potresti dirmi: “acqua passata”. Potresti chiedermi come ci siamo ridotti così, oggi, …sottosviluppati.

Bene, …ti spiego: fin dal primo anno di unificazione, il neonato Stato italiano introdusse ben 36 nuove imposte ed elevò quelle già esistenti. In appena quattro anni, la pressione fiscale aumentò dell’87%, ed il costo della vita ebbe un incremento del 40% rispetto al 1860, i salari persero il 15% del potere d’acquisto.

Dopo l’unificazione d’Italia, l’industria meridionale e persino l’agricoltura furono letteralmente abbandonate e penalizzate con una politica economica che favorì il Nord a danno del Sud, come risulta da un’inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle spese dello Stato voluta da Francesco Saverio Nitti (non l’abbiamo pagatonoi, …giuro).

Per diversi decenni si verificò un continuo drenaggio di capitali dal meridione al Nord dovuto proprio ad una scelta di politica economica dello Stato, mentre sul piano delle imposte il Mezzogiorno e la Sicilia contribuivano in maniera di gran lunga superiore alle regioni del Nord. Non andò meglio per i lavori pubblici, in quanto gran parte delle spese furono fatte nell’Italia Settentrionale e Centrale.

In sostanza il bottino dei Savoia fu veramente enorme, se si considera che il danaro trafugato dalle casse del “Regno delle Due Sicilie” ammontava a 443 milioni di lire oro, vale a dire due volte superiore a quello di tutti (dico tutti) gli Stati preunitari della penisola messi insieme; lo Stato savoiardo ne possedeva solo 20 milioni.

Questa è storia Ciccio, dunque non volercene se una politica assassina ci ha ridotto come siamo adesso. Non dirci che siamo “sottosviluppati”, non ce lo meritiamo. Perché -vedi- la cultura siciliana non è da meno rispetto a quella dell’ormai “tuo” Nord. Anzi…, a giudicare dal numero e dall’importanza dei cervelli che mandiamo a lavorare dalle tue parti, potrei osare di più, ma non mi va.

L’acqua, qui, porta via centri storici e persone esattamente come a Genova e come nelle Cinque Terre. E a Barcellona i torrenti sono “tombinati” esattamente come a Genova. Sai, Ciccio, i giornali arrivano anche qui, e noi li leggiamo. E, se proprio la vogliamo dire tutta, anche a Genova c’erano case costruite nei greti dei torrenti: le abbiamo viste tutti in televisione: anche lì, dunque, “mattone selvaggio” e “accozzaglia di laterizi”?

Ascoltami, Ciccio: nella prossima estate, torna in Sicilia. Non ti chiedo di starci molto: quindici giorni a pensione completa. Fatti un giro, magari anche nella città che ti ha visto bimbo meridionale: Catania. Scoprirai cose nuove. Scoprirai che i siciliani non sono affatto rassegnati, sono incazzati neri. E’ diverso.

Scoprirai che “le persone per bene” che pensano che il Sud sia solo violento-imprevedibile-inaffidabile sprecone-confusionario-corrotto mafioso-camorristico (come dici tu in una sorta di crescendo rossiniano), in realtà non sono persone per bene: sono degli idioti. Oppure dei delinquenti.
E mi dispiace se fra loro dovessero esserci amici tuoi: sempre idioti restano, o delinquenti che hanno interesse ad affossarci ancora di più. Perché -vedi- se qui i mafiosi portano ancora la coppola, mentre al Nord portano la cravatta e magari hanno l’auto blu e la scorta, per noi non fa molta differenza. Ripeto, i giornali li leggiamo anche qua. …E quella “pietà diversa” di cui parli, Ciccio: ma ti sei ascoltato?

“La disgrazia di Genova fece esplodere gli animi e mettere mano al portafoglio”, mentre qui le disgrazie sarebbero solo “il prolungamento della normalità”. Qui è meglio “non dare perché elemosiniere delemosinato rischiano di fare la stessa fine”. E, quindi, “aiutare il Sud potrebbe risultare pericoloso, fortemente pericoloso”. No, Ciccio, ti sbagli.

La nostra normalità non è questa che dici tu. La nostra “normalità” ci è stata tolta proprio da quelle “persone per bene” di cui parli, quelle stesse che oggi vorrebbero farci “il ponte sullo Stretto” per finire di fregarci il poco che ci è rimasto. Noi non siamo affatto rassegnati, Ciccio, e vogliamo riprendercela la nostra normalità.

La nostra normalità ha nome e cognome, anzi …nomi e cognomi, come Antonello da Messina, Vincenzo Bellini, Francesco Maurolico, Finocchiaro Aprile, Alessandro Scarlatti, Filippo Juvara, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Lucio Piccolo, Tommaso Cannizzaro, Bartolo Cattafi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Renato Guttuso, Ettore Majorana, Vittorio Emanuele Orlando, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sciascia, Vann’Antò’.

La nostra normalità ha luoghi che si chiamano Mozia, Segesta, Selinunte, Piazza Armerina, Naxos, Siracusa, Monreale, Taormina, Erice, Agrigento, Noto: tutti con i loro “centri storici”, come Messina, e -perché no- come Barcellona e come Saponara. Noi conserviamo la cultura dei nostri padri. Noi conserviamo le tradizioni di questi luoghi. Non siamo rassegnati, siamo orgogliosi (oltre che incazzati).

E se i nostri Gattopardi sono stati sbranati dalle iene e dagli sciacalli, come aveva previsto il Principe di Lampedusa in tempi non sospetti, beh …verrà il momento del riscatto. Noi ci crediamo, dobbiamo crederci.

E, per tornare alla tua “pietà diversa”, sappi che questo tipo di pietà non ci interessa. Noi vogliamo solo difendere i nostri diritti, vogliamo solo il nostro, quello che ci spetta. Siamo noi che abbiamo pietà, pietà per gli oppressi, per i vinti, pietà per chiunque soffra. E siamo ancora noi che abbiamo, legittimamente, dei pregiudizi. Da oggi nutriamo pregiudizi anche nei tuoi confronti e nei confronti del tuo giornale.

E se non riesci a fartene una ragione, se non riesci a pensare di dovere chiedere scusa, allora davvero hai voluto rinnegare le tue origini, le tue radici, la tua storia.
Ciao Ciccio.

Movimento Sicilia Libera

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