La Città di Eboli ha salutato Abdon Alinovi: L’ultimo comunista. Dopo la cerimonia religiosa è toccato a Gerardo Rosania ricordarlo.
La storia di Abdon Alinovi e di tanti altri uomini illuminati come lui, è quella che si lega al Partito Comunista, alle lotte operaie, alle conquiste civili e democratiche e onorarne la memoria e tenerne vivo il ricordo, tramandandolo alle future generazioni, per noi è un dovere irrinunciabile.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Abdon Alinovi: l’ultimo comunista si è spento a Napoli, il 6 maggio prossimo avrebbe compiuto 95 anni: la sua una lunga storia politica vissuta nel PCI campano, salernitano, ebolitano. Si ebolitano, lui era nato a Eboli nel ’23, e parte di un gruppo di giovani illuminati che dettero sostanza e valore politico alla storia del comunismo meridionale, quello che si dedicava sempre a combattere per i diritti dei più deboli. Alinovi si è spento nella sua abitazione al Vomero laddove studiava, leggeva e scriveva, intervenendo spesso sui quotidiani a commento dei vari avvenimenti politici. Sebbene avesse scelto Napoli non aveva mai reciso i rapporti con Eboli, la sua Città natale e i suoi amici e compagni.
E’ stato un simbolo della sinistra italiana in Parlamento ed aveva ricoperto anche l’incarico di presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Meno di un anno fa Alinovi aveva presentato il suo ultimo libro: “Rosso pompeiano”, con la collaborazione della figlia Valeria anche ad Eboli, che, tra l’altro, gli aveva conferito la cittadinanza onoraria a testimonianza di quel legame profondo che lo legava alla sua terra.
I funerali si sono svolti alle 11,30 di venerdì scocso 16 febbraio a Napoli, nella chiesa Santa Maria della Rotonda, in via Castellino e celebra il rito religioso è stato padre Carlo Greco, gesuita amico di Abdon Alinovi. La camera ardente è stata allestita dal Comune di Napoli nella Sala Campanella in piazza del Gesù.
Successivamente per volontà dello stesso Alinovi la salma è stata trasportata ad Eboli, per l’ultima cerimonia funebre ufficiata da Don Michele Marra e subito dopo, ma prima della sepoltura nella cappella di famiglia, si è tenuta una breve cerimonia civile, proprio dal balconcino di quella che era la sezione “Garuglieri” del Partito Comunista di Eboli. Presenti per l’Amministrazione Comunale il Vice Sindaco di Eboli Cosimo Pio Di Benedetto, il quale ha letto un messaggio funebre anche a nome del Sindaco, tante altre personalità politiche tra questi: ex consiglieri comunali Carlo Moscariello, Vito Pindozzi, Donato Santimone; l’ex consigliere provinciale Giovanni Tarantino; il Sindaco di Bellizzi Mimmo Volpe; l’ex Ministro delle Aree Urbane Carmelo Conte, che con lui aveva condiviso anni di lavoro nella Commissione Finanza della Camera dei Deputati; l’ex Senatore del PD Alfonso Andria; L’ex Sindaco di Eboli ed ex Consigliere regionale Gerardo Rosania al quale è stato affidato il compito di ricordare l’uomo, l”intellettuale, il politico.
«Cittadine e cittadini di Eboli, e consentite a me di inziare questo ultimo saluto ad Abdon Alinovi facendo ricorso ad un saluto che un tempo aveva un profondo significato: “care Compagne e cari Compagni” (e non voglio neanche nascondere la mia emozione a parlare da qui da questi balconcini dove si affacciava la storica sezione dei Comunisti Ebolitani).
Con Abdon Alinovi scompare uno degli ultimi grandi protagonisti di quella straordinaria stagione di lotta, di passione, di crescita sociale e di emancipazione delle classi più povere e sfruttate, delle classi bracciantili in particolare, che partendo da Eboli, dalla Piana del Sele, seppe innervare della propria elaborazione culturale e politica, l’intera provincia di Salerno prima,poi l’intera Regione Campaniap ed il Mezzogiorno tutto fino ad arrivare a porre la Questione Meridionale (di cui oggi nessuno parla più) come grande “questione nazionale”.
