Sabato 12 maggio, ore 17.30, Auditorium S. Bartolomeo, Eboli, Luigi De Magistris presenta il suo libro “La città Ribelle-il caso Napoli”.
Un libro, raccontato con la moderazione di Giampiero Comite che racconta un pezzo di storia d’Italia, di Napoli, e di un sindaco che, rappresenta in qualche modo una testimonianza legata ad una Città e il meridione. L’occasione srà anche quella della inaugurazione della sede territoriale dell’Agorà DemA.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Sabato 12 maggio, alle ore 17.30, presso l’Auditorium della Chiesa di S. Bartolomeo sul Viale Amendola di Eboli si terrà la presentazione del Libro di Luigi De Magistris “La città Ribelle-il caso Napoli”, scritto con la giornalista Sarah Ricca e corredato dai contributi di Erri De Luca e Maurizio de Giovanni, attraverso il quale il Sindaco di Napoli racconta la sua la visione e l’esperienza politica vissuta che ha come punto cardine i principi sanciti dalla Costituzione.
Luigi De Magistris rappresenta di certo uno dei personaggi politici più interessanti ed appassionati degli ultimi anni. La sua carriera politica inizia quando viene eletto al Parlamento Europeo nel 2009, risultando il secondo italiano più votato, dopo Silvio Berlusconi, raccogliendo circa mezzo milione di voti. Viene quindi assegnato alla presidenza della Commissione Controllo del bilancio, che tra le altre cose vigila sulla trasparenza dei fondi dell’Unione, compito che gli consente di proseguire, in maniera diversa, il lavoro svolto in Calabria da magistrato.
Il libro “La città ribelle”, è la cronaca di due successi elettorali, di un intenso lavoro di squadra, di idee progettuali e dello sforzo per realizzarle. La cronaca delle incredibili difficoltà che deve affrontare un’amministrazione come quella di Napoli che, sobbarcata da importanti situazioni debitorie pregresse e vincolata a stringenti equilibri di bilancio imposti dalla legge, deve rispondere alla richiesta dei propri cittadini di servizi essenziali, scuole, centri di assistenza, lavoro, infrastrutture, manutenzione di strade, riqualificazioni di aree storicamente interessate da degrado e inquinamento ambientale.
Nel libro de Magistris racconta come è stato possibile superare gli ostacoli legislativi appellandosi alla Costituzione Italiana, adottando un criterio di gerarchia legislativa, per tutelare i diritti dei cittadini, in particolare delle fasce sociali più deboli e bisognose di quei servizi che la fredda contabilità di un’amministrazione che si limita alla mera conformità di legge rischierebbe di mettere in serio pericolo.
Ci si imbatte nel termine di rivoluzione, ormai desueto anche alla sinistra più estrema, termine chiave che de Magistris usa, sempre poggiandosi sulle fondamenta costituzionali. Una sua dichiarazione su tutte ci permette di comprendere a pieno Luigi de Magistris “Perché in 80 anni la Costituzione non è mai stata applicata? Perché è un testo troppo rivoluzionario, dà troppo potere al popolo. Allora come applicarlo? Con il diritto, cioè formando delle regole che possono coincidere con la giustizia. E noi stiamo cercando di far avvicinare la giustizia alla legalità. Quante cose legali sono ingiuste e quante illegali sono giuste? Quando si inizia ad utilizzare il diritto, in un’ottica costituzionalmente orientata, che emancipa le persone e le fa esplodere nella loro potenzialità, il risultato è quello di avvicinarle alle istituzioni. Se ci convinciamo che il vero potere forte è il popolo, il sistema criminale perde. Questo è uno dei punti su cui batto ne ‘ La città ribelle ”.
Emblematico il racconto di quando durante il periodo di austerity imposto dal governo Monti, de Magistris viene informato dal direttore generale, Silvana Riccio, della necessità di chiudere, per un tempo indeterminato, gran parte delle scuole comunali e degli asili, con conseguente mancato rinnovo dei contratti per circa quattrocento maestre. In nome dello Stato di diritto e nel rispetto della Costituzione e del sentimento di giustizia prima che di legalità formale, de Magistris non esita a rimettere il mandato della Riccio, ferma sulle sue posizioni di stringente adesione alla spending review, e riesce non solo a mantenere aperte le scuole e gli asili, ma a far indire un concorso per 380 nuove maestre, così da scongiurare il ricorso alla privatizzazione ed all’outsourcing.
Andando avanti nella lettura, seguendo il racconto dell’autore, ci si rende conto di essersi immersi in una dichiarazione d’amore di un uomo alla sua città, che attraverso il sostegno ed il calore della sua gente ricambia. De Magistris probabilmente era predestinato a diventare il sindaco di Napoli, sindaco di quel popolo che gli è affine per passione, chiassosità e forse per quel pizzico di follia creativa che permette di superare i momenti più critici se non disperati.
In nome di quell’amore, de Magistris nel 2011 da parlamentare europeo decide di candidarsi alla guida della città, non tollerando più lo stato in cui Napoli versa, agli sgoccioli della gestione Iervolino, invasa dai rifiuti, ostaggio della camorra, sull’orlo della bancarotta. L’elezione è un trionfo, si suggella il patto d’amore tra il sindaco ed il suo popolo, rinnovato poi nel 2016 con il secondo mandato. In questi anni Napoli ha reso “normale” la gestione dei rifiuti, ha recuperato l’immagine di sé nel mondo, diventando oggi una delle città italiane più visitate. E’ la storia del riscatto di una città e del suo popolo, ma anche del suo sindaco che, a metà del suo mandato, ha dovuto affrontare le conseguenze delle reazioni politiche alle sue inchieste calabresi, e gli effetti della legge Severino che lo costringono a sospendersi dalla sua carica di Sindaco. De Magistris infatti in quei giorni continua nel suo ruolo dandosi l’appellativo di “sindaco di strada“, un’idea geniale, come lui la definisce, che intensificherà ancor di più il legame con la sua gente.