Anni che videro la nostra città e poi Salerno collocati al centro del dibattito politico ed istituzionale Nazionale. Sono gli anni dell’antifascismo militante che trova qua, ad Eboli, un nucleo straordinario che seppe allargare la sua azione politica e culturale in tutta la provincia di Salerno. Sono gli anni dello sbarco alleato a Salerno che in realtà avvenne qua, sulle nostre coste, alla foce del Sele. Sono gli anni di “Salerno Capitale” dal febbraio al luglio del “44. Sono gli anni in cui Palmiro Togliatti, il capo dei comunisti italiani, sceglie Salerno per delineare il “Partito Nuovo”. La “Svolta di Salerno” come fu chiamata, rimane un momento basilare della storia non solo dei comunisti, delle donne e degli uomini di sinistra, ma dell’intero paese.
Palmiro Togliatti giunge a Salerno nell’aprile del 1944 , e lancia una nuova idea di partito, il “Partito di Massa“. Consente di sbloccare la situazione politica Nazionale, rimandando a dopo la “Liberazione” la questione Monarchia/ Repubblica, rimandandola al referendum che si tenne a giugno del “46.
Aveva scelto bene Palmiro Togliatti. In un partito ancora fortemente venato da logiche cospirative ed in buona parte dominata dall’ala Bordighiana, qui , su impulso del gruppo ebolitano, si stava già costruendo un’idea diversa di Partito.
Quel gruppo era formato da giovanissimi intellettuali e studenti, ma anche da artigiani e vecchi quadri socialisti e comunisti provenienti in parte anche dall’ultima Amministrazione Democratica, prima del ventennio, quella guidata dal generale La Francesca.
Antonio Cassese, Giovanni Perrotta, Peppino Vignola Vincenzo Sparano, Giuseppe Manzione, Arturo Trapanese, Rosa e Irma Barbati, Salvatore D’Onofrio e, appunto, Abdon Alinovi (e altri ancora) stretti intorno a una figura straordinaria di un artigiano (un calzolaio) Mario Garuglieri, toscano, confinato politico, che aveva conosciuto in carcere Antonio Gramsci, del quale aveva assorbito per intero la lezione trasfondendola poi nel gruppo ebolitano. Quel gruppo che scrisse pagine straordinarie nella storia locale e provinciale, a partire dalle lotte agrarie per la terra ai contadini contro il latifondo che portarono, insieme alle lotte scatenati in Puglia in Sicilia e altrove, alla Riforma Agraria che porta la firma di un ministro comunista: Fausto Gullo.
L’azione di quel gruppo che portò nel 1952 alla prima amministrazione di sinistra guidata da Antonio Cassese, che pose al centro della sua azione:
- la questione della terra;
- la questione della ricostruzione di una città che era stata rasa al suolo dai bombardamenti alleati del “43;
- la questione dei servizi per i più disagiati e per i ragazzi a partire dagli asili e delle scuole di primo grado.
Di quel gruppo faceva parte Abdon Alinovi nato qui, nella nostra città, il 6 maggio del 1923. Forse il più gramsciano di tutti.
Abdon è rimasto sempre legato alla sua città natale, della quale 5 anni fa è diventato cittadino onorario su iniziativa del Consiglio Comunale e che ha lasciato alla Biblioteca Comunale un enorme patrimonio librario.
Affetto e legame conservato fino all’ultimo con la produzione del 2015 di quel bellissimo libro (del quale consiglio la lettura a tutti perché è una grande lezione di storia e di vita) “Rosso Pompeiano” che ripercorre proprio quegli anni. Alinovi è stato un protagonista assoluto delle battaglie sociali, della costruzione del Partito Comunista ad Eboli, a Salerno, a Napoli.
Dotato di un intelligenza vivissima che gli consentiva analisi politiche lucidissime ( era un piacere per i giovani della mia generazione leggere i suoi interventi su “Rinascita” il settimanale del Partito) e di una cultura raffinata ed amplissima che lo poneva al centro del grande dibattito nazionale che attraversava soprattutto le questioni del mezzogiorno.
Protagonista con Garuglieri prima, e con Pietro Amendola dopo, a partire da “44, dello scontro durissimo in cui l’ala Bordighiana Salernitana, fortemente radicata guidata dai Ippolito Ceriello e Danilo Mannucci, si opponeva alla novità rappresentata dal Partito Nuovo di Togliatti. Di quella federazione Alinovi divenne segretario, ma nel frattempo era già stato chiamato alla Federazioni di Napoli da Salvatore Cacciapuoti altro mitico dirigente del movimento e delle lotte operaie:
- A 21 anni entra a far parte del Comitato Provinciale di Liberazione di Salerno.
- A 22 anni è già delegato al V ° Congresso Nazionale del Partito Comunista svoltosi alla fine del 1945.
- Diventerà segretario della federazione di Napoli nel 1955 e fino al 1963.
- Nel 1966 Luigi Longo lo manda a dirigere il partito in Calabria, dove si era creata una situazione estremamente complessa, e poi nel 1969 gli affida la guida del Partito Comunista in Campaia.
- Nel 1970 è eletto Consigliere Regionale, nella prima elezione dei Consigli Regionali, e da capogruppo lega il suo nome al primo Statuto della Regione Campania (chi lo ha letto sa qual era il livello di quello Statuto Regionale).
- Nel 1963 entra nel Comitato Centrale del Partito Comunista, ma già nel 1960 al IX Congresso Nazionale viene eletto nella Direzione Nazionale con Togliatti segretario, (poi riconfermato nel XI e XII congresso).
- Nel 1976 diventa parlamentare e lo rimarrà ininterrottamente fino al 1992. Fra gli incarichi parlamentari ricoperti sicuramente la Presidenza della Commissione Parlamentare Antimafia tra il 1983 ed il 1987, rimane quello di maggiore prestigio.
Una figura immensa, un dirigente politico di primissimo piano, a tutto tondo di cui non si trova più traccia della politica italiana attuale. Intellettuale raffinato che centrò la sua elaborazione sulla questione agraria (qui il suo rapporto con Ninì Di Marino e con Pino Lanocita) sulla “questione meridionale” forte delle sue radici culturali gramsciane.
Un prestigio cristallino, indiscusso.
Lo ricordo ancora, io giovanissimo militante della sezione di Eboli, quando veniva qui in questi locali, in qualità di Segretario Regionale o di Parlamentare, e quelle riunioni erano, sempre, particolarmente affollate curiosi e desiderosi come eravamo di ascoltare l’ elaborazione politica di Abdon Alinovi, l’analisi della ” fase” (come si diceva allora).
L’ho avuto sempre vicino negli anni in cui ho svolto le funzioni di Sindaco in questa città. Con grande affetto, con telefonate e venute improvvise nella sua città per informarsi su cosa stavamo facendo, sempre pronto al consiglio e anche alla critica, quando era necessario.
Lo ricordo un pomeriggio di 15 anni fa, quando mi arrivò la sua telefonata:
“- Gerardo Dove sei?
– Sono in Comune perchè?
– Sono in piazza sto passeggiando fra i “banchi” del mercatino. Ti va una passeggiata con un vecchio Compagno?”
Uomo di unità mai di divisione della sinistra italiana, sempre attento al rapporto col Partito Socialista in particolare, in questo forte il suo rapporto con Giorgio Amendola. Oggi il suo pensiero sarebbe di un’attualità incredibile.
Bisogna dire, anche, che ha vissuto con travaglio lo scioglimento del Partito Comunista Italiano. Ricordo ancora un incontro a Salerno con le Compagne ed i Compagni della provincia, allorquando in modo lapidario liquidò il metodo usato per sciogliere quel Partito facendo ricorso al grande poeta: un metodo….. “che ancor m’ offende”.