Porta alla ribalta il concetto di “bene comune”, che diventa un passe-partout per arrivare a garantire i servizi essenziali alla popolazione e restituire territorio e strutture ai cittadini nell’interesse, appunto, del bene comune. Particolarmente interessante è l’interpretazione della seconda parte dell’art.3 e dell’art.42 (proprietà pubblica e privata) della Costituzione.
A Napoli “il bene è comune” diventa la campagna promossa dall’Assessorato al diritto alla città, alle politiche urbane, al paesaggio e ai beni comuni per raccontare e far conoscere l’esperienza dei Beni Comuni intrapresa dall’Amministrazione de Magistris insieme con le diverse realtà che animano la vita politica cittadina. L’obiettivo è coinvolgere sempre più cittadini nella gestione collettiva degli spazi pubblici e per sensibilizzare e promuovere una nuova forma di diritto pubblico, che tuteli e valorizzi i beni di appartenenza collettiva e sociale.
Uno dei traguardi più significativi è l’aver reso l’acqua pubblica, affidando la gestione dell’acquedotto all’azienda speciale Abc, acronimo appunto di Acqua Bene Comune.
Ad oggi molte delle delibere dell’amministrazione de Magistris sui beni comuni sono state tradotte in spagnolo, francese e tedesco. Non hanno precedenti nel patrimonio giuridico del nostro paese, perché – dice il sindaco – “hanno come architrave proprio l’attuazione della Costituzione repubblicana. A dimostrazione, come scrivo nel libro, che l’attuazione della costituzione non compete solo ai governi e ai parlamenti, che spesso ne fanno sfregio, ma a partire da ognuno di noi”.
Il libro, però, è anche il racconto dell’amara esperienza di de Magistris, magistrato, che da uomo delle istituzioni si è ritrovato a doversi difendere proprio da queste, in particolare da quella parte di Stato che non esita a denunciare collusa con affari e malavita calabrese. Arrivano alla ribalta le due inchieste, note a tutti, denominate “Poseidone” e “Why Not”.
Le inchieste si rileveranno fortemente attenzionate da una parte della procura e del mondo politico. Esse riguardano intrecci tra politica e imprenditoria, collusioni tra apparati dello Stato e massonerie deviate; come scrive il sindaco di Napoli «le indagini andavano a toccare la borghesia mafiosa, non solo la ‘ndrangta con la lupara». I procedimenti saranno, poi, smembrati in tanti procedimenti diversi ed assegnati ad altri procuratori, estranei alle indagini sino a quel momento svolte. Secondo de Magistris tutto ciò ha portato ad una stagnazione delle indagini e al dissolversi di importante tracce investigative. Lo sviluppo degli eventi ha visto il ben noto conflitto tra le Procure di Salerno, a cui si rivolgerà de Magistris, e Catanzaro, creandone un caso nazionale. La delusione fu tale che de Magistris si dimise dalla Magistratura nel 2009 (una decina di giorni prima di maturare l’anzianità minima per la pensione, come lui racconta), dopo aver subito quello che lui chiama “un accerchiamento” da parte delle istituzioni, definendosi il magistrato ad aver subito il maggior numero di interrogazioni parlamentari, ispezioni e denunce.
Insomma, un libro che racconta un pezzo di storia d’Italia, di Napoli, e di un sindaco che, al di là delle opinioni politiche che ognuno di noi può avere, è indubbio che rappresenti una testimonianza di coraggio e coerenza politica unica nell’attuale scenario nazionale.
Dopo la presentazione del libro Luigi de Magistris inaugurerà la sede territoriale dell’Agorà DemA – Eboli in viale G. Amendola n.61/N.
Eboli, 11 maggio 2018
Napoli ,città ribelle ? E’ vero ,che èsiste ed esi-
stito un ribellismo plebeo,ma ,a Napoli,borghesia ed
aristocrazia sono stati legittimisti.Tant’è che la
Napoli spagnola si meritò l’appellativo di “città
fidelissima”.e che Masaniello ,voleva liberare il
popolo da ogni sfruttamento ,pur restando fedele al
re di Spagna.
Il nome di Napoli coincide con la patria napoletana e
con la fedeltà ad essa.Questa patria assunse tre significati:la fedeltà al re e alla monarchia,il
primato della capitale e la sua partnership pri-
vilegiata con la corona spagnola.Appunto una Napoli
fedelissima. Nazione -patria -re rappresentavano
on trinomio inscindibile nel Regno di Napoli.
Non è un caso che al referendum istituzionale del
2 giugno 1946 , a Napoli, prevalse il voto per la
monarchia. La perdita della “nazione napoletana” con
l’unificazione del 1860 ,creò la “questione meridio-
nale”. Venne così a manifestarsi la reciproca
fascinazione tra il movimento risorgimentale e le
forze criminale allora esistenti. Tanto è vero che
agli inizi del Novecento l’amministrazione comunale
di Napoli venne sciolta per infiltrazione camorristi-
ca.Non credo che De Magistris voglia valorizzare
questo tipo di ribellismo.
peppe leso 18 maggio 2018