Eccezionale nel cogliere, pure in tarda età, i processi in atto. Papa Francesco era stato eletto da neanche un paio d’anni, e lui già guardava alla grande novità rappresentata da questo Papa. La Sinistra ci è arrivata solo dopo la pubblicazione dell’enciclica “Laudato si“, che ha rivelato la portata rivoluzionaria del Pontificato di Francesco.
Era stato ancora qui nel 2015 a Sant’Antonio, circondato dall’affetto di tante compagne e compagni per presentare il suo libro “Rosso Pompeiano” in cui ricostruisce gli anni dell’antifascismo, della costruzione del Partito Nuovo di Togliatti ad Eboli, in provincia, e a Napoli e dal quale emerge, ancora una volta, il suo rapporto fortissimo col “gruppo ebolitano” e con l’amata città di Eboli ed in particolare con il suo indiscusso “maestro” Mario Garuglieri e con il pensiero gramsciano che in lui scorreva come una linfa vitale. Libro in cui Ritornano il suo rapporto stretto con Pietro e Giorgio Amendola, il suo rapporto con Togliatti.
Una figura immensa, di antifascista, di uomo di Sinistra, di comunista, di uomo delle istituzioni, di dirigente politico, ed allora è giusto che qui ad Eboli, dove Abdon è nato, dove è cresciuto e dove ha avuto la sua formazione politica, non solo i comunisti e gli uomini della sinistra e gli antifascisti, ma l’intera città lo onori, lo commemori come uno dei suoi figli più illustri.
Ed è giusto, ed io Auspico che questo avvenga quanto prima e colgo l’occasione della presenza del vice-sindaco, che l’amministrazione comunale trovi il modo di ricordare in modo indelebile il nome di Abdon Alinovi. A noi oggi non resta che listare a lutto le nostre bandiere, ovunque esse siano andate nella diaspora della sinistra, quelle bandiere sotto le quali Abdon Alinovi ha militato per una vita intera e che sono le bandiere della Libertà, della democrazia, dell’ emancipazione sociale, del diritto dei Lavoratori, dell’ emancipazione dei più poveri.
Alla moglie, ai figli, le condoglianze più sentite di tutto l’antifascismo e di tutta la Sinistra Ebolitana, e dell’intera città. Pur sapendo che essi possono essere anche orgogliosi di aver avuto questo marito e questo padre.
Addio Abdon;
Addio compagno Alinovi;
Che la terra ti sia davvero lieve.
A dare l’ultimo saluto ad Abdon Alinovi c’era anche l’On. Carmelo Conte, che con lui aveva condiviso anni di lavoro nella Commissione Finanze della Camera dei Deputati, definendo quella collaborazione leale, rispettosa dei ruoli e soprattutto prolifera per il lavoro svolto, per il paese e per la Campania e il mezzogiorno:
«Ho conosciuto Abdon Alinovi all’epoca dell’occupazione delle terre poi, da consigliere regionale, come capogruppo del PCI, quando nel ’75 sono stato eletto consigliere regionale. Poi con lui ho condiviso l’attività parlamentare, quella in particolare nella commissione antimafia. Abdon aveva una grande rispetto per tutti, e sapeva coniugare la sua forte ideologia comunista con la pratica degli atti amministrativi rispetto alle richieste e rispetto proposte che venivano anche da altri settori politici, ed era capace di rendere comune l’impegno che lo animava. Ne ho apprezzato valore e stile anche suo avversario-concorrente nell’87 essendo capolista del collegio di Salerno-Avellino-Benevento.
Era un democratico molto aperto, molto rispettoso, costruttivo, è stato un comunista atipico, era rigidamente togliattiano ma aveva delle venature soprattutto sul piano culturale di tipo amendoliane, del quale egli ne parlava con ammirazione esaltandone le qualità di liberale più che ti comunista, da comunista che amava il suo partito come un valore che non era discutibile. Era legato alla sua terra da rapporti personali e da battaglie politiche da qui poi quel legame oltre che con il luogo nascita lo rafforzò anche con Napoli fino a “sposarla” e viverla. Sebbene era molto combattuto fu determinante nel momento in cui deliberata la legge 219 sulla ricostruzione affinché si creasse un commissariato, dividendone la gestione: uno per Napoli, uno per la regione e uno per le zone interne. Fu determinante per l’apertura del commissariato di Napoli ma critico rispetto alla gestione per motivi di principio ma sempre badando alle cose concrete.
Pochi ricordano che noi socialisti eleggemmo sindaco di Eboli proprio Antonio Cassese, perché ritenemmo che era un momento difficile e delicato e solo con un profilo di alto valore morale si potesse garantirne i processi di ricostruzione. In quell’occasione accettai ed utilizzai il suggerimento di Abdon e facemmo in modo che a guidare quella fase delicata fosse quella personalità stimata da tutti e al di sopra di ogni sospetto».
POLITICAdeMENTE, il suo animatore e tutto il suo staff non può che associarsi al dolore che ha colpito la nostra comunità per la scomparsa di Alinovi, un politico di altri tempi, un comunista, l’ultimo comunista, e sebbene quella cultura non mi appartenesse, non mi impediva di esserne comunque affascinato e rispettoso del valore che uomini come Abdon Alinovi davano al proprio impegno politico. L’ultima volta che ci ho parlato è stato quando mi telefonò per affidarmi un suo sfogo affinché lo pubblicassi su POLITICAdeMENTE, si trattava di una lettera aperta di protesta, allorquando un progetto inutile quanto distruttivo violava l’ermice, uno dei luoghi simbolo della nostra terra. Anche in quella circostanza dopo aver dato sfogo alla sua rabbia mi ripetette quelle che spesso anche Antonio Cassese mi diceva sempre affettuosamente, ma in tono scherzoso: “ma che ci fai tu con questi socialisti“; ma entrambi poi manifestavano tutto il loro dissapore per come andavano le cose, per come si presentavano i “tempi moderni“. Quello fu il suo l’ultimo sfogo che mi affidò l’ultimo comunista.
Eboli, 18 febbraio 2018
ADESSO CHE ANCHE ALINOVI SE NE ANDATO , NEL TERRITORIO SONO RIMASTI SOLO DEI FIGURANTI NON PROTAGONISTI (E TALUNI ANCHE CIUCCI). GLI ATTORI PROTAGONISTI SON MORTI TUTTI.
La morte di Abdon Alinovi meritava un altro contesto
storico e politico.Cresciuto nel fuoco di un’aspra
lotta ,con grandi protagonisti e con prestigiosi attori delle lotte sociali,Vincenzo Aita ,Luigi Picccirillo, ,Giuseppe Leso,Alfonso Zecca,la sua
esperienza politica non si svolse nel quadro della
commedia dell’arte.Egli non fù un figurante ,ma un
dirigente di nuova formazione.un dirigente del ”
partito nuovo ” di Togliati ,mai dimentico della
riflessione gramsciana;
Oggi che nel politico dominano le maschere ,egli fù un volto.
Troppo esaltata l’influenza che ebbe Mario Garu-
glieri ,poco conosciuta la diffussione di idee antifa-
sciste delle classi popolari ebolitane.
Nel suo libro “Rosso Pompeiano”,Alinovi ricorda ,stu-
dente liceale la sua ammirazione per Immanuel Kant.
Ma ,ricorda un anonimo ascoltatore al comizio che
egli ,insieme a Rocco Scotellaro .il 1 maggio 1946,
tenne a Tricarico, i toni usati furono marcatamente
giacobini.E come scrisse il poeta Carducci ,nella
poesia “Verteglia” Kant e Robespierre,sono gli autori
di una doppia decapitazione:Kant tagliò la testa a Dio,Robespierre tagliò la testa al re.
Forse Alinovi aveva bisogno di conciliare ciò che
storicamente e politicamente era inconciliabile: cioè
conciliare Kant con Robespierre.
Eboli 19 febbraio 2018 peppe leso